Giu In caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360 c.p.c. l’onere di specificità dei motivi gli impone di indicare, pena d’inammissibilità della censura, le norme di cui lamenta la violazione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2024 N. 26495
Massima
In caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. n. 3, l’onere di specificità dei motivi, normato nel successivo art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., gli impone di indicare, a pena d’inammissibilità della censura, le norme di legge di cui lamenta la violazione, esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (cfr. ex permultis, da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 marzo 2024, n. 7999; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5267; Cass. civ., Sez. II, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5259; Cass. civ., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2024, n. 1918; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 gennaio 2024, n. 1346; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. II, Ord., 21 novembre 2023, n. 32320).

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 24137/2015 il Tribunale di Roma revocava il decreto ingiuntivo n. 11570/07 con il quale era stato ingiunto alla società A. &C. s.a.s. , ai signori Quinto S. e Isabellaa B. il pagamento della somma di euro 1.563.522,17 oltre accessori, in favore della Banca di Roma s.p.a.. La somma riguardava il saldo debitore, alla data del 3 aprile 2007, del rapporto di conto corrente bancario numero 92307/51, a cui erano collegati rapporti di anticipo di crediti e di sconto sino a 3 milioni di euro, intrattenuto dall’Arial di S. Quinto & C. s.a.s. già Arial di Isabella B. & C. s.a.s. con la predetta Banca di Roma, a cui Isabella B. (all’epoca socio accomandatario della Arial di Isabella B. & C. s.a.s.) con atto del 6 febbraio 2004 aveva prestato fideiussione sino al limite di euro 3.900.000. All’esito del giudizio di opposizione il primo giudice accertava la nullità della pattuizione delle commissioni di massimo scoperto per mancanza di prova scritta e, per l’effetto, riduceva il credito ingiunto sino ad euro 1.271.583,07; inoltre, accertava la non corretta condotta della parte opposta e che il pregiudizio economico arrecato al fideiussore da detta condotta dell’istituto di credito era pari all’importo che l’istituto di credito chiedeva in pagamento al garante in virtù dell’atto di fideiussione, revocava quindi il decreto ingiuntivo non essendo dovuta la somma ingiunta e condannava Unicredit Banca di Roma S.p.A. (già Banca di Roma S.p.A.) al pagamento delle spese processuali e di consulenza tecnica 2. La Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 3090 del 19 giugno 2020, in parziale riforma della sentenza impugnata ha ritenuto che nessuna responsabilità per inadempimento poteva individuarsi a carico del creditore. Secondo il giudice dell’appello, il mancato pagamento delle fatture da parte della Ausl di Sassari, debitrice della società garantita, era dipeso dalla condotta della A. che, ricevuta l’anticipazione dalla banca di Roma, provvedeva a comunicare al suddetto debitore una variazione della domiciliazione per il pagamento delle fatture presso altre banche. Quindi, la Corte territoriale ha affermato che la mancata notifica della cessione nei suoi confronti da parte della banca creditrice non poteva incidere sulla sorte della stessa né sul credito in capo alla Banca di Roma. Ha ritenuto, quindi, che sia stata la condotta della società garantita a determinare che, nonostante la cessione del credito, il pagamento fosse eseguito alla cedente e non alla banca cessionaria; senza, peraltro, provvedere al successivo riversamento alla banca sua creditrice. Ha rilevato, inoltre, che con il pagamento in favore del cedente (del credito della garantita verso l’Ausl di Sassari) il debitore principale ha visto accrescere il proprio patrimonio e, parallelamente, il suo creditore ha fruito di una maggiore garanzia di solvibilità. E ciò a tutto vantaggio anche del fideiussore il quale, oltre ad aver acquisito maggiori aspettative di non essere escusso, non ha subito neppure un danno derivante dall’aver perduto il diritto di surroga nei confronti del creditore di cui all’articolo 1949 c.c., né quello di regresso nei confronti del debitore garantito, ai sensi dell’articolo 1950 c.c.; l’esercizio dei quali non è impedito dall’eventuale fallimento dei debitori ceduti che lascerebbe inpregiudicata la facoltà di insinuazione al passivo. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione Isabella B., sulla base di tre motivi. Ha depositato memoria. 3.1. F. s.r.l. resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2024 N. 26495 SCARANO LUIGI ALESSANDRO

4.1. Con il primo motivo di ricorso principale, la B. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1264, co. 2, c.c., eccependone l’inapplicabilità in relazione all’art. 117 del d.lgs. n. 163/2006, con conseguente violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.). La Corte d’appello ha erroneamente riformato la decisione di primo grado, non ravvisando, nel comportamento della Banca di Roma nei confronti del fideiussore, contrarietà ai doveri di correttezza e buona fede, pur non avendo l’istituto notificato alla ASL di Sassari (debitore ceduto), la cessione dei crediti relativa ad alcune fatture emesse da 'Trebuchet MS' nei confronti della stessa ASL da febbraio a dicembre 2005.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso principale, la B. lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1175, 1375 e 1956 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., sostenendo, ancora, che la Banca di Roma avrebbe dovuto operare secondo i canoni di correttezza e buona fede nella tutela del soggetto garantito.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso principale, la signora B. lamenta la nullità e/o decadenza della fideiussione in relazione agli artt. 2, 6 e 8 del medesimo contratto fideiussorio per mancata preventiva escussione del debitore (art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c.).

5. Il ricorso principale è inammissibile.

Lo schema normativo con cui il legislatore ha regolato il ricorso per cassazione prevede, infatti, che colui che esercita il diritto di impugnazione, assumendo l’erroneità di una decisione, ha l’onere di identificare l’errore che denuncia, articolando motivi che si concretano in una critica a tale decisione, con l’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui è scorretta, le quali, per essere veramente tali, debbono considerare quelle poste a fondamento della sentenza impugnata da cui non possono prescindere. Nel caso in esame, tutti i motivi di ricorso sono formulati in violazione dell’art. 366 n. 3 e 6 c.p.c. perché non permettono a questo collegio di comprendere in concreto le ragioni di impugnazione della sentenza della Corte d’appello capitolina.

5.1. Il primo e il secondo motivo, che possono essere trattati insieme, in quanto attengono sostanzialmente la medesima questione giuridica, sono inammissibili per plurimi concorrenti profili. Con riferimento al vizio di legge, le doglianze della ricorrente si infrangono contro il consolidato principio, ribadito più volte da questa Corte, secondo cui, in caso di denuncia di un errore di diritto ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. n. 3, l’onere di specificità dei motivi, normato nel successivo art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., gli impone di indicare, a pena d’inammissibilità della censura, le norme di legge di cui lamenta la violazione, esaminarne il contenuto precettivo e raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (cfr. ex permultis, da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 25 marzo 2024, n. 7999; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5267; Cass. civ., Sez. II, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5259; Cass. civ., Sez. II, Ord., 18 gennaio 2024, n. 1918; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 gennaio 2024, n. 1346; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., Sez. II, Ord., 21 novembre 2023, n. 32320).

Un simile onere non certamente ritenersi assolto con la mera indicazione delle norme che si assumono violate, indicate nella sola rubrica di ciascun motivo, dovendo il ricorrente, con argomentazioni specifiche, intellegibili, chiare ed esaustive, dimostrare qual è stato l’errore di diritto compiuto dal giudice del merito e in che modo detto errore sia in contrasto con il dettato normativo. Diversamente, questa Corte regolatrice non è messa in condizione di adempiere al proprio compito di verificare il fondamento della lamentata violazione. Nel caso di specie, le doglianze si limitano all’elencazione dei precetti normativi, risolvendosi in mere asserzioni, non essendo indicati quali sarebbero, in relazione a ciascuna norma elencata, gli errori nel giudizio di diritto in cui sarebbe incorso il giudice del merito e quindi la non conformità delle relative statuizioni alle previsioni di legge.

Con riferimento al vizio di cui al n. 5, dell’art. 360 c.p.c., poi, osserva il collegio che, dall’esame del ricorso, non risulta sul punto sviluppata alcuna argomentazione, sebbene sia indicata nell’epigrafe di ciascun motivo, atteso che dall’intera trattazione non è dato comprendere quale sia il fatto decisivo per il giudizio il cui esame, secondo la ricorrente, sarebbe stato omesso e che la stessa intende sottoporre all’attenzione di questo giudice

5.2. Con particolare riferimento al terzo motivo va osservato che le censure, con riferimento al vizio di cui al n. 3 dell’art. 360 c.p.c., si pongono in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, “il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. 10 febbraio 2015, n. 2465; Cass. 26 maggio 2016, n. 10891; Cass. 14 luglio 2016, n. 14355)” (cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. I, Ord., 13 gennaio 2023, n. 824).

Sotto il profilo formale, quindi, il ricorrente che intende censurare la decisione del giudice di merito in ordine a detta interpretazione ha comunque l’onere di specificare i canoni che in concreto assume violati e il punto e il modo in cui detto giudice del merito si sia da questi discostato (v. tra le tante, da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 11 aprile 2024, n. 9834; Cass. civ., Sez. II, Ord., 29 marzo 2024, n. 8591; Cass. civ., Sez. III, Ord., 12 marzo 2024, n. 6523; Cass. civ., Sez. lav., 15 febbraio 2024, n. 4172).

Specificazione che nel caso di specie è del tutto carente, essendosi in buona sostanza la ricorrente limitata a citare una precedente di questa Corte, che però non confronta affatto con la sentenza impugnata e con le eccezioni a essa sollevate, rendendo così di fatto oscure le sue doglianze. Quanto, invece, al vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., anche rispetto a esso non è dato comprendere le ragioni alla base delle censure della ricorrente, che comunque le sarebbero impedite, atteso che, sul punto, la Corte territoriale ha confermato le statuizioni di primo grado, integrandosi l’ipotesi di c.d. doppia conforme, prevista dall’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c. 6.

Con l’unico motivo di ricorso incidentale, F. S.r.l. (ultima cessionaria del credito e mandante di V. S.p.A.), per l’eventualità in cui fosse accolto, anche parzialmente, il ricorso principale, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1323, 1362, comma 1, 1363 e 1936 e ss. c.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la Corte territoriale escluso che la garanzia rilasciata dalla signora B. rientrasse nella fattispecie del contratto autonomo di garanzia.

In particolare, chiede che la stessa signora B. sia condannata a pagare quanto disposto dalla Corte territoriale senza possibilità di sollevare eccezioni in ordine alla natura astratta e autonoma dell’obbligo di garanzia dalla stessa assunto.

7. Il ricorso incidentale rimane assorbito dal rigetto del ricorso principale. 8. Le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente seguono la soccombenza.ù

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di legittimità che liquida in complessivi euro 14.200,00, di cui euro 14.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza