1. il ricorso denuncia, con un unico motivo formulato ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la «violazione e falsa applicazione del d.lgs. 59/2019, della legge 124/1999, del d.m. 240/2010, del d.m. 384/2017» e addebita alla Corte distrettuale di avere erroneamente confuso i requisiti di accesso ai concorsi per il reclutamento del personale docente con quelli richiesti per l’iscrizione nelle diverse fasce delle graduatorie di circolo e di istituto; il Ministero ripercorre l’evoluzione della normativa e richiama le pronunce della Corte costituzionale e dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato per sostenere che da tempo il legislatore ha richiesto per l’insegnamento oltre al titolo di studio, attestante la conoscenza della disciplina specifica, anche il titolo abilitante che comprova l’idoneità all’insegnamento; aggiunge che l’art. 5 del d.lgs. n. 59 del 2017 non ha inteso affermare in via generale l’equipollenza alla abilitazione dei requisiti alternativi che consentono la partecipazione al concorso perché, al contrario, ha ribadito la ontologica diversità fra titolo di studio e abilitazione e, come già accaduto in passato, ha inteso unicamente derogare, in via transitoria ed ai limitati fini previsti dalla norma derogatoria, al principio secondo cui nella normalità l’assunzione a tempo indeterminato del docente postula il possesso di entrambi i requisiti;
2. in via preliminare va esclusa l’inammissibilità del ricorso per assenza del requisito di specificità (art. 366 n. 4 cod. proc. civ.), atteso che il motivo di censura, per come formulato e sopra sintetizzato, enuncia chiaramente le affermazioni di diritto contenute nella sentenza impugnata che si assumono in contrasto con le norme regolatrici della materia;
3. sempre in via preliminare rileva il Collegio che oggetto della sentenza impugnata e del ricorso è la questione della equiparabilità all’abilitazione del possesso congiunto del titolo di studio e di 24 crediti formativi (affermata dalla Corte territoriale e contestata dal ricorrente) ai fini dell’inclusione nella prima fascia delle graduatorie provinciali e nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto (oggetto di domanda;
4. il ricorso è fondato, per le ragioni illustrate da Cass. 15 marzo 2024 n. 7084 – e dalle conformi Cass. 7 maggio 2024, n. 12416, Cass. 6 giugno 2024, n. 15838 – con la quale, all’esito della ricostruzione del quadro normativo cui si fa rinvio ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ., è stato affermato che «In tema di supplenze temporanee, nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto di cui all’art. 5, comma 3, del d.m. del 13 giugno 2007, vanno inseriti i soli aspiranti titolari di abilitazione, ai quali non possono essere equiparati quelli che vantino esclusivamente il possesso congiunto della laurea e di 24 crediti formativi universitari o accademici, ai sensi dell’art. 5, comma 1, d.lgs. n. 59 del 2017, nel testo vigente dal 1° gennaio 2019 fino alla sua modifica, avvenuta con d.l. n. 36 del 2022, conv., con modif., dalla legge n. 79 del 2022, i quali, invece, devono trovare posto nella III fascia delle menzionate graduatorie»; il principio di diritto enunciato, che va ribadito anche in questa sede, si fonda sulla ontologica diversità fra “titolo di abilitazione”, che si consegue solo all’esito dei diversi percorsi abilitativi che il legislatore, nel corso degli anni, ha previsto e disciplinato, e “titolo di studio”, nonché fra il primo ed i requisiti di partecipazione alle procedure concorsuali, il cui superamento è stato equiparato dal legislatore all’abilitazione all’insegnamento; si tratta di una distinzione sempre sottolineata dalla giurisprudenza di questa Corte (cfr. in motivazione Cass. 11 maggio 2021 n. 12424) e dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. C.d.S. n. 2166/2023; C.d.S. n. 8983/2022; C.d.S. n. 2264/2018) e che nella fattispecie trova specifico riscontro nell’art. 5 del d.lgs. n. 59/2017, erroneamente valorizzato dalla Corte territoriale per trarne argomenti a favore dell’originario ricorrente; infatti la norma in parola, nel testo applicabile alla fattispecie ratione temporis, risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 145/2018, è chiara nel prevedere, al comma 1, che il possesso congiunto del diploma di laurea magistrale o a ciclo unico e di 24 crediti formativi universitari costituisce solo titolo per la partecipazione al concorso, disciplinato dall’art. 3 dello stesso d.lgs. n. 59/2017 e finalizzato alla selezione dei candidati a posti comuni e di sostegno della scuola secondaria (Costituisce titolo di accesso al concorso relativamente ai posti di docente di cui all'articolo 3, comma 4, lettera a), il possesso dell’abilitazione specifica sulla classe di concorso oppure il possesso congiunto di: a) laurea magistrale o a ciclo unico, oppure diploma di II livello dell'alta formazione artistica, musicale e coreutica, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso; b) 24 crediti formativi universitari o accademici, di seguito denominati CFU/CFA, acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche, garantendo comunque il possesso