1.Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione degli artt.125 disp. att. c.p.c. e 156 c.p.c. per essere l’atto di riassunzione della causa, notificato ai ricorrenti dopo la definizione del procedimento per querela di falso, al contrario di quanto affermato dalla Corte di Appello, nullo in quanto privo “del richiamo del contenuto dell’atto introduttivo del giudizio”.
2.Il motivo è infondato.
2.1. La Corte di Appello ha dichiarato l’atto di riassunzione “valido” in quanto pienamente idoneo al suo scopo perché contenente l’indicazione della causa riassunta, l’indicazione della ragione per cui ne era stata disposta la riassunzione e l’indicazione “dello stato in cui all’epoca [della sospensione] il giudizio si trovava”. La pronuncia si sottrae alla censura dovendosi ricordare che l’atto di riassunzione è valido qualora esso contenga gli elementi sufficienti ad individuare il giudizio che si intende far proseguire, senza la necessità che siano riprodotti nel ricorso tutti gli estremi della domanda proposta e che la mancanza di uno o più dei requisiti di cui all'art.?125?cod. proc. civ. non determina comunque la nullità dell'atto, non comminata da alcuna disposizione di legge, salvo che tale mancanza non renda l’atto stesso inidoneo allo scopo di?consentire la ripresa del processo?(Cass. n.12506?del?29/05/2007; Cass. n.3695?del?14/03/2001; Cass. n.?13597?del?21/07/2004).
3. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 458, 1418 e 1419 c.c. per avere la Corte di Appello ritenuto che l’atto datato 30 ottobre 2001 fosse solo parzialmente invalido siccome contenente una clausola integrativa di un patto successorio laddove invece, si sostiene, “la nullità delle convenzioni dispositive della propria successione è sancita dall’art.1418 c.c. e non si può fare luogo ad alcuna sanatoria o applicazione analogica di quanto previsto dall’art. 1419 c.c. come affermato dalla Corte di Appello di OMISSIS”.
4. Con il terzo motivo di ricorso si lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 457, 458 e 1424 c.c. Il motivo ripropone la doglianza veicolata con il primo motivo. In riferimento all’art. 1424 c.c. si deduce che l’atto -interamente nullo- non avrebbe neppur potuto essere convertito in un testamento.
5. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati. 5.1. La Corte di Appello ha dato conto delle circostanze incontroverse per cui l’appartamento menzionato nell’atto del 30 ottobre 2001, pur acquistato formalmente da Massimiliano R., era stato “individuato” da Mario R., per cui Mario R. aveva condotto le trattative di acquisto e per cui Mario R. “aveva effettuato il pagamento del prezzo e delle spese connesse”. Ha poi argomentato che la clausola iniziale dell’atto suddetto, recante le sottoscrizioni di Mario e di Massimiliano R. e di Emilia B. (riprodotto a pagina 10 della sentenza impugnata), nella quale si legge: “io sottoscritto Massimiliano R. dichiaro che l’appartamento sito in … a me intestato è di proprietà di mio nonno il quale di riserva l’usufrutto per sé e per sua moglie”, doveva essere interpretata, anche in considerazione delle suddette circostanze, come “dichiarazione di carattere ricognitivo” della appartenenza dell’appartamento a Mario R.. La Corte di Appello ha affermato che la clausola finale dell’atto, con cui Massimiliano R. veniva “nominato intestatario unico” dell’appartamento “per curare una futura vendita nell’interesse di tutti gli eredi” era nulla ai sensi dell’art. 458 c.c. e che, tuttavia, l’atto restava invece valido per la già riportata “dichiarazione ricognitiva”. Tale dichiarazione, ha aggiunto la Corte di Appello in riferimento all’art.1419 c.c., sarebbe stata voluta certamente “anche senza” la clausola integrativa di patto successorio, essendo essa giustificata dallo specifico interesse delle parti “a far risultare, nei rapporti interni, che reale acquirente dell’appartamento non era Massimiliano R. bensì Mario R.”.
5.2. Non è in discussione l’affermazione sulla nullità ex art. 458 c.c. della clausola ritenuta dalla Corte di Appello integrativa di patto successorio. Può essere ricordato che “per stabilire se una determinata pattuizione ricada sotto la comminatoria di nullità di cui all'art.?458?c.c. occorre accertare: 1) se il vincolo giuridico con essa creato abbia avuto la specifica finalità di costituire, modificare, trasmettere o estinguere diritti relativi ad una successione non ancora aperta; 2) se la cosa o i diritti formanti oggetto della convenzione siano stati considerati dai contraenti come entità della futura successione o debbano comunque essere compresi nella stessa; 3) se il promittente abbia inteso provvedere in tutto o in parte della propria successione, privandosi, così dello "jus poenitendi"; 4) se l'acquirente abbia contrattato o stipulato come avente diritto alla successione stessa; 5) se il convenuto trasferimento, dal promittente al promissario, debba aver luogo "mortis causa", ossia a titolo di eredità o di legato” (Cass. Sez.?2?- ?,?ordinanza?n.14110 del?24/05/2021).
5.3. Dalla lettura della sentenza nel suo complesso emerge che il riferimento all’art.1419 c.c., in tema di?nullità?parziale?o di singole clausole di un?contratto, è distonico rispetto alla ratio della decisione avendo la Corte di Appello stessa specificamente parlato di dichiarazione ricognitiva in merito a quanto espresso nella prima parte dell’atto in data 30 ottobre 2001 (“io sottoscritto Massimiliano R. dichiaro che l’appartamento sito in (…) a me intestato è di proprietà di mio nonno il quale si riserva l’usufrutto per sé e per sua moglie”). Secondo la Corte di Appello, dunque, non si era di fronte ad un contratto per cui fosse prospettabile il dubbio se una parte o una clausola?affetta da invalidità perseguisse un risultato configurabile come?distinto?ed avesse un'esistenza autonoma dalle altre parti o fosse invece in correlazione inscindibile con il resto (v., in tema, Cass.?n.?3547?del?29/05/1980; conf. 932/70; conf. 1275/68). Si era invece al cospetto di un documento incorporante una dichiarazione ricognitiva e un distinto patto successorio nullo.
5.4. I due motivi di ricorso sono ancorati al riferimento contenuto nella sentenza all’art. 1419 c.c. e non colgono la ratio della decisione. La deduzione di violazione o falsa applicazione dell’art. 1424 c.c. è scollegata dal contenuto della sentenza non essendovi in questa alcun cenno alla conversione di contratti nulli.
6. Con il quarto motivo viene dedotto, sotto la rubrica di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, che la Corte di Appello avrebbe errato nella “valutazione del contenuto del documento datato 30 ottobre 2001” dovendosi da esso ricavare che in realtà Massimiliano R. viene dichiarato proprietario del bene in questione.
7. Il motivo è inammissibile. “L'art.?360, comma 1, n.?5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'"omesso esame" come riferito ad "un fatto decisivo per il giudizio" ossia ad un preciso accadimento o una precisa?circostanza?in senso storico - naturalistico, non assimilabile in alcun modo a "questioni" o "argomentazioni" che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate” (Cass,?n.2268?del?26/01/2022). Il motivo in esame non denuncia l’omesso esame di accadimenti bensì, attraverso il riferimento all’art. 360, comma 1, n.5, mira a veicolare una interpretazione della prima parte del documento datato 30 ottobre 2001 -laddove si legge: “io sottoscritto Massimiliano R. dichiaro che l’appartamento sito in … a me intestato è di proprietà di mio nonno il quale si riserva l’usufrutto per sé e per sua moglie”- diversa da quella datane dalla Corte di Appello e già riportata nel punto 5.1 che precede. Sotto questo profilo il motivo contrasta con il principio per cui l'accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, censurabile per cassazione in relazione alla violazione dei canoni legali di?interpretazione?contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., con esplicito riferimento alle regole legali di?interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate, ed ai principi in esse contenuti, e con la necessaria precisazione del modo nel quale il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti (Cass. n.9461 del?09/04/2021) non potendo, invece, la censura risolversi -come nel caso di specie- nella mera contrapposizione dell'interpretazione?del ricorrente a quella accolta nella sentenza impugnata.
