Giu In tema di espropriazione presso terzi, la sussistenza del litisconsorzio necessario tra creditore, debitore e terzo pignorato impone al giudice di quest'ultima di integrare il contraddittorio ex art. 102 c.p.c.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 29 agosto 2024 N. 23351
Massima
In tema di espropriazione presso terzi, la sussistenza del litisconsorzio necessario tra creditore, debitore e terzo pignorato, allorquando la fase di merito sia stata tempestivamente introdotta nei confronti di uno solo di essi, impone al giudice di quest’ultima di integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., mentre, ai fini del rispetto della struttura bifasica del procedimento, è sufficiente che la fase sommaria si sia svolta nei confronti di uno solo dei legittimati passivi, nei cui confronti sia stato ritualmente notificato il ricorso introduttivo (Cass. 18/10/2022, n. 30491; Cass. 12/12/2022, n. 36204).

Casus Decisus
1. Marco A. e gli altri soggetti in epigrafe indicati come ricorrenti promossero innanzi il Tribunale di Macerata espropriazione forzata ai sensi dell’art. 543 e ss. cod. proc. civ. in danno della Associazione Regionale Allevatori Marche (in appresso, per brevità: l’Associazione), sottoponendo a pignoramento il credito vantato da quest’ultima nei confronti del terzo pignorato Regione Marche ed ascritto causalmente a contributi per attività di controlli funzionali e di tenuta di libri genealogici di razze di bestiame ed assistenza tecnica. 2. All’esito del subprocedimento di cui all’art. 549 cod. proc. civ., il giudice dell’esecuzione accertò l’obbligo del terzo pignorato nella misura di euro 742.434 ed assegnò il relativo credito ai procedenti. 3. Avverso l’ordinanza di tale composito tenore spiegò opposizione agli atti esecutivi la Regione Marche assumendo, in estrema sintesi, la inesistenza di una propria posizione debitoria verso l’Associazione. Il giudizio, dipanatosi secondo la scansione bifasica connotante le opposizioni esecutive, è stato definito dalla sentenza in epigrafe, la quale ha dichiarato l’insussistenza di crediti dell’Associazione verso la Regione Marche ed annullato l’ordinanza di assegnazione. 4. Ricorrono uno actu per cassazione Marco A. e gli altri soggetti in epigrafe indicati come ricorrenti, affidandosi a cinque motivi. Resiste, con controricorso, la Regione Marche. Non svolge difese in grado di legittimità l’Associazione. 5. Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa. 6. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 29 agosto 2024 N. 23351 DE STEFANO FRANCO

1. Il primo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102, 125, 137, 156 e 160 cod. proc. civ., assume la nullità del ricorso in opposizione (per mancata indicazione delle generalità delle parti, in detto ricorso individuate come «A. Marco più ventidue») e della notifica di esso (per essere il destinatario della stessa l’Avv. Paolo C., nella qualità di «procuratore costituito di A.+22»): nullità - diversamente da quanto sostenuto dalla Corte d’appello - non sanata dalla costituzione degli opposti, per essere quest’ultima avvenuta soltanto nella fase di merito del giudizio, nella fase sommaria avendo spiegato resistenza unicamente Marco A..

Il motivo è infondato, per una duplice, concorrente ed autonoma, ragione.

1.1. Per fermo orientamento della giurisprudenza di nomofilachia, l’omessa, incompleta o inesatta indicazione, nell’atto introduttivo del giudizio oppure nella relata di notificazione di esso, del nominativo di una delle parti in causa, è motivo di nullità soltanto ove abbia determinato un’irregolare costituzione del contraddittorio o abbia ingenerato incertezza circa i soggetti ai quali l’atto era stato notificato, mentre l’irregolarità formale o l’incompletezza nell’indicazione del nome di una delle parti non integra vizio inficiante se dal contesto dell’atto notificato risulti con sufficiente chiarezza l’identificazione di tutte le parti e la consegna dell’atto alle giuste parti; in tal caso, infatti, la notificazione è idonea a raggiungere, nei confronti di tutte le parti, i fini ai quali tende e l’apparente vizio va considerato come un mero errore materiale che può essere agevolmente percepito dall’effettivo destinatario, la cui mancata costituzione in giudizio non è l’effetto di tale errore ma di una scelta cosciente e volontaria (così Cass. 19/03/2014, n. 6532; Cass. 27/03/2007, n. 7514). Nella vicenda in parola, nel contesto di un procedimento esecutivo caratterizzato, ex latere creditoris, da una parte unica plurisoggettiva, composta da ventitré procedenti tutti assistiti dal medesimo patrocinio, la evocazione nel ricorso in opposizione, quale parte opposta, di «A. Marco più ventidue» - con l’omissione della analitica specificazione dei nominativi degli altri procedenti - e la notificazione dell’atto all’unico difensore costituito di tutti gli stessi (e in detta esplicita qualità) non lascia residuare alcun dubbio o perplessità sulla direzione soggettiva della opposizione, sull’essere cioè questa rivolta nei riguardi della parte creditrice intesa come plurisoggettivamente composta: sicché non si ravvisa, per difetto di incertezza, la prospettata nullità dell’atto.

1.2. Sotto altro e distinto profilo, poi, ad escludere qualsivoglia vulnus alla regolarità del contraddittorio riveste valenza decisiva la costituzione di tutti i procedenti opposti nella fase di merito del giudizio. Trova qui applicazione il principio di diritto - già reiteratamente enunciato da questa Corte - secondo cui in tema di espropriazione presso terzi, la sussistenza del litisconsorzio necessario tra creditore, debitore e terzo pignorato, allorquando la fase di merito sia stata tempestivamente introdotta nei confronti di uno solo di essi, impone al giudice di quest’ultima di integrare il contraddittorio ai sensi dell’art. 102 cod. proc. civ., mentre, ai fini del rispetto della struttura bifasica del procedimento, è sufficiente che la fase sommaria si sia svolta nei confronti di uno solo dei legittimati passivi, nei cui confronti sia stato ritualmente notificato il ricorso introduttivo (Cass. 18/10/2022, n. 30491; Cass. 12/12/2022, n. 36204). E, nel caso de quo, è pacifico che la fase sommaria dell’opposizione si sia celebrata nella attiva resistenza quantomeno di Marco A., mentre il giudizio di merito abbia visto la costituzione, in veste di opposti, di tutti i creditori procedenti. Nei descritti sensi emendata ed integrata la motivazione della decisione impugnata, il motivo va rigettato.

2. Il secondo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 617 e 618 cod. proc. civ., censura la mancata declaratoria di inammissibilità della opposizione: questa, ad avviso di parte ricorrente, aveva ad oggetto esclusivamente l’ordinanza di assegnazione e non rivolgeva impugnativa al - logicamente presupposto - provvedimento di accertamento dell’obbligo del terzo, operando altresì una non consentita mutatio libelli nell’atto introduttivo del giudizio di merito.

2.1. Il motivo è inammissibile, poiché inosservante del requisito dell’esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.. Nell’intendere la portata di tale elemento di contenuto - forma dell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, questa Corte, con indirizzo euristico ormai consolidato ed al quale si intende assicurare continuità, ha precisato che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve contenere l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamente erronea, compiuta dal giudice di merito.

Al fondo, la prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di garantire al giudice di legittimità una conoscenza chiara e completa del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, al fine di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la stessa sentenza gravata (sul tema, cfr., ex plurimis, Cass., 08/20/2023, n. 3836; Cass. 08/03/2022, n. 7579; Cass. 03/11/2020, n. 24432; Cass. 12/03/2020, n. 7025; Cass. 13/11/2018, n. 29093; Cass. 28/05/2018, n. 13312; Cass. 24/04/2018, n. 10072; Cass. 03/02/2015, n. 1926).

2.2. Il motivo in scrutinio non rispetta dette prescrizioni. Manca in primis nel libello di adizione di questa Corte la trascrizione - sia pure per tratti essenziali o nei passaggi d’interesse - del contenuto dell’atto di opposizione agli atti esecutivi (ed in specie, della individuazione in esso del provvedimento o dei provvedimenti opposti), da riferirsi all’originario ricorso in opposizione diretto al giudice dell’esecuzione, avuto riguardo alla natura eterodeterminata delle opposizioni esecutive, giudizi il cui thema decidendum è definito e circoscritto ai motivi addotti con l’atto introduttivo della controversia, costituendo ogni mutamento delle contestazioni rispetto agli stessi una inammissibile domanda nuova (orientamento consolidato: da ultimo, Cass. 10/11/2023, n. 31363; Cass. 06/04/2022, n. 11237; in motivazione, Cass., Sez. U, 21/09/2021, n. 25478; Cass., Sez. U, 14/12/2020, n. 28387; in precedenza, Cass. 28/07/2011, n. 16541). Risulta del pari omessa la riproduzione - anche qui, quantomeno per stralci essenziali - del contenuto dell’atto introduttivo della fase di merito del giudizio, con il quale, ad avviso dell’impugnante, sarebbe stata perpetrata una non consentita mutatio libelli.

La evidenziata deficienza illustrativa mina una adeguata (o almeno sufficiente) comprensione ad opera della Corte dell’accadimento processuale, e, in specie, dell’oggetto della controversia come dalla sua genesi definito o come in itinere (asseritamente) variato, in tal guisa impedendo qualsiasi (pur astratto) apprezzamento circa la fondatezza dei rilievi sollevati dai ricorrenti, oltremodo prima facie destinati ad infrangersi contro una non implausibile (se non logicamente corretta) lettura degli atti processuali offerta dal giudice territoriale, basata sulla portata precettiva composita dell’unitario provvedimento opposto.

3. Con il terzo motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 335 cod. proc. civ., parte ricorrente sostiene che il rimedio ex art. 617 cod. proc. civ. possa «riguardare solo la validità formale degli atti di esecuzione» e non già «il riesame della verifica dell’accertamento dell’obbligo del terzo», per essere l’appello il gravame esperibile avverso la relativa ordinanza, poiché a contenuto decisorio.

3.1. Il motivo è infondato.

Come correttamente evidenziato dal giudice territoriale, lo statuto di disciplina dell’ordinanza che definisce l’incidente di accertamento dell’obbligo del terzo è positivamente fissato dall’art. 549, ultimo periodo, cod. proc. civ. («l’ordinanza […] è impugnabile nelle forme e nei termini di cui all’articolo 617») con la previsione dell’esclusiva praticabilità dell’opposizione agli atti esecutivi. L’univoca individuazione di detto rimedio - la cui esperibilità, pur in assenza di una espressa disposizione positiva, sarebbe stata comunque indiscutibile, per essere l’opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. strumento di reazione, generale e residuale, avverso i provvedimenti emessi dal giudice dell’esecuzione - non incontra alcuna limitazione, quanto ai motivi deducibili o all’oggetto della controversia, nel dettato testuale: e tanto preclude in radice la proponibilità avverso l’ordinanza di accertamento dell’obbligo del terzo dell’appello, la cui natura di impugnazione di provvedimenti esito di giudizi di cognizione, mal si attaglia ai connotati del subprocedimento ex art. 549 cod. proc. civ..

4. Il quarto motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 198 e 549 cod. proc. civ., contesta la sentenza impugnata «nella parte in cui disattende la c.t.u. perché esplorativa», pertanto «errata laddove addossa ai ricorrenti oneri di allegazione senz’altro non in linea con il carattere sommario della procedura di accertamento dell’obbligo del terzo», non tenendo poi conto che «la consulenza tecnica in questione ha natura di esame contabile» con la conseguente facoltà per il c.t.u. di «esaminare documenti e registri non prodotti in causa».

4.1. Il motivo è inammissibile.

Nel subprocedimento di accertamento dell’obbligo del terzo l’attività di istruzione probatoria (compendiata in ius positum nella formula «compiuti i necessari accertamenti») è svincolata dalle regole contemplate per i giudizi di cognizione ordinaria dal libro secondo del codice di rito, tanto in punto di preclusioni quanto di modalità formali di assunzione quanto infine al principio di disponibilità delle prove, in deroga al quale il giudice dell’esecuzione, investito dell’incidente ex art. 549 cod. proc. civ., è abilitato a disporre ex officio ogni mezzo di prova ritenuto necessario (Cass. 25/07/2022, n. 23123). Resta tuttavia fermo, anche in tale subprocedimento, il principio informatore del riparto dell’onus probandi, modellato sul carattere (costitutivo anziché estintivo, impeditivo o modificativo) del fatto da dimostrare: sicché grava pur sempre sul creditore istante dimostrare l’esistenza (e l’entità) del credito verso il terzo del proprio debitore (oltre a Cass. n. 23123/2022, già citata, cfr., in precedenza, Cass. 11/05/2021, n. 12439; Cass. 09/10/2018, n. 24867). Tanto ribadito, il motivo de quo concerne argomentazione priva di decisività nell’ordito motivazionale della sentenza impugnata.

In quest’ultima, infatti, il giudice territoriale ha, in buona sostanza, reputato la inattendibilità degli esiti cui è pervenuto l’ausiliario officioso in base ad un apprezzamento di merito, cioè sulla scorta di una negativa valutazione in ordine alla incompletezza ed erroneità degli elementi asseverativi considerati dall’ausiliario officioso e alla non condivisibilità delle conclusioni dallo stesso rassegnate. Al fondo, dunque, non è l’acquisizione di documentazione motu proprio ad opera dell’ausiliario a giustificare l’omessa considerazione dell’elaborato peritale ad opera del giudice territoriale, ma un vero e proprio dissenso sul contenuto dell’indagine, ovvero sulla idoneità degli elementi assunti a dare prova del credito staggito: circostanze sulle quali l’assunto dei ricorrenti non determina alcun riverbero.

5. Il quinto motivo, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2740 cod. civ. e dell’art. 97 Cost., critica la affermata inesistenza del credito pignorato: si sostiene che l’attività dell’Associazione si realizza «per la quasi totalità tramite le prestazioni lavorative» dei dipendenti della stessa, sicché a questi ultimi deve essere consentito di «surrogarsi processualmente al proprio datore di lavoro che non perfeziona la rendicontazione contabile nei confronti della regione Marche».

5.1. Il motivo è inammissibile, per difetto del requisito della specificità imposto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. (Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905). L’argomentazione fondante il convincimento espresso nella gravata sentenza consiste nel collegamento sinallagmatico, individuato mercé l’analisi della specifica legislazione regionale in materia, tra l’effettiva sopportazione di una spesa ad opera dell’Associazione (nel caso, ritenuta assente proprio in ragione della azione intentata dai creditori per il pagamento delle loro retribuzioni) e l’erogazione da parte della Regione del contributo ex lege previsto.

Avverso tale snodo argomentativo - che sostanzia la ratio decidendi della reiezione della domanda di accertamento dell’obbligo - parte ricorrente non rivolge una censura precisa, puntuale e pertinente: il motivo in scrutinio non coglie, in particolar modo, che nella vicenda la decisione gravata non fa questione di omessa rendicontazione delle spese dalla Associazione alla Regione, bensì (e al fondo) di mancato sostenimento di esborsi ad opera della prima. La doglianza non può dunque essere vagliata nel merito: e tanto lascia impregiudicata ogni valutazione sulla correttezza della lettura esegetica della normativa regionale offerta dal giudice territoriale.

6. Il ricorso è complessivamente rigettato.

7. Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue la regola della soccombenza con condanna solidale dei ricorrenti, stante l’interesse comune alla lite degli stessi reso evidente dalla identità di posizione processuale e di situazione sostanziale azionata.

8. Atteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti - ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 - di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alla refusione in favore della parte controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura di euro 10.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge; Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione