Giu I corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19114
Massima
I corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate; nel caso di spese legali, poi, la deducibilità si configura quando la prestazione del professionista si è conclusa in relazione ai gradi di giudizio (Cass. n. 24003/2019)

Casus Decisus
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio è stato parzialmente accolto l’appello principale proposto dalla società A. s.p.a., già D.M. s.p.a., ora A. s.r.l. e rigettato l’appello incidentale contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.3738/12/14 con la quale è stato parzialmente accolto il ricorso della contribuente avente ad oggetto l’avviso di accertamento con cui veniva accertato un maggior valore della produzione netta ai fini IRAP per l’anno di imposta 2008. 2. In particolare, nell’avviso impugnato l’Agenzia ha contestato alla società, esercente attività di servizi connessi a tecnologie informatiche, quattro rilievi: 1) contributi associativi non deducibili per euro 6.000 in relazione ad un bonifico effettuato in data 13.03.2008 a favore del Consiglio per le Relazioni tra Italia e Stati Uniti (CONSIUSA); 2) costi non di competenza per euro 345.213,51 in merito agli importi relativi alle contestazioni per l'indebita deduzione di sopravvenienze passive; 3) costi indeducibili per euro 171.277,00; 4) omessa variazione delle quote residue della plusvalenza rateizzata per euro 367.190. 3. Il giudice di prime cure confermava l’impianto dell’accertamento, ma riduceva le riprese ad euro 27.517,13. 4. Il giudice d’appello, nel condividere la prospettazione della contribuente, riteneva quanto alla ripresa 1) che si trattasse di spese di rappresentanza; quanto alla ripresa 2) che fosse corretto il comportamento della società che, attenendosi a quanto disposto dagli artt. 2423 bis del cod. civ. e 109, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, aveva contabilizzato i costi in base al principio di cassa, non essendo alla data di approvazione del bilancio 2007 nelle condizioni di conoscere se i suddetti costi fossero maturati e in che misura, ritenendo che il requisito della “certezza” non dovesse essere inteso in senso strettamente giuridico, ma economico; quanto alla ripresa 4) che non fosse stata proposta specifica impugnazione circa l’omessa variazione in aumento delle quote residue della plusvalenza rateizzata; infine, rigettava l’appello incidentale. 5. Avverso la decisione propone ricorso l’Agenzia delle Entrate, affidato a tre motivi contro cui resiste la contribuente con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19114 Bruschetta Ernestino Luigi

6. Con il primo motivo di ricorso, ex art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., in ordine al rilievo n. 2) viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992.

7. In via preliminare, va disattesa l’eccezione della controricorrente di inammissibilità del motivo, in quanto non diretto a censurare la "sufficienza" della motivazione, espunta con la vigente formulazione dell'art. 360 primo comma n. 5 cod. proc. civ. dal sindacato della Corte, bensì l’assenza di sussunzione della fattispecie concreta nei principi astratti richiamati dalla CTR.

8. Il motivo è infondato.

8.1. La Corte reitera l’insegnamento secondo cui la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, Corte di Cassazione - copia non ufficiale percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232). La riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053). Va anche ribadito che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. Un. 3 novembre 2016 n. 22232).

8.2. Con riferimento alla contestazione di costi non di competenza per euro 345.213,51 il giudice d’appello ha espresso una ratio decidendi che rispetta il minimo costituzionale nella sua logica argomentativa non priva di riferimento alla fattispecie concreta. La motivazione è incentrata sull’interpretazione del requisito della “certezza” di cui all’art. 109, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, inteso in senso economico e non strettamente giuridico, che ha portato il giudice a ritenere fosse corretto il comportamento della società nel contabilizzare i costi in base al principio di cassa, non essendo alla data di approvazione del bilancio 2007 nelle condizioni di conoscere se i suddetti costi fossero maturati e in che misura, e contiene un apprezzamento del fatto concreto.

9. Con il secondo motivo di ricorso, ai sensi dell’art.360 primo comma n.5 cod. proc. civ., l’Agenzia lamenta, in ordine al medesimo rilievo per costi n. 2) e in via subordinata, l’omesso esame di fatti decisivi del giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, nella parte in cui il giudice ha affermato che il principio di correlazione costi-ricavi è derogabile quando si tratti di costi "incerti circa la loro esistenza, o non siano determinabili in modo obiettivo per quel che concerne l'ammontare", in tal modo lasciando intendere che tale sia la situazione riscontrata nel caso in esame.

10. Il motivo è inammissibile.

10.1. Il sindacato di legittimità in relazione al rispetto dei criteri fissati dall’art. 109 TUIR trova spazio nell’individuazione dell’esercizio di competenza del costo. Per consolidato insegnamento giurisprudenziale (Cass. n. 24003/2019), cui va data continuità, i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate; nel caso di spese legali, poi, la deducibilità si configura quando la prestazione del professionista si è conclusa in relazione ai gradi di giudizio.

10.2. Per altro verso, la valutazione delle circostanze che determinano l’individuazione dell’esercizio di competenza assurge ad apprezzamento del fatto riservato esclusivamente al giudice di merito (cfr. Cass. Corte di Cassazione - copia non ufficiale n. 18401/2018; Cass. n. 18237/2012) e censurabile in sede di legittimità soltanto nei profili che attengono alla sua motivazione ovvero al corretto riparto dell’onere probatorio.

10.3. Nel caso di specie, la sentenza impugnata, nell’escludere che alla data della dichiarazione fosse in grado di conoscere se i costi fossero maturati e in che misura sulla base del bilancio approvato 2007, è rispettosa dei criteri legali per la determinazione dell’esercizio di competenza. Le critiche della ricorrente, invece, secondo cui al 31/03/2008 - allorquando la contabilizzazione è intervenuta - la contribuente avrebbe potuto stimare i costi suddetti sulla base di quanto avvenuto negli anni di imposta precedenti e con specifico riferimento alla contestata ”operazione 19”, incidono sui dati fattuali in relazione ai quali la CTR ha escluso che nel periodo di imposta oggetto di ripresa i costi fossero certi nella loro esistenza e determinabili. In questa logica, l’Agenzia sollecita attraverso la censura in disamina un rinnovamento dell’apprezzamento del fatto non consentito nell’ambito del giudizio di legittimità.

11. Con il terzo motivo di ricorso, ai sensi dell’art.360 primo comma n.4 cod. proc. civ., la ricorrente in ordine alla contestazione concernente costi non documentati per euro 171.277,00 - rilievo n. 3) - ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell'art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ. e dell'art. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992.

12. Il motivo è fondato.

Dall'analisi del conto denominato "Fornitori per fatture da ricevere" l’Agenzia ha contestato l’imputazione da parte della società di costi per euro 2.789.594,00, a fronte dei quali al 31/12/2008 non erano pervenute le relative fatture, in violazione dell'art. 109, comma 1 e 2, del d.P.R. 917/1986 e, in dispositivo, il giudice d’appello ha espressamente annullato il rilievo senza fornire una motivazione espressa e logicamente rispettosa del minimo costituzionale.

n conclusione, accolto il terzo motivo, rigettato il primo e inammissibile il secondo, la decisione va cassata con rinvio alla CTR del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettato il primo e inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili e per la liquidazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma il 28 febbraio 2024