8. Come quinto e come sesto motivo di ricorso non vengono proposte censure avverso la sentenza impugnata. Si chiede alla Corte di trarre dall’accoglimento del secondo e terzo motivo o dall’accoglimento del quarto motivo queste conseguenze: riformare “la sentenza della Corte di Appello (…) integralmente anche in ordine alla pronuncia e alla richiesta di reintegrazione della quota della B. (…) atteso che l’immobile di Via L. in OMISSIS (…) è stato riconosciuto di esclusiva proprietà di R. Massimiliano e mai entrato nell’asse ereditario in morte di R. Mario” (v. ricorso p. 33).
Ed ancora: riformare “la sentenza della Corte di Appello (…) integralmente anche in ordine alla pronuncia sulla richiesta di conferimento alla massa ereditaria del bene immobile di cui è riconosciuta la legittima ed esclusiva proprietà di R. Massimiliano” (v., ricorso p.34). 9. I due predetti motivi sono inammissibili, in quanto si limitano ad esporre l’effetto espansivo interno dell’auspicato – ma escluso, per le ragioni sopra esposte – accoglimento dei motivi precedenti. 10.Il settimo motivo di ricorso è rubricato “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 458 c.c. in ordine alla determinazione della massa ereditaria”. Si contesta l’erroneità della sentenza in epigrafe per avere la Corte di Appello incluso nella massa ereditaria l’appartamento di Via L. in OMISSIS, ritenendo ricorresse un’ipotesi di interposizione fittizia.
11. Il motivo è fondato in quanto la Corte di Appello, dopo aver affermato che nella parte iniziale dell’atto datato 30.10.2001 era contenuta una dichiarazione diretta “a far risultare nei rapporti interni che reale acquirente dell’appartamento non era Massimiliano R. bensì Mario R.”, ha affermato doversi “dunque dichiarare l'interposizione?fittizia?di Massimiliano R. nella vendita dell’appartamento”. L’interposizione fittizia è una ipotesi di simulazione che ha per presupposto indispensabile l'accordo?simulatorio fra i?tre?soggetti che vi partecipano ossia il contraente apparente, il contraente effettivo e la controparte, in modo che il negozio si conclude con la costituzione di un vincolo dal quale il prestanome resta in sostanza escluso (Cass. Sez.?2,?sentenza?n.?366?del?20/01/1986).
La Corte di Appello ha ravvisato una ipotesi di interposizione fittizia sulla base di un atto scritto tra il solo Mario R. -l’ipotizzato interponente- e Massimiliano R. -l'ipotizzato interposto, il che descrive, invece, un’interposizione reale, cioè fiduciaria. Di qui l’errore dell’aver ritenuto che nella comunione ereditaria rientrasse il bene oggetto della vendita e non il solo credito al retrotrasferimento di esso al fiduciante.
12. L’ottavo motivo di ricorso è così rubricato: “In merito alla condanna alle spese di lite disposta dalla Corte di Appello di OMISSIS”. Sotto questa rubrica, ancora una volta, non vengono formulate censure specifiche ma si prospetta che, essendo la sentenza “non corretta” per “le ragioni di merito” fatte valere con i motivi precedenti, la stessa debba essere cassata anche per la parte relativa alla condanna dei ricorrenti alle spese del primo e secondo grado di giudizio.
13. Il motivo resta assorbito in ragione del fatto che, per effetto dell’accoglimento del settimo motivo la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa alla Corte di Appello di OMISSIS alla quale spetterà, all’esito del giudizio di rinvio, disporre sulle spese.
14. In conclusione il settimo motivo di ricorso deve essere accolto, l’ottavo motivo deve essere dichiarato assorbito, i motivi restanti devono essere rigettati. In riferimento al motivo accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata alla Corte di Appello di OMISSIS, in diversa composizione, anche per le spese dell’intero processo.
P.Q.M.
la Corte accoglie il settimo motivo, dichiara assorbito l’ottavo, rigetta gli altri motivi, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di OMISSIS, in diversa composizione.
Roma 24 Settembre 2024