Giu Deve escludersi che la clausola di “rischio cambio” determini un mutamento della causa del contratto di leasing
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 26 settembre 2024 N. 25791
Massima
Non costituisce un patto immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. né uno strumento finanziario derivato implicito la clausola di un contratto di leasing che preveda: a) il mutamento della misura del canone in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera, b) l'invariabilità nominale dell'importo mensile del canone con separata regolazione dei rapporti dare/avere tra le parti in base alle suddette fluttuazioni ( v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657; e, conformemente, Cass., 1, n. 30556 del 3/11/2023; Cass., 3, n. 2510 del 26/1/2024; Cass., n. 14805 del 2023, Cass., n. 25578 del 2023 ).

Ove il contratto preveda una doppia indicizzazione, agganciando le variazioni del canone sia alle variazioni del tasso LIBOR, sia alle variazioni del rapporto di cambio franco/euro, va considerato che l’indicizzazione del canone al tasso LIBOR costituisce una normale clausola onnipresente nei finanziamenti a tasso variabile; essa è pacificamente lecita e non costituisce un derivato; l’indicizzazione del canone alle fluttuazioni del rapporto di cambio costituisce invero una clausola-valore, sicché essa è lecita, e non costituisce un derivato; dalla combinazione di due clausole, tutte e due lecite e non costituenti uno strumento finanziario derivato, non può sorgere un contratto illecito, costituente uno strumento finanziario derivato ( v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657 ).

In applicazione di detti princìpi deve escludersi che la clausola di “rischio cambio” determini un mutamento della causa del contratto di leasing, dovendo escludersi che la relativa previsione legittimi la conclusione che scopo dell’utilizzatore in tal caso divenga quello di realizzare un lucro finanziario in luogo di quello commerciale di acquistare un immobile, e che la volontà del concedente debba in tale ipotesi ritenersi quella di concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio (v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657).

Casus Decisus
La società P. di A.R.A.S. & Co. snc (di seguito PAB) convenne avanti al Tribunale di Udine la società ACS srl (di seguito A.) in relazione ad un contratto di leasing immobiliare inizialmente stipulato con H.A.A.B. SpA alla quale quest’ultima era subentrata; dedusse che il contratto di leasing sottoscritto con la convenuta conteneva una clausola di doppia indicizzazione al rischio cambio da ritenersi nulla ed illegittima per indeterminatezza, immeritevolezza, violazione degli obblighi informativi; istituitosi il contraddittorio con la convenuta, il Tribunale adito accolse la domanda, accertando e dichiarando la nullità della clausola di doppia indicizzazione al rischio cambio, con rigetto viceversa delle domande relative al trattenimento dei canoni di locazione versati; applicato il tasso sostitutivo di cui all’art. 117, comma 7 TUB, condannò A. alla restituzione della somma di € 81.794,38 e al pagamento delle spese di lite e CTU; la Corte d’Appello di Trieste, con sentenza n. 120 pubblicata in data 15/4/2021, in parziale accoglimento del gravame interposto da A. e in conseguente parziale riforma della sentenza di primo grado, ha successivamente dichiarato la nullità della clausola di indicizzazione dei canoni a “rischio cambio” del contratto di leasing per ragioni in parte diverse da quelle ravvisate dal giudice di prime cure, ritenendo che la clausola costituisse un contratto aleatorio stipulato tra il conduttore ed il locatore, una sorta di swap, come tale non meritevole di tutela ai sensi dell’art. 1322 c.c.; conseguentemente, in parziale riforma della sentenza ha accertato e dichiarato l’invalidità della clausola ai sensi dell’art. 1322 c.c., confermando per il resto la sentenza di primo grado; avverso la suindicata sentenza della corte di merito la A. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi illustrati da memoria; resiste con controricorso e memoria la PAB s.n.c.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 26 settembre 2024 N. 25791 SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Con il primo e il secondo motivo la ricorrente denunzia nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4) c.p.c. in riferimento all’art. 360, primo comma n. 4) c.p.c. Si duole dell’erronea interpretazione della clausola di doppia indicizzazione, secondo cui essa integri una sorta di swap, laddove trattasi di mera clausola rischio cambio ritenuta legittima dalla S.C.

Lamenta che la corte di merito ha erroneamente e immotivatamente considerato la clausola ( dal giudice di prime cure ritenuta nulla/inefficace per violazione dell’obbligo di trasparenza ex art. 117 TUB ) come invalida/inefficace per violazione dell’art. 1322 c.c.; con il terzo motivo denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c., in riferimento all’art. art. 360, secondo comma n. 3), c.p.c.

Si duole non essersi dalla corte di merito considerato che la clausola di rischio cambio e la clausola di indicizzazione per variazione del tasso costituiscono elementi fondamentali e inscindibili di determinazione del corrispettivo del contratto di leasing.

Lamenta che la corte di merito ha considerato come contratto autonomo con propria causa, una sorta di swap, la clausola di rischio cambio, dopo averla erroneamente estrapolata dalla clausola di indicizzazione.

Con il quarto motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1322, 1362, 1363, 1366 c.c., in riferimento all’art. 360, primo comma n. 3), c.p.c. Si duole che corte di merito abbia considerato la clausola di rischio cambio immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. solo in quanto “astrusa” e macchinosa, laddove essa è considerata legittima dalla S.C.

Con il quinto motivo denunzia violazione dell’art. 132, comma secondo, n. 4) c.p.c., in riferimento all’art. 360, primo comma n. 4), c.p.c.

Si duole non essersi “compreso” che il 3° motivo d’appello, con il quale ha censurato la sentenza di 1° grado nella parte in cui risulta affermato che la nullità delle clausole di indicizzazione riverberano sulla pattuizione del tasso d’interesse del contratto, e si è fatta applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117 TUB.

Lamenta che la corte di merito ha confuso la restituzione delle somme per nullità delle clausole di indicizzazione con la sostituzione del tasso ex art. 117 TUB.

I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

Come questa Corte -anche a Sezioni Unite- ha già avuto modo di affermare, non costituisce un patto immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c. né uno strumento finanziario derivato implicito la clausola di un contratto di leasing che preveda: a) il mutamento della misura del canone in funzione sia delle variazioni di un indice finanziario, sia delle fluttuazioni del tasso di cambio tra la valuta domestica ed una valuta straniera, b) l'invariabilità nominale dell'importo mensile del canone con separata regolazione dei rapporti dare/avere tra le parti in base alle suddette fluttuazioni ( v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657; e, conformemente, Cass., 1, n. 30556 del 3/11/2023; Cass., 3, n. 2510 del 26/1/2024; Cass., n. 14805 del 2023, Cass., n. 25578 del 2023 ).

Si è altresì precisato che ove il contratto preveda una doppia indicizzazione, agganciando le variazioni del canone sia alle variazioni del tasso LIBOR, sia alle variazioni del rapporto di cambio franco/euro, va considerato che l’indicizzazione del canone al tasso LIBOR costituisce una normale clausola onnipresente nei finanziamenti a tasso variabile; essa è pacificamente lecita e non costituisce un derivato; l’indicizzazione del canone alle fluttuazioni del rapporto di cambio costituisce invero una clausola-valore, sicché essa è lecita, e non costituisce un derivato; dalla combinazione di due clausole, tutte e due lecite e non costituenti uno strumento finanziario derivato, non può sorgere un contratto illecito, costituente uno strumento finanziario derivato ( v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657 ).

Si è posto in rilievo che in applicazione di detti princìpi deve escludersi che la clausola di “rischio cambio” determini un mutamento della causa del contratto di leasing, dovendo escludersi che la relativa previsione legittimi la conclusione che scopo dell’utilizzatore in tal caso divenga quello di realizzare un lucro finanziario in luogo di quello commerciale di acquistare un immobile, e che la volontà del concedente debba in tale ipotesi ritenersi quella di concludere il contratto al solo fine di speculare sul tasso di cambio (v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657).

Nel sottolineare che meritevolezza del contratto e rispetto dei doveri di buona fede sono concetti diversi [ il giudizio di meritevolezza vale a stabilire se il contratto può produrre effetti; il giudizio sul rispetto della buona fede assume rilievo sotto molteplici profili: prima della stipula può servire a stabilire se il consenso di una delle parti sia stato carpito con dolo o dato per errore; dopo la stipula può servire a stabilire come debba interpretarsi il contratto (art. 1366 c.c.); dopo l’adempimento può servire a stabilire se questo sia stato inesatto (art. 1375 c.c.); il contratto immeritevole è improduttivo di effetti, il contratto eseguito in contrasto con la buona fede o correttezza fa insorgere il diritto alla risoluzione o al risarcimento del danno ], si è precisato che se la pattuizione di una clausola di rischio cambio di per sé non può considerarsi integrare violazione dell’obbligo di buona fede o correttezza va in concreto verificato se la relativa previsione viceversa non la determini in ipotesi di “mancanza di chiarezza e di informazione, conseguenti alla natura puramente speculativa della clausola”, allorquando cioè il finanziatore, pur essendo a conoscenza o potendo conoscere eventuali future fluttuazioni del cambio, non avverta l’altra parte di tale circostanza in sede precontrattuale, in tal caso violando il dovere di buona fede, e, se il contratto è stipulato con un consumatore, pattuendo una clausola determinante un significativo squilibrio tra le parti (v. Cass., Sez. Un., 23/2/2023, n. 5657, che fa richiamo a Corte Giust., 20.9.2017, in causa C-186/16, Andriciuc vs. Banca Româneasca, relativamente a un contratto di mutuo; e a Corte Giust., 20.9.2018, in causa C-51/17, OTP Bank vs. Ilyés and Kiss).

Orbene, nell’impugnata sentenza la corte di merito ha invero disatteso i suindicati principi. In particolare là dove ha fatto riferimento alla macchinosità della clausola, all’aleatorietà degli effetti della medesima, allo squilibrio tra le prestazioni, senza considerare come rientri nell’autonomia privata delle parti prefigurare la possibilità di sopravvenienze che incidono o possono incidere sull’equilibrio delle prestazioni ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio modificando lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio. Nella parte in cui ha formulato un giudizio di immeritevolezza del contratto, ex art. 1322, comma secondo c.c. dopo aver accertato circostanze di fatto irrilevanti ai fini del suddetto giudizio (aleatorietà, difficoltà di interpretazione, asimmetria delle prestazioni).

Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi, assorbito il 6° motivo, consegue l’accoglimento del ricorso e la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Con l’avvertenza che, una rivalutata la portata della clausola di rischio cambio in astratto nei termini fatti sopra palesi, la medesima deve essere interpretata alla stregua della valutazione complessiva delle clausole in cui il contratto risulta articolato e del significato che all’accordo deve propriamente attribuirsi alla luce degli interessi che le parti hanno inteso in concreto perseguire e funzionalmente tutelare mediante la stipulazione contrattuale in argomento ( causa concreta). Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione