Giu Nell’ambito del procedimento sanzionatorio, la natura recettizia dell’atto di contestazione degli addebiti non è determinante per escludere l’applicabilità del principio della cd. scissione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2024 N. 26488
Massima
Nell’ambito del procedimento sanzionatorio, l’atto di contestazione degli addebiti riveste la duplice funzione di comunicare agli interessati gli esatti termini dell’incolpazione e di consentire ai medesimi di svolgere le proprie difese, sicché la natura recettizia dell’atto da partecipare non è determinante per escludere l’applicabilità del principio della cd. scissione, che solo consente di attuare il bilanciamento dell’interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie comunicativa a causa di fatto di terzi che intervengono nella fase di trasmissione del contenuto dell’atto e di quello del destinatario di non essere impedito nell’esercizio dei propri diritti. (Sezioni Unite sentenza n. 24822/15)

Casus Decisus
1. Il Tribunale di Bologna, con sentenza n. 1353/2017, pubblicata in data 30 giugno 2017, accogliendo l’opposizione, revocava due decreti ingiuntivi ottenuti da Graziella V., quale erede di Iolanda A., nei confronti di Banca di Bologna Credito Cooperativo s.c., che, su richiesta di Cooperativa Costruzioni Società Cooperativa e di Palazzi s.r.l., aveva prestato fideiussioni in favore di Iolanda A. e Cesare A., a garanzia delle obbligazioni derivanti da atti di compravendita immobiliare; riteneva dirimente la questione inerente la tardività dell’atto di escussione, siccome notificato oltre il termine contrattualmente stabilito per la validità ed efficacia della garanzia prestata dalla Banca (30 giorni dalla scadenza del 31 dicembre 2014) e mediante comunicazione a mezzo p.e.c., inviata dal difensore della V. l‘ultimo giorno utile, anziché a mezzo lettera raccomandata a.r., come espressamente previsto dalla fideiussione. 2. La Corte d’appello, adita dalla soccombente, ha confermato la sentenza di primo grado, osservando che il testo della fideiussione era chiaro nell’indicare la modalità di escussione, da attuarsi con l’invio di lettera raccomandata a.r. entro il termine stabilito, a pena di decadenza, e che correttamente il Tribunale, vertendosi in ipotesi di atto recettizio, aveva fatto rinvio ai principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 24822/15, con riguardo alla scissione degli effetti tra notificante e notificato. Ha, inoltre, considerato tardive le allegazione concernenti la volontà negoziale della scissione degli effetti, dedotta solo nella conclusionale in primo grado, e la vessatorietà della clausola, dedotta solo nella citazione in appello, considerando assorbita ogni altra questione. 3. Graziella V. ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con due motivi. Banca di Bologna – Credito Cooperativo Società Cooperativa – resiste con controricorso. 4. Il ricorso è stato avviato per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ. La controricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 10 ottobre 2024 N. 26488 SCARANO LUIGI ALESSANDRO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la ‹‹Violazione e falsa applicazione degli artt. 2965, 1375 e 1334 c.c. in relazione alla “scissione dei tempi di notifica” ed alla tardività dell’escussione in combinato disposto con l’art. 2943 c.c. per violazione del contratto di fideiussione – art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.››. Censura la sentenza impugnata laddove i giudici di appello non hanno ritenuto applicabile il principio di scissione dei termini della notifica e lamenta che la mancata applicazione di tale principio rende eccessivamente oneroso l’esercizio del diritto e conseguentemente nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza eccessivamente difficili per l’esercizio del diritto stesso.

Sostiene che la fideiussione prevedeva che l’escussione della garanzia dovesse avvenire “con lettera raccomandata a.r.”, senza che le parti avessero però pattuito il mezzo da utilizzare per il recapito, e che la mancanza di tale indicazione esprimeva che l’intento perseguito dalle parti fosse solo quello di assicurare la certezza di invio e ricezione della richiesta e non quello di designare un mezzo per la spedizione. Evidenzia, pure, che, non era stato possibile fruire per intero del termine di trenta giorni, perché coincidente con il periodo festivo della prima decade di gennaio, cosicché le lettere per l’escussione delle garanzie, anche se consegnate in data 2 febbraio 2015 (dopo lo spirare del termine ultimo fissato dal regolamento negoziale), avrebbero dovuto considerarsi tempestive, perché spedite in data 30 gennaio 2015, ossia l’ultimo giorno di loro validità, nel rispetto del principio sancito dall’art. 1375 cod. civ. Soggiunge che i giudici di merito hanno travisato il contenuto del testo fideiussorio ritenendo che l’escussione potesse considerarsi soddisfatta solo dall’utilizzo del servizio postale, ben potendo essere assicurate maggiori garanzie, per il mittente e per il destinatario, anche ricorrendo ad altro spedizioniere e/o gestore informatico.

1.1. La censura, sotto il primo profilo denunciato, è inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ., avendo la sentenza impugnata deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte e non offrendo il motivo elementi per mutare tale orientamento.

1.2. Il giudice a quo ha negato il riconoscimento della tempestività dell’atto di escussione inviato dall’odierna ricorrente alla Banca, sul rilievo dell’inapplicabilità, al caso in esame, del principio della cd. ‹‹scissione›› dei termini di notificazione, trattandosi di negozio di natura sostanziale, la cui efficacia ben poteva essere fatta valere al di fuori dell’ambito processuale. Con tale decisione, la Corte territoriale non si è discostata dal consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ed in particolare dalla sentenza a Sezioni Unite n. 24822 del 2015, in applicazione della quale deve escludersi che, nella fattispecie, possa operare, il principio di scissione degli effetti della notifica (per il notificante dall'avvio, per il destinatario dal perfezionamento). Questo perché l'atto di escussione della fideiussione ha natura recettizia e produce effetti solo dal momento in cui è portato a conoscenza del destinatario, ai sensi dell'art. 1334 cod. civ. Invero, la regola della scissione subiettiva degli effetti, a fronte di un procedimento notificatorio che si snoda in una sequenza di atti prolungata nel tempo — regola sancita, dapprima, dalla giurisprudenza costituzionale (Corte cost., sentenza n. 28 del 23/01/2004; sentenza n. 477 del 2002) e, poi, recepita dal legislatore (con l'introduzione dell'art. 149, terzo comma, cod. proc. civ.) —, valevole con riguardo agli atti processuali (nonché per gli atti tributari, per effetto dell'art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600), ma non anche con riferimento a quelli sostanziali, si estende anche agli effetti sostanziali dei primi esclusivamente quando il diritto non possa farsi valere se non con un atto processuale; tuttavia, allorché il diritto possa essere fatto valere anche attraverso atti aventi natura sostanziale, tale effetto si produce solo dal momento in cui l'atto perviene all'indirizzo del destinatario (Cass., sez. 6 - 3, 04/03/2021, n. 5882, non massimata, in fattispecie esattamente sovrapponibile a quella in esame; Cass., sez. 2, 24/11/2022, n. 34648; Cass., sez. 3, 17/03/2021, n. 7404; Cass., sez. 2, 30/10/2020, n. 24041; Cass., sez. U, 22/03/2019, n. 8227; Cass., sez. 2, 01/08/2017, n. 19143; Cass., sez. 6-3, 15/02/2017, n. 4034 del 15/02/2017). L’odierna ricorrente non si confronta con tali arresti giurisprudenziali, ma si limita a richiamare, a supporto della propria tesi difensiva, sentenze di merito, neppure allegate, non opponibili alla controricorrente, in quanto rese nell’ambito di giudizi in cui la Banca non è stata parte.

In ogni caso, è appena il caso di evidenziare come i suddetti principi non siano stati in alcun modo superati dalla successiva pronuncia a Sezioni Unite n. 12332 del 2017, pure invocata dalla ricorrente, che ha affrontato la tematica dell’applicabilità del cd. ‹‹principio della scissione›› nello specifico ambito del procedimento amministrativo sanzionatorio, riconoscendone la ricorrenza sulla base della considerazione che il procedimento sanzionatorio è retto dai principi sanciti dalla legge 21 novembre 1981, n. 689, che rappresenta il riferimento legislativo principale dell’intero sistema sanzionatorio amministrativo, e spiegando che il rinvio contenuto nell’art. 14 della legge n. 689/81 alle modalità previste dal codice di procedura civile consente la notifica a mezzo posta secondo quanto previsto dalla legge n. 890 del 1982.

Tale pronuncia non smentisce quanto già statuito con la precedente sentenza n. 24822/15, in quanto le Sezioni Unite hanno avuto cura di sottolineare che, nell’ambito del procedimento sanzionatorio, l’atto di contestazione degli addebiti riveste la duplice funzione di comunicare agli interessati gli esatti termini dell’incolpazione e di consentire ai medesimi di svolgere le proprie difese, sicché la natura recettizia dell’atto da partecipare non è determinante per escludere l’applicabilità del principio della cd. scissione, che solo consente di attuare il bilanciamento dell’interesse del notificante a non vedersi imputare conseguenze negative per il mancato perfezionamento della fattispecie comunicativa a causa di fatto di terzi che intervengono nella fase di trasmissione del contenuto dell’atto e di quello del destinatario di non essere impedito nell’esercizio dei propri diritti.

2. Del pari inammissibile è il secondo profilo di doglianza fatto valere con il primo motivo, nella parte in cui la ricorrente si duole che la Corte bolognese avrebbe ‹‹violato il contenuto del contratto di fideiussione indi la volontà delle parti››, in particolare puntualizzando che: a) avrebbe frainteso la volontà delle parti, che non avevano inteso concordare il mezzo da utilizzare in modo esclusivo per il recapito dell’atto di escussione; b) non avrebbe considerato che il cd. principio della scissione, se non applicabile per legge, lo era per “volontà delle parti” e c) non avrebbe fatto buon governo della disposizione di cui all’art. 2965 cod. civ., laddove aveva ritenuto sufficiente il termine concesso al creditore per l’esercizio del diritto. Le prime due censure richiamate, contraddistinte dalle lettere a) e b), non sfuggono alla declaratoria d’inammissibilità, in quanto sono sostanzialmente finalizzate a sollecitare una interpretazione del contratto diversa da quella fatta propria dal giudice d’appello, omettendo di indicare i criteri ermeneutici che il giudice avrebbe violato o mal applicato per assolvere la funzione a lui riservata di interpretazione delle clausole contrattuali; mentre la doglianza sopra richiamata al punto c) è infondata, avendo le Sezioni Unite posto in rilievo che il principio della scissione non opera con riguardo alla trasmissione di atti negoziali unilaterali, perché, dovendo essere tutelato, a norma dell’art. 1334 cod. civ., l’interesse del destinatario, il mittente deve attivarsi per tempo e non può invocare alcun diritto di ‹‹usufruire del termine prescrizionale per intero›› (Cass., sez. U, n. 24822/15, cit.).

3. Con il secondo motivo la ricorrente censura la decisione gravata per ‹‹violazione e falsa applicazione dell’art. 48 d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, in combinato disposto con l’art. 1352 c.c. e della legge n. 221 del 2012 – manifesta illogicità del percorso logicogiuridico sulla ritenuta scelta vincolante della modalità di trasmissione dell’escussione – art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.›› Lamenta che la Corte d’appello non avrebbe considerato quale valida e tempestiva escussione delle garanzie le comunicazioni a mezzo p.e.c. spedite dal suo difensore di fiducia ed invoca la sentenza n. 75/19 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittimo l’art. 16-septies del d.l. 18 ottobre 2012, 179, nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta d’accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo; ribadisce, inoltre, che, in difetto di una specifica pattuizione tra la dante causa Iolanda A. e la Banca circa le forme da utilizzare per l’escussione, ‹‹ogni mezzo utilizzato dalla V., che potesse garantire invio e ricezione era da ritenersi valido per l’escussione›› e nega che il testo delle fideiussioni imponesse la forma della raccomandata a.r.

3.1. Le doglianze sono in parte infondate ed in parte inammissibili.

3.2. La Corte bolognese si è uniformata alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, se in un contratto le parti abbiano, come nella specie, pattuito per la comunicazione di un atto l’uso della raccomandata a mezzo del servizio postale, sono inefficaci le comunicazioni inviate in forma diversa (Cass., sez. 3, 26/03/2001, n. 4350; Cass., sez. 23/06/1975, n. 2493; Cass., sez. 19/07/1967, n. 1847), sicché deve escludersi l’equiparazione tra la comunicazione a mezzo p.e.c. e quella a mezzo lettera raccomandata a.r.

3.3. Non pertinente è, peraltro, il richiamo alla sentenza n. 75/19 della Corte costituzionale, in quanto, nel caso de quo, l’atto di escussione è stato considerato invalido non perché inviato dopo le ore 22,00, ma per la diversa ragione che il regolamento contrattuale, ai fini dell’escussione, prescriveva il ricorso alla lettera raccomandata a.r.

3.4. Inammissibili per novità sono le ulteriori censure sollevate con il motivo in esame, trattandosi di questioni di cui non si fa menzione nella sentenza impugnata, in difetto di allegazione dell’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, con indicazione degli atti specifici dei gradi precedenti in cui quelle sono state a quegli sottoposte, onde dar modo a questa Corte, a cui sono proposte questioni giuridiche che implicano accertamenti di fatto, di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass., sez. 6 -3, 10/08/2017, n. 19988; Cass., sez. 25/05/2011, n. 11471; Cass., 11/05/2012, n. 7295; Cass., sez. U, 06/05/2016, n. 9138).

4. Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell’ulteriore importo a titolo di contributo previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione