Giu Qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l'omessa motivazione del giudice d'appello sull'eccezione di nullità della prova testimoniale il ricorrente ha l'onere di indicare che detta eccezione è stata sollevata tempestivamente
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 13 giugno 2024 N. 16592
Massima
Qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l'omessa motivazione del giudice d'appello sull'eccezione di nullità della prova testimoniale (nella specie, per incapacità ex art. 246 c.p.c.), il ricorrente ha l'onere, anche in virtù dell'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., di indicare che detta eccezione è stata sollevata tempestivamente ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c. subito dopo l'assunzione della prova e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex art. 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass. n. 23896 del 23/11/2016, Rv. 642194; n. 10120 del 10/04/2019, Rv. 653705)

Casus Decisus
in riforma della decisione di primo grado, la Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano, ha rigettato la domanda proposta da H.E. W. contro H.K. N. volta alla condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni rappresentati dagli esborsi sostenuti per ottenere concessione in sanatoria in relazione al vano abusivo compreso nell’immobile acquistato dalla predetta; ha infatti ritenuto ricorrere la causa di esclusione dalla garanzia per i vizi della cosa venduta prevista dal primo inciso dell’art. 1491 cod. civ. per il caso in cui al momento del contratto il compratore conoscesse i vizi della cosa; tale conoscenza ha ritenuto dimostrata perché: - diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, era da considerarsi attendibile la testimonianza al riguardo resa da R. N., coniuge della venditrice e suo consulente nella vendita, anche perché riscontrata dal fatto che il W. non aveva mai contestato di aver ricevuto dal predetto una copia del preliminare di compravendita insieme con estratto del catasto fabbricato del 14/4/2004 e comunicazione catastale del 28/3/2000, dai quali emergeva in modo chiaro la differenza tra lo stato attuale dell’immobile e quello registrato in catasto; - vi era apparenza del vizio, equiparabile secondo la giurisprudenza ad effettiva conoscenza, atteso che il W. «aveva realmente la possibilità di vedere/ispezionare l'appartamento in questione e quindi di accertare dimensioni e stato dell'oggetto del contratto con un semplice sopralluogo»; - nell’art. 5 del contratto l'acquirente aveva dichiarato testualmente di avere esaminato l'esecuzione dei lavori edili e di averli trovati «corrispondenti alle condizioni di acquisto e quindi di non sollevare eccezioni» e, inoltre, nell’art. 3, aveva attestato che «l'oggetto della compravendita viene venduto nello stato in cui si trova attualmente» e «di avere esaminato l'esecuzione dei lavori edili»; - nell'estratto catastale l'ampliamento abusivo del soggiorno era evidente: in esso erano infatti indicate tre stanze, mentre di fatto il numero delle stanze con la chiusura del soggiorno era passato a quattro; avverso tale sentenza H.E. W. propone ricorso per cassazione articolando tre motivi, cui resiste H.K. N. depositando controricorso; è stata fissata per la trattazione l’odierna adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ., con decreto del quale è stata data rituale comunicazione alle parti; non sono state depositate conclusioni dal Pubblico Ministero; entrambe le parti hanno depositato memorie;

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 13 giugno 2024 N. 16592 Travaglino Giacomo

Sebbene il ricorso attenga a controversia in materia di vizi della compravendita riservata tabellarmente alla Seconda Sezione, nondimeno la necessità di dare applicazione al principio costituzionale sulla durata ragionevole del processo, unitamente alla constatazione dell'assoluta ininfluenza della circostanza sul piano delle regole processuali da osservare nel giudizio di legittimità, escludono la necessità di rimettere il ricorso alla Prima Presidente della Suprema Corte (v. Cass. n. 9148 del 2013; n. 17761 del 2014; n. 10628 del 2024); con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1489 e 1491 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto raggiunta la prova della piena ed univoca conoscenza del compratore, circa il carattere abusivo del vano (salotto) in questione, per il fatto che lo stesso aveva dato atto, nel contratto definitivo di compravendita, di avere verificato lo stato dell’abitazione, anche se gli era rimasto sconosciuto il progetto depositato in Comune; afferma che la planimetria catastale non offre elementi di prova in ordine all’eventuale carattere abusivo del vano, potendo questa essere fornita soltanto attraverso l’esame del progetto depositato in Comune ed a seguito di sopralluogo sul posto come ha fatto il Servizio Controllo Costruzioni del Comune di Bolzano prima di comunicare l’avvio del procedimento sanzionatorio; con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 246 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale attribuito decisiva importanza alla testimonianza del marito della venditrice che, quale consulente tecnico della moglie, firmatario del progetto e partecipante alle trattative in sua rappresentanza, andava invece considerato, anche in relazione alla sua responsabilità professionale, portatore di interesse personale legittimante l’intervento in causa e, quindi, incapace a testimoniare; con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1481, 1487, secondo comma, 1489 e 1491 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte d’appello negato la responsabilità della venditrice senza tenere conto delle garanzie espresse e ripetute dalla stessa, a favore del compratore, sia nel preliminare di acquisto di data 01/03/2008, sia nel contratto definitivo di compravendita di data 05/06/2008, là dove solennemente assicura di non avere eseguito dei lavori che non fossero autorizzati dalla competente autorità amministrativa; il primo motivo è inammissibile; secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all'art. 366, comma primo, num. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d'inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass. nn. 16132 del 2005, 26048 del 2005, 20145 del 2005, 1108 del 2006, 10043 del 2006, 20100 del 2006, 21245 del 2006, 14752 del 2007, 3010 del 2012 e 16038 del 2013); in altri termini, non è il punto d'arrivo della decisione di fatto che determina l'esistenza del vizio di cui all'art. 360, comma primo, num. 3, cod. proc. civ., ma l'impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell'interpretarle; nella specie la doglianza, lungi dal far emergere una erronea qualificazione giuridica della fattispecie concreta così come accertata in sentenza, impinge esclusivamente nella ricognizione della stessa, sindacabile solo sul piano della motivazione, nei limiti del vizio rilevante ai sensi dell’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.; pure ricondotta la doglianza a tale diversa prospettiva, nell’esercizio del potere/dovere di autonoma qualificazione della censura (v. Cass. Sez. U. 24/07/2013, n. 17931), non potrebbe comunque pervenirsi a diversa valutazione; lungi dall’evidenziare il «fatto storico», testuale o extratestuale, decisivo e oggetto di discussione tra le parti, la censura sollecita una mera radicale rivalutazione della quaestio facti in termini del tutto estranei al paradigma censorio di cui all’art. 360, comma primo, num. 5, cod. proc. civ.; il secondo motivo è parimenti inammissibile; secondo principio altrettanto consolidato, qualora, in sede di ricorso per cassazione, venga dedotta l'omessa motivazione del giudice d'appello sull'eccezione di nullità della prova testimoniale (nella specie, per incapacità ex art. 246 c.p.c.), il ricorrente ha l'onere, anche in virtù dell'art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., di indicare che detta eccezione è stata sollevata tempestivamente ai sensi dell'art. 157, secondo comma, c.p.c. subito dopo l'assunzione della prova e, se disattesa, riproposta in sede di precisazione delle conclusioni ed in appello ex art. 346 c.p.c., dovendo, in mancanza, ritenersi irrituale la relativa eccezione e pertanto sanata la nullità, avendo la stessa carattere relativo (Cass. n. 23896 del 23/11/2016, Rv. 642194; n. 10120 del 10/04/2019, Rv. 653705); tale onere, nella specie, non è stato assolto, né risulta per vero che la questione della inammissibilità della deposizione del teste N. fosse stata posta in tali termini nemmeno in appello, emergendo piuttosto che al riguardo si opponesse quale motivo ostativo unicamente il rapporto coniugale del teste con la convenuta/appellante; il terzo motivo è infondato; la Corte d’appello ha espressamente preso in considerazione (v. sentenza, pag. 9) la dichiarazione della venditrice contenuta nell’art. 9 del contratto di compravendita con la quale essa attestava di «non avere eseguito né modifiche costruttive che sono in contrasto con la destinazione urbanistica né lavori senza le autorizzazioni previste dalle autorità» ma ha nondimeno, come detto, escluso l’operatività della garanzia per i vizi a motivo della ritenuta effettiva conoscenza degli stessi da parte del compratore; in tal modo ha fatto corretta applicazione dell’art. 1491 cod. civ. che, invero, distinguendo l’ipotesi della «conoscenza» dei vizi (primo inciso), nella specie ritenuta sussistente, da quella della «facile riconoscibilità» (secondo inciso), riferisce solo alla seconda e non anche alla prima la previsione della persistenza della garanzia anche nel caso in cui (nonostante appunto la riconoscibilità dei vizi da pare del compratore) il venditore abbia dichiarato che la cosa ne era esente; la memoria che, come detto, è stata depositata dal ricorrente, non offre argomenti che possano indurre a diverso esito dell’esposto vaglio dei motivi; il ricorso deve essere pertanto rigettato; alla soccombenza segue la condanna del ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo; va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1- bis dello stesso art. 13;

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 3.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza