1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 32, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui la sentenza impugnata ha fatto applicazione della pronuncia della Corte costituzionale n. 228/2014 in relazione ai soli prelevamenti, laddove la sentenza della Consulta avrebbe attitudine a operare, per i lavoratori autonomi, anche sui versamenti, in considerazione del fatto che l’inciso di incostituzionalità relativo ai «compensi» riguarderebbe anche il «lato dei versamenti».
2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 42, secondo comma, d.P.R. n 600/1973 e dell’art. 112 cod. proc. civ., anche in relazione alla violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato nonché in via gradata, in relazione all’art. 360, primo comma n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, nella parte in cui è stato ritenuto validamente sottoscritto l’avviso di accertamento da delegato del Capo dell’Ufficio. Osserva parte ricorrente che i giudici «a quibus» avrebbero impropriamente integrato l’atto impugnato, attribuendo a corredo dell’avviso di accertamento l’esistenza di una delega in realtà insussistente.
3. Il primo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione legale relativa della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari ex art. 32, primo comma, n. 2, d.P.R. n. 600/1973, non viene meno all'esito della sentenza Corte cost., n. 228/2014, posto che le operazioni bancarie di prelevamento hanno valore presuntivo nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, mentre quelle di versamento operano nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l'efficacia dimostrando in concreto che le stesse sono già incluse nel reddito soggetto ad imposta o sono irrilevanti (Cass., Sez. V, 16 novembre 2018, n. 29572). Resta, quindi, invariata la presunzione legale posta dall'art. 32 d.P.R. ult. cit. con riferimento ai versamenti effettuati su un conto corrente dal professionista o lavoratore autonomo, sicché questi è onerato di provare in modo analitico l'estraneità di tali movimenti ai fatti imponibili (Cass., Sez. V, 6 dicembre 2021, n. 38691; Cass., Sez. V, 26 settembre 2018, n. 22931; Cass., Sez. VI, 30 marzo 2018, n. 7951; Cass., Sez. V, 9 agosto 2016, n. 16697).
La sentenza impugnata ha fatto buon governo dei suddetti principi.
4. Il secondo motivo è infondato, posto che, ai sensi dell'art. 42, primo e terzo comma, d.P.R. n. 600/1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d'ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell'ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale (Cass., Sez. V, 26 febbraio 2020, n. 5177), delega la cui esistenza in fatto è stata accertata dal giudice di appello.
Né può prospettarsi una omessa pronuncia in ordine all’accertamento dell’esistenza della delega, posto che il giudice di appello, conformemente all’accertamento operato in primo grado, ha accertato in fatto che il funzionario sottoscrittore fosse stato «delegato del Direttore Provinciale».
5. Il secondo motivo è, invece, inammissibile quanto alla censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., essendo contraria al principio della cd. doppia conforme a termini dell’art. 348-ter cod. proc. civ. pro tempore.
6. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 5.800,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 27 marzo 2024