Giu In tema d'IVA, nelle cessioni all'esportazione in regime di sospensione d'imposta se la dichiarazione d'intenti si riveli ideologicamente falsa, al cedente non è consentito l'esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 20 maggio 2024 N. 13959
Massima
In tema d'IVA, nelle cessioni all'esportazione in regime di sospensione d'imposta ex art. 8 d.P.R. n. 633 del 1972, se la dichiarazione d'intenti si riveli ideologicamente falsa, perché emessa da soggetto privo del requisito di esportatore abituale, al cedente non è consentito l'esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività correlato alla suddetta qualità di esportatore abituale qualora, anche in base ad elementi presuntivi, disponga di elementi tali da sospettare l'esistenza di irregolarità, gravando sul medesimo un onere di diligenza mediante l'adozione di tutte le ragionevoli misure in proprio potere. (Cass. n. 14979 del 15/07/2020; conf. Cass. n. 9586 del 05/04/2019; cfr. anche la motivazione di Cass. n. 34260 del 21/12/2019).

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 2261/05/16 del 23/12/2016 la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto da IGL sp.a. (di seguito IGL), avverso la sentenza n. 393/01/15 della Commissione tributaria provinciale di Siena (di seguito CTP), la quale aveva accolto parzialmente i ricorsi riuniti proposti dalla società contribuente nei confronti di quattro avvisi di accertamento per IRES, IRAP e IVA relative agli anni d’imposta dal 2006 al 2009, nonché avverso la cartella di pagamento emessa a seguito di iscrizione a ruolo straordinario relativamente all’anno 2006. 1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata e dalle difese delle parti, gli avvisi di accertamento erano stati emessi in ragione di operazioni erroneamente ritenute esenti ex art. 8, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, nonché in ragione dell’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti effettuate tra la ricorrente e V. s.r.l., I. s.r.l., V.. 1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello principale proposto da IGL e rigettava l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) evidenziando che: a) la sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante di IGL, R.S., non faceva venire meno i presupposti per l’emissione degli atti impositivi e era ininfluente ai fini della legittimità del raddoppio dei termini di accertamento; b) con riferimento alle operazioni di esportazione intervenute con Vetropack ed I., le stesse non potevano essere considerate esenti in ragione della falsità della dichiarazione di intenti rilasciata dalle menzionate società; c) circa i costi relativi ad operazioni inesistenti intercorse con Vidaco, gli stessi non erano deducibili; d) legittima era l’iscrizione a ruolo straordinario in ragione della evidente sussistenza del periculum in mora, costituito dalla insolvenza della società e dalla dismissione di un ramo di azienda; e) dovevano essere annullate le riprese concernenti le operazioni intercorse con F. negli anni 2008 e 2009. 2. Avverso la sentenza della CTR IGL proponeva ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. 3. AE resisteva con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 20 maggio 2024 N. 13959 Bruschetta Ernestino Luigi

1. Va pregiudizialmente esaminata l’istanza di rinvio depositata dal difensore della società contribuente, il quale ha documentato di essere impegnato in altri processi penali davanti al giudice di pace di Siena.

1.1. L’istanza di rinvio non può essere accolta, anche in ragione dell’opposizione del P.G.

1.2. Invero, l’istanza di rinvio per impedimento del difensore è accoglibile, nel giudizio di legittimità, solo nel caso in cui venga dimostrata l’assoluta della sostituzione processuale del difensore (cfr. Cass. n. 25783 del 15/10/2018; Cass. S.U. n. 4773 del 26/03/2012), come in ipotesi non è stato fatto.

2. Con il primo motivo di ricorso IGL contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 43, terzo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per avere la CTR ritenuto legittimo il raddoppio dei termini di accertamento in riferimento agli acquisti in esenzione di IVA effettuati da I. e Vetropak negli anni d’imposta 2006, 2007 e 2008. Invero, come si evince anche dalla sentenza penale del Tribunale di Siena, l’obbligo di denuncia non avrebbe potuto dirsi sussistente, non essendosi superata la soglia di punibilità.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973 per l'IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l'IVA, nella versione applicabile "ratione temporis", sono raddoppiati in presenza di seri indizi di reato che facciano insorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini di decadenza, senza che, con riguardo agli avvisi di accertamento per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte dall'art. 1, commi da 130 a 132, della l. n. 208 del 2015, attesa la disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l'applicazione dell'art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati» (Cass. n. 16728 del 09/08/2016; Cass. n. 22337 del 13/09/2018; Cass. n. 11620 del 14/05/2018; Cass. n. 26037 del 16/12/2016; Cass. n. 11171 del 30/05/2016; Cass. n. 22587 del 11/12/2012);

2.3. Il superiore indirizzo giurisprudenziale, ormai consolidato, ha ampiamente tenuto conto di Corte cost. n. 247 del 2011 ed è stato correttamente applicato dalla CTR anche in presenza di una causa di esclusione del reato quale il mancato superamento della soglia di punibilità: invero, poiché tale valutazione è affidata in ogni caso all’autorità giudiziaria penale, la circostanza non ha alcuna refluenza in ordine all’obbligo di denuncia.

2.4. Né rileva la circostanza che il cd. raddoppio dei termini previsto dall'art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non possa trovare applicazione per l'IRAP (Cass. n. 10483 del 03/05/2018; conf. Cass. n. 14204 del 24/05/2019; Cass. n. 10973 del 18/04/2019; Cass. 2862 del 31/01/2019; Cass. n. 28713 del 09/11/2018), tributo che non viene in considerazione con riferimento alle riprese oggetto di impugnazione. 3. Con il secondo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, per non avere la CTR tenuto conto delle risultanze della sentenza penale di assoluzione del legale rappresentante di IGL. Invero, detta sentenza ha escluso che l’imputato fosse a conoscenza che I. non avesse i requisiti previsti dalla legge per acquistare in sospensione d’imposta.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «in tema d'IVA, nelle cessioni all'esportazione in regime di sospensione d'imposta ex art. 8 d.P.R. n. 633 del 1972, se la dichiarazione d'intenti si riveli ideologicamente falsa, perché emessa da soggetto privo del requisito di esportatore abituale, al cedente non è consentito l'esercizio fraudolento del diritto di valersi del limite di esecutività correlato alla suddetta qualità di esportatore abituale qualora, anche in base ad elementi presuntivi, disponga di elementi tali da sospettare l'esistenza di irregolarità, gravando sul medesimo un onere di diligenza mediante l'adozione di tutte le ragionevoli misure in proprio potere». (Cass. n. 14979 del 15/07/2020; conf. Cass. n. 9586 del 05/04/2019; cfr. anche la motivazione di Cass. n. 34260 del 21/12/2019).

3.3. Nel caso di specie, non è contestato che la dichiarazione d’intenti rilasciata da I. sia falsa, ma la ricorrente sostiene di non essere a conoscenza di tale circostanza, così come accertato anche dal giudice penale.

3.4. Peraltro, come evidenziato anche dalla CTR, nel giudizio tributario non può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile alcuna automatica autorità di cosa giudicata, attesa l'autonomia dei due giudizi, la diversità dei mezzi di prova acquisibili e dei criteri di valutazione (Cass. n. 27814 del 04/12/2020); pertanto, il giudice tributario, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un apprezzamento del contenuto della decisione resa in sede penale, ponendola a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti al giudizio (Cass. n. 28174 del 24/11/2017; si vedano, altresì Cass. n. 10578 del 22/05/2015).

3.4.1. In buona sostanza, la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l'accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva (Cass. n. 2938 del 13/02/2015; si veda anche Cass. n. 4924 del 27/02/2013).

3.5. Orbene, a parte il fatto che non è dato sapere se la sentenza penale di assoluzione di R.S. sia passata in giudicato, non può non osservarsi che la consapevolezza della falsità della dichiarazione d’intenti richiesta dalle disposizioni tributarie non coincide con l’assenza dell’elemento soggettivo del reato, in quanto nel primo caso si richiede unicamente la disponibilità di elementi tali da indurre in sospetto un operatore economico accorto. 3.6. Tali elementi sono stati puntualmente illustrati dalla CTR, la quale ha ritenuto, con accertamento di fatto non censurabile in questa sede con la proposizione di un vizio di violazione di legge, che IGL era o avrebbe dovuto essere consapevole della falsità della dichiarazione d’intenti rilasciata da I..

4. Con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, del d.lgs. n. 74 del 2000 e dell’art. 3, comma 2, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, non avendo la CTR tenuto conto della modifica normativa intervenuta con l’art. 20 del d.lgs. 21 novembre 2014, n. 175, la quale avrebbe introdotto una disciplina più favorevole al contribuente in ordine al controllo sulle dichiarazioni d’intenti.

4.1. Il motivo è inammissibile.

4.2. La novella di cui riferisce la società contribuente riguarda esclusivamente l’aspetto sanzionatorio, sicché la stessa non trova applicazione retroattiva alla fattispecie per la quale è causa (salvo, appunto, che per la eventuale comminatoria delle sanzioni più favorevoli, delle quali non si fa questione), la quale va regolata secondo i principi enunciati nell’esposizione riguardante il motivo che precede, con conseguente responsabilità del fornitore che conosceva o avrebbe dovuto conoscere, in base alla diligenza richiesta ad un operatore economico professionale, la dichiarazione mendace del cessionario.

5. Con il quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per avere la CTR, con riferimento ai rapporti tra GLS e Vetropak relativi all’anno d’imposta 2006, omesso di motivare in ordine ai rilievi mossi dalla ricorrente alle contestazioni effettuate dall’Ufficio ai sensi della menzionata disposizione e alle deduzioni della ricorrente.

5.1. Il motivo è inammissibile per assoluto difetto di specificità. 5.2. Le affermazioni della ricorrente sono, infatti, generiche e non si comprende a quali contestazioni si riferiscano, non essendo state le stesse riportate nel contesto esplicativo del motivo proposto.

6. Con il quinto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 8, primo comma, lett. c), del d.P.R. n. 633 del 1972, del d.lgs. n. 74 del 2000 e dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, per avere la CTR errato nel non considerare che non sarebbe più prevista dalla legge la Corte di Cassazione - copia non ufficiale 8 Cons. est. G.M. Nonno responsabilità dell’amministratore per le sanzioni, comminate unicamente alla società.

6.1. Il motivo è inammissibile.

6.2. Non si comprende, infatti, quale sia il punto di motivazione impugnato dalla ricorrente, posto che la CTR non si riferisce in alcun modo alla responsabilità dell’amministratore per le sanzioni comminate.

7. In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo, avuto conto di un valore dichiarato della lite di poco inferiore ad euro 1.000.000,00.

7.1. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in euro 14.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.

Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, ove dovuto. 

Così deciso in Roma il 17 ottobre 2023.