Giu La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 03 settembre 2024 N. 23672
Massima
La violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598)

Casus Decisus
1. B. Paola, proprietaria di una unità immobiliare sita in Sanremo, intimava sfratto per morosità alla signora M. Ornella, la quale ultima in data 03/07/2017 registrava un contratto di locazione verbale al canone annuale di euro 4.800,00 ed al canone mensile di euro 400,00, relativamente all’immobile predetto, di cui aveva la disponibilità in forza un precedente contratto di locazione di durata transitoria. A partire dal mese di luglio 2017 la conduttrice aveva cominciato a versare in modo irregolare il canone di locazione autodeterminato, decurtando i versamenti mensili a proprio piacimento, fatti salvi sporadici versamenti volti a sanare la situazione debitoria. 1.1. Stante la situazione di perdurante morosità della signora M., veniva intimato sfratto per morosità con contestuale citazione per la convalida; all’udienza fissata per la convalida dello sfratto, la signora M. Ornella proponeva opposizione asserendo la sussistenza di una “locazione di fatto” (pur avendo registrato il negozio in essere tra le parti), eccependo la nullità del contratto per difetto della forma scritta e lamentando un asserito abuso contrattuale perpetrato dalla signora B. nei confronti di essa conduttrice, che sarebbe stata asseritamente “costretta?, come extrema ratio, a registrare verbalmente il contratto di locazione. 1.2. Dopo aver mutato il rito, con assegnazione di termine per memorie integrative, con sentenza n. 92/2021 del 29 luglio 2021, il Tribunale di Imperia respingeva le domande di entrambe le parti, compensando le spese di giudizio. 2. M. Ornella appellava la sentenza di cui sopra innanzi alla Corte d’Appello di Genova; si costituiva, resistendo al gravame, B. Paola. 2.1. Con sentenza n. 506/2023 dell’8 maggio 2023 la Corte d’Appello di Genova confermata integralmente la sentenza di prime cure. 3. Avverso tale sentenza M. Ornella propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso B. Paola. 4. Il Consigliere delegato formulava una proposta di definizione anticipata in data 31 gennaio 2024, rispetto alla quale la ricorrente formulava istanza di decisione del ricorso in data 15 febbraio 2024. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. Parte ricorrente e parte resistente hanno depositato memorie illustrative

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 03 settembre 2024 N. 23672 FRASCA RAFFAELE GAETANO ANTONIO

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia “Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.”. Deduce che l’impugnata sentenza a p. 10 menziona il fatto che Paola B. all'interno delle proprie difese – evidenziasse l'esistenza di un rapporto di amicizia con M. Ornella, alla quale l'alloggio de quo agitur era stato locato per un'esigenza transitoria, e “si era poi protratto in forma verbale a fronte di pagamenti in contanti il cui importo non risulta sia mai stato oggetto di conflitto nel corso del rapporto” e sottolinea altresì come l'art. 13 co. 5° L. 431/98 – secondo anche l'assunto nomofilattico delle SS. UU. 18214/2015 – insista sul principio per cui – ai fini della sussistenza o meno di una nullità di protezione – il “giudice dovrà pertanto accertare, da un canto, l'esistenza del contratto di locazione stipulato verbalmente in violazione dell'art. 1, comma 4, della L. n. 431 del 1998 e, dall'altro, la circostanza che tale forma sia stata imposta da parte del locatore e subita da parte del conduttore...”. Lamenta che la corte di merito non ha fatto corretta applicazione del citato art. 13, comma 5, in quanto si sarebbe limitata a dare per buone le affermazioni della B., senza invece condurre un accertamento rigoroso teso a dimostrare comunque l'esistenza di uno dei due elementi fondamentali richiesti dall'art. 13 co. 5 ° (oggi 6°) L. 431/98 ritenuto necessario per la dimostrazione della sussistenza della nullità.

La norma infatti prevede che il Giudice debba comunque accertare l'esistenza del contratto di locazione verbale che la Corte sostiene essere presente a livello verbale in modo acritico e tralatizio ma non giusta un accertamento giudiziale vero e proprio. Tale circostanza è uno degli elementi integrativi dell'azione prevista per il conduttore che invochi una nullità di protezione e la sua violazione o falsa applicazione determina comunque la violazione della norma di diritto invocata.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia “Nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ.”. Lamenta l’asserita omessa valutazione della raccomandata del 12/07/2017 inviata dal legale di B. Paola, censurando la motivazione di cui a p. 8 della sentenza impugnata, in cui si legge che: ”Il contenuto della raccomandata 12/7/2017, con la quale il legale della signora B. Paola, dopo la registrazione del contratto verbale, aveva chiesto il rilascio, indicando l'esistenza di un comodato, non dimostra in modo univoco la volontà della locatrice di imporre alla conduttrice un contratto verbale”.

3. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia “Nullità della sentenza per violazione dell’art. 2697 cod. civ. nonché dell’art. 2729 cod. civ. ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ.”. Lamenta che la corte territoriale non ha svolto correttamente il ragionamento presuntivo, omettendo di attribuire rilevanza a circostanze, acquisite al giudizio, gravi, precise e tra loro concordanti.

4. Il Consigliere delegato ha redatto proposta di definizione anticipata del seguente tenore: “Considerato che: il ricorso si espone ad un preliminare e assorbente rilievo di improcedibilità, non risultando depositata la relata di notifica dello stesso, ciò rendendo impossibile la verifica della sua tempestività; la necessità di tale verifica non può ritenersi esclusa dal fatto che l’intimata abbia notificato controricorso (a mezzo p.e.c.) in data 21 luglio 2023, atteso che tale circostanza dimostra bensì che il ricorso sia stato notificato all’intimata o comunque di esso questa abbia avuto piena conoscenza, ma non anche la sua tempestività (da valutare nella specie in relazione al dies a quo del termine breve decorrente dalla documentata notifica della sentenza in data 10 maggio 2023); tale ultima verifica richiede l’esame diretto della relata e dunque il suo deposito, non potendo alla mancanza di questo sopperire, dato il rilievo pubblicistico dell’evento processuale, il fatto che la controricorrente, nel proprio atto, nulla obietti ma anzi dichiari di aver ricevuto la notifica del ricorso in data 6 luglio 2023 (cfr. Cass. n. 10784 del 26/05/2015; n. 24178 del 29/11/2016); ritenuto peraltro che, quand’anche non sussistesse detta causa di improcedibilità, il ricorso dovrebbe comunque dichiararsi inammissibile; il primo motivo, infatti, lungi dal denunciare l'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, delle fattispecie astratte recate dalla norma di legge richiamata, allega un'erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all'esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l'aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Cass. n. 26770 del 23/10/2018; n. 26110 del 30/12/2015; n. 7394 del 26/03/2010), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica della ricorrente, l'eventuale falsa applicazione della norma sotto il profilo dell'erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso; il secondo motivo non è dedotto nei termini indicati da Cass. Sez. U. n.n. 8053-8054 del 2014; lo stesso deve dirsi del terzo motivo nella parte in cui deduce la violazione dell’art. 2697 c.c. (v. Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598 (principio affermato in motivazione, pag. 33, § 14, secondo cui «la violazione dell'art. 2697 c.c. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull'onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni»; v. anche Cass. n. 23594 del 2017, cit.; Cass. 17/06/2013, n. 15107); eccentrica e mal posta è, poi, l'indicazione, con il terzo motivo, quale parametro normativo cui riferire il controllo di legittimità di tale valutazione dell'art. 2729 cod. civ.; la Corte d'appello, infatti, non ha posto a base della propria decisione l'esistenza di prove presuntive, ma ha al contrario motivatamente evidenziato che le circostanze dedotte non erano idonee a dimostrare l’assunto; non ha dunque opposto alla tesi dell’appellata un ragionamento probatorio di tipo presuntivo (cui poter riferire una censura di mancato rispetto dei requisiti di cui all'art. 2729, nei limiti però indicati da Cass. Sez. U. 24/01/2018, n. 1785), ma ben diversamente ha ritenuto quelle circostanze inidonee a supportare un tale ragionamento; in ogni caso, tutte le censure si incentrano su un passaggio della motivazione del tutto irrilevante, atteso che, se anche dovesse ritenersi errato il convincimento espresso dai giudici di merito circa la mancata prova della costrizione da parte della locatrice alla stipula del contratto in forma verbale, la decisione (che ha dichiarato la nullità assoluta, non relativa, del contratto, escludendo il diritto della conduttrice alla riconduzione del contratto) si rivelerebbe comunque in iure corretta e non potrebbe dunque pervenirsi ad un accoglimento del ricorso (art. 384, ult. comma, c.p.c.); al contratto de quo, infatti, essendo stato stipulato (come espressamente accertato in sentenza), in forma verbale, il 1° marzo 2015, è applicabile (non più il vecchio comma 5, ma) il nuovo comma 6 dell’art. 13 l. n. 431, come sostituito dall'art. 1, comma 59, della l. n. 208 del 2015, che, per espressa previsione del comma 7, è applicabile a tutte le ipotesi ivi previste insorte sin dall'entrata in vigore della legge n. 431 del 1998 (v. Cass. n. 9475 del 2021) e dunque anche al contratto in esame; il detto comma 6, infatti, se da un lato estende la nullità relativa di protezione (con diritto alla riconduzione) a tutti i contratti di locazione ad uso abitativo stipulati a decorrere dall'entrata in vigore della l. n. 431 del 1998, per i quali il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione nel termine indicato al comma 1 dell'art. 13, e ciò a prescindere dal fatto che 4 siano stati conclusi o meno in forma orale e anche a prescindere dal fatto che in tal caso lo siano stati su costrizione della parte locatrice; dall’altro, limita come detto tale sanzione ai contratti non registrati, con la conseguenza che i contratti stipulati in forma orale ma tuttavia registrati (qual è quello de quo) rimangono sanzionati da nullità (non relativa, ma) assoluta, qual è quella correttamente dichiarata nel giudizio a quo (v. in tal senso, in motivazione, Cass. n- 9475 del 2021, cit.); per evidente incompatibilità dei risultati applicativi, detta disciplina viene a sostituirsi a quella dettata dal previgente comma 5, escludendone l’applicabilità anche ai contratti che, come quello de quo, sono stati conclusi anteriormente all’entrata in vigore della legge di stabilità 2016; propone la definizione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. con pronuncia di improcedibilità”.

5. Il Collegio rileva che in memoria illustrativa la ricorrente deduce che “In data 15/02/2024, è stata depositata ed allegata al fascicolo telematico la relata di notificazione del ricorso effettuata il 06/07/2023. L’improcedibilità del ricorso è da escludersi in virtù di siffatta produzione e comunque anche ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ.: non si redige un controricorso se non si riceve il ricorso”. La produzione deve ritenersi ammissibile ai sensi dell’art. 372 cod. proc. civ., in quanto concerne documento relativo all’ammissibilità del ricorso. Ai sensi del secondo comma di detta norma è anche produzione effettuata tempestivamente. Ne segue che il primo rilievo formulato nella proposta di definizione risulta superato.

6. Per il resto, tuttavia, la ricorrente svolge in memoria illustrativa considerazioni generiche ed apodittiche. Il Collegio ritiene condivisibile quanto ulteriormente motivato nella proposta di definizione anticipata, che ritiene inammissibile il primo motivo di ricorso, poiché, sotto la formale invocazione della violazione di norme di diritto, prospetta invece una erronea ricognizione, da parte del giudice di merito, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa; ritiene inammissibile il secondo motivo, perché deduce il vizio di omesso esame ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., in maniera non conforme agli insegnamenti di Cass., Sez. Un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; ritiene inammissibile il terzo motivo, che nel denunciare la violazione dell’art. 2729 cod. civ., trascura di considerare che l’impugnata sentenza, lungi da ricorrere al ragionamento presuntivo, ha espressamente ritenuto le circostanze dedotte in causa inidonee a provare gli assunti di parte appellante, odierna ricorrente. Sempre condivisibilmente, la proposta di definizione anticipata evidenzia che le censure di cui il terzo motivo si compone, si riferiscono ad un passaggio della motivazione del tutto irrilevante, dato che l’impugnata sentenza, che ha dichiarato la nullità assoluta, non relativa, del contratto, con esclusione del diritto della conduttrice alla riconduzione del contratto, risulta corretta in iure. Le ulteriori argomentazioni che sul punto la ricorrente svolge in memoria illustrativa, pretendono di mettere in discussione, tardivamente, la sopra indicata ratio decidendi, su cui la motivazione dell’impugnata sentenza si consolida, non essendo stata a suo tempo specificatamente censurata nel ricorso. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, quando la sentenza di merito impugnata si fonda, come nel caso in esame, su più rationes decidendi autonome, nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27.07.2017, n. 18641; Cass. 14.02.2012, n. 2108; Cass. 3.11.2011, n. 22753).

7. Pertanto, il ricorso va definito conformemente alle condivisibili ragioni illustrate nella proposta di definizione anticipata, come sopra integralmente riportate, e va dichiarato inammissibile.

8. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza. 9. Inoltre, la ricorrente, giusta il terzo comma dell’art. 380-bis c.p.c., deve essere condannata ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ. al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, nella misura parimenti indicata in dispositivo, nonché, ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ. al pagamento di una ulteriore somma, sempre liquidata in dispositivo, in favore della cassa delle ammende. 

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.000,00 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi, liquidati in euro 200,00, ed accessori di legge.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, della somma di euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 96, comma terzo, cod. proc. civ. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della cassa delle ammende, della somma di euro 500, ai sensi dell’art. 96, comma quarto, cod. proc. civ.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione