Giu Affinché la censura di omesso esame circa un fatto decisivo sia rituale deve trattarsi di un fatto storico
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 04 novembre 2024 N. 28258
Massima
Affinché una simile censura (omesso esame circa un fatto decisivo) sia rituale deve quindi trattarsi di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con la conseguenza, tra l’altro, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, tale vizio, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 27415/2018, 7472/2017); rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021).

Casus Decisus
1. Su richiesta della società Edil Z. s.r.l. il Giudice di Pace di Noci con decreto n. 95/2024 ingiungeva a D.M. Raffaele il pagamento, in favore della società ricorrente, della somma di euro 2000 a titolo di debito che residuava a carico di quest’ultimo (da un iniziale maggior credito di euro 7000) sulla base della scrittura transattiva del 24/01/2012, relativa a lavori di manutenzione straordinaria effettuati presso il Condominio - sito in Locorotondo, via Calella n. 7 - luogo di residenza del D.M.. Avverso il decreto ingiuntivo il D.M. proponeva opposizione, sostenendo di aver provveduto al pagamento, ma l’opposizione veniva rigettata dal Giudice di Pace con sentenza n. 57/2016, in quanto il pagamento non era risultato provato. Avverso la sentenza del Giudice di Pace proponeva appello il D.M.: a) lamentandosi dell’erronea valutazione dell’efficacia probatoria della suddetta scrittura transattiva, che era stata da lui prodotta come quietanza dei pagamenti del residuo debito, per contanti, effettuati il 14/2 ed il 18/2/2012; b) deducendo la non idoneità della pattuita rateizzazione degli importi a precludergli il pagamento anticipato del residuo debito in soluzioni diverse; c) censurando l’operato del giudice di primo grado che aveva ritenuto provato il mancato pagamento delle quattro rate, oggetto della domanda monitoria, sulla base della testimonianza rese dalla contabile della impresa Z., senza considerare che era documentalmente emerso il contrario. La società Edil Z. si costituiva nel giudizio di appello, eccependo in via preliminare l’inammissibilità dell’impugnazione, della quale in via subordinata contestava la fondatezza nel merito, non risultando provato a suo avviso dalla documentazione prodotta da parte opponente l’avvenuta estinzione del debito azionato. Il Tribunale di Bari con sentenza n. 14568/2020, respinta l’eccezione di inammissibilità dell’appello, ha ritenuto quest’ultimo parzialmente fondato nel merito. 2. Avverso la sentenza del giudice di appello ha proposto ricorso il D.M.. Ha resistito con controricorso la società Edil Z. s.r.l., che ha proposto ricorso incidentale. Per l’odierna adunanza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni scritte, mentre il Difensore di parte resistente ha depositato nota a sostegno del controricorso. La Corte si è riservata il deposito della motivazione entro il termine di giorni sessanta dalla decisione.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 04 novembre 2024 N. 28258 DE STEFANO FRANCO

1. Il giudice di appello nella impugnata sentenza ha preliminarmente osservato che il giudice di primo grado aveva ritenuto non provato il pagamento per mancanza di corrispondenza oggettiva tra le annotazioni dei pagamento in acconto, poste in calce alla copia della transazione prodotta dal D.M., ed il piano di dilazione originariamente concordato dalle parti, qualificando non verosimile che il debitore, ottenuta una dilazione di pagamento, possa avere interesse ad estinguere il debito prima della scadenza del termine dilazionato ed intervenendo per prassi il pagamento ad esito della emissione della fattura. Quindi - dopo aver, per contro, affermato che nulla impedisce al debitore di estinguere la propria prestazione prima della scadenza e dopo aver rilevato che le annotazioni concernenti i pagamenti in acconto riportano le sottoscrizioni di Z. Vitantonio per conto dell’impresa e che dette sottoscrizioni non avevano formato oggetto di specifico disconoscimento (essendo state disconosciute soltanto le “postille aggiunte nella parte sottostante e retrostante del documento atto di transazione” nella misura in cui “dette postille” rendevano la copia dell’atto di transazione difforme dall’originale dell’atto) - ha riconosciuto valenza estintiva parziale (per la minor somma di euro 6.500) ai pagamenti in acconto versati dal D.M. ed annotati sulla scrittura privata transattiva e ad un successivo bonifico effettuato il 28 marzo 2012, accertando il residuo debito in capo al D.M. nella minor somma di euro 500 (versata a mezzo bonifico in data 28 maggio 2012, ma ritenuta imputata ad altro rapporto).

2. Il D.M. articola in ricorso un solo motivo con il quale denuncia omesso esame di un fatto storico pacifico tra le parti in causa nella parte in cui il giudice di appello (p. 9) ha ritenuto che: <<il bonifico bancario eseguito il 28.5.2012 dalla Banca BCC di Locorotondo, per conto del De Mitri, in favore della Edil Z. s.r.l., non può assolvere alla funzione estintiva di parte del debito residuo in virtù della transazione del 24.1.2012, in quanto imputata dallo stesso debitore alla fattura n. 12 del 25.5.2012 riferita a lavori presso altro immobile, non coincidente con quello oggetto della citata transazione>>

Sostiene che il Tribunale, tanto affermando, non ha tenuto conto che il bonifico del 28.05.2012 era stato imputato, <<senza contestazione, in conto della debitoria>>, oltre che da lui, anche dalla difesa di parte opposta (come si evince dagli atti di causa, che indica). Sottolinea che, alla luce di quanto affermato da Cass. n. 22837/2010, la non contestazione dei fatti allegati dalla controparte vale come relevatio ab onere probandi per il deducente. Osserva che la sentenza merita di essere cassata in quanto non solo ha posto a suo carico un indebito credito, sia pure del minor importo di euro 500, ma anche in quanto, per tale ragione, ha integralmente compensato tra le parti le spese relative ad entrambi i gradi di giudizio, privandolo del ristoro delle spese di lite dei due gradi di giudizio, che aveva dovuto affrontare per far valere le sue legittime ragioni. 3. Il motivo è inammissibile. Esso, invero, è stato proposto come vizio di «omesso esame circa un fatto decisivo», in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., ma tale norma (nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, applicabile ratione temporis), riferisce l’omesso esame ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico (Cass. Sez. U, 8053/2014, Cass. 24035/2018), non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” (Cass. 2268/2022, 22397/2019, 14802/2017).

Affinché una simile censura sia rituale deve quindi trattarsi di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con la conseguenza, tra l’altro, che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, tale vizio, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 27415/2018, 7472/2017); rimane peraltro estranea dall’ambito del vizio in questione qualsiasi censura volta a criticare il “convincimento” che il giudice si sia formato in esito all’esame del materiale istruttorio (Cass. 20553/2021).

???????Nel caso di specie, come detto, il ricorrente non ha indicato specificamente alcun fatto storico, avente le caratteristiche sopra indicate, del quale sia stato omesso l’esame da parte del giudice di merito.

4. La società Edil Z. s.r.l., in sede di ricorso incidentale, ha articolato due motivi. 

4.1. Con il primo motivo la ricorrente incidentale ha denunciato: <<nullità della sentenza ex art. 360 1° co. N. 4 per violazione e per falsa applicazione degli artt. 342 e 348 bis cpc>>. Sostiene la palese inammissibilità del gravame proposto in grado d’appello in quanto redatto in spregio dei canoni di cui alle norme sopra denunciate.

4.2. Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia: <<violazione dell’art. 360 1° co. n. 3 cpc per falsa applicazione dell’art. 2719 c.c.>>. Osserva che, contrariamente a quanto affermato dal giudice dell’appello, essa società aveva formalmente disconosciuto le sottoscrizioni, di cui sopra, oltre che nel verbale di udienza del 2.12.2014 e in quello del 20.2.2015, più specificamente in sede di articolazione dei mezzi istruttori all’udienza del 15.5.2015 -il cui verbale produce in copia- ove verbalizzava che le richieste orali, poi ammesse, venivano articolate “a contestazione e disconoscimento di quanto opposto in calce all’atto di transazione”.

Sostiene che <<la ricostruzione dei pagamenti fatta dall’opponente non risulta comprovata da alcuna prova· documentale inconfutabile atteso che in calce alla transazione del 24.1.2012 non veniva apposta alcuna quietanza nelle date ex adverso asserite del 14/2/12 e del 18/2/12 considerato che, d’altra parte, per tali date non era stata convenuta alcuna scadenza di pagamento e che la transazione aveva avuto proprio la finalità di consentire al De Mitri un pagamento dilazionato nel tempo>>.

Si duole che il giudice d’appello erroneamente non ha riscontrato nel fascicolo di ufficio che le prove orali (interrogatorio e prova testimoniale) erano state articolate da essa società opposta proprio a contestazione e disconoscimento di quanto apposto in calce all’atto di transazione come dedotto nel verbale di causa del 15.05.2015.

Deduce che, nella sua qualità di parte attorea in senso sostanziale, ha provato: sia il rapporto fondamentale (ovvero l’esecuzione delle opere condominiali); sia l’accordo intervento tra le parti a mezzo dell’atto transattivo; sia la regolare emissione delle fatture in favore di società del D.M.; sia l’omesso pagamento di quelle mancanti di apposita indicazione in calce da parte della contabile della società opposta.

5. Il ricorso incidentale è inefficace. Invero, la sentenza impugnata è stata pubblicata il 1° dicembre 2020, mentre il ricorso incidentale, articolato in sede di controricorso, risulta essere stato notificato il 15 giugno 2021, quando cioè era già decorso il termine semestrale di legge dalla pubblicazione della sentenza gravata; senza che, in senso contrario, rilevi che lo stesso sia – o meno – stato proposto nel rispetto del termine di cui all'art. 371, comma 2, c.p.c. (quaranta giorni dalla notificazione del ricorso principale: per tutte, Cass. n. 6077/2015 e Cass. ord. 17707/2021). Pertanto, avuto riguardo al disposto di cui all’art. 334 comma 2 c.p.c., essendo stato dichiarato inammissibile il ricorso principale, il ricorso incidentale deve essere dichiarato inefficace.

6. Conclusivamente, il ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile, mentre quello incidentale inefficace, con condanna del ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo. Invero, come questa Corte ha avuto modo di precisare anche di recente (Cass. n. 33733/2023), <<in caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso principale - che per l’appunto ricorre nella specie - il ricorso incidentale tardivo è inefficace ai sensi dell’art. 334, comma 2, c.p.c., con la conseguenza che la soccombenza va riferita alla sola parte ricorrente in via principale, restando irrilevante se sul ricorso incidentale vi sarebbe stata soccombenza del controricorrente, atteso che la decisione della Corte di cassazione non procede all’esame dell’impugnazione incidentale e dunque l’applicazione del principio di causalità con riferimento al decisum evidenzia che l’instaurazione del giudizio è da addebitare soltanto alla parte ricorrente principale>>.

7. All’inammissibilità del ricorso consegue infine la declaratoria della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento dell’importo, previsto per legge ed indicato in dispositivo, se dovuto (Cass. Sez. U. 20 febbraio 2020 n. 4315).

P. Q. M.

La Corte:

- dichiara inammissibile il ricorso principale;

- dichiara inefficace ex art. 334 comma 2 c.p.c. il ricorso incidentale;

- condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, spese che liquida, in favore della controparte, in euro 940 per compensi, oltre, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200 ed agli accessori di legge;

- ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera di parte ricorrente al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 2 ottobre 2024, nella camera di consiglio