1. Con il primo motivo di ricorso si deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., nonché degli artt. 111 e 113 Cost. in relazione all’art. 360, co. 4, c.p.c., in quanto corredata da motivazione meramente apparente nella parte in cui il T.S.A.P. si è limitato a richiamare il carattere negativo del parere espresso dalla Soprintendenza omettendo di analizzare le ragioni alla base del primo motivo del ricorso introduttivo, richiamato altresì dal primo e dal secondo ricorso per motivi aggiunti. Con essi, in sintesi, si era evidenziato la contraddittorietà, e la carenza istruttoria e motivazionale nel quale era incorso il parere della Soprintendenza nel paventare il grave danno al paesaggio e si era denunziato il travisamento dei fatti in relazione alla prospettata riduzione delle portate d’acqua ed alla connessa ritenuta alterazione rilevante del paesaggio .
2. Con il secondo motivo si deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., nonché degli artt. 111 e 113 Cost. in relazione all’art. 360, co. 4, c.p.c., per avere il T.S.A.P. omesso di valutare il secondo motivo del ricorso introduttivo - richiamato altresì dal primo e dal secondo ricorso per motivi aggiunti - in relazione all’erronea determinazione dello stato di qualità dei corpi idrici per mancata considerazione dell’indicatore ISECI, all’illegittimo ed erroneo utilizzo dell’indice di Alterazione del Regime Idrologico (IARI), all’illegittimo ed erroneo utilizzo del dato tecnico relativo all’estensione del bacino sotteso dalla derivazione e alla mancata considerazione dell’interesse prioritario alla diffusione delle fonti rinnovabili. Richiama quindi i profili di illegittimità già denunziati relativi al parere dell’Autorità di Bacino del 7 ottobre 2020.
3. Con il terzo motivo si deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., nonché degli artt. 111 e 113 Cost. in relazione all’art. 360, co. 4, c.p.c., per avere il T.S.A.P. omesso di valutare il terzo motivo del ricorso introduttivo - richiamato altresì dal primo e dal secondo ricorso per motivi aggiunti - in relazione alla disparità di trattamento realizzata in senso sfavorevole all’istanza della società. Con tale motivo la società si era doluta della immotivata disparità di trattamento in proprio danno da parte della Soprintendenza e dall’Autorità di Bacino che si erano espresse favorevolmente in relazione a progetti presentati da altre società con caratteristiche similari a quello di essa D. s.r.l. ma con aspetti peggiorativi in relazione a taluni elementi.
4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce ex art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, n. 4 c.p.c., nonché degli artt. 111 e 113 Cost. in relazione all’art. 360, co. 4, c.p.c., per avere il T.S.A.P. omesso di valutare il primo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti - richiamato altresì dal secondo ricorso per motivi aggiunti - in relazione alla mancata espressione di un dissenso costruttivo da parte delle amministrazioni.
5. Parte ricorrente ha formulato, inoltre, istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267 TFUE. 6. Il ricorso deve essere respinto in tutti i profili di censura articolati, che possono essere trattati congiuntamente
6.1. Invero, laddove parte ricorrente denunzia l’omesso esame, con implicita censura di omessa pronunzia, su alcuni dei motivi di ricorso formulati davanti al T.S.A.P., il rimedio esperibile non è costituito dal ricorso per cassazione ma, ai sensi dell’art. 204 R.D. 1775/1933, dalla richiesta di rettificazione rivolta al medesimo Tribunale superiore (Cass., Sez. Un. n. 488 del 2019, Cass., Sez. Un. n. 11019 del 2018, Cass., Sez. Un. n. 10260 del 2018, Cass., Sez. Un. n. 4898 del 2018) di talché, sotto questo profilo, le censure sul punto articolate nei motivi secondo, terzo e quarto risultano inammissibili.
6.2. Con riferimento alla denunzia di apparenza di motivazione, essenzialmente riconducibile al primo motivo di ricorso, occorre in linea di principio premettere che per consolidato indirizzo di questa Corte alla violazione di legge deducibile, in base all'art. 111 della Costituzione, come motivo di ricorso per cassazione contro le decisioni in unico grado o in grado d'appello del T.S.A.P., può rìcomprendersi il solo vizio di motivazione (sotto i profili dell'inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza) risultante dal testo dei provvedimenti impugnati, mentre non rientra nei compiti della Corte di cassazione la verifica della sufficienza o della razionalità della motivazione in ordine alle quaestiones facti, la quale comporta un raffronto tra le ragioni del decidere espresse nella sentenza impugnata e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice del merito ( Cass. Sez. Un. 15931 del 2023, Cass. Sez. Un. n. 15281 del 2023, Cass., Sez. Un. n. 28220 del 2018, Cass., Sez. Un. n. 8520 del 2007).
6.3. E’ noto inoltre che la motivazione meramente apparente - che la giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico giuridico destinato a sorreggere il decisum (Cass., n. 9105 del 2017, Cass., Sez. Un. n. 22232 del 2016, Cass. Sez. Un. n. 8053 del 2014 . Cass. n. 20112/2009) rimettendo all’interprete, come non consentito (Cass. n. 22232/2016 cit.), il compito di integrare la motivazione con le più varie, ipotetiche congetture.
6.4. Nel caso di specie, la sentenza impugnata risulta del tutto percepibile nei suoi presupposti giuridici e fattuali e nelle ragioni in diritto alla base del rigetto del ricorso secondo quanto si evince dalla sintesi della relativa motivazione sopra riportata, sorretta da un iter argomentativo idoneo a palesare le ragioni della decisione, rifluenti in ultima analisi nella sopravvenuta non conformità del progetto della odierna ricorrente ai parametri della Direttiva Derivazioni, attestata dalle concordi valutazione espresse, ciascuna in relazione al proprio ambito di competenza, dall’Autorità di bacino, dalla Soprintendenza e dal Comitato tecnico regionale, espressamente richiamate dalla sentenza impugnata e ritenute, frutto di corrette indagini metodologiche e dell’adeguata considerazione dei fatti.
6.5. Quanto all’ulteriore profilo di doglianza concretamente sviluppato in ricorso, che concerne il tema della sindacabilità delle valutazioni compiute dalla P.A. nell’ambito del procedimento di V.I.A. in ordine alla correttezza e attendibilità della qualificazione dello stato del corpo idrico e del rischio di impatto idrologico, nonché alla possibilità di conformare il progetto alle prescrizioni della Direttiva Derivazioni, alla correttezza del bilanciamento degli interessi in gioco, alla luce del principio di massima diffusione delle energie rinnovabili che di recente ha ispirato l’adozione del Regolamento 2022/2577/UE, il motivo si palesa inammissibile perché rivolto ad una sostanziale e complessiva confutazione dell'accertamento fattuale e valutativo del merito amministrativo e della discrezionalità tecnica della P.A., come tale non censurabile nella presente sede di legittimità, non preposta né alla pura ripetizione del grado a quo né, ed a maggior ragione, addirittura alla riproduzione del procedimento amministrativo di partenza.
6.6. Le doglianze in esame non solo non si fanno carico dei limiti di sindacato esercitabili in sede di legittimità sulla pronuncia del T.S.A.P., ma neppure i limiti di sindacato esercitabili da quest'ultimo rispetto all'azione della P.A. connotata da discrezionalità tecnica ed amministrativa. Si è in proposito osservato (Cass. SSUU n. 11291 del 2021 ed altre) che l'ambito del sindacato del T.S.A.P., qualora sia chiamato a pronunciarsi in unico grado sulla legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, è limitato all'accertamento dei vizi possibili dello svolgimento della funzione pubblica, compresi quelli denotati dalle figure sintomatiche dell'eccesso di potere. In tal modo, se è vero che esso attiene altresì alla verifica della ragionevolezza e proporzionalità della scelta rispetto al fine, altrettanto indubbio è che questo sindacato non si estende alle ragioni di merito, dovendosi arrestare dinanzi non solo alle ipotesi di scelte equivalenti, ma anche a quelle semplicemente meno attendibili, purché congruenti con il fine da raggiungere e con le esigenze da governare.
Come di recente precisato da questa Corte nel rigettare il ricorso della odierna ricorrente verso il decreto della Regione Veneto che aveva adottato un provvedimento di V.I.A. non favorevole per altro progetto presentato dalla società, “Queste interdipendenti perimetrazioni di sindacabilità, di portata generale, trovano poi pregnante e rafforzata applicazione quando l’oggetto del vaglio giurisdizionale del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche sia costituito proprio da un provvedimento di VIA, essendosi ancora di recente stabilito (Cass. SS.UU n. 19227/23) che: “Al riguardo va richiamato il principio già espresso da queste Sezioni Unite secondo cui, nelle materie di cui all'art. 143 del r.d. n. 1775 del 1933 e con specifico riferimento all’impugnazione del decreto che accerti o neghi la compatibilità ambientale dell’opera progettata, il ricorso per cassazione è esperibile, oltre che per i vizi indicati dall'art. 201 del citato regio decreto (incompetenza ed eccesso di potere), per ogni violazione di legge, sostanziale e processuale, ma non può essere utilizzato per conseguire una rinnovata valutazione dell'opera, sostituendo un diverso giudizio di impatto ambientale a quello espresso dalla Regione, né a prospettare soluzioni progettuali alternative a quella adottata dall'amministrazione, invadendone la sfera di discrezionalità (Cass. S.U. 13 febbraio 2023 n. 4434), atteso che detto tipo di giudizio eccede, prima ancora di quello di legittimità, i limiti del sindacato del TSAP sull’atto amministrativo impugnato (Cass. S.U. 29 aprile 2021 n. 11291)”. Rileva, in particolare, il carattere altamente discrezionale (non avulso da una funzione di vero e proprio “indirizzo politico nell’uso del territorio”) che assume la VIA secondo la giurisprudenza del Consiglio di Stato (v. sent. 7.9.2020 n. 5379, 6.4.2020 n. 2248) nel senso che, nel formulare il giudizio di impatto ambientale, la PA esercita una amplissima discrezionalità che non si esaurisce in una mera valutazione tecnica, come tale suscettibile di una valutazione tout court sulla base di oggettivi criteri di misurazione, ma presenta al contempo profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa ed istituzionale in relazione all'apprezzamento degli interessi pubblici e privati coinvolti, con la conseguenza che il sindacato del giudice amministrativo in materia è necessariamente limitato alla manifesta illogicità ed incongruità, al travisamento dei fatti o a macroscopici difetti di istruttoria ovvero quando l'atto sia privo di idonea motivazione. E ciò appunto perché la valutazione di impatto ambientale non è un mero atto tecnico di gestione ovvero di amministrazione in senso stretto, trattandosi piuttosto di un provvedimento con cui viene esercitata una vera e propria funzione di indirizzo politico - amministrativo con particolare riferimento al corretto uso del territorio, in senso ampio, attraverso la cura ed il bilanciamento della molteplicità dei contrapposti interessi pubblici e privati. I criteri così elaborati dal Consiglio di Stato trovano conferma anche nella giurisprudenza di queste stesse Sezioni Unite, la quale ha più volte osservato (v. Cass. SSUU nn. 21974/21, 11423/21, 7833/20, 10018/19) che il giudizio di compatibilità ambientale, pur reso sulla base di oggettivi criteri di misurazione (pienamente esposti al sindacato del giudice), è pervaso da profili particolarmente intensi di discrezionalità amministrativa sul piano dell'apprezzamento degli interessi pubblici in rilievo e della loro ponderazione rispetto all'interesse dell'esecuzione dell'opera. Tale apprezzamento è sindacabile dal giudice amministrativo, nella pienezza della cognizione del fatto, soltanto in ipotesi di manifesta illogicità o travisamento dei fatti, nel caso in cui l'istruttoria sia mancata o sia stata svolta in modo inadeguato e risulti, perciò, evidente lo sconfinamento del potere discrezionale riconosciuto all'Amministrazione. Ne discende che le valutazioni tecniche complesse - rese in sede di VIA - sono pertanto censurabili solo per macroscopici vizi di irrazionalità e ciò proprio perché le scelte della P.A., che devono essere fondate su criteri di misurazione oggettivi e su argomentazioni logiche, non si traducono in un mero giudizio tecnico, essendo la VIA un istituto finalizzato alla tutela preventiva dell'interesse pubblico e connotato da profili particolarmente elevati di discrezionalità amministrativa.”( Cass., Sez. Un. n. 35943 del 2023)
6.7. Nella parte in cui si lamenta l’omesso esame d’un fatto decisivo il motivo è inammissibile. La ricorrente, infatti, in ciascuna delle deduzioni elencate lamenta il mancato esame di fonti di prova o di documenti: le relazioni da essa depositate, i dati progettuali, i pareri di altre autorità amministrative. Ma le Sezioni Unite di questa Corte, chiamate a fornire l’esatta interpretazione del novellato art. 360 n. 5, c.p.c., con la sentenza già ricordata hanno stabilito che “l'omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, non integra l'omesso esame circa un fatto decisivo previsto dalla norma, quando il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti” (Cass. 8053/14, cit.).
7. Infine, in relazione alla prospettata necessità di rinvio pregiudiziale, ci si riporta, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., alle argomentazioni espresse dalla citata Cass. Sez. Un. n. 35943/2023 (v. pagg. 34 e sgg.) nell’escludere la sussistenza dei relativi presupposti.
8.In conclusione, in continuità con precedenti di questa Corte che hanno scrutinato analoghi ricorsi proposti da D. s.r.l. (Cass., Sez. Un. nn. 4797, 2186 e 2159 del 2024, oltre che Cass. Sez. Un. n. 35943/2023) il ricorso deve essere respinto.
9. Le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione in favore delle parti controricorrenti delle spese delle spese di lite che liquida in favore di ciascuna in € 5.500,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi e s.p.a. per l’Avvocatura, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 14 maggio 2024