Giu La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, percepibile il fondamento della decisione, perché non permette di ricostruire il ragionamento
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19104
Massima
La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; v. anche Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).

Casus Decisus
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto appello contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale (CTP) di Roma che aveva accolto il ricorso della D. srl avverso l’avviso di accertamento recante per il 2010 ricostruzione induttiva ai fini IRES e IRAP e recupero di IVA in relazione a fatture soggettivamente inesistenti relative ad acquisti di materiale ferroso e rientranti in una complessa frode in cui i cedenti erano soggetti fittizi, amministrati da meri prestanome. 2. L’appello erariale è stato respinto dalla Commissione Tributaria Regionale (CTR) del Lazio, con la sentenza in epigrafe, secondo cui il commercio dei materiali ferrosi è disciplinato dall’art. 74 commi 7 e 8 del d.P.R. n. 633/1972 sulla base del regime di reverse charge, per il quale si prevede, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 31 d.lgs. n. 158/2015, che soggetto passivo dell’imposta non è il cessionario ma il cedente, su cui grava la responsabilità in caso di emissione di fatture inesistenti. 3. Avverso questa pronunzia l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su due motivi, illustrati con memoria. 4. Resiste con controricorso la D. srl che deposita memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19104 Bruschetta Ernestino Luigi

1. Con il primo motivo l’Agenzia deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 19, 21, 23, 28 e 74 d.P.R. n. 633/1972, artt. 31 e 32 d.gs. n. 158/2015, in quanto le modifiche apportate dall’art. 31 cit. hanno natura sostanziale e hanno effetto a decorrere dall’anno di imposta 2016 e in ogni caso tali modifiche non escludono, in caso di operazioni soggettivamente inesistenti, che il cessionario perda il diritto alla detrazione. 2. Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c,p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 132 c.p.c. in quanto nonostante la complessa ricostruzione dei rapporti della D. srl con le diverse società coinvolte (Metalferro sas, Ferrante srl, Valfer srl, Smecom srl, SECIT srl), che avevano condotto all’accertamento induttiva del reddito, e i dettagliati motivi d’appello sul punto, riportati per autosufficienza in ricorso (v. pagg. 18-20), la CTR, come in precedenza i giudici di prime cure, avevano del tutto trascurato questi aspetti rendendo motivazione apparente.

3. Il secondo motivo va trattato prioritariamente ed è infondato.

3.1. Va premesso che, non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi - che si convertono in violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale", di "motivazione apparente", di "manifesta ed irriducibile contraddittorietà" e di "motivazione perplessa od incomprensibile", purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022).

Questa Corte ha, altresì, precisato che «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Cass., sez. un., n. 22232 del 2016; v. anche Cass. n. 9105 del 2017, secondo cui ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, nella duplice manifestazione di difetto assoluto o di motivazione apparente, quando il Giudice di merito ometta di indicare, nella sentenza, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indichi tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del suo ragionamento).

3.2. In questo caso la motivazione non è apparente, ha una precisa ratio: si esclude la responsabilità del cessionario per l’emissione di fatture fittizie in regime di reverse charge, a seguito delle modifiche di cui all’art. 31 d.lgs. n. 158/2015, il che, nell’ottica della CTR, rende superflui o comunque assorbe l’esame della frode e l’accertamento dei suoi presupposti fattuali.

4. Peraltro, tale ratio, aggredita con la prima doglianza, è infondata cosicché questo motivo deve essere accolto.

4.1. Va premesso che nel caso di reverse charge, la fattura è emessa dal cedente senza addebito d'imposta, con l'osservanza delle disposizioni stabilite dagli artt. 21 ss. del d.P.R. n. 633 del 1972 (nella presente controversia, peraltro, trova applicazione la versione dell'art. 21 antecedente alle modifiche apportate dall'art. 31 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158) e con l'indicazione, prevista dall'art. 74, comma 8, del medesimo decreto, che si tratta di operazione con IVA non addebitata in via di rivalsa. La fattura è quindi integrata, con la specificazione dell'aliquota e dell'imposta, dal cessionario, soggetto passivo dell'imposta, che la registra nel proprio registro delle vendite, in tal modo assolvendo l'obbligo di pagamento del tributo, successivamente detratto con la parallela annotazione nel registro degli acquisti (Cass. n. 1703 del 2022; Cass. n. 4250 del 2022; Cass. n. 2862 del 2019).

4.2. L'orientamento consolidato di questa Corte è nel senso che l’IVA non è detraibile, ancorché risulti l'apparente osservanza dei requisiti formali, ove manchi la corrispondenza dell'operazione fatturata con quella in concreto realizzata; e ciò anche nel caso di applicazione del regime dell'inversione contabile (Cass. n. 16679 del 2016; Cass. n. 2862 del 2019; Cass. n. 3599 del 2020; Cass. n. 14853 del 2020; Cass. n. 16367 del 2020; Cass. n. 21677 del 2020; Cass. n. 9394 del 2021; Cass. n. 20739 del 2023; Cass. n. 23303 del 2023; Cass. n. 20419 del 2023).

Per il combinato disposto degli artt. 21 comma 7, art. 19 comma 1 e 26 comma 3 cit., il destinatario della fattura medesima non può esercitare il diritto alla detrazione dell'imposta mancando il suo presupposto, ovverosia la corrispondenza anche soggettiva dell'operazione fatturata con quella in concreto realizzata (v. Cass. 13803 del 2014). La frode opera come limite generale al principio fondamentale di neutralità dell'IVA (Cass. 5072 del 2015), ossia al principio secondo cui la detrazione dell'imposta è accordata se i requisiti sostanziali dell'operazione sono comunque soddisfatti (Corte giust., 8 maggio 2008, C-95/07, 96/07, Ecotrade, punto 63), intendendosi per tali che gli «acquisti siano stati effettuati da un soggetto passivo, che quest'ultimo sia parimenti debitore dell'IVA attinente a tali acquisti e che i beni di cui trattasi siano utilizzati ai fini di proprie operazioni imponibili» (Corte giust., 11 dicembre 2014, C-590/13, Idexx, punto 43).

Conseguentemente, trattandosi nella specie dell'IVA detratta dalla cessionaria col regime domestico d'inversione contabile, però a fronte di frode con fatture emesse per operazioni soggettivamente inesistenti, non può trovare applicazione il più generale principio secondo cui il diritto alla detrazione non può essere negato nei casi in cui l'operatore nazionale non ha applicato - o non ha applicato correttamente - la procedura dell'inversione contabile senza violazione dei requisiti sostanziali (Cass. n. 5072 del 2015; Cass. n. 7576 del 2015). Anche la Corte di giustizia si è occupata della disciplina del reverse charge in materia di operazioni soggettivamente inesistenti, stabilendo che la direttiva n. 2006/112/CE del Consiglio del 28/11/2006 (direttiva IVA), letta in combinazione con il principio di neutralità fiscale, dev'essere interpretata nel senso che ad un soggetto passivo va negato l'esercizio del diritto a detrazione dell'IVA relativa all'acquisto di beni che gli sono stati ceduti, qualora tale soggetto passivo abbia consapevolmente indicato un fornitore fittizio sulla fattura che egli stesso ha emesso per tale operazione nell'ambito dell'applicazione del regime dell'inversione contabile, se, tenuto conto delle circostanze di fatto e degli elementi forniti da tale soggetto passivo, mancano i dati necessari per verificare che il vero fornitore aveva la qualità di soggetto passivo o se è sufficientemente dimostrato che tale soggetto passivo ha commesso un'evasione dell'IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l'operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione s'iscriveva in una simile evasione (Corte giust., 11 novembre 2021, C-281/20, Ferimet SL).

4.3. Quanto all'art.31 d.lgs. 158/2015, che ha modificato il comma 7 dell'art. 21 cit. («Se il cedente o prestatore emette fattura per operazioni inesistenti, ovvero se indica nella fattura i corrispettivi delle operazioni o le imposte relative in misura superiore a quella reale, l'imposta è dovuta per l'intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura»), si tratta di disposizione applicabile dal primo gennaio 2016 ai sensi dell'art. 32 comma 1 (modificato dall’art.1 comma 133 della l. 208/2015) e non ha efficacia retroattiva, non avendo natura interpretativa (Cass. n. 16679 del 2016; Cass. n. 2862 del 2019; Cass. n. 32552, 32553 e 32554 del 2019; Cass. n. 20419 del 2023).

La norma tocca unicamente la posizione del cedente verso il fisco e non quella del cessionario, il quale per le operazioni inesistenti, anche se solo soggettivamente, ma pur sempre imponibili perde comunque il diritto di detrazione per effetto del combinato disposto dell'art. 19 comma 1 e dell'art. 26 comma 3, cit. (Cass. n. 16679 del 2016; Cass. n. 2862 del 2019; Cass. nn. 32552, 32553 e 32554 del 2019; Cass. n. 22092 del 2021; Cass. n. 26342 del 2021; Cass. sez. un. n. 22727 del 2022; Cass. n. 20419 del 2023).

5. Conclusivamente, accolto il primo motivo e rigettato il secondo, la sentenza deve essere cassata di conseguenza con rinvio al giudice del merito.

p.q.m.

accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria del Lazio in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28/02/2024.