Giu la prelazione pignoratizia comporta l’adempimento di un debito altrui, che non si realizza mediante un atto di pagamento bensì mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno del garante
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 04 luglio 2024 N. 18368
Massima
«la prelazione pignoratizia comporta dunque l’adempimento di un debito altrui, che non si realizza mediante un atto di pagamento del garante (come avviene invece nella fideiussione e comunque nelle obbligazioni solidali, ove dal pagamento del condebitore scaturisce il suo diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori), bensì mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno (nel caso di specie, con la vendita dei titoli), attraverso il prelievo della somma dovutagli e il conseguente pagamento, totale o parziale, del debito originario» e che è solo dal pagamento del creditore garantito, che consegue il diritto di rivalsa del terzo datore di pegno verso il debitore principale, o la surrogazione di diritto ex art. 1203 n. 3 cod. civ.

Casus Decisus
La S.S.p.a., già M. S.p.a., costituì, quale terza datrice, un pegno ? segnatamente il credito nei confronti della A. Assicurazioni Vita S.p.a., portato dalla polizza n. 0139043 ?, per altra società dello stesso gruppo societario, denominata Alberto M. S.p.a., a garanzia di un mutuo fondiario di oltre cinque milioni di euro e in favore della banca mutuante ? originariamente Antonveneta S.p.a., successivamente assorbita dalla ? Monte dei Paschi di Siena S.p.a., che venne da questa escusso, con imputazione della somma di oltre euro cinquecentoseimila (€ 506.395,65) a un diverso debito e soltanto in parte agli interessi maturati sulla somma data in mutuo. La S. S.p.a. in liquidazione in fallimento agì in giudizio dianzi al Tribunale di Verona per ottenere il risarcimento danni, derivanti dalla perdita del diritto di surroga nella posizione della Alberto M. S.p.a. La domanda, nel contraddittorio delle parti, venne, con sentenza n. 1026 del 2018, accolta integralmente, con condanna della banca al risarcimento dei danni pari alla stessa somma costituita in pegno (€ 506.395,65). La Monte dei Paschi di Siena S.p.a. propose appello e la Corte d’appello di Venezia, nel ricostituito contraddittorio delle parti, ha, con sentenza n. 616 del 16/03/2021, accolto l’impugnazione e rigettato la domanda proposta in primo grado, con compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Avverso la sentenza n. 616 del 16/03/2021 della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, con atto affidato a undici motivi, il Fallimento della S. S.p.a. Risponde con controricorso la Monte dei Paschi s.p.a. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento del sesto motivo o, in subordine, del primo motivo di ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’udienza del 24/04/2024.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 04 luglio 2024 N. 18368 DE STEFANO FRANCO

Il Fallimento della S. S.p.a. in liquidazione propone i seguenti motivi di ricorso:

1 - nullità della sentenza o del procedimento per violazione dei principî di cui agli artt. 112 cod. proc. civ. e 115, comma 1, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ.;

2 - violazione o falsa applicazione di norme di diritto inerenti il principio di accessorietà del pegno e le conseguenze della sua violazione da parte della banca in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2784, 1322, 1323, 1324 e 1418 - 1423 cod. civ., nonché 1218, 1223, 1453 e 1458 cod. civ.;

3 - omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in ordine all’imputazione del ricavato del pegno per cui è causa a passività diverse dall’unica da esso garantita ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.;

4 - violazione o falsa applicazione di norme di diritto inerenti il principio di accessorietà del pegno e la natura solutoria della sua escussione da parte della Banca ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2784 e 2787 cod. civ. e all’art. 67 legge fallimentare;

5 - nullità della sentenza o del procedimento per violazione dei principî di cui agli artt. 112 cod. proc. civ., 115, comma 1, e 132 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1218 e 2697 cod. civ.;

6 - violazione o falsa applicazione di norme di diritto inerenti l’applicazione in via analogica dell’art. 2871 cod. civ. e le sue conseguenze in relazione alla condotta della Banca ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2871, 2784 e 2787 cod. civ., nonché 1197 e 1203 cod. civ.;

7 - violazione o falsa applicazione di norme di diritto inerenti l’individuazione della parte onerata di fornire la prova dell’esistenza e dell’ammontare del danno sofferto dall’attore in base all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697, 1218, 1223, 1453 e 1458 cod. civ.;

8 - nullità della sentenza o del procedimento per violazione dei principî di cui agli artt. 112 cod. proc. civ., 115, comma 1, e 132 cod. proc. civ. per art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 1218 e 2697 cod. civ.;

9 - violazione o falsa applicazione di norme di diritto inerenti il principio di accessorietà del pegno e le conseguenze della sua violazione da parte della Banca con riferimento alle domande svolte da S. S.p.a. in via concorrente, alternativa e (o) gradata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2784, 1322, 1323, 1324, 1218 e 1223, nonché 2043, 2033 e 2041 cod. civ.;

10 - nullità della sentenza o del procedimento per violazione dei principî di cui agli artt. 112 cod. proc. civ. e 115, comma 1, cod. proc. civ. per art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., in base all’art. 1218 cod. civ.; 11 - omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti in ordine alle domande svolte da S. in via concorrente, alternativa e (o) gradata circa l’imputazione del ricavato del pegno per cui è causa a passività diverse dall’unica da esso garantita per art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. Il Collegio reputa che sia preliminare, per ragioni logiche, l’esame del sesto motivo di ricorso, che riguarda l’esclusione, opinata dalla sentenza impugnata, dell’effetto solutorio dell’escussione del pegno, posto che questa è la principale ragione sulla cui base la Corte territoriale ha accolto l’impugnazione della banca e rigettato la domanda proposta dalla S. S.p.a. in liquidazione e ora in fallimento. Il motivo è fondato: questa Corte ha già affermato (Cass. n. 23561 del 2/08/2023 Rv. 668692 - 01, che richiama a ragione Cass. n. 17046 del 11/08/2016 Rv. 641033 – 01 e Cass. n. 17477 del 12/10/2012 Rv. 624032 - 01), e l’orientamento appare meritevole da parte del Collegio di piena condivisione, che «la prelazione pignoratizia comporta dunque l’adempimento di un debito altrui, che non si realizza mediante un atto di pagamento del garante (come avviene invece nella fideiussione e comunque nelle obbligazioni solidali, ove dal pagamento del condebitore scaturisce il suo diritto di regresso nei confronti degli altri condebitori), bensì mediante la soddisfazione diretta e autonoma del creditore sul bene costituito in pegno (nel caso di specie, con la vendita dei titoli), attraverso il prelievo della somma dovutagli e il conseguente pagamento, totale o parziale, del debito originario» e che è solo dal pagamento del creditore garantito, che consegue il diritto di rivalsa del terzo datore di pegno verso il debitore principale, o la surrogazione di diritto ex art. 1203 n. 3 cod. civ.

Con riferimento al caso in esame l’esclusione dell’effetto solutorio conseguente all’escussione del pegno da parte della banca non è coerente con la richiamata, oramai consolidata, giurisprudenza di questa Corte, posto che le affermazioni nel senso dell’equiparazione della soddisfazione sul pegno al pagamento sono risalenti di oltre un ventennio (si veda Cass. n. 8778 del 04/09/1998 Rv. 518611 - 01).

La Corte territoriale ha, pertanto, errato laddove ha escluso, affermando la necessità di un atto qualificabile quale pagamento in senso stretto, che l’escussione del pegno assume valore solutorio, determinando in tal modo la perdita del diritto alla surroga dell’escussa S.S.p.a. nella posizione della banca nei confronti della terza datrice d’ipoteca G.A. S.r.l.

Con l’esclusione del valore solutorio all’escussione del pegno la Corte territoriale ha precluso alla S. in liquidazione e ora in fallimento di esercitare la surroga nei confronti della banca (allora Antonveneta S.p.a. e ora Monte dei Paschi di Siena S.p.a.) che ha, anzi, esercitato il diritto di surroga insinuandosi nel passivo fallimentare della terza datrice d’ipoteca, G.A., anch’essa nel frattempo fallita. La banca, versando l’importo della polizza su un conto corrente della Alberto M. S.p.a. a copertura di passività diverse dal mutuo fondiario è risultata, in tal modo ancora insoddisfatta di quanto ancora dovutole a titolo di rimborso del mutuo fondiario. La causazione del danno risulta, pertanto, riconducibile alla diversa imputazione della somma costituita in pegno ed escussa a un debito diverso dal mutuo fondiario.

È, pertanto, sfornita di idoneo fondamento l’affermazione dell’insussistenza di un diritto al risarcimento dei danni in capo alla S. S.p.a. in liquidazione e in fallimento e nei confronti della banca. Il sesto motivo del ricorso è, pertanto, fondato e deve essere accolto. L’accoglimento del sesto motivo d’impugnazione comporta l’assorbimento dei restanti, in quanto attinenti a questioni dipendenti o che dovranno essere riproposte al giudice del rinvio.

La sentenza impugnata è cassata e la causa, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, deve essere rinviata alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, che nel procedere a nuovo scrutinio dovrà attenersi a quanto in questa sede statuito circa l’effetto solutorio, ossia di pagamento, dell’escussione del pegno da parte del creditore pignoratizio e nei confronti del terzo datore di pegno. Alla Corte di rinvio è, altresì, demandato di regolare le spese del giudizio di legittimità.

P. Q. M.

La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso, assorbiti i restanti motivi di ricorso; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma