Giu Ipotesi di operazione straordinaria di fusione ex art. 2504 e s. c.c.: il soggetto debitore destinatario della notifica del ricorso e dell’avviso di convocazione va individuato nella società incorporata, in persona del suo legale rappresentante
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 03 luglio 2024 N. 18261
Massima
Nell’ipotesi di operazione straordinaria di fusione ex art. 2504 e s. c.c., che estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la prima, per il caso di insolvenza di questa trova applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 10 l.fall., che consente il fallimento della società incorporata entro i limiti temporali ivi previsti; ne consegue che, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art.15 l.fall., il soggetto debitore destinatario della notifica del ricorso e dell’avviso di convocazione va individuato nella società incorporata, in persona del suo legale rappresentante, società che, pur se estinta ed invece solo ai fini dell’eventuale dichiarazione di fallimento, conserva la propria identità, non essendo peraltro precluso alla società incorporante l’intervento nel giudizio prefallimentare e comunque la proposizione di reclamo, nella qualità di soggetto interessato, avverso l’eventuale sentenza di fallimento dell’incorporata medesima

Casus Decisus
1.La Corte d’Appello di Ancona, con la gravata sentenza e in accoglimento dei reclami riuniti proposti da W. e Luigi G., ha dichiarato la nullità della sentenza emessa dal Tribunale di Fermo che aveva dichiarato il fallimento della società T. srl, incorporata in S. srl, corrente in Castelfidardo (AN), a sua volta incorporata in W., società di diritto statunitense con sede nel Delaware ed ha rimesso il procedimento davanti al Tribunale. 1.1 I giudici marchigiani richiamavano la recente sentenza della Cassazione Sezioni Unite n. 21970 del 30 luglio 2021 la quale aveva affermato che l’operazione di fusione estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante nell'intero patrimonio della incorporata, con il risultato che la incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la società incorporata; la legittimazione passiva a subire le altrui pretese e a difendersi da esse in ordine ai rapporti giuridici sorti nei confronti dell’incorporata risiederebbe, quindi, in capo all’incorporante. 1.2 Evidenziava la Corte d’Appello che, in applicazione di tali principi, il ricorso per la declaratoria di fallimento e il decreto di convocazione sarebbero dovuti essere notificati alla società incorporante finale W. ed in particolare, tenendo conto del fatto che quest’ultima è società di diritto e di nazionalità statunitensi, nei modi e termini stabiliti dalla legge e dalle convenzioni internazionali. 1.3 Precisava, infine, la Corte che l’accertamento della natura fittizia dell’operazione di fusione doveva necessariamente compiersi attraverso la regolare instaurazione del contraddittorio nei confronti della incorporante in osservanza dei rigidi principi enunciati dalla Cassazione. 2. Il Fallimento della soc. T. srl ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi; W. e Luigi G.  hanno svolto difese con controricorso, M. Srl ha proposto ricorso incidentale, mentre Intesa Sanpaolo Spa, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Fermo e il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona sono rimasti intimati. 3. Il giudizio avviato ab origine alla camera di consiglio è stato rimesso e trattato in pubblica udienza per la risoluzione della questione di rilevanza nomofilattica relativa all’individuazione del soggetto destinatario della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza nell’ipotesi di cancellazione societaria generata dal fenomeno della incorporazione nel quale opera la disciplina di cui all’art 10 l. fall. (fallibilità della società incorporata entro l'anno dalla cancellazione dal registro delle imprese). Le parti hanno depositato memorie ex art 380bis.1. c.p.c.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 03 luglio 2024 N. 18261 Ferro Massimo

1. Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 10 e 15 l.fall., nonché degli artt. 2504 bis c.c., 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 1° comma nr. 3 c.p.c.; il ricorrente assume che il principio affermato dalla Corte, secondo il quale la corretta instaurazione del contraddittorio ex art. 15 L.F. non poteva che avvenire mediante notifica della istanza di fallimento (e del pedissequo decreto di convocazione) alla società incorporante, troverebbe applicazione nell’ipotesi di “fisiologica” (reale, effettiva) fusione per incorporazione, nella quale la società incorporata conserva la propria identità anche se al solo fine della dichiarazione di fallimento (sia pure, ex art. 10 l.fall., entro l’anno dalla cancellazione dal registro imprese), e non sarebbe, invece, applicabile alla fattispecie in esame vista la natura assolutamente fittizia delle incorporazioni, in quanto facenti parte del medesimo disegno fraudolento, volto esclusivamente ad evitare il fallimento della T., in quel momento già in stato di conclamata decozione, attraverso una (apparente) dismissione della attività d’impresa Corte di ormai gravata da ingenti debiti. Sostiene, inoltre, il Fallimento che l’accertamento della natura fittizia della fusione, ai fini dell’instaurazione del contraddittorio nel procedimento prefallimentare, non imponeva la convocazione della società incorporante e che in ogni caso l’istanza di fallimento era stata proposta nei confronti della società incorporata estinta entro il termine di cui all’art 10 l.fall., con la conseguenza che il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 15 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267, spettava al legale rappresentante della stessa società estinta. Afferma ancora il ricorrente che i giudici di seconde cure, preso atto del contraddittorio integrato e completato, avrebbero potuto e dovuto pronunciarsi anche nel merito su ogni questione e sulla domanda posta alla loro attenzione.

2. Il secondo motivo deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c. in relazione all’art. 360 1 comma nr. 3 c.p.c., per non avere la Corte tenuto conto del fatto che la reclamante, nel rassegnare anche conclusioni nel merito della controversia, non ha fatto altro che accettare ed integrare spontaneamente il contraddittorio, sanando in tal modo ogni eventuale nullità del procedimento di primo grado.

2.1. Il motivo del ricorso incidentale proposto da M. srl denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18 l.fall, 164 3° comma c.p.c., 354 c.p.c. e 156 c.p.c. ultimo comma in relazione all’art. 360 comma 1 nr 3 c.p.c.; sostiene la ricorrente incidentale che: a) la Corte aveva l’obbligo di verificare comunque la sussistenza di tutti i presupposti richiesti dalla legge per la declaratoria di fallimento, non potendosi il reclamo limitare a dedurre mere eccezioni di carattere procedimentale; b) la Corte di merito, una volta investita del reclamo, avrebbe dovuto svolgere essa stessa l’istruttoria prefallimentare per arrivare ad una decisione di merito, ciò in ossequio ai principi enunciati dalla sentenza della Corte di cassazione S.U. nr.2258/2022 ; c) W., essendo a conoscenza del processo di primo grado, come dimostra l’immediato reclamo, avrebbe avuto la possibilità di far valere le proprie ragioni e non limitarsi a proporre reclamo al solo scopo di dedurre vizi procedurali e così far regredire il processo.

3. Il primo motivo è fondato e il suo buon esito comporta l’assorbimento del secondo motivo del ricorso principale e del ricorso incidentale.

3.1. I fatti di causa non sono in contestazione e, per quanto d’interesse, possono così ulteriormente compendiarsi: con ricorso ex art.15 l.fall., depositato in data 09.04.2021, M. S.r.l., deducendo di essere creditrice per la somma di € 195.925,53, chiedeva il fallimento di T. S.r.l.; la società debitrice, destinataria della notifica del ricorso e dell’avviso di convocazione per l’udienza prefallimentare, era stata cancellata dal Registro delle imprese in data 17/8/2020, per effetto del deposito dell’atto di fusione per incorporazione nella società S. S.r.l. che, a sua volta e alla data del deposito del ricorso per fallimento, era stata fusa per incorporazione nella società di diritto statunitense W. (già L. LLC).

3.2. Ciò premesso, la controversia sottoposta allo scrutinio di questo Collegio presenta un triplice ordine di questioni sostanziali e processuali strettamente correlate: a) l’inquadramento giuridico del fenomeno della trasformazione della società mediante fusione ; b) l’impatto della vicenda di trasformazione della società con la disciplina speciale di cui all’art. 10 l.fall., in riferimento alla natura di tale fenomeno riorganizzativo; c) l’individuazione del soggetto coinvolto nell’operazione di trasformazione della società per fusione (società incorporante ovvero incorporata) nei cui confronti debba essere integrato il contraddittorio per la dichiarazione di fallimento.

3.3.Per quanto concerne la prima tematica, va rilevato che in epoca antecedente la riforma del diritto societario, laddove l’originaria formulazione dell’art. 2504, comma 4°, c.c. disponeva che «la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società estinte», la prevalente giurisprudenza inquadrava la fusione per incorporazione come fenomeno di successione a titolo universale, in virtù del quale si determinava l’estinzione della società incorporata. In questo contesto, la società incorporante assumeva su di sé diritti e obblighi ed il riflesso in sede processuale era costituito da una generale carenza di legittimazione attiva e passiva della società estinta (Cass. n. 6612/1984), la contestuale applicabilità degli artt. 110, 299 e 300 c.p.c. quando la fusione si fosse verificata a processo pendente, con l’inevitabile ed ulteriore conseguenza dell’obbligo di indirizzare tutti gli atti alla società incorporante.

3.4. La riforma del diritto societario introdotta dal d.lgs. n. 6/2003 ha portato alla riformulazione dell’art. 2504-bis c.c.; la nuova disposizione sugli effetti della fusione recita: «la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali, anteriori alla fusione».

3.5 Il legislatore, dunque, ha sostituito la dizione «società estinte» con quella di «società partecipanti alla fusione» e, a seguito di tale modifica testuale, si è venuto a formare un orientamento interpretativo secondo il quale la fusione avrebbe natura modificativo-evolutiva, così che né il patrimonio né i rapporti sostanziali e processuali in essere in capo alla società incorporata si sarebbero trasferiti da un ente che cessa la propria esistenza ad uno che subentra.

3.6. Le Sezioni Unite, occupandosi incidentalmente della questione, avevano infatti ritenuto che «la fusione tra società, prevista dagli artt. 2501 ss. c.c., non determina, nella ipotesi di fusione per incorporazione, l’estinzione della società incorporata, né crea un nuovo soggetto di diritto nell’ipotesi di fusione paritaria; ma attua l’unificazione mediante l’integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione. Il fenomeno non comporta, dunque, l’estinzione di un soggetto e (correlativamente) la creazione di un diverso soggetto; risolvendosi (come è già stato rilevato in dottrina) in una vicenda meramente evolutivamodificativa dello stesso soggetto, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo» (Cass. Sez. Un. 2637/2006).

3.7. La tesi, sostenuta da gran parte della dottrina e anche dalla giurisprudenza successiva alla pronuncia del 2006, poggia sulla constatazione che l’ente incorporato ‘non muore’, ma conserva la propria identità in un nuovo assetto organizzativo.

3.8. La ricostruzione in termini modificativo-evolutivi del fenomeno della fusione ha trovato largo seguito nella giurisprudenza successiva alle rammentate Sezioni Unite (Cass. Civ. sentenze nn. 14526/06, 22489/06, 4661/07, 1476/07, 22330/07 e S.U. 17855/07) per lo più al fine di evitare ritardi, conseguenti alle interruzioni dei processi, nella definizione dei correlati giudizi.

3.9. Su natura ed effetti dell’operazione straordinaria di fusione per incorporazione sono nuovamente intervenute le Sezioni Unite con la sentenza 21970/2021; pur avendo la vicenda ad oggetto la questione processuale della legittimazione ad agire della società incorporata, la pronuncia, in controtendenza rispetto a Cass. S.U. 2637/2006, ha affermato che l'operazione di fusione estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante nell'intero patrimonio della incorporata, con il risultato che la incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la società incorporata.

3.10. I passaggi fondamentali dell’ordito motivazionale delle Sezioni Unite n. 21970/2021 sono i seguenti: i) in caso di fusione per incorporazione i rapporti giuridici proseguono tutti in capo alla società incorporante o risultante dalla fusione, quale successore per legge esplicitamente identificato, mentre la primigenia organizzazione si dissolve e nessuna situazione soggettiva residua; ii) alla vicenda estintiva della società incorporata si accompagna il fenomeno successorio dell’ente incorporante che resta titolare dei rapporti giuridici che facevano capo alla prima; iii) la legittimazione processuale attiva e passiva, con riferimento ai rapporti di cui in origine era titolare la società incorporata, dopo l’avvenuta incorporazione e la cancellazione dal registro delle imprese, spetta esclusivamente alla società incorporante.

3.11. Il risvolto processuale dell’operazione straordinaria di incorporazione è descritto dalla pronuncia delle Sezioni Unite come segue: «la prosecuzione dei rapporti giuridici nel soggetto unificato fonda la legittimazione attiva dell'incorporante ad agire e proseguire nella tutela dei diritti e la sua legittimazione passiva a subire e difendersi avverso le pretese altrui, con riguardo ai rapporti originariamente facenti capo alla società incorporata; viceversa quest'ultima, non mantenendo la propria soggettività dopo l'avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, neppure vanta una propria autonoma legittimazione processuale attiva o passiva».

3.12. Solo l’intervento ex art 105 c.p.c. dell’incorporante, con sostituzione di quest’ultima all’incorporata nell’azione giudiziale, consente di conservare il rapporto processuale instaurato da un soggetto non legittimato.

4. I principi appena riepilogati, che declinano il fenomeno dell’incorporazione in termini estintivi e successori, vanno peraltro coordinati con la disciplina speciale contenuta nell’art.10 1° comma l.fall., a tenore del quale «gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo».

4.1. La giurisprudenza di questa Corte ha costantemente ritenuto coerente con la ricostruzione del fenomeno in termini estintivi/successori la fallibilità della incorporata nei modi e termini previsti dagli artt. 10 e 11 l.fall. (cfr. Cass. nr 2210/07, 21016/06 e 5679/ 96).

4.2. Ciò in quanto, come è stato precisato (cfr. Cass. 2210/2007 e 10302/2020), il fallimento dell'incorporata è conseguenza della sua insolvenza e del mancato decorso dell'anno dal momento in cui si verifica la sua estinzione e prescinde dalla solvibilità o meno dell'incorporante; la ratio di tale disciplina risiede essenzialmente: a) nell’ evitare che la condotta del debitore possa vanificare le aspettative dei creditori provocando, con la dissoluzione dell'impresa, la perdita della loro garanzia; b) nell’evitare un'indefinita incertezza in ordine alla stabilità dei rapporti giuridici coinvolti.

4.3. A conferma di tale orientamento, le Sezioni Unite nr. 21970/2021, nell’argomentare il fenomeno estintivo-successorio connaturato all’incorporazione, precisano che « è appena il caso di rilevare che la questione dell'assoggettabilità a fallimento della società incorporata o fusa (ma lo stesso ordine di concetti vale per la società interamente scissa) solo in parte interseca quella della sua esistenza: dal momento che ivi vige il disposto speciale della L. Fall., art. 10, il quale, in perfetta equiparazione al debitore persona fisica, sancisce la fallibilità degli imprenditori, individuali come collettivi, alle condizioni che sia trascorso non oltre un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese e che l'insolvenza si sia manifestata anteriormente alla medesima o nel termine detto; la ratio generale di tale disposizione è nota … In tal modo, per quanto riguarda le società, può fallire un "ente" che non è più tale, entro un anno dall'evento estintivo. Dunque, che la società possa essere assoggettata a fallimento dopo la fusione o la scissione, ancorché cancellata dal registro delle imprese, non è elemento normativo a favore della tesi della sua sopravvivenza alla cancellazione; se proprio se ne voglia trarre un indizio, è allora piuttosto elemento in senso contrario, atteso che solo una norma speciale come quella della L. Fall., art. 10 ha potuto sancire un simile precetto».

4.4. Del resto la fallibilità della società incorporata non è stata messa in discussione neanche dalla giurisprudenza che ha esaminato vicende di incorporazione o di scissione regolamentate dalla disciplina post riforma 2003 ed ante Sezioni Unite 2021, sul diverso presupposto, quindi, che la fusione tra società si risolva in una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo, come ad esempio la sentenza di questa Corte nr. 17050/2016 che ha enunciato il principio (non confermabile, come si vedrà in seguito, per altri profili), secondo il quale «ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio L. Fall., ex art. 15, il ricorso per la dichiarazione di fallimento ed il decreto di convocazione vanno notificati alla società incorporante, che ai sensi dell'art. 2504 bis c.c. assume i diritti e gli obblighi della società partecipante alla fusione, proseguendo in tutti i rapporti della stessa, anche processuali, anteriori alla fusione, pur conservando la propria identità la società incorporata ai fini della eventuale dichiarazione di fallimento (Cass. 17050/2016)».

4.5. Anche in tema di scissione, vicenda assimilabile alla fusione per incorporazione, ancor prima della svolta impressa dalle Sezioni Unite del 2021 sulla natura di tali operazioni straordinarie, si è affermato il principio per cui «un fenomeno di riorganizzazione societario... come pure, più in generale, di modificazione della struttura conformativa del debitore, non può, come principio, realizzare una causa di sottrazione dell'impresa dalla soggezione alle procedure concorsuali"; ed il tema della soggezione della società fusa o scissa alle procedure concorsuali «non risulta propriamente attenere al piano dell'organizzazione societaria dell'impresa... Attiene, piuttosto, al piano dell'operatività dell'impresa e dei suoi rapporti coi terzi, contraenti e creditori» (cfr. Cass. 4737/2020 e 11984/2020). Diversamente opinando, si è sottolineato, si potrebbe correre il rischio di favorire operazioni negoziali volte proprio, in prossimità della decozione e della dichiarazione di fallimento delle società, a determinare la trasformazione, pur consentita dall'ordinamento, di quest'ultime in enti ovvero altre entità giuridiche non fallibili, non consentendo l'apertura del concorso dei creditori sui beni della società debitrice (così, condivisibilmente, sempre Cass. 16511/2019).

5. Accertata quindi la pacifica e confermata fallibilità dell’incorporata nei limiti temporali previsti dall’art. 10 l.fall., si può quindi passare alla trattazione della questione, per la cui risoluzione la causa è stata rimessa in pubblica udienza, costituita dalla individuazione del «soggetto debitore» destinatario della notifica, ai sensi dell’art 15 l.fall., dell’istanza di fallimento e del decreto di convocazione all’udienza prefallimentare.

5.1. Al riguardo i giudici marchigiani di appello hanno ritenuto che, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art. 15 l.fall., il ricorso per la dichiarazione di fallimento di una società già incorporata per fusione ed il relativo decreto di convocazione debbano essere notificati all'ente incorporante, che ne prosegue tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, pur conservando la società incorporata la propria identità per l'eventuale dichiarazione di fallimento.

5.2. Il Collegio non condivide tali conclusioni.

5.3. È stato autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. S.U. nr. 6070/2013) che: «la possibilità, espressamente contemplata dalla L. Fall., art. 10, che una società sia dichiarata fallita entro l'anno dalla sua cancellazione dal registro comporta, necessariamente, che tanto il procedimento per dichiarazione di fallimento quanto le eventuali successive fasi di impugnazione continuino a svolgersi nei confronti della società (e per essa del suo legale rappresentante), ad onta della sua cancellazione dal registro; ed è giocoforza ritenere che anche nel corso della conseguente procedura concorsuale la posizione processuale del fallito sia sempre impersonata dalla società e da chi legalmente la rappresentava (si veda, in argomento, Cass. 5 novembre 2010, n. 22547). È una fictio iuris, che postula come esistente ai soli fini del procedimento concorsuale un soggetto ormai estinto (come del resto accade anche per l'imprenditore persona fisica che venga dichiarato fallito entro l'anno dalla morte) e dalla quale non si saprebbero trarre argomenti sistematici da utilizzare in ambiti processuali diversi».

5.4. Il procedimento prefallimentare e le eventuali successive fasi impugnatorie continuano dunque a doversi svolgere, per l’ampia portata anche organizzativa della norma speciale, nei confronti della società estinta, non perdendo quest'ultima, in ambito concorsuale, la propria capacità processuale: ne consegue che pure il ricorso per la dichiarazione di fallimento può essere validamente notificato presso la sede della società cancellata, ai sensi dell'art. 145 c.p.c., comma 1; questa conclusione è coerente con il principio secondo cui la società estinta a seguito di cancellazione dal registro delle imprese conserva, ex art. 10 l.fall., la capacità di stare in giudizio tanto nel procedimento per la dichiarazione di fallimento e nelle successive fasi impugnatorie, quanto nella conseguente procedura concorsuale (cfr. Cass. 18138, 21026 e 24968 del 2013 e 5253/2017).

5.5. È stato, altresì, precisato che, anche nel caso di società cancellata dal registro delle imprese, il ricorso per la dichiarazione di fallimento è validamente notificato, ai sensi dell'ad. 15, 3 comma 1° l. fall. (nel testo novellato dal d.l. 18 ottobre 2012 n. 179, convertito, con modificazioni, dalla l. 17 dicembre 2012 n. 221) all'indirizzo di posta elettronica certificata della società cancellata, in precedenza comunicato al predetto registro (cfr. Cass. 17946/2016 e 602/2017).

5.6. Ora, alla stregua di quanto sostenuto anche dal Procuratore Generale sul punto, non è dato rinvenire, nel descritto sistema normativo e nel catalogo dei principi sedimentati in giurisprudenza, alcuna plausibile ragione per escludere l’applicazione di tali assunti anche nell’ipotesi, come quella della fusione per incorporazione, in cui al fenomeno estintivo si sovrappone quello successorio.

5.7. La coesistenza eccezionale, ed in quanto tale destinata ad operare solo nello stretto ambito in cui il legislatore fallimentare l’ha prevista, tra la società incorporata e la società incorporante determina che, analogamente a quanto avviene nel fallimento dell'imprenditore deceduto (Cass. 12846/1998; 4053/1987; 5134/1977; 387/1972), all'apertura della procedura concorsuale post fusione i due patrimoni tornano a riacquistare la loro autonomia, dovendo i beni della società incorporata essere destinati esclusivamente al soddisfacimento dei creditori della stessa a differenza di quelli dell'incorporante, esposti anche alle loro iniziative, oltre a quelle dei creditori propri di quest'ultima.

5.8. Se quindi si mantiene fermo il principio della sopravvivenza della società incorporata per un limitato periodo ed ai soli fini dell’apertura della procedura concorsuale, procedura che riguarda la sua sola insolvenza, investe i suoi rapporti attivi e passivi e spiega eventuali effetti sui suoi amministratori, in termini di azione di responsabilità per mala gestio o di eventuali imputazioni di fatti di bancarotta, o anche sui soggetti destinatari di pagamenti revocabili, non può seriamente mettersi in dubbio che il “soggetto debitore” e, così, destinatario della notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza debba individuarsi nella società incorporata, che in via d’eccezione rivive, e non nella società incorporante, che solo di riflesso è interessata a contraddire all’istanza di fallimento.

5.9. Naturalmente non è impedito alla seconda, avendo un qualificato ed attuale interesse ad interloquire sulle sorti della società incorporata, pur non dovendo essere evocata nel giudizio prefallimentare, di parteciparvi spiegando intervento o di proporre poi reclamo, in qualità di soggetto interessato alla sentenza dichiarativa di fallimento ai sensi dell’art. 18 1° comma l.fall.; evenienza che nel caso di specie si è verificata, solo che l’incorporante non ha fatto valere, come avrebbe dovuto, le proprie ragioni e pertanto le difese di merito sulla dichiarazione di fallimento della incorporata, ma si è limitata a dedurre vizi procedurali con l'effetto e allo scopo di far regredire il processo alla prima fase.

5.10. Va, quindi, dato seguito all’orientamento già espresso da questa Corte, sulla scorta della natura estintivo/successoria della fusione per incorporazione, secondo il quale «nel caso di dichiarazione di fallimento di una società entro l'anno dall'estinzione per fusione, il diritto ad essere sentito in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 15 r.d. 16 marzo 1942 n. 267, spetta al legale rappresentante della società estinta, per le conseguenze che tale pronuncia può avere nei suoi confronti, nonché al socio illimitatamente responsabile, in quanto assoggettabile a fallimento personale, mentre non è obbligatoria l'audizione della società nata dalla fusione, pur rivestendo quest'ultima la qualità di successore a titolo universale della società sottoposta alla procedura concorsuale» (così Cass. 21016/2006).

5.11. Non è invece condivisibile la diversa statuizione della più sopra menzionata sentenza di questa Corte nr. 17050/2016 che, muovendo dalla concezione, poi superata da Cass. S.U. nr. 21970/2021, della incorporazione come vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico, il quale conserva la propria identità pur in un nuovo assetto organizzativo, sebbene riconosca alla società incorporata una propria identità ai fini della dichiarazione di fallimento, enuncia, in maniera meno coerente e senza esplicitarne le ragioni, il principio della necessaria notifica del ricorso alla società incorporante.

5.12. La relativa massima appare poi essere stata tralaticiamente riportata nella sentenza delle Sezioni Unite nr. 21970/2021 (al paragrafo 2.3.5); si tratta tuttavia e all’evidenza di affermazione resa ad abundantiam, del tutto secondaria se non estranea sia al capo specifico che al contesto della complessiva decisione, che riguardava l’inquadramento giuridico del fenomeno dell’incorporazione e le sottese questioni processuali della legittimazione della società incorporata ad iniziare un giudizio ordinario e della possibilità dell’intervento della società incorporante a sostituirsi all’incorporata evitando la dichiarazione di interruzione.

5.13. Le considerazioni sopra esposte circa la corrispondenza tra la legittimazione sostanziale e quella processuale della società incorporata nel giudizio prefallimentare promosso entro l’anno dalla iscrizione dell’atto di fusione, per come trova la sua base normativa nella disciplina speciale dell’art. 10 l.fall., nemmeno infine possono ritenersi superate dal passaggio motivazionale del tutto incidentale contenuto nella recente ordinanza di questa Corte nr. 9955/2024; in essa, si legge che il contraddittorio «va instaurato nei confronti dell’incorporante, e non già dell’incorporata, alla quale la prima subentra in tutti i rapporti anche processuali anteriori alla fusione, pur conservando la suddetta società la propria identità per l'eventuale dichiarazione di fallimento»; in realtà, la ratio decidendi era fondata sul riconoscimento, accogliendo il motivo di ricorso, che il reclamo erroneamente era stato ritenuto inammissibile nonostante la sua proposizione da parte dell’amministratore cessato dell’incorporata, soggetto evidentemente (e condivisibilmente) titolare di un interesse in proprio all’impugnazione; anche in questo caso si è al cospetto di un evidente obiter dictum, posto che la vicenda non aveva ad oggetto l’individuazione, in una ipotesi di fusione per incorporazione, della società nei cui confronti andava effettuata la convocazione ex art 15 l.fall. e di quali fossero dunque le regole d’instaurazione del contraddittorio.

6. Va dunque enunciato, con riguardo alla fattispecie di causa, il seguente principio: «nell’ipotesi di operazione straordinaria di fusione ex art. 2504 e s. c.c., che estingue la società incorporata e provoca la successione universale della società incorporante in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, in cui era parte la prima, per il caso di insolvenza di questa trova applicazione la disciplina speciale di cui all’art. 10 l.fall., che consente il fallimento della società incorporata entro i limiti temporali ivi previsti; ne consegue che, ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ex art.15 l.fall., il soggetto debitore destinatario della notifica del ricorso e dell’avviso di convocazione va individuato nella società incorporata, in persona del suo legale rappresentante, società che, pur se estinta ed invece solo ai fini dell’eventuale dichiarazione di fallimento, conserva la propria identità, non essendo peraltro precluso alla società incorporante l’intervento nel giudizio prefallimentare e comunque la proposizione di reclamo, nella qualità di soggetto interessato, avverso l’eventuale sentenza di fallimento dell’incorporata medesima».

6.1. In accoglimento del primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Ancona che si atterrà, in diversa composizione, al principio di diritto sopra enunciato e regolamenterà anche le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti il secondo motivo e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio dell’8 maggio 2024.