Giu Qualora l’acquisto di un diritto sia sottoposto a condizione sospensiva l’onere di provare l’avveramento dell’evento condizionante grava su colui che intende far valere quel diritto
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19083
Massima
Qualora l’acquisto di un diritto sia sottoposto a condizione sospensiva, e dipenda quindi dal verificarsi di un evento futuro ed incerto rimesso al comportamento volontario di una delle parti (condizione sospensiva potestativa semplice), l’adempimento della condotta determinativa del fatto in questione è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, sicché l’onere di provare l’avveramento dell’evento condizionante grava su colui che intende far valere quel diritto, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c. (Cass. n. 25597/2016)

Casus Decisus
La Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di F., ha respinto la domanda formulata dal ricorrente, dirigente medico, nei confronti dell’Azienda Sanitaria Locale di F. per il riconoscimento di differenze retributive vantate a titolo di indennità di pronta disponibilità. La Corte territoriale, ricostruita la normativa contrattuale richiamata dall’art. 17 del CCNL di comparto 3.11.2005, ha ritenuto che non è mai venuto meno il vincolo della disponibilità di risorse nel Fondo destinato a finanziare sia l’indennità di pronta disponibilità, sia altri trattamenti accessori. Pertanto, in difetto di risorse finanziarie sufficienti a finanziare il raddoppio dell’indennità, la domanda della dirigente è stata respinta, con conseguente riforma della sentenza di primo grado, che invece quella domanda l’aveva accolta. La Corte d’Appello ha anche escluso la natura meramente potestativa della condizione della capienza del fondo prevista dalle clausole contrattuali per il riconoscimento del diritto all’incremento dell’indennità. Avverso tale sentenza il medico ha proposto ricorso per cassazione articolato in tre motivi. L’Azienda Sanitaria di F. si è difesa con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1 c.p.c.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19083 DI PAOLANTONIO ANNALISA

1. Con il primo motivo è denunciata come «violazione ed errata applicazione di norme di diritto - artt. 5 e 51 CCNL dirigenza medica», la parte della sentenza in cui la Corte d’Appello ha ritenuto che il limite di disponibilità del Fondo, specificamente previsto per finanziare l’indennità di pronta disponibilità non è venuto meno con il succedersi dei contratti collettivi.

2. Con il secondo motivo è denunciata la «violazione ed errata applicazione delle norme di diritto - artt. 1312[sottinteso: c.c. del 1865!], 1355, 1358, 2697 c.c., art. 51 CCNL dirigenza medica», nonché «omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione», in ordine alla mancata prova – con onere a carico della ASL – della incapienza del fondo, mentre, dagli stessi tabulati prodotti dall’azienda emergeva, piuttosto, l’esistenza di residui positivi.

3. Con il terzo motivo è denunciata la «violazione ed errata applicazione delle norme di diritto, art. 17 CCNL dirigenza medica del 3.11.2005, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione», in quanto si sostiene che, secondo la richiamata disposizione, non era più previsto il limite della capienza del fondo.

4. I motivi di ricorso, da trattare unitariamente in ragione della loro connessione logica e giuridica, sono infondati per le ragioni già enunciate da questa Corte con la sentenza n. 5417/2020, riprese e sviluppate, tra le altre, nelle ordinanze nn. 69/2022, 2408/2022, 3417/2022, 23287/2023, 23290/2023, 27967/2023 e qui condivise dal Collegio. Con tali provvedimenti vennero respinti analoghi ricorsi proposti da dirigenti medici in servizio presso l’Azienda Sanitaria Locale di F. – o, viceversa, accolti i ricorsi dell’Azienda contro sentenze d’appello di esito opposto – e alle relative motivazioni innanzitutto si rinvia, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., non ravvisandosi motivi che inducano a discostarsene.

5. L’art. 110 del d.P.R. n. 384 del 1990, nell’affermare la perdurante vigenza delle indennità previste dall’art. 82 del d.P.R. n. 270 del 1987, al comma 6, fissava in Lire 40.000 lorde l’importo di quella di pronta disponibilità.

5.1. Il CCNL 5.12.1996 per la dirigenza medica e veterinaria del Servizio Sanitario Nazionale, all’art. 20, disciplinava il servizio di pronta disponibilità, prevedendo, al comma 5, che lo stesso desse diritto alla corresponsione, per ogni dodici ore, di un’indennità, della quale non quantificava l’ammontare, precisando solo, al comma 7, che al pagamento del compenso si doveva provvedere con il fondo disciplinato dall’art. 62 dello stesso contratto («5. La pronta disponibilità dà diritto ad una indennità per ogni dodici ore. … 7. Ai compensi di cui al presente articolo si provvede con il fondo dell’art. 62»).

5.2. Quest’ultima disposizione, oltre ad indicare le modalità di costituzione del fondo e le finalità dello stesso («Per la corresponsione degli emolumenti connessi a determinate condizioni lavorative, dal 31 dicembre 1995 ed a valere sulle competenze 1996 senza alcun pregiudizio sugli aumenti del biennio successivo, è istituito un fondo, che è formato nel suo ammontare dalla somma spesa per l’anno 1993 per il pagamento al personale destinatario del presente contratto: - della indennità di pronta disponibilità di cui all’art. 82 del D.P.R. 270/1987, come modificato dall’art. 110, comma 6, del D.P.R. 384/1990; ...»), stabiliva, al comma 6, che «la misura dell’indennità di pronta disponibilità, ai sensi dell’art. 20, comma 5, viene rideterminata – rispetto al valore indicato nell’art. 110 comma 6 del d.P.R. 384/1990 – in sede di contrattazione decentrata in base ai modelli organizzativi adottati per la ristrutturazione aziendale, nei limiti del fondo annuale di cui al comma 1». 

5.3. In questo contesto è intervenuta la deliberazione n. 1873 del 21.7.1999, con la quale l’Azienda Sanitaria di F., nell’adottare il regolamento per l’Area della dirigenza medica e veterinaria, all’art. 49, ha previsto che «ai sensi del 6° comma dell’art. 62 del CCNL il compenso per ogni turno di disponibilità intero viene stabilito nella misura minima di Lire 80.000 purché sia compatibile l’onere complessivo con le disponibilità del relativo fondo cui fa carico».

5.4. Successivamente con il CCNL 8.6.2000, art. 51, le parti collettive hanno confermato il fondo previsto dal richiamato art. 62, fissandone l’ammontare in quello consolidato al 31.12.1997, e, al comma 4, hanno previsto che «la contrattazione integrativa, in base ai modelli organizzativi adottati dall’azienda con riguardo alla razionalizzazione dell’orario di lavoro, servizi di guardia medica e pronta disponibilità che abbiano carattere di stabilità, potrà integrare il fondo di cui all’art. 50 ovvero destinare i relativi risparmi a rideterminare l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, fissato nella quota minima di Lire 40.000. L’eventuale trasferimento di risorse nel fondo per la retribuzione di posizione è irreversibile».

5.5. Sulla materia della pronta disponibilità è poi intervenuto il CCNL 3.11.2005 che, all’art. 17 (rubricato appunto «Pronta disponibilità»), ha rivisto la disciplina «sostanziale» dell’istituto, superando l’art. 20 del CCNL 5.12.1996, ed ha stabilito, al comma 7, che al pagamento dell’indennità si dovesse provvedere con il fondo per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro disciplinato dall’art. 55, che a sua volta rinvia all’art. 51 del già richiamato CCNL 8.6.2000, di cui conferma, in particolare, il comma 4, relativo all’ammontare della indennità di pronta disponibilità ed ai poteri concessi al riguardo alla contrattazione integrativa («1. Nulla è innovato per quanto attiene il fondo previsto dagli artt. 51 e 10 dei CCNL dell’8 giugno 2000, I e II biennio, per il trattamento accessorio legato alle condizioni di lavoro e per le modalità del suo utilizzo, con particolare riguardo alle relative flessibilità. Il suo ammontare è quello consolidato al 31 dicembre 2001. 2. Sono, pertanto, confermati, in particolare, i commi 2, 3 e 4 dell’art. 51 di cui al comma 1»).

5.6. Non è, quindi, condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui sarebbe stato superato il riferimento alla disponibilità del fondo annuale destinato a remunerare particolari condizioni di lavoro, perché, al contrario, la contrattazione collettiva nazionale succedutasi nel tempo, pur consentendo alla contrattazione integrativa di rideterminare in aumento l’importo dell’indennità di pronta disponibilità, ha sempre condizionato l’esercizio di detto potere alle disponibilità del fondo aziendale destinato a far fronte al relativo onere; chiaro in tal senso è l’art. 62, comma 6, del CCNL 5.12.1996, al quale l’art. 51 del CCNL 8.6.2000 espressamente rinvia, con la conseguenza che il potere conferito alla contrattazione integrativa dal comma 4 trova anche in tal caso un limite nella complessiva disponibilità del fondo in questione, fissata inderogabilmente «nell’ammontare consolidato al 31.12.1997» (CCNL 6.6.2000) ed al 31.12.2001 (CCNL 3.11.2005).

6. Va, poi, evidenziato che la contrattazione nazionale, che ha rimesso a quella integrativa la rideterminazione dell’importo dell’indennità della quale qui si discute, ha anche previsto un’efficacia temporalmente limitata della contrattazione aziendale (art. 5 CCNL 3.11.2005; art. 5 CCNL 8.6.2000; art. 4 CCNL 5.12.1996), contrattazione che, secondo la previsione dell’art. 40 del d.lgs. n. 165 del 2001, nel testo applicabile ratione temporis, è tenuta al rispetto dei vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali nonché di quelli derivanti dalle disponibilità di bilancio e dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale dell’amministrazione.

6.1. Tanto basterebbe per escludere che il diritto a percepire l’indennità in misura maggiorata rispetto a quella prevista dalla contrattazione collettiva nazionale, di tempo in tempo vigente, possa essere fondato su un atto deliberativo risalente all’anno 1999, in assenza di un successivo intervento della contrattazione integrativa che quell’atto abbia richiamato, verificandone anche la compatibilità con le risorse disponibili.

6.2. Va ricordato, infatti, che nell’impiego pubblico contrattualizzato l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi ed alle condizioni dagli stessi previste, sicché l’adozione di un atto unilaterale di gestione del rapporto con il quale venga attribuito al lavoratore un determinato emolumento non è sufficiente, di per sé, a costituire una posizione giuridica soggettiva in capo al lavoratore medesimo, in quanto la misura economica deve trovare necessario fondamento nella contrattazione collettiva (v., fra le tante, Cass. n. 32367/2021 e la giurisprudenza ivi richiamata in motivazione).

7. Per il resto, il ricorso, nella parte in cui addebita alla sentenza impugnata di avere erroneamente posto a carico dei dirigenti medici l’onere della prova, che invece gravava sull’Azienda, è infondato, perché, qualora l’acquisto di un diritto sia sottoposto a condizione sospensiva, e dipenda quindi dal verificarsi di un evento futuro ed incerto rimesso al comportamento volontario di una delle parti (condizione sospensiva potestativa semplice), l’adempimento della condotta determinativa del fatto in questione è elemento costitutivo della fattispecie negoziale attributiva del diritto, sicché l’onere di provare l’avveramento dell’evento condizionante grava su colui che intende far valere quel diritto, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2697 c.c. (Cass. n. 25597/2016).

7.1. Le deduzioni contenute nel ricorso circa l’obbligo per il contraente di adeguare il proprio comportamento, in pendenza della condizione, al rispetto dei canoni generali di correttezza e buona fede sono inammissibili, perché pongono una questione implicante accertamenti di fatto, alla quale non fa cenno la sentenza impugnata (v., fra le tante, Cass. n. 32804/2019 e la giurisprudenza ivi richiamata).

8. Infine, sono infondate – oltre che inconferenti rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata – le considerazioni del ricorrente sul carattere meramente potestativo della condizione, perché da tempo questa Corte ha affermato che la condizione è «meramente potestativa» quando consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, sì da manifestare l’assenza di una seria volontà della parte di ritenersi vincolata dal contratto, mentre si qualifica «potestativa» quando l’evento dedotto in condizione è collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenta come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente, soprattutto se la decisione è affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa scelta è rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato (Cass. n. 8390/2000; 20290/2005; 11774/2007; 18239/2014; 30143/2019).

8.1. È evidente che quest’ultima ipotesi ricorre nella fattispecie, poiché la quantificazione del fondo da destinare al trattamento accessorio, dipende da una pluralità di fattori, e principalmente dall’ammontare complessivo delle risorse poste a disposizione dell’Azienda, e non può essere ritenuta frutto di arbitrio del datore di lavoro pubblico. 9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e, conseguentemente, si deve dare atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, ed ai fini precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della ricorrenza delle condizioni processuali previste dalla legge per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto dal ricorrente.

10. La complessità della questione giuridica, sulla quale i giudici di merito hanno espresso opinioni difformi, e il fatto che il ricorso è stato presentato prima del qui richiamato orientamento della giurisprudenza di legittimità giustificano l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte: respinge il ricorso; compensa le spese del giudizio di legittimità; ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1-bis, del citato d.P.R., se dovuto.

Così deciso in Roma, il 3.7.2024.