Giu l'onere della prova gravante sul contribuente ex art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 postula che questo non possa limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 luglio 2024 N. 21187
Massima
«l’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare – eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva – che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società, che quest’ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne sia appropriato altro soggetto».

Casus Decisus
1. Con la sentenza n. 284/03/20 del 15/06/2020, la Commissione tributaria regionale delle Marche (di seguito CTR) respingeva l’appello proposto da dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 89/04/11 della Commissione tributaria provinciale di Pesaro (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Marco D. nei confronti di un avviso di accertamento concernente IRPEF relativa all’anno d’imposta 2005. 1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata, l’atto impositivo era stato emesso in ragione dell’attribuzione al contribuente, socio al cinquanta per cento di Autocom s.r.l., del quaranta per cento del reddito da partecipazione definitivamente accertato nei confronti società, in virtù della presunzione di distribuzione degli utili conseguente alla ristretta base sociale. 1.2. La CTR respingeva l’appello di AE, evidenziando che: a) l’atto impositivo era fondato sulla presunzione di distribuzione ai soci degli utili di una società a ristretta base sociale; b) tale presunzione ammetteva la prova a discarico, prova fornita dal contribuente (non vi era una ristretta base familiare; i soci erano in contrasto tra loro; i bilanci non erano stati approvati; il contribuente aveva esperito azioni giudiziarie nei confronti dell’altro socio); c) le altre questioni restavano assorbite. 2. Avverso la sentenza di appello AE proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi. 3. Marco D. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 30 luglio 2024 N. 21187 BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

1. Con il primo motivo di ricorso AE deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 38, 39, primo comma, lett. d), e 41 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., degli artt. 444, secondo comma, e 654 cod. proc. pen., degli artt. 2697, 2727 e 2729 cod. civ. e dell’art. 47 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo Unico delle Imposte sui Redditi - TUIR), per avere la CTR erroneamente ritenuto che la presunzione di distribuzione degli utili ai soci di una compagine a ristretta base societaria sia vinta dalla circostanza che il contribuente non sia familiare dell’altro socio ed abbia dissidi con quest’ultimo.

1.1. Con il secondo motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la CTR trascurato circostanze rilevanti e idonee a confermare l’applicazione della presunzione di distribuzione degli utili anche nei confronti del contribuente.

2. Il primo motivo, ammissibile in ragione della denunciata violazione delle regole che sovrintendono al ragionamento presuntivo, è altresì fondato e assorbente del secondo motivo.

2.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, l’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 legittima la presunzione di attribuzione "pro quota" ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 20851 del 26/10/2005; conf. Cass. n. 1924 del 29/01/2008; Cass. n. 18032 del 24/07/2013; Cass. n. 10679 del 04/04/2022). Tale presunzione opera con riferimento allo stesso esercizio in cui gli utili sono stati realizzati (Cass. n. 25468 del 18/12/2015) e anche in assenza di rapporti di parentela, in quanto la ristrettezza della base sociale implica di per sé un elevato grado di compartecipazione dei soci, la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell'esistenza di utili extrabilancio (Cass. n. 24572 del 18/11/2014).

2.1.1. In questo contesto, il contribuente che intende superare detta presunzione, ha l’onere di provare che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società (Cass. n. 33976 del 19/12/2019) ovvero che quest’ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti (Cass. n. 16913 del 11/08/2020; Cass. n. 32959 del 20/12/2018; Cass. n. 27778 del 22/11/2017; Cass. n. 24534 del 18/10/2017). 2.1.2. Non è, invece, sufficiente – a parere del Collegio – che il socio si limiti a dimostrare la propria estraneità alla gestione sociale (come affermato da alcune pronunce di questa Corte: cfr. Cass. n. 23247 del 27/09/2018; Cass. n. 18042 del 09/07/2018; Cass. n. 17461 del 14/07/2017; Cass. n. 26873 del 22/12/2016; Cass. n. 1932 del 02/02/2016), atteso che siffatta agevolazione probatoria collide con le ragioni che legittimano la presunzione posta dalla ristretta base sociale e ne svuoterebbe il contenuto.

2.1.3. Invero, il socio di una società a ristretta base sociale, proprio per le caratteristiche della compagine associativa, è per definizione a conoscenza delle vicende societarie, alle quali ha comunque legittimo accesso anche laddove non partecipi alla effettiva amministrazione della società o ne sia stato estromesso. Ne consegue che, qualora egli assuma di non avere partecipato alla distribuzione degli utili extrabilancio, non può limitarsi a protestare la propria estraneità alla conduzione della società, ma deve dimostrare di non avere percepito quegli utili, indicando chi li ha percepiti ovvero come sono stati utilizzati.

2.1.4. Né può ragionevolmente sostenersi che il socio estraneo alla gestione sociale non sia in grado di fornire tale prova (per il raggiungimento della quale, peraltro, possono essere utilizzate anche le presunzioni, secondo le regole generali), posto che la sua estraneità opera sul piano fattuale e non gli preclude certo l’esercizio dei poteri di informazione posti dalla legge a sua tutela.

2.1.5. In questa stessa ottica si pone anche la recente Cass. n. 7170 del 04/03/2022, per la quale «il socio di società di capitali a ristretta base partecipativa, che ricopra anche l'incarico di amministratore, può superare la presunzione di distribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non limitandosi a dedurre la propria estraneità alla gestione per l'esistenza di un amministratore di fatto, ma dimostrando la mancata distribuzione degli utili extracontabili oggetto dell'accertamento tributario perché sottratti dal gerente di fatto».

2.1.6. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «l’art. 39, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 legittima la presunzione di attribuzione pro quota ai soci degli utili extra bilancio prodotti da società di capitali a ristretta base azionaria, con conseguente inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale non può limitarsi a denunciare la propria estraneità alla gestione e conduzione societaria, ma deve dimostrare – eventualmente anche ricorrendo alla prova presuntiva – che i maggiori ricavi non siano stati effettivamente realizzati dalla società, che quest’ultima non li abbia distribuiti, ma accantonati o reinvestiti, ovvero che degli stessi se ne sia appropriato altro soggetto». 

2.2. Per completezza, va evidenziato, in ragione del richiamo (erroneo) compiuto dalla parte ricorrente, che, quando viene contestata, in caso di società a ristretta base partecipativa, la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertati, non è in alcun modo applicabile il disposto di cui all’art. 47 del TUIR, che attiene alla tassazione degli utili distribuiti ai soci, con delibere formali dell'assemblea e, pertanto, non trova applicazione per i redditi extracontabili, non menzionati nella contabilità societaria (Cass. n. 26317 del 19/11/2020; Cass. n. 34282 del 23/12/2019).

2.3. Si è detto che la prova a carico del contribuente può essere fornita anche per presunzioni e la valutazione della sussistenza degli indizi gravi, precisi e concordanti, idonei ad integrare detta prova, spetta indubbiamente al giudice di merito.

2.3.1. Tuttavia, secondo la giurisprudenza di questa Corte, «La prova presuntiva (o indiziaria) esige che il giudice prenda in esame tutti i fatti noti emersi nel corso dell'istruzione, valutandoli tutti insieme e gli uni per mezzo degli altri» (Cass. n. 3703 del 09/03/2012). In particolare, il giudice «è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi» (così Cass. n. 9059 del 12/04/2018; si vedano altresì Cass. n. 18822 del 16/07/2018; Cass. n. 27410 del 25/10/2019).

2.4. Nel caso di specie, il giudice di appello non ha fatto corretta applicazione dei superiori principi di diritto. In particolare, la sentenza impugnata ha ritenuto il superamento della presunzione di distribuzione degli utili al socio sulla base dei seguenti elementi indiziari: i) i soci non sono familiari; ii) i soci sono in contrasto tra loro, tanto che il ricorrente ha promosso iniziative giudiziarie, anche penali, nei confronti dell’altro socio; iii) i bilanci non sono stati approvati dal socio D., rimasto estraneo alla gestione sociale.

2.5. Orbene, tenuto anche conto dell’anno d’imposta in contestazione (2005), le superiori circostanze indiziarie non sono affatto rilevanti. La presunzione di distribuzione degli utili ai soci prescinde dalla circostanza che la base ristretta sia anche familiare; i contrasti tra i soci e la mancata approvazione dei bilanci sono fatti verificatisi in epoca successiva, così come correttamente evidenziato dall’Amministrazione finanziaria.

2.5.1. A ciò si aggiunge che la CTR ha del tutto trascurato che il D., nell’anno oggetto di accertamento, in cui si presume la distribuzione degli utili, è stato socio amministratore di Autocom s.r.l. con poteri disgiunti rispetto all’altro socio e che ha partecipato regolarmente alle assemblee societarie fino all’anno 2007, approvando, altresì, il bilancio concernente l’anno 2005.

2.5.2. In definitiva, il ragionamento presuntivo della CTR non è legittimo, atteso che sono state valorizzate circostanze di fatto irrilevanti e trascurate circostanze di fatto significative; né risulta essere stata fatta una doverosa considerazione complessiva di tutti gli elementi indiziari acquisiti.

3. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 09/04/2024.