4. Qui rileva soltanto il rigetto dell’appello incidentale, che, come si è detto, era stato proposto da E. verso ENI: la prima delle due, infatti, sosteneva che la seconda aveva inquinato il suo terreno.
Il giudice di appello ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento dei danni, per decorso del termine quinquennale, e ciò ha fatto sulla base della circostanza che, secondo il CTU, quell’inquinamento sarebbe stato scoperto nel 2000, dies a quo della prescrizione, con la conseguenza che da quel momento i cinque anni erano decorsi senza alcuna interruzione.
5.- Questa ratio è contestata con quattro motivi di ricorso, che sostanzialmente censurano lo stesso vizio della decisione, ma sotto aspetti diversi.
Infatti, con il primo motivo, si prospetta violazione dell’articolo 2935 c.c.
La tesi della ricorrente è che, posto che è regola giurisprudenziale che la prescrizione decorre da quando il danno inizia ad essere percepito come tale da parte del danneggiato, allora è evidente che il dies a quo era altro e diverso da quello indicato dai giudici di merito.
Ossia: la sentenza impugnata assume come termine iniziale l’anno 2000, secondo un accertamento del CTU, che però chiaramente si riferiva all’inquinamento subito dal danno “dei privati” ossia degli attori che avevano promosso la causa, dunque all’inquinamento di un terreno diverso da quello di proprietà E.. Questa circostanza, secondo la ricorrente, risulta pacifica leggendo la CTU, il cui testo viene riportato in ricorso a pagina 8: “si ritiene probabile causa dell’inquinamento del terreno di proprietà dei privati deve essere ricercata nella proprietà confinante ... ovvero la proprietà oggi E.”. Dunque, nel ritenere decorrente da tale momento (18.2.2000) la conoscenza dell’inquinamento, il CTU fa riferimento ad altro terreno, ossia all’inquinamento subito dai privati confinanti, e non da E., che anzi è considerata la danneggiante. Questa censura è svolta sotto altri profili dai motivi successivi.
Con il secondo motivo si prospetta un difetto di motivazione, poiché la Corte di merito ha apoditticamente affermato che, in base alla CTU, il dies a quo deve fissarsi al febbraio 2000, ma senza dare conto della circostanza di come il CTU sia arrivato a quella conclusione e senza avvedersi che era conclusione relativa ad altro e diverso terreno.
Con il terzo motivo la medesima questione (errore sul terreno inquinato) è posta in termini di violazione dell’articolo 115 c.p.c. ossia di errore percettivo.
Con il quarto motivo è invece posta sotto l’aspetto dell’omesso esame di un fatto decisivo e rilevante (quale fosse il terreno oggetto di inquinamento).
E’ evidente che si tratta di motivi che hanno una connessione logica, poiché censurano il medesimo errore, ma sotto aspetti diversi. I primi due motivi, che ben possono essere esaminati congiuntamente proprio per la già evidenziata connessione, sono fondati. Infatti, la motivazione della decisione impugnata è limitata al rilievo fatto dal CTU sulla base del sopralluogo dell’ARPAT, ed è succinta in tale modo: “dalla Ctu espletata in primo grado risulta che l’inquinamento da sostanze idrocarburiche è stato accertato dall’ARPAT di Lucca in data 9-11/ febbraio /2020, per cui la prescrizione quinquennale del diritto dell’E. nei confronti dell’ENI decorre da questa data”.
Dunque, è pacifico che la corte di merito individua il dies a quo nell’accertamento che dell’inquinamento viene fatto dall’ ARPAT nel febbraio del 2000, che, è l’accertamento cui fa riferimento il CTU: solo che è altrettanto pacifico che quell’accertamento riguarda l’inquinamento di altro e diverso terreno, non di quello della ricorrente, bensì di quello confinante appartenente a soggetti privati, come si è visto emergere dal passo della CTU sopra riportato.
Che peraltro l’accertamento dell’inquinamento è relativo non al terreno della E., ma a quello di altri proprietari, risulta pure dal controricorso, in cui viene riportato il verbale della polizia municipale del 17.2.2000 (p. 12-13) da cui risulta che si è accertato come inquinato il terreno di tale Luporini, e che di tale accertamento è stato dato avviso ad E. in quanto ritenuta responsabile, lei, dell’inquinamento di tale fondo.
In altri termini, è principio di diritto che il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno decorre dal momento in cui il danneggiato ha conoscenza (o conoscibilità) del fatto che il danno si è verificato ed è riconducibile all’attività del convenuto, o comunque di un determinato danneggiante (Cass. sez. Un. 2146/ 2021), nel senso che non deve farsi riferimento al momento in cui il danno si è verificato materialmente, bensì a quello in cui era conoscibile in quanto danno giuridicamente rilevante (Cass, 34750/ 2023), vale a dire a partire dal momento in cui il danneggiato era in grado di sapere che il suo danno era attribuibile ad un determinato autore.
Ciò posto, è evidente che allora non si può far decorrere il dies a quo da quando è stato accertato un danno fatto a terzi, che non riguarda un bene del soggetto interessato dalla eccezione di prescrizione, ma quello di altro e diverso soggetto, come nel caso presente. Peraltro, dalla succinta motivazione resa dalla corte di merito, non si evince se, accertato l’inquinamento a carico di un diverso terreno, di diverso proprietario, si potesse da ciò stesso arguire che anche E. avrebbe dovuto allora sospettare o sapere che pure il suo di terreno era stato inquinato da versamento di idrocarburi. In sostanza, la decisione della Corte di Appello viola l’articolo 2935 c.c. sul dies a quo, in quanto presuppone che tale termine sia stabilito nel momento in cui un terzo accerta il danno, e non già quando del danno abbia conoscenza o conoscibilità il danneggiato, e viola pure il dovere di una motivazione sufficiente, dalla quale si possa dedurre quale è la ragione per la quale il dies a quo è fatto consistere nell’accertamento che un terzo abbia fatto dell’inquinamento su un terreno diverso, ossia perché da tale accertamento (su terreno diverso) possa desumersi la conoscibilità dell’inquinamento anche per il terreno della ricorrente.
Di conseguenza terzo e quarto motivo possono ritenersi assorbiti. Il ricorso va dunque accolto, in relazione ai primi due motivi, e la decisione cassata con rinvio, anche per le spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo.
Dichiara assorbiti gli altri.
Cassa la decisione impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione anche per le spese di legittimità. Così deciso in Roma, il 12/04/2024.