1. Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2709, 2710 c.c., nonché dell’art. art. 115 c.p.c., per aver ritenuto non opponibili alla curatela gli estratti conto.
2. Con il secondo mezzo si deduce, sempre ai sensi dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c., nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2709, 2710 c.c., nonché dell’art. 115 c.p.c. per omesso esame di un fatto decisivo, in relazione alla natura “integrale” degli estratti conto depositati.
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, 4 e 5, cod. proc. civ., per nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a violazione e falsa applicazione degli artt. 2697, 2702, 2709, 2710 c.c., nonché dell’art. 1832 c.c., per aver ritenuto che gli estratti conto dovessero essere notificati a mezzo raccomandata.
4. Il quarto mezzo denuncia, ai sensi dell’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., la “nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a violazione e falsa applicazione degli artt. 2697,2702,2709,2710 c.c., nonché dell’art. 118 T.U.B, per aver ritenuto non provato il credito per presunta omessa comunicazione delle modifiche del tasso debitore”.
5. La società ricorrente ha inoltre proposto un quinto motivo con il quale ha denunciato, ai sensi dell’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c., la “nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a violazione e falsa applicazione dell'art. 2697,2702,2709,2710 c.c., nonché dell’art. 115 T.U.B, per aver ritenuto non provato il credito nonostante il riconoscimento di debito per euro 500.000 effettuato con accordo finanziario del 31.7.2012 in relazione al passivo di conto corrente n. 2203”.
5.1 Ricorda la ricorrente che il Tribunale aveva affermato la mancanza di prova del credito e che “il preteso riconoscimento nei piani attestati è anch’esso privo di data certa”, facendo riferimento al piano finanziario stipulato il 14.9.2012 tra la C. C. Spa e la Banca.
5.2 Sostiene invece la ricorrente che vi sarebbe certezza della data del riconoscimento del debito ex art. 1988 c.c., contenuto nel piano finanziario, in quanto l’accordo mostrerebbe data certa, come risultante da annullo postale (all. 11-12 ricorso ex art. 98 LF.). Con la conseguenza - aggiunge la società ricorrente - che da tale evidenza emergerebbe, in relazione al conto corrente n. 2203 (per il quale erano stati depositati estratti conto dal 1997 al 2015), la superfluità della prova del credito attraverso il deposito degli estratti conto integrali, nonché l’irrilevanza della questione della data certa dei predetti estratti.
5.3 Il quinto motivo – che, per ragioni di pregiudizialità logica, va esaminato per primo – è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento delle questioni trattate nei primi quattro motivi.
5.3.1 Sul punto va ricordato, in premessa, che secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte di legittimità, costituisce principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui la ricognizione di debito avente data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento del suo autore è opponibile alla massa dei creditori, in quanto deve presumersi l'esistenza del rapporto fondamentale, salva la prova - il cui onere grava sul curatore fallimentare - della sua inesistenza o invalidità (Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 2431 del 04/02/2020; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 39123 del 09/12/2021).
5.3.2 Ciò posto, va rilevato che, con deduzione sul punto autosufficiente, la parte ricorrente ha dimostrato di aver allegato innanzi al Tribunale che vi era una ricognizione di debito avente data certa (che, per la giurisprudenza sopra ricordata, deve ritenersi opponibile al curatore), il cui riscontro, negato invece dai giudici del merito, avrebbe dimostrato la fondatezza del credito insinuato e l’opponibilità dello stesso alla procedura fallimentare.
6. Con il sesto mezzo si denuncia, inoltre, ai sensi dell’art. 360 n. 3, 4, 5 c.p.c., la “nullità del decreto impugnato e del procedimento conseguente a omesso esame di fatti decisivi del giudizio in relazione alla domanda di ammissione n. 478”.
6.1 Deduce la ricorrente l’assoluta carenza di esame e motivazione su ulteriori punti del giudizio, trattati dalla ricorrente in sede di ricorso in opposizione, ma completamente ignorati nel decreto impugnato: nel ricorso ex art. 98 L.F. si era contestata, infatti, l’esclusione della seconda domanda di ammissione n. 478, con cui era stata richiesta l’ammissione a chirografo per euro 837.450,00, per saldo di conto anticipi intestato n. 1844/20714 alla società S.P. s.p.a., essendo la società fallita fideiussore della medesima fino alla concorrenza di 3 milioni di euro. A tal fine aveva depositato contratto di apertura di credito per anticipo fatture ed estratti conto anticipi integrali, nonché fideiussione rilasciata da C. in favore S.P. e successive modifiche e copia estratto libro garanzie autenticato da notaio. Secondo la ricorrente, il provvedimento del Tribunale avrebbe totalmente ignorato tale domanda di insinuazione, non facendo alcun riferimento alla sua ammissibilità e/o alla validità della fideiussione rilasciata da C. in favore della società S.P. cui era intestato il saldo passivo del conto anticipi. Aggiunge la ricorrente che la fideiussione era stata regolarmente pattuita, essendo stata stipulata a favore di un terzo, e che inoltre la data certa della fideiussione era fornita dal libro di attivazione affidamenti con vidima notarile.
6.2 Anche il sesto motivo è fondato, perché, con deduzione, anche in questo caso, autosufficiente, la ricorrente ha dimostrato di aver allegato, in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, documentazione dalla quale evincere la data certa della fideiussione il cui esame, ai fini del giudizio di opponibilità alla curatela del documento, era stato dunque colpevolmente omesso dal Tribunale. Si impone pertanto la cassazione del decreto impugnato.
P.Q.M.
accoglie il quinto e sesto motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Napoli che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2024