1. Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e la falsa applicazione degli artt. 81 e 82 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), vecchia formulazione.
1.1 Si sostiene che avrebbe errato il giudice del rinvio nell’affermare che, ai fini della determinazione dell’eventuale plusvalenza tassabile, doveva aversi riguardo a entrambe le vendite immobiliari effettuate nell’anno 1999 dai germani B..
1.2 La soluzione accolta dal giudice del rinvio si porrebbe, infatti, in contrasto con il tenore letterale del comma 1 del richiamato art. 82 del TUIR, il quale .
2. Con il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è lamentata la violazione degli artt. 81, comma 1, lettera a), vecchia formulazione, e 68, comma 1, nuova versione, del TUIR.
2.1 Al riguardo, si deduce quanto segue: - in caso di plusvalenza derivante dalla vendita di terreni lottizzati, la data di riferimento per la determinazione del valore normale dell’immobile ceduto è quella di inizio della lottizzazione; - nel caso di specie, il terreno trasferito dai B. alla D. s.r.l. si trovava in zona ricompresa in un piano di lottizzazione adottato dal Consiglio Comunale di A. con delibera n. 48 del 1° agosto 1998 e definitivamente approvato dallo stesso Consiglio con delibera n. 90 del 28 dicembre 1998, anteriormente alla stipula del contratto di compravendita, avvenuta l’11 gennaio 1999; - alla stregua delle disposizioni di legge regolanti la materia, nessuna rilevanza poteva essere attribuita al tempo intercorso fra l’inizio della lottizzazione e la vendita del terreno.
3. Così riassunto il contenuto delle censure sollevate dalla ricorrente, va sùbito notato che l’impugnata sentenza, come chiaramente si ricava dalla motivazione trascritta nella superiore narrativa, si fonda su due autonome «rationes decidendi», ognuna delle quali di per sé sola sufficiente a sorreggere la pronuncia resa.
3.1 Esse sono da individuare nelle seguenti affermazioni: (1)entrambe le vendite di terreni lottizzati effettuate dai germani B. nell’anno 1999 -sia quella in favore della D. s.r.l., sia quella in favore dell’Immobiliare V. s.a.s.- dovevano essere tenute in considerazione al fine di stabilire se gli alienanti avessero conseguito un’eventuale plusvalenza tassabile; (2)a norma degli artt. 81 e 82, comma 2, secondo periodo, del TUIR, vecchia formulazione, il valore normale del terreno ceduto dai B. alla D. s.r.l. andava determinato con riferimento alla data di approvazione del piano di lottizzazione, anteriore di appena diciotto giorni a quella di stipula dell’atto di compravendita; conseguentemente, in assenza di situazioni eccezionali, non ravvisabili nella fattispecie in esame, era da escludere che alcuna «significativa plusvalenza» fosse stata realizzata dai contribuenti, dovendo logicamente ritenersi che il prezzo della vendita corrispondesse al valore normale del terreno, stante il brevissimo lasso di tempo intercorso fra le due predette date.
3.2 Ora, con specifico riferimento alla «ratio decidendi» sub (2), la censura di violazione di legge sollevata dall’Agenzia delle Entrate con il secondo motivo di ricorso appare priva di consistenza.
3.3 Nel toccare il tema trattato in quella parte di motivazione, la stessa ricorrente si limita a ribadire le argomentazioni svolte in proposito dalla CTR toscana, e cioè che, in base al combinato disposto degli artt. 81, comma 1, lettera a), e 82, commi 1 e 2, secondo periodo, del TUIR, vecchia formulazione (corrispondenti agli attuali artt. 67 e 68): (a)sono soggette a tassazione le plusvalenze realizzate mediante la lottizzazione e la successiva vendita di terreni; (b)le plusvalenze in questione sono costituite dalla differenza fra i corrispettivi percepiti, al netto dell’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili, e il prezzo di acquisto del bene ceduto, aumentato di ogni altro costo inerente al bene medesimo; (c)il costo dei terreni acquisiti gratuitamente è determinato tenendo conto del valore normale del terreno alla data di inizio della lottizzazione.
3.4 L’Amministrazione non manca, inoltre, di ricordare come, per insegnamento di questo Supremo Collegio, la data di inizio della lottizzazione debba essere individuata nel , soggiungendo che, nella presente fattispecie, il terreno venduto .
3.5 Ciò posto, va osservato che gli enunciati giuridici contenuti nella sentenza impugnata non si pongono affatto in contrasto con le disposizioni innanzi richiamate e con l’interpretazione che delle stesse è stata offerta da questa Corte regolatrice.
3.6 Invero, la CTR ha rettamente statuito -in linea con la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 33511/2018, Cass. n. 5704/2022, Cass. n. 36185/2023)- che il valore normale del terreno venduto dai germani B. alla D. s.r.l., acquisito dagli alienanti a titolo gratuito in quanto proveniente dall’eredità paterna, doveva essere determinato con riferimento alla data di inizio della lottizzazione. Tale data è stata fissata al 28 dicembre 1998, giorno in cui fu assunta dal Consiglio Comunale di A. la delibera di approvazione del piano lottizzatorio.
3.7 Esclusa, quindi, la sussistenza del denunciato «error in iudicando», costituisce, per il resto, un apprezzamento di merito, insindacabile in cassazione, quello espresso dal collegio regionale in ordine alla mancanza di prova di circostanze «eccezionali» idonee «a determinare una qualsiasi significativa plusvalenza» nel brevissimo arco temporale intercorso fra l’approvazione del suddetto piano e la stipula dell’atto di compravendita; né la ricorrente ha articolato, sul punto, un’eventuale censura di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio e oggetto di discussione fra le parti, ipoteticamente trascurati dai giudici «a quibus».
4. Una volta acclarata l’infondatezza del secondo mezzo di gravame, diviene superflua la disamina del primo.
4.1 Soccorre, in proposito, il consolidato orientamento di questa Corte, che va qui ulteriormente ribadito, secondo cui, qualora la sentenza di merito si fondi su una pluralità di ragioni, fra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle «rationes decidendi» rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, quelle relative alle altre esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto il loro accoglimento non potrebbe comunque condurre alla cassazione della pronuncia gravata (cfr. Cass. n. 15819/2024, Cass. n. 35512/2023, Cass. n. 6765/2022, Cass. n. 24381/2021).
5. Conclusivamente, il ricorso va respinto.
6. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
7. Non deve farsi luogo all’attestazione di cui all’art. 13, comma 1- quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, essendo applicabile all’Agenzia fiscale delle Entrate -in virtù del rinvio contenuto nell’art. 12, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, convertito in L. n. 44 del 2012- la disposizione recata dall’art. 158, comma 1, lettera a), dello stesso D.P.R., prevedente la prenotazione a debito del contributo unificato in favore delle amministrazioni pubbliche.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, a rifondere ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.400 euro (di cui 200 per esborsi), oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione