Giu La presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari si estende alla generalità dei contribuenti
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 11 luglio 2024 N. 19107
Massima
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell'art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all'art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).

Casus Decisus
1. Con la sentenza n. 10396/08/15 del 20/11/2015, la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) avverso la sentenza n. 280/01/13 della Commissione tributaria provinciale di Avellino (di seguito CTP), che aveva accolto il ricorso proposto da Giuseppe V. nei confronti di un avviso di accertamento concernente IRPEF, IRAP ed IVA relative all’anno d’imposta 2006. 1.1. Come emerge dalla sentenza impugnata e dagli atti di parte, l’atto impositivo era stato emesso a seguito di indagini bancarie effettuate sui conti correnti del contribuente, esercente la professione di architetto, e del di lui coniuge. 1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello di AE, evidenziando che: a) «l’Ufficio con l’invio del questionario [aveva] instaurato il contraddittorio», sicché rimaneva «legittimamente sanzionata l’omessa o intempestiva risposta con la preclusione amministrativa e processuale di allegazione di dati e documenti non forniti nella sede precontenziosa»; b) peraltro, l’Amministrazione finanziaria non aveva fornito la prova del pieno rispetto della sequenza procedimentale necessaria a precludere l’utilizzo della documentazione non prodotta in giudizio; c) la presunzione per la quale i prelevamenti in conto corrente erano posti a base delle rettifiche non solo nei confronti degli imprenditori ma anche dei lavoratori autonomi era «lesiva del principio di ragionevolezza nonché della capacità contributiva; essendo arbitrario ipotizzare che i prelievi ingiustificati da conti correnti bancari effettuati da un lavoratore autonomo [fossero] destinati ad un investimento nell’ambito della propria attività professionale e che questo a sua volta [fosse] produttivo di reddito»; d) andavano, quindi, riconosciuti come ricavi unicamente i versamenti in conto corrente e non anche i prelievi. 2. Avverso la sentenza di appello Giuseppe V. proponeva ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi. 3. AE resisteva con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 11 luglio 2024 N. 19107 : BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

1. Con il primo motivo di ricorso Giuseppe V. contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 24 della l. 7 gennaio 1929, n. 4, dell’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212, degli artt. 24 e 97 Cost., nonché degli artt. 41, 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali della UE, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto la regolare instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale, avendo, invece, l’Ufficio violato l’obbligo previsto dalla legge (i questionari non sarebbero stati mai notificati al contribuente; non sarebbe stato emesso un processo verbale di constatazione; non si sarebbe tenuto conto della prova di resistenza e della mancata contestazione delle giustificazioni fornite).

1.1. Il motivo è inammissibile.

1.2. La questione concernente la violazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale per non avere ricevuto, né il contribuente né la di lui moglie, il questionario inviato dall’Ufficio, è stata effettivamente proposta dal ricorrente in primo grado, ma la CTP aveva accolto la domanda del contribuente senza fare specifico riferimento a tale questione, rigettandola implicitamente ovvero ritenendola assorbita.

1.3. AE ha interposto appello alla sentenza di primo grado, ma la censura proposta ha riguardato unicamente l’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio dal contribuente in quanto non esibita in sede amministrativa, questione decisa in senso favorevole al ricorrente, non anche l’ulteriore questione, logicamente preliminare, della regolarità del contraddittorio endoprocedimentale.

1.4. Tale ultima questione, dunque, non è stata esaminata dal giudice di appello per assenza di specifica impugnazione, non avendola proposta AE e non essendosi Giuseppe V. costituito in appello, riproponendola specificamente come suo specifico onere (Cass. n. 12191 del 18/05/2018; Cass. n. 30444 del 19/12/2017; Cass. n. 24267 del 27/11/2015; Cass. n. 14925 del 06/07/2011), con conseguente giudicato interno e preclusione in sede di legittimità.

1.5. Nel senso indicato, l’affermazione della regolarità del contraddittorio endoprocedimentale non integra una statuizione impugnabile della sentenza impugnata, ma il presupposto non più contestabile da cui prende le mosse il ragionamento dei giudici di appello.

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 39 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 51, 54 e 55 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR: i) detratto, anche sotto il profilo forfetario, i costi relativi ai maggiori ricavi effettuati; ii) provato, in ragione della non contestazione di AE in ordine alla documentazione prodotta, che anche altri versamenti siano giustificati; iii) tenuto conto delle risultanze delle scritture contabili.

2.1. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla giustificazione di alcune rimesse da parte del contribuente per la somma di euro 112.853,00, giustificazione fornita con documenti non contestati.

2.2. Con il quarto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR valutato criticamente il provvedimento impugnato e le censure proposte.

2.3. Con il quinto motivo di ricorso si lamenta la violazione del principio di non contestazione in ragione della violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del d.lgs. n. 546 del 1992, degli artt. 88, 115, 167 e 416 cod. proc. civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 o n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR preso in considerazione che talune giustificazioni fornite dal contribuente non sarebbero state oggetto di contestazione da parte dell’Ufficio.

3. I quattro motivi possono essere congiuntamente esaminati per ragioni di stretta connessione. Il secondo e il terzo motivo sono fondati nei termini di cui appresso si dirà, con conseguente assorbimento dei due motivi restanti.

3.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell'art. 32, primo comma, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all'art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l'accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).

3.1.1. La previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere Corte di Cassazione - copia non ufficiale 6 di 9 utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d'ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all'obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l'illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo).

3.1.2. Pertanto, mentre l'operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l'efficacia adempiendo l'onere di dimostrare che «ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine» (così, sostanzialmente, Cass. n. 1519 del 20/01/2017; conf. Cass. n. 29572 del 16/11/2018; nel senso indicato si veda anche Cass. n. 22931 del 26/09/2018, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

3.1.3. Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell'onere della prova, grava sul contribuente l'onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev'essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all'equità» (Cass. n. 15161 del 16/07/2020; Cass. n. 16896 del 24/07/2014; Cass. n. 13035 del 24/07/2012; Cass. n. 25365 del 05/12/2007; Cass. n. 18016 del 09/09/2005).

3.1.4. A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale «non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici», la prova richiesta al contribuente è analitica, «con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l'obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l'efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze» (Cass. n. 13112 del 30/06/2020; Cass. n. 10480 del 03/05/2018; Cass. n. 11102 del 05/05/2017).

3.1.5. Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall'art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell'affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell'estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. n. 4829 del 11/03/2015; Cass. n. 21303 del 18/09/2013).

3.1.6. In questo contesto, «a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l'incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti Corte di Cassazione - copia non ufficiale 8 di 9 dall'ammontare dei prelievi non giustificati» (così Cass. n. 6874 del 08/03/2023, in applicazione dei principi derivanti da Corte cost. n. 10 del 31/01/2023, innovando rispetto al precedente orientamento in materia).

3.1.7. Sotto altro profilo, «le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest'ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l'ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l'infedeltà delle dichiarazioni e l'esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone» (Cass. n. 549 del 15/01/2020; si vedano, altresì, Cass. n. 428 del 14/01/2015; Cass. n. 20668 del 01/10/2014; Cass. n. 21420 del 30/11/2012; Cass. n. 26173 del 06/12/2011).

3.2. Alla luce dei principi enunciati, le contestazioni di parte ricorrente colgono nel segno in quanto la sentenza impugnata: a) non ha considerato, anche forfettariamente, i costi sui maggiori ricavi accertati, in applicazione del principio affermato da Corte cost. n. 10 del 2023, cit.; b) non ha proceduto ad un esame analitico, rimessa per rimessa, delle giustificazioni addotte da parte ricorrente, limitandosi ad affermare, del tutto genericamente, di determinare «i maggiori (ricavi) compensi limitatamente ai versamenti riscontrati sui conti correnti bancari, al netto dei compensi già dichiarati dal Contribuente»; c) sotto quest’ultimo profilo, la documentazione prodotta dal ricorrente e non specificamente esaminata dal giudice di appello deve ritenersi ammissibile anche se non prodotta a seguito dell’inoltro del questionario, in quanto così stabilito dalla CTR (cfr. ultima pagina della sentenza impugnata) con decisione non oggetto di specifica impugnazione.

4. In conclusione, vanno accolti, nei limiti di cui si è detto, il secondo ed il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo motivo e assorbiti gli altri. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 23/01/2024.