Giu Nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19144
Massima
Nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l'obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa» o da pronuncia della Corte costituzionale, «costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell'art. 88 cod. Corte di Cassazione - copia non ufficiale 6 proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese» (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22231 del 26/10/2011, Rv. 620084; conf. Cass. n. 7273 del 2016, di questa Sottosezione, nonché Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19947 del 21/09/2010, Rv. 614544, e Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3950 del 14/02/2017, Rv. 643203; da ultimo in Cass., Sez. 5, ordinanza n. 33157 del 29/11/2023).

Casus Decisus
- con la sentenza impugnata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio, accogliendo l'appello principale proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, confermava la legittimità dell’avviso di accertamento relativo con cui veniva richiesto ad Agata C., gestore di una ricevitoria di scommesse (cd. CTD) sita in provincia di Latina, che effettuava raccolta di scommesse per conto della S., il pagamento dell'imposta unica su concorsi e pronostici (cd. PREU), oltre a sanzioni ed interessi, per operazioni svoltesi nell'anno 2007, e rigettava l’appello incidentale della contribuente incentrato «sulle presunte violazione delle norme comunitarie» sostenendo che il PREU non era imposta armonizzata di interesse, quindi, comunitaria; - avverso tale statuizione la contribuente ricorre per cassazione con atto affidato a sette motivi; - l’intimata deposita controricorso in cui dà atto e comprova allegando il relativo provvedimento, di aver proceduto in autotutela, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2018, allo sgravio delle somme iscritte a ruolo nei confronti della contribuente per la raccolta di scommesse effettuata in favore della S., chiedendo la dichiarazione di intervenuta cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese processuali.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 11 luglio 2024 N. 19144 Bruschetta Ernestino Luigi

Con il primo motivo i ricorrenti deducono, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, 1, comma 66, lett. b), della legge di stabilità per il 2011, 136 Cost. e 30, comma 1, della legge n. 87 del 1953, per effetto dell’intervenuta sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2018, censurando la sentenza impugnata per avere i giudici di appello ritenuto il centro di trasmissione dati soggetto passivo del tributo e dunque integrato il presupposto soggettivo dell’imposta.

Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, lett. b), della l. n. 288 del 1998, e degli artt. 1326, 1327 e 1336 c.c., per avere la CTR ritenuto sussistente il profilo territoriale del tributo.

Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 per non aver la CTR esaminato la dedotta inammissibilità dell’appello proposto dall’AAMS per carenza e/o assoluta incertezza dei motivi di gravame, ex art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992.

Con il quarto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 36, comma 2, n. 4, del d.lgs. n. 546 del 1992 per non aver la CTR esaminato la dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dei principi di chiarezza e trasparenza amministrativa, in ragione dell’assoluta carenza di motivazione, ovvero della motivazione apparente dell’avviso di accertamento impugnato.

Con il quinto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e segg. TFUE e dei principi del diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, con riferimento all’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, come interpretato dall’art. 1, comma 66, della legge di stabilità 2011, nonché per violazione del principio di legittimo affidamento, non avendo la CTR disapplicato l’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998. In subordine, propone istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267, comma 2, TFUE. Con il sesto motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 56 e segg. TFUE e dei principi della libera prestazione di servizi e di parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità con riferimento all’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998. In subordine, propone istanza di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267, comma 2, TFUE.

Con il settimo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., viene dedotta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 del d.lgs. n. 504 del 1998, 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010 e 64, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, Cost. a valle della sentenza n. 27/2018 della Corte costituzionale.

Va preliminarmente esaminata la richiesta avanzata dalla controricorrente di dichiarazione di cessazione della materia del contendere per intervenuto annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento impugnato, che è fondata e va accolta. Dal provvedimento allegato al controricorso (prot. n. 65231 del 2 ottobre 2018) risulta, infatti, che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha annullato in autotutela l’atto impugnato all’indomani della sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2018 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3 del d. Lgs. n. 504 del 1998 e dell'art. 1, comma 66, lettera b), della L. n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d'imposta precedenti al 2011, come quella in esame che è relativa all’anno 2007, siano assoggettate all'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione.

Pertanto, ancorché «l'art. 46, comma 2, d.lgs. n. 546 cit. non definisce la fattispecie della cessazione della materia del contendere, tuttavia esiste sufficiente consenso nel ritenere che la ridetta materia del contendere possa dirsi cessata quando viene a mancare l'oggetto della lite e cioè per es. quando l'atto fiscale impugnato viene annullato in autotutela (Cass. sez. trib. n. 4744 del 2006; Cass. sez. trib. n. 19695 del 2004; Cass. sez. trib. n. 16987 del 2003)» (così in Cass. n. 12570 del 2016).

La circostanza che l’amministrazione doganale si sia tempestivamente e correttamente adeguata alla pronuncia del Giudice delle leggi, senza che, peraltro, la ricorrente abbia dedotto alcunché al riguardo, deve disporsi la compensazione delle spese processuali in virtù del principio secondo cui «Nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l'obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa» o da pronuncia della Corte costituzionale, «costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell'art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese» (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 22231 del 26/10/2011, Rv. 620084; conf. Cass. n. 7273 del 2016, di questa Sottosezione, nonché Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19947 del 21/09/2010, Rv. 614544, e Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3950 del 14/02/2017, Rv. 643203; da ultimo in Cass., Sez. 5, ordinanza n. 33157 del 29/11/2023).

P.Q.M.

dichiara estinto il giudizio per intervenuta cessazione della materia del contendere e compensa le spese processuali.

Così deciso in Roma il 28 febbraio 2024