di almeno sei crediti in ciascuno di almeno tre dei seguenti quattro ambiti disciplinari: pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell'inclusione; psicologia; antropologia; metodologie e tecnologie didattiche), perché, come chiarisce e precisa il comma 4 ter della stessa disposizione, è unicamente con il superamento delle prove concorsuali che l’abilitazione si acquisisce (Il superamento di tutte le prove concorsuali, attraverso il conseguimento dei punteggi minimi di cui all’articolo 6, costituisce abilitazione all’insegnamento per le medesime classi di concorso); come chiarito da Cass. n. 7084/2024 la disposizione, in parte qua, si armonizza con quelle che nel corso degli anni hanno disciplinato l’accesso all’insegnamento, in relazione al quale il legislatore, ferma restando la necessità di un titolo diverso ed ulteriore abilitante all’insegnamento medesimo, ha nella sostanza a tal fine equiparato ai titoli abilitanti specifici, conseguiti al termine di percorsi regolati normativamente, quali le SSIS e i TFA, l’idoneità ottenuta con l’esito positivo delle prove scritte e orali del concorso per divenire docente di ruolo (chiaramente, non seguite da assunzione perché il candidato non si era trovato in posizione utile nella graduatoria ed aveva acquisito la qualità che si è soliti definire di “idoneo non vincitore”), giammai il solo possesso dei titoli necessari per la partecipazione alle operazioni concorsuali; risulta allora evidente che destituita di fondamento è la tesi, fatta propria dalla Corte territoriale, secondo cui i requisiti menzionati dall’art. 5 del d.lgs. n. 59/2017 per la partecipazione al concorso sarebbero sufficienti per l’inclusione nella seconda fascia delle graduatorie di istituto e nella prima fascia delle graduatorie provinciali, a prescindere dal positivo superamento del concorso medesimo;
4.1 quanto alle graduatorie di istituto, nel richiamare le ampie argomentazioni espresse sul punto dalla più volte citata Cass. n. 7084/2024, va detto che il d.m. n. 131/2007 chiaramente include nella seconda fascia i docenti non iscritti nelle graduatorie ad esaurimento, ma in possesso dei titoli che avrebbero consentito l’iscrizione in quelle graduatorie e, quindi, oltre al titolo di studio, della «specifica» abilitazione o di quella che all’epoca era ritenuta alla stessa assimilabile, ossia l’idoneità conseguita all’esito di procedure concorsuali (ed in tal senso va interpretato l’art. 5, comma 3, nella parte in cui si riferisce alla «specifica idoneità a concorso cui è riferita la graduatoria di circolo e di istituto»);
4.2 in merito alle graduatorie provinciali, istituite dal d.l. 29 ottobre 2019 n. 126, convertito dalla legge 20 dicembre 2019 n. 159, che ha modificato l’art. 4 della legge 3 maggio 1999 n. 124, va detto che il successivo d.l. 8 aprile 2020 n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2020, n. 41 (art. 2, comma 4 ter, più volte modificato) ha consentito al Ministero, in deroga al disposto di cui al comma 5 del richiamato art. 4 (che rinvia al decreto ministeriale, di natura regolamentare, da adottare ex art. 17, commi 3 e 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400), di disciplinare con ordinanza, in prima applicazione e per gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022 (successivamente il regime temporaneo è stato esteso anche ai successivi aggiornamenti e rinnovi, ricomprendendo gli anni scolastici dal 2022/2023 al 2025/2026) i tempi e le modalità di formazione delle graduatorie. L’ordinanza n. 60 del 10 luglio 2020, di sostanziale natura regolamentare perché sostitutiva, in forza di espressa previsione di legge, del regolamento previsto dal citato art. 4, comma 5, della legge n. 124/1999, nell’individuare i requisiti di accesso alle graduatorie provinciali ha, all’art. 3, comma 6, riservato l’inserimento nella prima fascia ai soli soggetti «in possesso dello specifico titolo di abilitazione», ed ha previsto la collocazione nella seconda fascia degli aspiranti all’assunzione in possesso del titolo di studio nonché «dei titoli di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), del D.lgs 59/17», ossia dei 24 crediti formativi della cui rilevanza qui si discute. Anche rispetto a dette graduatorie, quindi, è stata esclusa l’equiparabilità all’abilitazione del solo possesso dei titoli richiesti ai fini della partecipazione alle operazioni concorsuali;
5. ha, pertanto, errato la Corte territoriale nel ritenere, ai fini del richiesto inserimento nella II fascia delle graduatorie di circolo e di istituto della Provincia di Fermo e di Ascoli Piceno, equipollente al titolo abilitante il conseguimento della laurea e di 24 crediti formativi, sicché la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda proposta da Felice C.;
6. la complessità e la novità della questione giuridica, in relazione alla quale i giudici del merito hanno espresso orientamenti difformi, giustificano la compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito e del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’azionata domanda; compensa integralmente fra le parti le spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di