Giu In tema di contenzioso tributario, la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento dell'originaria impugnazione del d.lgs. 546/1992 e del provvedimento impositivo da parte del contribuente assolve l'onere di impugnazione ex art. 53
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 27 gennaio 2024 N. 17792
Massima
In tema di contenzioso tributario, la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento dell'originaria impugnazione del provvedimento impositivo da parte del contribuente ovvero della legittimità dell'accertamento da parte dell'Amministrazione finanziaria, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili in modo inequivoco, seppur per implicito, i motivi di censura

Casus Decisus
Filippo C. (d’ora in poi, anche “il ricorrente” o “il contribuente”), in data 25/8/2011, ricevette la notifica dell’avviso di accertamento dell’imposta sui redditi n. TYQ05C801033, relativo alla tassazione della plusvalenza derivante dalla vendita di un terreno con atto del 30 giugno 2006 per un ammontare di euro 283.644. Impugnato l’atto in primo grado, l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Caltanissetta, si costituì in giudizio contestando le doglianze avversarie, non considerando il chiarimento rilasciato dal settore edilizia ed urbanistica del Comune di Gela sul certificato allegato all’atto di compravendita, nel quale si indicava che il terreno non era edificabile, in quanto vi erano dei vincoli non modificabili dal piano regolatore o da altri strumenti urbanistici. La C.T.P. di Caltanissetta accolse il ricorso. Propose appello l’Agenzia delle Entrate e la C.T.R. riformò la sentenza di primo grado sulla base del motivo che l’edificabilità di un terreno dovesse essere valutata al momento dell’adozione dello strumento urbanistico generale da parte del Comune, a prescindere dall’approvazione da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi. Avverso la sentenza d’appello, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 27 gennaio 2024 N. 17792 Napolitano Lucio

1. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 comma 4 e 5 (recte: n. 4 e 5) e dell’art. 112 c.p.c.”, da esaminare per primo per motivi di ordine logico, il contribuente si duole che la C.T.R. non si sarebbe pronunciata sulla eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, avendo la corte di secondo grado esaminato direttamente il merito dell’impugnazione proposta dall’Ufficio. (N.B., l’ordine dell’esame dei motivi va invertito, essendo questo un motivo di rito da esaminare prima del precedente. Rimedierò nella bozza definitiva di ordinanza)

1.1. Il motivo è infondato.

Anche a prescindere dalla considerazione che la eccezione di inammissibilità dell’appello non sia rimasta non decisa, potendosi ritenere che la C.T.R. l’abbia implicitamente decisa in senso favorevole per l’amministrazione appellante, questa Corte, con giurisprudenza consolidata, afferma che “in tema di contenzioso tributario, la riproposizione in appello delle ragioni poste a fondamento dell'originaria impugnazione del provvedimento impositivo da parte del contribuente ovvero della legittimità dell'accertamento da parte dell'Amministrazione finanziaria, in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado, assolve l'onere di impugnazione specifica imposto dall'art. 53 del d.lgs. n. 546 del 1992, quando il dissenso investa la decisione nella sua interezza e, comunque, ove dall'atto di gravame, interpretato nel suo complesso, siano ricavabili in modo inequivoco, seppur per implicito, i motivi di censura” (Cass., Sez. 5 - , Sentenza n. 1030 del 10/01/2024, Rv. 670205 – 01; Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 6302 del 25/02/2022, Rv. 663885 - 01).

2. Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c.”, il contribuente, dopo aver riportato il passo della sentenza d’appello nel quale la C.T.R. ha affermato che ai fini dell’edificabilità di un terreno rileva la sua qualificazione nel piano regolatore generale adottato dal Comune indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, richiama la risalente giurisprudenza di questa Corte secondo la quale un conto è il valore venale di un terreno ai fini dell’imposta di registro; un altro conto è il prezzo di cessione di un terreno incassato dal venditore. Si tratta di due nozioni diverse, tali che la presunzione di corrispondenza tra il valore venale e il prezzo corrisposto al venditore può essere vinta dalla prova contraria del contribuente. Nella sua più recente giurisprudenza, questa Corte ha, anzi, chiarito che ai fini della ripresa di una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno non basta allegare il valore venale dell’area, in quanto occorrono ulteriori elementi di fatto idonei a lasciar inferire che il prezzo incassato dalla vendita è maggiore di quello dichiarato. Nell’ultima parte del motivo in esame, il contribuente mette in evidenza la non edificabilità del terreno oggetto di compravendita, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., affermando infine che la plusvalenza debba determinarsi sulla base del prezzo di cessione incassato dal venditore, non sulla base del valore venale del terreno stimato dall’Agenzia delle Entrate.

2.1.Il motivo è inammissibile. Esso mescola due diverse rationes decidendi: la nozione di edificabilità di un terreno e il rapporto tra il corrispettivo della cessione di un terreno edificabile, ai fini dell’Irpef, e il valore venale dello stesso, ai fini dell’imposta di registro. Con riferimento all’edificabilità del terreno, il motivo proposto aggredisce la sentenza invocando la violazione dell’art. 2697 c.c. che stabilisce i princìpi di riparto dell’onere della prova tra i contendenti in causa; ma così facendo devolve a questa Corte, inammissibilmente, un giudizio di merito che è estraneo ai suoi compiti istituzionali. Con riferimento all’identificazione del prezzo di cessione del terreno con il valore venale dello stesso, la censura è nuova: la questione non viene affrontata nella sentenza impugnata e, con il motivo di ricorso in esame, il contribuente ha omesso di dedurre che sin dal ricorso di primo grado aveva posto la questione della portata inferenziale del valore venale del terreno stimato dall’Agenzia delle Entrate rispetto alla determinazione dell’effettivo corrispettivo di cessione dello stesso incassato dal venditore (ex multis, Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019, Rv. 656036 - 01).

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna Filippo C. al pagamento, in favore dell’Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio, che si liquidano in euro millequattrocento per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2024