Giu Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, spetta anche in favore di soggetti iscritti ai corsi negli anni accademici antecedenti
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 16 maggio 2024 N. 13704
Massima
Il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal primo gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/CEE (Cass. Sez. 3 - Ordinanza n. 12677 del 10/05/2023; Cass. Sez. 3 - Ordinanza n. 25414 del 26/08/2022; Cass. Sez. U - Sentenza n. 20278 del 23/06/2022; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 23491 del 26/08/2021; Cass. Sez. U - Sentenza n. 20348 del 31/07/2018).

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 1653/2018, pubblicata il 9 luglio 2018, la Corte d’appello di Firenze, nella regolare costituzione degli appellati PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MIUR, MINISTERO DEL LAVORO, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, MINISTERO DELLA SALUTE, ha parzialmente accolto l’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale di Firenze n. 620, del 27 febbraio 2014, condannando la sola PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI a corrispondere il risarcimento dei danni per tardiva attuazione delle direttive 75/362/CEE e 82/76/CEE in favore di un gruppo di medici che avevano frequentato corsi di specializzazione negli anni tra il 1983 ed il 1991. 2. Per quanto ancora rileva nella presente sede, la Corte fiorentina ha, in primo luogo disatteso il motivo di gravame con il quale veniva impugnata la statuizione con cui il giudice di prime cure aveva dichiarato il difetto di legittimazione passiva di MIUR, MINISTERO DEL LAVORO, MINISTERO ECONOMIA E FINANZE, MINISTERO DELLA SALUTE. La Corte d’appello, invece, ha accolto l’appello nei confronti della sola PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI, escludendo che la pretesa degli originari ricorrenti si fosse estinta per prescrizione, avendo i medesimi azionato il proprio diritto – con citazione del 22 luglio 2008 - entro il termine decennale dall’entrata in vigore – il 27 ottobre 1999 – della Legge n. 370/1999. La Corte territoriale ha quindi proceduto alla quantificazione del risarcimento spettante ad ognuno degli ex-specializzandi. 3. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Firenze ricorre ora la PRESIDENZA CONSIGLIO DEI MINISTRI. Resistono con controricorso SALVATORE A. ed altri. 4. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1, c.p.c.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 16 maggio 2024 N. 13704 TRIA LUCIA

1. Con l’unico motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione della direttiva CEE 82/76, dell'art. 2, paragrafo 1, lett. c) e dell’art. 3 paragrafo 1 e 2 della direttiva CEE 76/363, nonché dell'allegato alla direttiva 75/363 82/76. Con riferimento alla posizione dei soli GIULIO BONINI, COSTANZA BOTTAI, GIOVANNI DI MAGGIO, LUCIANA FUSI, SIMONETTA GIANNI, DANIELA MEUCCI, ANDREA PANNACCI, si deduce che, essendosi i medesimi immatricolati nell’anno 1982, risulterebbe esclusa la fondatezza di qualsiasi pretesa risarcitoria, dal momento che il diritto ad un’adeguata remunerazione è scaturito dalla disciplina euronunitaria solo per coloro che hanno iniziato un corso di specializzazione in data successiva al 29 gennaio 1982, data di entrata in vigore della Direttiva n. 82/76.

Argomenta quindi la ricorrente che la Corte d’appello avrebbe erroneamente riconosciuto ai controricorrenti in questione la remunerazione per l'integrale periodo intercorrente tra il 1982 e il 1991, avendo gli stessi diritto al risarcimento per l'inadempimento dello Stato agli obblighi della direttiva solamente a partire dal 1° gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, dovendosi quindi commisurare il risarcimento non all'intero periodo di durata del primo anno accademico di corso, bensì alla frazione temporale successiva alla scadenza del termine di trasposizione della direttiva, momento a partire dal quale si è verificato l'inadempimento.

2. Il ricorso è inammissibile.

2.1. In primo luogo, si deve rilevare che, come eccepito anche in controricorso, nessuna doglianza viene mossa nel ricorso in relazione alle posizioni degli altri soggetti che avevano proposto appello innanzi alla Corte di Firenze (omissis), i quali, quindi, sebbene parti del giudizio di appello, risultano ormai estranei alla materia del contendere.

2.2. In secondo luogo, si deve rilevare che la decisione impugnata si è conformata al consolidato principio enunciato da questa Corte, a mente del quale il diritto al risarcimento del danno da inadempimento della direttiva comunitaria n. 82/76/CEE, riassuntiva delle direttive n. 75/362/CEE e n. 75/363/CEE, spetta anche in favore di soggetti iscritti a corsi di specializzazione negli anni accademici anteriori al 1982-1983, ma solo a partire dal primo gennaio 1983 e fino alla conclusione della formazione stessa, sempre che si tratti di una specializzazione medica comune a tutti gli Stati membri, oppure a due o più, come menzionate agli artt. 5 e 7 della direttiva 75/362/CEE (Cass. Sez. 3 - Ordinanza n. 12677 del 10/05/2023; Cass. Sez. 3 - Ordinanza n. 25414 del 26/08/2022; Cass. Sez. U - Sentenza n. 20278 del 23/06/2022; Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 23491 del 26/08/2021; Cass. Sez. U - Sentenza n. 20348 del 31/07/2018).

Il ricorso, quindi, risulta, già per tale motivo, inammissibile, ex art. 360-bis, n. 1), c.p.c., non offrendo elementi per non confermare o mutare l’orientamento.

Ulteriormente, lo stesso sembra attribuire alla decisione impugnata un’interpretazione del dato normativo di cui, tuttavia, non è dato trovare riscontro nella motivazione della decisione medesima, da ciò derivando un ulteriore profilo di inammissibilità, costituito dall’assenza di specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 1 - Ordinanza n. 16700 del 05/08/2020; Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 24298 del 29/11/2016), avendo la ricorrente omesso di indicare le norme di legge di cui lamentava la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, al fine di dimostrare che queste ultime contrastavano col precetto normativo (Cass. Sez. U - Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).

3. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore dei controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.

4. Non occorre dare atto, ai fini e per gli effetti precisati da Cass. S.U. n. 4315/2020, della sussistenza delle condizioni processuali di cui all'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002 perché la norma non può trovare applicazione nei confronti di quelle parti che, come le Amministrazioni dello Stato, mediante il meccanismo della prenotazione a debito siano istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo (Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. n. 1778/2016; Cass. n. 28250/2017).

P. Q. M.

La Corte: dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 16 aprile

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