Giu La plusvalenza ricavata dalla cessione di un terreno costituisce un reddito da tassare ai fini Irpef e che, come tale, deve essere effettivamente conseguito dal contribuente
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 27 giugno 2024 N. 17796
Massima
La plusvalenza ricavata dalla cessione di un terreno costituisce un reddito da tassare ai fini Irpef e che, come tale, deve essere effettivamente conseguito dal contribuente. La sua base imponibile, pertanto, è affatto diversa da quella dell’imposta di registro, con la conseguenza che il valore di un terreno ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente attribuito alla plusvalenza da tassare ai fini Irpef: devono almeno ricorrere degli indici fattuali gravi, precisi e concordanti per inferire che il contribuente abbia effettivamente realizzato dalla cessione di un terreno una plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto (Cfr., ex multis, Cass., sez. 6- 5, n. 11543/2016).

Casus Decisus
La Signora Maria Luisa P., già rappresentata e difesa nel presente giudizio di cassazione dall’Avv. Massimiliano D., impugnò l’avviso di accertamento a lei notificato relativo all’anno d’imposta 2006, con il quale l’Agenzia delle Entrate, Ufficio di Roma, aveva ripreso una maggiore imposta Irpef oltre a sanzioni ed interessi. La motivazione del recupero trasse origine da una plusvalenza di euro 2.135.172 generata da un maggior valore accertato, ai fini dell’imposta di registro, per la cessione onerosa da parte della ricorrente, unitamente al Sig. D., dei propri diritti pari alla quota indivisa di 2/6 della piena proprietà ed alla quota indivisa di 1/6 dell’usufrutto vitalizio di un terreno edificabile in Roma, Torre del Fiscale. La contribuente, dopo aver esposto tutte le censure relative al maggior valore accertato per l’imposta di registro scontata sulla cessione del terreno, sottolineò come l’altro venditore, il Sig. Umberto D., ricorrente in via autonoma avverso lo stesso avviso di accertamento, aveva ottenuto una sentenza favorevole in primo grado, depositata il 14/3/2011, confermata in secondo grado con sentenza depositata in data 19/12/2012, con la quale l’avviso di accertamento sul valore ai fini dell’imposta di registro era stato annullato. La contribuente, pertanto, chiese l’annullamento dell’atto impugnato per carenza di presupposti e, nel merito, per inesistenza del maggior reddito imponibile, con la vittoria delle spese di giudizio. La C.T.P. di Roma, con sentenza n. 99/52/2013 depositata il 1° marzo 2013 accolse il ricorso. L’Ufficio propose appello, rilevando che le sentenze di primo e secondo grado poste a base della sentenza di primo grado impugnata riguardavano un altro contribuente, seppur comproprietario del terreno, che aveva ricorso in via autonoma avverso il medesimo accertamento di maggior valore del terreno; peraltro la sentenza d’appello relativa al D. non era passata in giudicato, essendo stata oggetto di ricorso per cassazione da parte dell’Ufficio. Rilevò, inoltre, l’Ufficio appellante che il giudizio d’appello promosso con riferimento all’avviso di accertamento notificato alla Signora P. per il maggior valore per la cessione del terreno si era concluso con esito ad esso parzialmente favorevole ed era passato in giudicato, stabilendo un valore del terreno venduto pari ad euro 5.700.858. L’Ufficio concluse pertanto chiedendo la conferma della plusvalenza ai fini Irpef, da determinarsi quantomeno nel valore accertato con la sentenza n. 401/14/12, depositata il 7/6/2012, con riferimento all’imposta di registro. La Sig.ra P. concluse per il rigetto dell’appello, definendo frutto di errore di valutazione la sentenza d’appello n. 401/14/12, depositata il 7/6/2012, e depositò la sentenza n. 7308/672014, depositata il 13/10/2014, con cui era stato respinto l’appello dell’Ufficio nei confronti del Sig. D. relativo al maggior reddito derivante da plusvalenza. La C.T.R. del Lazio accolse l’appello dell’Ufficio, riformando totalmente la sentenza di primo grado e confermando l’avviso di accertamento ai fini Irpef a suo tempo notificato alla P.. Quest’ultima, avverso la sentenza d’appello, ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Con “atto di costituzione e intervento in giudizio” è intervenuto nel presente giudizio Umberto D., quale erede universale della originaria ricorrente Maria Luisa P., depositando, oltre alla procura speciale, l’atto di accettazione dell’eredità. Umberto D. ha depositato una memoria difensiva in vista dell’adunanza camerale

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 27 giugno 2024 N. 17796 NAPOLITANO LUCIO

 

 

 

1.Con il primo motivo di ricorso, rubricato “Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 5 c.p.c.: violazione del dovere del giudice di esaminare tutti i fatti allegati dalle parti, ove provati”, il contribuente censura la sentenza impugnata perché non si sarebbe espressa sull’oggetto del giudizio, che concerneva la legittimità dell’avviso di accertamento n. TK501P207464/2011. La sentenza impugnata non si sarebbe espressa sulla condotta censurata dell’amministrazione, che ha accertato presuntivamente il maggior valore dell’immobile compravenduto senza che vi fosse prova dell’incasso di una maggiore somma da parte del contribuente, onerando di fatto il contribuente di dare la prova “diabolica” del mancato incasso di un maggior prezzo. La C.T.R. avrebbe determinato il maggiore imponibile ai fini Irpef sulla sola base del valore accertato in sede giurisdizionale ai fini dell’imposta di registro, senza esaminare le eccezioni e le difese che sul punto la P. aveva proposto.

2. Con il secondo motivo di ricorso, rubricato “Violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. (error in procedendo)”, il contribuente censura la sentenza impugnata per aver violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, di cui all’art. 112 c.p.c.: diversamente qualificando il vizio denunciato con il primo motivo, il contribuente si duole che la C.T.R. non si sarebbe pronunciata sulle difese e sulle eccezioni a suo tempo proposte dalla P. per contrastare l’accertamento ai fini Irpef dell’Ufficio. 3. Con il terzo motivo di ricorso, rubricato “Nullità della sentenza per omessa motivazione, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. (error in procedendo)”, e spiegato sostanzialmente in subordine, il contribuente censura la sentenza della C.T.R. per omessa motivazione, nel caso in cui questa Corte ritenesse implicitamente esaminate e decise le eccezioni e le difese spiegate dalla P. contro la pretesa dell’amministrazione di determinare la presunta plusvalenza conseguita dalla vendita del terreno nella stessa somma determinata ai fini dell’imposta di registro. 3.1. I primi tre motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in virtù della loro stretta connessione, sono fondati. La C.T.R. ha accertato che la Sig.ra P., alla quale è succeduto iure hereditario Umberto D., avrebbe conseguito dalla vendita del terreno una plusvalenza pari al valore accertato ai fini dell’imposta di registro. La sentenza impugnata ha automaticamente determinato la plusvalenza conseguita in seguito alla cessione del terreno nella stessa misura del valore attribuito al terreno stesso ai fini dell’imposta di registro. Così operando, la C.T.R. si è posta contro il consolidato indirizzo di questa Corte, secondo il quale la plusvalenza ricavata dalla cessione di un terreno costituisce un reddito da tassare ai fini Irpef e che, come tale, deve essere effettivamente conseguito dal contribuente. La sua base imponibile, pertanto, è affatto diversa da quella dell’imposta di registro, con la conseguenza che il valore di un terreno ai fini dell’imposta di registro non può essere automaticamente attribuito alla plusvalenza da tassare ai fini Irpef: devono almeno ricorrere degli indici fattuali gravi, precisi e concordanti per inferire che il contribuente abbia effettivamente realizzato dalla cessione di un terreno una plusvalenza diversa e maggiore di quella conseguita con l’incasso del prezzo pattuito in contratto (Cfr., ex multis, Cass., sez. 6- 5, n. 11543/2016). La C.T.R. si è discostata dal ricordato principio, avendo determinato la plusvalenza tassabile ai fini Irpef, con inaccettabile automatismo, nello stesso valore del terreno stimato ai fini dell’imposta di registro sul contratto di compravendita, senza peraltro minimamente motivare sulle eccezioni e difese spiegate dal contribuente per contestare la pretesa dell’erario. 3.2. L’accoglimento dei primi tre motivi comporta l’assorbimento del quarto motivo. 4. Con la memoria depositata ex art. 380 bis.1. c.p.c., Umberto D. ha rappresentato che l’analogo avviso di accertamento, a lui notificato in proprio come comproprietario venditore pro quota del medesimo terreno edificabile venduto (insieme a lui anche) dalla madre Maria Luisa P. è stato annullato definitivamente dalla C.T.R. del Lazio nell’ambito di un diverso processo, con sentenza passata in giudicato in seguito al deposito dell’ordinanza di questa S.C. n. 35899/2021, di rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate. In virtù dell’unicità della vicenda sostanziale, la fondatezza del presente ricorso non può che portare, oltre che alla cassazione della sentenza impugnata, all’accoglimento del ricorso di primo grado proposto dalla P.

5. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di merito. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, e sono liquidate in dispositivo

P.Q.M.

Accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso di primo grado proposto dalla P. Compensa le spese dei giudizi di merito. Condanna l’Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore di Umberto D., quale erede di Maria Luisa P., delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in euro ottomila per onorari, oltre al rimborso forfettario delle spese generali, iva e cpa come per legge, ed oltre ad euro duecento di spese vive.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 giugno 2024.