Giu In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dall'art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19086
Massima
“In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dall'art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 – che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest'ultimo al subappaltatore – deve ritenersi riferito all'ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un'impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all'intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell'appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della "par condicio creditorum" e dell'ordine delle cause di prelazione, senza che rilevi a suo vantaggio l'istituto della prededuzione ex art. 111, comma 2, l.fall.” ( S.U., sentenza n. 5685/2020)

Casus Decisus
Il Tribunale di Roma, con decreto del 31.12.2018, ha ammesso, in prededuzione, la C. Costruzioni s.r.l. al passivo della Impresa R. Giuseppe s.p.a. in Amministrazione Straordinaria rispettivamente per l’importo di € 106.437,20, portato dalle fatture nn. 15 e 26/2013, e di € 70.529,67 vantato a titolo di interessi moratori. Il giudice di primo grado, dopo aver premesso che il riconoscimento della prededuzione ex art. 111 L.F. per le prestazioni dei subappaltatori , quale la C. Costruzioni s.r.l., è ammissibile nel solo e unico caso in cui l’incasso del creditore del subappaltatore rappresenti condizione di esigibilità del credito che l’appaltatore vanti a sua volta nei confronti della stazione appaltante in relazione alle opere oggetto del subappalto, ha evidenziato che, nel caso di specie, non vi era prova che la stazione appaltante avesse corrisposto l’importo dovuto all’appaltatore prima dell’apertura della procedura. Né poteva avere rilevanza la quietanza di pagamento emessa dalla C. Costruzioni sulle fatture in atti, data l’esistenza della clausola “salvo buon fine” ivi apposta. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Impresa R. Giuseppe s.p.a. in Amministrazione Straordinaria,affidandolo a tre motivi. Ha resistito in giudizio la CA. s.r.l., cessionaria dei crediti della C. Costruzioni s.r.l.. La ricorrente ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., eccependo l’inammissibilità dell’intervento in causa della CA. s.r.l., la quale, a sua volta, ha depositato la memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19086 TERRUSI FRANCESCO

1. Prima dell’esame dei motivi del ricorso, va rigettata l’eccezione sollevata dalla ricorrente di inammissibilità dell’intervento, ex art. 111 comma 3° cod. proc. civ., di CA. s.r.l.. Questa Corte (Cass. n. 11638/2016 e Cass. n. 23439/2017) ha più volte enunciato il principio di diritto secondo cui il successore a titolo particolare ex art. 111 c.p.c. può intervenire nel giudizio di legittimità, per esercitare il potere di azione che gli deriva dall'acquistata titolarità del diritto controverso, quando non sia costituito il dante causa, altrimenti determinandosi un'ingiustificata lesione del rispettivo diritto di difesa. Nel caso di specie, il dante causa C. Costruzioni s.r.l. , non si è costituito in giudizio, con conseguente ammissibilità dell’intervento del cessionario del credito.

2. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 12 delle preleggi, degli artt. 342c.p.c., 99 L.F., 2909 c.c.. Falsa applicazione degli art. 118 d.lgs. n. 163/06 e 111 L.F.. Lamenta la ricorrente Impresa R. Giuseppe s.p.a. in A.S. che il G.D. aveva ritenuto il credito portato dalla fatture nn. 15 e 23 del 2015 non prededucibile, essendo tali fatture state già quietanzate per effetto dell’incasso del credito direttamente da parte della R. in bonis. Tale provvedimento del G.D. era stato censurato dalla C. con l’opposizione ex art. 98 L.F. solo nella parte in cui era stato accertato che le predette fatture risultavano “quietanzate”, mentre non era stata contestata la vera “ratio decidendi”, ovvero che il credito afferente i lavori di cui alle stesse fatture fosse stato direttamente incassato dall’appaltatore R. in bonis. Solo in sede di prima udienza, la C. Costruzioni aveva aggiunto alle proprie difese che non era stato dimostrato dalla procedura che l’impresa R. s.p.a. avesse ricevuto il pagamento da parte della stazione appaltante. Nella seconda parte del motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 118 d.lgs 163/06 e 111 L.F. “sotto altro e diverso profilo”, assumendo, con il richiamo all’arresto di questa Corte n. 33350/2018, che il credito del subappaltatore non poteva essere considerato sorto in funzione della procedura concorsuale, non essendo l’art. 118 comma 3° vigente ratione temporis applicabile in caso di fallimento dell’appaltatore.

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 2697 c.p.c.. Espone la ricorrente che la C. avrebbe dovuto provare la concreta funzionalità del pagamento delle fatture di cui è causa alla procedura concorsuale, ovvero fornire la prova dell’avvenuta sospensione da parte della stazione appaltante dei pagamenti afferenti alle opere eseguite dal subappaltatore.

4. Con il terzo motivo è stata dedotta la falsa applicazione degli artt. 118 d.lgs. 163/06 e 111 L.F.. Lamenta la ricorrente che il Tribunale ha erroneamente ammesso in prededuzione la complessiva somma di € 70.529,67 a titolo di interesse moratori, comprendendo anche il credito di € 63.592,73 richiesto a titolo di interessi per il ritardato pagamento delle fatture già saldate dalla R. in bonis prima dell’apertura della procedura. 

5. Il primo motivo, nella seconda parte in cui è stata contestata l’applicabilità dell’art. 118 comma 3° d.lgs n. 163/06, in caso di fallimento dell’appaltatore, è fondato.

Preliminarmente, le censure svolte nella prima parte del motivo, volte a far valere l’esistenza di una preclusione nel far valere la prededuzione, sono infondate, avendo, sul punto, l’opposizione avuto un effetto interamente devolutivo.

Quanto alla seconda parte del motivo, lo stesso deve essere accolto per effetto della sentenza n. 5685/2020 con cui le S.U. hanno enunciato il principio di diritto secondo cui “In caso di fallimento dell'appaltatore di opera pubblica, il meccanismo delineato dall'art. 118, comma 3, d.lgs. n. 163 del 2006 – che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti in favore dell'appaltatore, in attesa delle fatture dei pagamenti effettuati da quest'ultimo al subappaltatore – deve ritenersi riferito all'ipotesi in cui il rapporto di appalto sia in corso con un'impresa in bonis e, dunque, non è applicabile nel caso in cui, con la dichiarazione di fallimento, il contratto di appalto si scioglie; ne consegue che al curatore è dovuto dalla stazione appaltante il corrispettivo delle prestazioni eseguite fino all'intervenuto scioglimento del contratto e che il subappaltatore deve essere considerato un creditore concorsuale dell'appaltatore come gli altri, da soddisfare nel rispetto della "par condicio creditorum" e dell'ordine delle cause di prelazione, senza che rilevi a suo vantaggio l'istituto della prededuzione ex art. 111, comma 2, l.fall.”.

E’ stato, in particolare, osservato che la sospensione del pagamento prevista dall’art. 118, terzo comma, codice degli appalti del 2006, si traduce in concreto in una eccezione di inadempimento che la stazione appaltante è, tuttavia, legittimata ad opporre all'appaltatore (inadempiente all'obbligo di dimostrare il pagamento al subappaltatore), sempre che il rapporto contrattuale sia ancora in corso, poiché è solo nella fase esecutiva del rapporto in essere che è consentito alle parti far valere reciprocamente adempimenti e inadempimenti contrattuali.

6. Il secondo ed il terzo motivo sono assorbiti. Il decreto impugnato deve essere quindi cassato con rinvio al Tribunale di Roma, in diversa composizione, per nuovo esame