Giu Errore di fatto revocatorio, ex art. 395, num. 4), c.p.c.: deve trattasi di un errore di immediata e semplice rilevabilità, che non necessita di ulteriori valutazioni o indagini.
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19112
Massima
L'errore di fatto revocatorio, ai sensi dell'art. 395, num. 4), cod. proc. civ., consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato (cfr. Cass., sez. un., 16 maggio 2023, n. 13417; Cass. 13 febbraio 23, n. 4422; Cass. 3 febbraio 2023, n. 3460).

Casus Decisus
1. L’Agenzia delle Entrate notificava, in data 12 dicembre 2007, a M. Denise avviso di accertamento n. 796010300671-2005 con cui accertava, sulla base di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, l’interposizione fittizia di società portoghesi nella cessione di pacchetti azionari della società S. s.p.a., imputando alla contribuente, azionista della predetta società, plusvalenze realizzate ex art. 37, comma 3, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. In particolare, l’Ufficio accertava un maggiore imponibile per € 2.506.660,00. A seguito dell’impugnazione da parte della contribuente dell’avviso di accertamento citato, la Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, con sentenza n. 76/17/2010, accoglieva il ricorso ritenendo fondata l’eccezione di decadenza del potere di accertamento dell’Ufficio per effetto della presentazione di istanza di condono ai sensi dell’art. 9 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. In particolare, la C.T.P., decidendo incidenter tantum sull’istanza di condono sulla quale era pendente separato giudizio in appello, accertava la validità dell’istanza citata, ritenendo che la mancata indicazione dell’anno 2000 fosse un mero errore materiale nella compilazione della domanda. 2. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, con sentenza n. 1186/15/2014, pronunciata il 24 marzo 2014 e depositata in segreteria il 9 giugno 2014, respingeva l’appello, compensando le spese di giudizio. Nello specifico, il giudice di secondo grado confermava la decisione di primo grado, rilevando che, in merito alla tempestività dell’avviso di accertamento impugnato, non fosse possibile applicare l’invocata proroga dei termini ex art. 10 della legge n. 289/2002, essendo stata presentata istanza di condono. 3. Avverso la sentenza di secondo grado, l’Ufficio proponeva ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo, eccependo violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge n. 289/2002. Questa Corte, con ordinanza n. 20360 del 6 luglio - 10 ottobre 2016, accoglieva il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando per nuovo giudizio, anche in punto di spese, alla Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione. 4. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per revocazione M. Denise, sulla base di un unico motivo (ricorso notificato l’8 novembre 2017). L’Agenzia delle Entrate è rimasta intimata. 5. La discussione del ricorso è stata fissata dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 22 febbraio 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19112 GIUDICEPIETRO ANDREINA

1. Con l’unico motivo di ricorso M. Denise eccepisce errore di fatto, risultante dagli atti e dai documenti di causa, ai sensi dell’art. 395, primo comma, num. 4), cod. proc. civ. Deduce, in particolare, che, in punto di motivazione, non vi sarebbe alcun riferimento alla richiesta di condono presentata dalla contribuente, essendo così il giudice di legittimità incorso in una errata percezione dei fatti, ritenendo che la contribuente avesse presentato solo la dichiarazione integrativa del condono. Il giudice a quo, pertanto, avrebbe erroneamente percepito che la contribuente volesse usufruire del condono attraverso la dichiarazione integrativa.

2. Procedendo quindi all’esame del motivo di ricorso, osserva la Corte quanto segue.

L’unico motivo di ricorso è inammissibile.

Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, l'errore di fatto revocatorio, ai sensi dell'art. 395, num. 4), cod. proc. civ., consiste in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente e immediatamente rilevabile, che abbia condotto ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e dai documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo che, dagli stessi atti e documenti, risulti positivamente accertato (cfr. Cass., sez. un., 16 maggio 2023, n. 13417; Cass. 13 febbraio 23, n. 4422; Cass. 3 febbraio 2023, n. 3460). In sostanza, deve trattasi di un errore di immediata e semplice rilevabilità, che non necessita di ulteriori valutazioni o indagini. La contribuente, tuttavia, censura la sentenza impugnata laddove viene formulato il principio di diritto a cui il giudice del rinvio deve attenersi. Il principio di diritto, come tale, è una formulazione di diritto, più o meno specifica, che tuttavia necessita di essere applicata nel caso concreto, operazione che viene realizzata dal giudice del rinvio, quale giudice di merito. Non è, pertanto, rinvenibile alcun errore di fatto revocatorio, in quanto il giudice a quo ha formulato un principio di diritto la cui applicazione nel caso concreto è demandata al giudice di secondo grado.

Nel caso di specie, la Corte ha affermato il principio secondo il quale la proroga del termine per l’accertamento si applica anche nelle ipotesi in cui non sussistevano i presupposti per il condono, e quindi veniva operato un diniego dell’istanza di condono. Non vi è, quindi, una errata percezione di una situazione di fatto, ma una valutazione giuridica operata su una situazione che alla Corte è ben chiara, e cioè l’intervenuto diniego del condono e quindi l’applicabilità, anche in questo caso, della proroga del termine per l’accertamento.

3. Consegue l’inammissibilità del ricorso.

Nulla per le spese, stante la mancata costituzione dell’Agenzia delle Entrate. Ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la ricorrente tenuta al pagamento di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il pagamento, da parte della ricorrente, di una somma di importo pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1- quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2024.