Raccomandata Pro, ai fini del rispetto del termine di decadenza cui
è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza, in
applicazione del principio di scissione degli effetti della
notificazione, la data nella quale il mittente ha consegnato il
plico/bolgetta ad un ufficio locale, e non quella, successiva, della
consegna, curata da quest’ultimo, all’ufficio centralizzato che
concretamente poi provvede agli inoltri ai singoli destinatari
1. Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e
falsa applicazione
dell’art. 1, comma 161, l. n. 296/2006, in relazione all’art. 360,
primo
comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver la CTR ritenuto tempestiva
la
notificazione dell’avviso di accertamento impugnato rispetto al
termine
decadenziale, nonostante, in caso di notifica dell’atto impositivo
mediante
raccomandata PRO, la distinta delle raccomandate che possa tener
luogo
dell’avviso di spedizione sia solo quella timbrata dall’ufficio
postale abilitato
alla spedizione delle dette raccomandate (nel caso di specie,
quello di
Milano).
2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e
falsa
applicazione dell’art. 39 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art.
360, primo
comma, n. 4), cod. proc. civ., per aver la CTR del tutto ignorato
che egli
aveva presentato querela di falso in data 23.4.2018, con
riferimento al
timbro, a suo dire illeggibile (avuto riguardo sia all’ufficio
postale – Milano
o Merate - che l’aveva apposto che alla data), presente sulla
seconda
distinta delle raccomandate prodotte dal Comune.
3. Il primo motivo è infondato.
Con lo stesso il ricorrente sostiene che, nel caso del cd. “invio
massivo” di
un elevato numero di raccomandate, occorrerebbe distinguere tra
la
consegna del plico/bolgetta ad un ufficio locale (nel caso di
specie, quello
di Merate) non abilitato a questo tipo di spedizioni e quella,
curata da
quest’ultimo, all’ufficio centralizzato (nel caso di specie, quello
di Milano)
che concretamente poi provvede agli inoltri ai singoli destinatari.
Solo
quest’ultima sarebbe, a detta del contribuente, la “consegna”
rilevante ai
fini impeditivi della decadenza dal potere impositivo. In
definitiva, secondo
il contribuente, nel caso di notifica di un atto impositivo
mediante
raccomandata PRO, la distinta delle raccomandate che può tener
luogo
dell’avviso di spedizione sarebbe solo quella timbrata dall’ufficio
postale
abilitato alle spedizioni delle raccomandate PRO, e non
dall’ufficio non
abilitato che svolga il servizio di “bolgetta”.
La Posta Raccomandata Pro è il servizio universale, per invii
diretti sul
territorio nazionale, che consente al mittente di ottenere: a) una
ricevuta,
avente valore probatorio, dell’avvenuta accettazione della
propria
spedizione; b) la prova della relativa consegna, ove sia richiesto
il servizio
accessorio dell’Avviso di Ricevimento (A.R.); c) l’incasso di una
somma
all’atto della consegna, ove sia richiesto il servizio accessorio
di
contrassegno.
Le caratteristiche delle notifiche a mezzo raccomandata PRO, per
quanto
qui rileva, sono le seguenti:
- accettazione: esclusivamente presso i Centri di Impostazione
Grandi
Clienti pubblicati sul sito www.poste.it degli invii consegnati
direttamente
dal Cliente presso i Centri stessi o presso gli Uffici Postali
(tramite cc.dd.
bolgette) per gli affrancati con Macchine Affrancatrici o
Affrancaposta o
Conti di Credito o SMA;
- modalità di affrancatura: con l’impronta di macchine
affrancatrici, altri
strumenti meccanici/elettronici presso il cliente o presso Poste
Italiane
ovvero senza materiale affrancatura;
- all’atto dell’accettazione degli invii, viene rilasciata al
mittente la distinta
quietanzata (quale prova dell’avvenuta spedizione) nel caso di
corretta
valorizzazione dei volumi postalizzati sulla base delle condizioni
economiche
dei servizi richiesti, come definite dalle disposizioni vigenti in
materia.
Ogni spedizione deve essere accompagnata da: 1) una distinta
riepilogativa
della spedizione, cartacea in duplice copia, diversa a seconda
delle modalità
di affrancatura e pagamento autorizzate contenente tutte le
informazioni
relative alla spedizione e all’importo pagato (quantità invii,
peso,
destinazione, etc.); 2) una distinta analitica cartacea in duplice
copia
contenente l’elenco dei codici bar-code utilizzati per l’intera
spedizione, con
il dettaglio, per ogni singolo bar code, del nome destinatario e
indirizzo del
destinatario.
3.1. Orbene, assumendo rilevanza, ai fini della prova della data
di
spedizione, la “ricevuta di ritiro corrispondenza bolgetta” e la
seconda
distinta analitica (che la Claro s.a.s., cui il Comune aveva
affidato il servizio
di spedizione, aveva, su sollecitazione dell’ente locale, trasmesso
in un
secondo momento), munita, a differenza della prima (sottoscritta
dal solo
mittente e priva di timbro postale), di un timbro in calce, data
l’irrilevanza,
per quanto si evidenzierà nell’analisi del secondo motivo, della
illeggibilità
(con riferimento sia all’ufficio postale che l’abbia apposto sia
alla data) del
timbro, trova applicazione il principio di scissione del
procedimento
notificatorio.
In particolare, dagli atti di causa si evince che, in sede di
controdeduzioni
di prime cure, l’ente locale produsse anzitutto una ricevuta di
consegna,
timbrata da parte di Poste Italiane, con cui queste ultime
attestavano la
presa in carico, in data 30/12/2016, d’un plico (cd. “bolgetta”)
all’interno
del quale erano contenute numerose raccomandate (cd. “invio
massivo”).
A fronte della contestazione del contribuente relativa al fatto che
detta
attestazione non consentiva di ritenere provata (anche)
l’inserzione della
specifica raccomandata de qua nella spedizione massiva di cui
sopra, la
parte pubblica chiedeva alla società cui era stato legittimamente
appaltato
il servizio di postalizzazione (la Claro s.a.s.) copia della
distinta di
spedizione timbrata dall’ente postale sempre in data 30/12/2016, in
quanto
contenente anche la partita indicazione delle raccomandate
contenute nel
plico/bolgetta, tra cui vi era altresì (contraddistinto con il n.
56) quella
contenente l’atto impugnato. Tale distinta era stata poi
ritualmente
prodotta in giudizio nei termini di cui all’art. 32 d.lgs. n.
546/1992 con
memoria del 4/10/2017.
Orbene, il principio di scissione degli effetti della notificazione
per il
notificante e per il notificato comporta la insensibilità, per il
primo, delle
vicende afferenti alla fase esecutiva della notificazione, sicché,
il passaggio
consistente nell’inoltro, da parte dell’ufficio locale, della
spedizione “presa
in carico” a quello centralizzato rientra nelle dinamiche interne
dell’addetto
alla notifica che non può riverberare i propri effetti sul
notificante.
In particolare, le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, Sentenza
n. 40543
del 17/12/2021) hanno di recente chiarito che “In materia di
notificazione
degli atti di imposizione tributaria e degli effetti di questa
sull'osservanza
dei termini, previsti dalle singole leggi d'imposta, di decadenza
dal potere
impositivo, il principio della scissione soggettiva degli effetti
della
notificazione, sancito per gli atti processuali dalla
giurisprudenza
costituzionale, e per gli atti tributari dall'art. 60 del d.P.R. n.
600 del 1973,
trova sempre applicazione, a ciò non ostando né la peculiare
natura
recettizia di tali atti, né la qualità del soggetto deputato alla
loro
notificazione. Ne consegue che, per il rispetto del termine di
decadenza cui
è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza la data nella
quale
l'ente ha posto in essere gli elementi necessari ai fini della
notifica dell'atto
e non quella, eventualmente successiva, di conoscenza dello stesso
da parte
del contribuente.”.
Del resto, alla stregua della ricostruzione complessiva delle
notifiche a
mezzo del servizio postale di raccomandata PRO in precedenza
operata:
1) il mittente ottiene, tra l’altro, una ricevuta, avente valore
probatorio,
dell’avvenuta accettazione della propria spedizione;
2) l’accettazione avviene esclusivamente presso i Centri di
Impostazione
Grandi Clienti pubblicati sul sito www.poste.it degli invii
consegnati
direttamente dal Cliente presso i Centri stessi o presso gli Uffici
Postali
(tramite cc.dd. bolgette) per gli affrancati con Macchine
Affrancatrici o
Affrancaposta o Conti di Credito o SMA;
3) all’atto dell’accettazione degli invii, viene rilasciata al
mittente la
distinta quietanzata, quale prova dell’avvenuta spedizione.
Ragion per cui, un conto è la spedizione ed il rilascio, a cura
dell’ufficio
centralizzato (nel caso di specie, Milano), della ricevuta di
avvenuta
accettazione della spedizione, ed un altro conto è la consegna
operata dal
mittente presso l’ufficio periferico (nel caso di specie,
Merate).
Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto:
<<In tema di
notificazione dell’atto impositivo operata mediante la Posta
Raccomandata Pro, ai fini del rispetto del termine di decadenza
cui
è assoggettato il potere impositivo, assume rilevanza, in
applicazione del principio di scissione degli effetti della
notificazione, la data nella quale il mittente ha consegnato il
plico/bolgetta ad un ufficio locale, e non quella, successiva,
della
consegna, curata da quest’ultimo, all’ufficio centralizzato che
concretamente poi provvede agli inoltri ai singoli
destinatari>>.
4. Il secondo motivo si rivela inammissibile.
In primo luogo, va evidenziato che il ricorrente ha manifestato,
con la
memoria del 16.11.2022, di prestare adesione alla proposta con la
quale il
relatore aveva ritenuto inammissibile il motivo in esame.
In ogni caso, il contribuente ha omesso, in violazione del
principio di
autosufficienza, di trascrivere il documento che assume essere
affetto da
falsità. Trova qui applicazione il principio consolidato secondo
cui «anche
nel processo tributario il giudice non deve semplicemente prenderne
atto e
sospendere il giudizio, ma è tenuto a verificare la pertinenza di
tale
iniziativa processuale in relazione al documento impugnato e la
sua
rilevanza ai fini della decisione (cfr., ex multis, Cass.
4/11/2020, n. 2640,
e Cass. 30/11/2017, n. 28671).
Del resto, va ricordato che, ai fini dell'applicazione della
sospensione del
processo tributario per pregiudizialità cd. esterna, la pretesa
equiparazione
o fungibilità tra l'istituto della querela di falso, disciplinato
dagli artt. 221 e
ss. c.p.c., e la denuncia-querela, proposta in sede penale, non
è
configurabile, giacché l'art. 39 d.lgs. n. 546/1992 detta una
univoca
prescrizione normativa, che individua - ai fini della sospensione
necessaria
del processo tributario nel caso di assunta falsità di un documento
- uno
specifico strumento processuale (appunto, quello di cui all'artt.
221 c.p.c.)
e non altro (cfr., ex multis, Cass. civ. 17/01/2019, n. 1148,
secondo cui
<<Nel processo tributario la presentazione di una
denuncia-querela in
ordine alla falsità della relata di notifica di una cartella di
pagamento non è
equiparabile, ai fini della sospensione del processo tributario per
cd.
pregiudizialità esterna, alla proposizione della querela di falso,
alla quale
soltanto l'univoca formulazione letterale dell'art. 39 del d.lgs.
31 dicembre
1992, n. 546, riconnette tale effetto>>, e Cass. pen.
19/02/2020, n. 9544).
Nel caso di specie, invece, il contribuente ha prodotto lo stralcio
di una
denuncia-querela presentata presso la Procura della Repubblica di
Lecco
relativa alla ritenuta alterazione del timbro postale apposto in
calce alla
distinta di consegna raccomandate.
4.1. Il motivo si rivelerebbe inammissibile altresì in quanto,
all’esito della
produzione in primo grado, da parte del Comune con le memorie
illustrative
del 4.10.2017, della distinta di consegna raccomandata del
30.12.2016
munita di timbro, non risulta che il contribuente abbia dedotto sin
da subìto
e, dunque, tempestivamente la illeggibilità del timbro, essendosi
la sua
doglianza concentrata sull’assenza in calce delle firme sia del
cliente che
delle Poste italiane.
E’ noto, infatti, che, nel processo tributario, caratterizzato
dall'introduzione
della domanda nella forma dell'impugnazione dell'atto fiscale,
l'indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di
contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa
dell'Amministrazione che il contribuente deve specificamente
dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado. Ne consegue
che il giudice deve attenersi all'esame dei vizi di invalidità
dedotti in ricorso,
il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di
motivi
aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546,
esclusivamente in caso di "deposito di documenti non conosciuti ad
opera
delle altre parti o per ordine della commissione" (Cass., Sez. 5,
Sentenza
n. 15051 del 02/07/2014; conf. Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 9637
del 13/04/2017). Invero, in base al predetto art. 24,
<<L'integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal
deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o
per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perentorio
di sessanta giorni dalla data in cui l'interessato ha
notizia di tale deposito.>> (comma 2). <<Se è stata già
fissata la trattazione della controversia, l'interessato, a pena di
inammissibilità, deve dichiarare, non oltre la trattazione in
camera di consiglio o la discussione in pubblica udienza, che
intende proporre motivi aggiunti.>> (comma 3).
La Suprema Corte (Cass. 29/09/2017, n. 22878; conf. Cass. n. 4151
del
18/02/2020) ha chiarito che nel giudizio tributario la prova
del
perfezionamento della notifica a mezzo posta di un atto per il
notificante
nel termine all’uopo prescritto è validamente fornita mediante la
produzione
dell'elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro
datario
delle Poste, non potendosi attribuire all'apposizione di
quest'ultimo su detta
distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne
la consegna
all'ufficio postale.
Ciò in quanto la veridicità dell'apposizione della data mediante il
timbro
delle poste è presidiata dal reato di falso ideologico in atto
pubblico,
riferendosi all'attestazione di attività compiute da un pubblico
agente
nell'esercizio delle sue funzioni di ricezione, senza che assuma
rilevanza la
mancanza di sottoscrizione, che non fa venir meno la qualificazione
di atto
pubblico del detto timbro, stante la possibilità d'identificarne la
provenienza
e non essendo la stessa richiesta dalla legge ad substantiam (Sez.
6 - 5,
Ordinanza n. 14163 del 04/06/2018; conf. Sez. 6 - 5, Ordinanza n.
19547
del 19/07/2019).
5. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso non
merita di
essere accolto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si
liquidano coma
da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al rimborso delle spese del presente
giudizio, che si
liquidano in € 500,00 per compensi ed € 200,00 per spese, oltre
rimborso
forfettario nella misura del 15%, Iva e Cap;
ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002,
dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del
ricorrente
dell'ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a
norma del
comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data
11.6.2024.