Giu In tema di rimborso IVA, gli interessi legali, dovuti nella misura e secondo le modalità previste dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, vanno qualificati come interessi moratori
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 03 maggio 2024 N. 11886
Massima
In tema di rimborso IVA, gli interessi legali, dovuti nella misura e secondo le modalità previste dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, vanno qualificati come interessi moratori e sono dovuti dall’Amministrazione finanziaria in caso di fermo amministrativo illegittimo del credito, ma non anche in caso di fermo amministrativo legittimo ovvero di sequestro conservativo, non maturando in tali ipotesi nemmeno interessi compensativi

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 9039/24/18 del 19/10/2018 la Commissione tributaria regionale della Campania (di seguito CTR) accoglieva parzialmente l’appello proposto da I. s.p.a. (di seguito ICLA) avverso la sentenza n. 1966/03/17 della Commissione tributaria provinciale di Napoli (di seguito CTP), la quale aveva accolto parzialmente il ricorso proposto dalla società contribuente avverso il diniego di rimborso di un credito IVA relativo all’anno d’imposta 1998. 1.1. Come si evince anche dalla sentenza impugnata, l’Amministrazione finanziaria aveva negato il rimborso in ragione della presenza di alcuni provvedimenti cautelari (fermo amministrativo e sequestro conservativo); rimborso poi erogato, ma senza riconoscimento degli interessi maturati nei periodi in cui il rimborso non poteva essere concesso, interessi che costituiscono l’attuale ragione del contenzioso. 1.2. La CTR accoglieva parzialmente l’appello proposto da I. evidenziando che: a) gli interessi di cui all’art. 38 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 avevano natura moratoria e non compensativa, rappresentando l’indennizzo spettante al contribuente per il ritardo dell’Amministrazione finanziaria, superiore a novanta giorni, nell’esecuzione del chiesto rimborso; b) detti interessi, pertanto, dovevano ritenersi esclusi nel periodo di vigenza del fermo amministrativo e del sequestro conservativo, provvedimenti mantenuti fino al 09/01/2014; c) dovevano, altresì, essere riconosciuti gli interessi ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 maturati nel periodo antecedente all’attivazione del fermo amministrativo, da computarsi al netto della quota di imposta rimborsata a titolo di acconto; d) l’eccezione di prescrizione di tali ultimi interessi era inammissibile in quanto tardiva; e) la decorrenza degli interessi doveva essere fissata con riferimento all’originaria richiesta di rimborso e non già con riferimento alla successiva istanza di sollecito. 2. Avverso la sentenza della CTR I. proponeva ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 3. AE resisteva con controricorso e proponeva ricorso incidentale, affidato a tre motivi.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 03 maggio 2024 N. 11886 BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

1. Con il primo motivo di ricorso principale I. contesta la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 36, comma 1, n. 4, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., avendo la CTR reso motivazione apparente sulla natura moratoria e non compensativa degli interessi.

1.1. Con il secondo motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis, primo e ottavo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, degli artt. 1224 e 1282 cod. civ. e dell’art. 69 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che gli interessi previsti dall’art. 38 bis, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 vadano qualificati come moratori e che il provvedimento di fermo amministrativo ex art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923 possa trovare applicazione anche in materia di IVA.

1.2. Con il terzo motivo di ricorso principale si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per non avere la CTR pronunciato sulle richieste, proposte in via subordinata: a) di riconoscimento degli interessi in misura legale nel periodo di sospensione del pagamento in ragione del fermo amministrativo e del sequestro conservativo; b) di riconoscimento degli interessi ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 dalla revoca del sequestro conservativo fino all’effettivo pagamento della quota capitale.

1.4. Con il quarto motivo di ricorso principale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1282 e 1284 cod. civ. e dell’art. 38 bis, primo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., non avendo il giudice di appello accolto le domande subordinate della società contribuente così come indicate al motivo che precede.

2. I motivi di ricorso principale possono essere unitariamente considerati per ragioni di connessione.

2.1. Va prima di tutto chiarito che, a fronte di rilevanti oscillazioni nella giurisprudenza della S.C., Cass. S.U. n. 2320 del 31/01/2020 ha evidenziato che il provvedimento di sospensione del pagamento previsto dall'art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923, espressione di un generale potere di autotutela dell’Amministrazione finanziaria, ha portata generale ed è, quindi, astrattamente applicabile anche in materia di rimborsi IVA, con il limite del divieto di cumulo delle tutele (nel senso che una volta ottenuta la garanzia prevista dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale intende tutelare il diritto dell’Erario alla restituzione di un credito illegittimamente rimborsato, non è più possibile procedere alla ulteriore sospensione del rimborso ai sensi del citato art. 69).

2.2. L’emissione di un legittimo provvedimento di fermo amministrativo del credito IVA chiesto a rimborso, perché sono sussistenti le ragioni di credito che esso è volto a tutelare, comporta che, per il periodo di sospensione del rimborso, non maturino gli interessi legali previsti dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. n. 25164 del 23/08/2022; Cass. n. 17828 del 21/06/2021; Cass. n. 11418 del 30/04/2019; Cass. n. 8540 del 29/04/2016), pacificamente ritenuti moratori (da ultimo Cass. n. 24295 del 09/08/2023, alla quale si rimanda anche per ulteriori richiami giurisprudenziali).

2.2.1. Diversamente, nel caso in cui il provvedimento cautelare sia stato illegittimamente emesso per insussistenza dei controcrediti a cautela dei quali il fermo era stato disposto, il credito IVA richiesto a rimborso produce gli interessi legali di cui all’art. 38 bis citato anche nel periodo di vigenza del fermo, con decorrenza dal momento in cui essi sono diventati esigibili, e ciò anche se il fermo non sia stato impugnato (Cass. n. 16097 del 19/05/2022, con ampi richiami alla compatibilità unionale dell’orientamento rassegnato).

2.2.2. Si aggiunga che, come evidenziato da Cass. n. 24925 del 2023, cit., l’imputabilità del ritardo nel rimborso di un credito IVA è circostanza che è ritenuta come incidente sulla decorrenza o meno di degli interessi non solo dalla giurisprudenza di legittimità, ma anche da quella unionale (cfr. CGUE 6 luglio 2017, in causa C?254/16, nonché CGUE 28 febbraio 2018 in causa C?387/16, secondo cui osta ad una riduzione dell’importo degli interessi normalmente dovuti su un’eccedenza di imposta sul valore aggiunto non rimborsata nei termini, quando tale riduzione sia invocata per circostanze non imputabili al soggetto passivo; sicché, nel caso inverso, di imputabilità del ritardo al creditore, non può parlarsi di ostacolo alla riduzione di quegli interessi).

2.2.3. Una simile interpretazione non contrasta nemmeno con l’art. 183 della direttiva IVA, atteso che la sospensione del decorso degli interessi è imputabile allo stesso contribuente e, anzi, l'art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 concede allo stesso contribuente un termine di quindici giorni durante il quale, pur dovendosi attivare per integrare la domanda, gli interessi continuano a decorrere in suo favore (Cass. n. 11418 del 2019, cit.). 

2.2.4. Riassuntivamente, può, dunque, affermarsi che, in presenza di un provvedimento di fermo amministrativo, la decorrenza degli interessi legali moratori di cui all’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 nel corso del periodo di vigenza della misura cautelare, è condizionata dalla legittimità o meno del fermo; nel senso che gli interessi maturano solo in caso di fermo illegittimo, mentre nel caso di fermo legittimo, la legge non prevede la corresponsione di altre forme di interesse di natura compensativa sul credito IVA in ragione della sostanziale imputabilità al creditore della sospensione del pagamento.

2.3. Un discorso in parte diverso va fatto con riferimento all’emissione del provvedimento di sequestro conservativo ad opera di terzi. Invero, il provvedimento di sequestro emesso nei confronti del credito spettante al contribuente implica un vincolo di indisponibilità sullo stesso che non può in alcun caso essere imputabile all’Amministrazione finanziaria. Ne consegue che non si pone, in tale ipotesi, una questione di legittimità o illegittimità del provvedimento cautelare, ma l’impossibilità di AE di procedere al pagamento – e, quindi, l’assenza di una responsabilità della stessa per il ritardo – giustifica di per sé la mancata maturazione degli interessi moratori di cui all’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972.

2.3.1. Né è ipotizzabile – anche in questa ipotesi – la maturazione di interessi corrispettivi o compensativi in favore del titolare del credito tributario oggetto di sequestro conservativo da parte di terzi. Invero, da un lato, il denaro preteso dal creditore è stato sottoposto ad un vincolo di indisponibilità, ragion per cui non può essere utilizzato dall’Amministrazione finanziaria, che ne garantisce unicamente la custodia; dall’altro, l’indisponibilità della somma è comunque imputabile al titolare del credito IVA, che ha visto vincolato il suo credito in ragione di un rapporto giuridico diverso rispetto a quelli intrattenuti con l’Amministrazione finanziaria. Ne consegue che, laddove il sequestro conservativo sia stato illegittimamente emesso, il titolare del credito IVA potrà rivalersi, anche con riferimento ad eventuali interessi, solo nei confronti del creditore sequestrante.

2.3.2. L’ipotesi del sequestro conservativo del credito non è assimilabile a quella del sequestro penale del credito. In proposito, questa Corte ha affermato che l'eventuale sequestro penale dei crediti d'imposta esclude, per la durata di efficacia del provvedimento, l'imputabilità del ritardo nel pagamento all'Amministrazione, ma non si pone in termini ostativi alla maturazione degli interessi sul credito (ostando, per converso, soltanto alla loro materiale e tempestiva corresponsione).

Ne consegue, da un canto, che la natura moratoria degli specifici interessi previsti per il ritardo nel pagamento dei rimborsi IVA esclude che questi possano essere riconosciuti al contribuente in caso di sequestro del relativo credito (attesa la inimputabilità del ritardo all'Amministrazione finanziaria), dall'altro che il credito sequestrato è pur tuttavia idoneo alla produzione di interessi corrispettivi, nella misura legale, giusta il disposto dell'art. 1282 cod. civ. (Cass. n. 15532 del 11/08/2004).

2.3.3. Gli interessi corrispettivi, infatti, hanno la funzione di bilanciare il vantaggio che una parte ritrae dal trattenere oltre il termine stabilito le somme di denaro naturalmente produttive di utilità che competerebbero alla controparte, decorrono indipendentemente dalla non imputabilità del ritardo nel pagamento e rappresentano una conseguenza automatica del pregiudizio subito dal creditore nel godimento di quanto dovutogli (cfr.: Cass. n. 7627 del 14/08/1997; Cass. n. 9227 del 1/09/1995).

2.3.4. Peraltro, mentre il sequestro penale va comunque a vantaggio dell’Amministrazione e implica la disponibilità delle somme sequestrate in capo a quest’ultima, il sequestro conservativo è operato da un terzo, creditore del creditore, determina l’indisponibilità della somma sequestrata in capo all’Amministrazione finanziaria ed implica una sostanziale imputabilità al debitore sequestrato. Non si vede, pertanto, la ragione per la quale il debitore sequestrato debba trarre un vantaggio dal sequestro conservativo operato (legittimamente o meno) ai suoi danni, con conseguenze esclusivamente a carico dell’Amministrazione finanziaria (che oltre al vincolo di indisponibilità sulla somma dovrebbe corrispondere anche un interesse per un vantaggio di cui non ha mai usufruito) e non già (se del caso) del terzo sequestrante.

2.5. Va, quindi, enunciato il seguente principio di diritto: «in tema di rimborso IVA, gli interessi legali, dovuti nella misura e secondo le modalità previste dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, vanno qualificati come interessi moratori e sono dovuti dall’Amministrazione finanziaria in caso di fermo amministrativo illegittimo del credito, ma non anche in caso di fermo amministrativo legittimo ovvero di sequestro conservativo, non maturando in tali ipotesi nemmeno interessi compensativi».

3. L’enunciazione del superiore principio di diritto consente un’agevole decisione dei motivi di ricorso principale.

3.1. Il primo motivo di ricorso principale, con il quale si contesta la motivazione apparente o contraddittoria del giudice di appello con riferimento alla natura, ritenuta moratoria e non compensativa, degli interessi ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, è infondato.

3.1.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019). 

3.1.2. Nel caso di specie, la CTR ha affermato che gli interessi richiesti sono moratori e non già compensativi, come sostenuto dalla società contribuente. Ciò in quanto essi rappresentano «l’indennizzo spettante al contribuente per il ritardo dell’A.F., superiore a 90 giorni, nell’esecuzione del rimborso richiesto».

3.1.3. Trattasi di motivazione sicuramente essenziale, ma idonea a chiarire le ragioni per le quali la CTR ritiene, peraltro conformemente alla giurisprudenza della S.C., che gli interessi di cui all’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 abbiano natura moratoria.

3.2. Il secondo motivo di ricorso principale, con il quale si contesta la natura moratoria e non compensativa degli interessi ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, nonché l’applicabilità all’IVA dell’istituto del fermo amministrativo, è infondato.

3.2.1. Come precedentemente chiarito, il provvedimento di fermo amministrativo è applicabile anche all’IVA e gli interessi moratori ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 si applicano nel corso del periodo di fermo unicamente laddove il fermo è illegittimo: circostanza esclusa nel caso di specie.

3.3. Il terzo motivo di ricorso principale, con il quale si deduce omessa pronuncia sulle domande subordinate di riconoscimento di interessi compensativi e sulla istanza di riconoscimento degli interessi legali moratori con riferimento al periodo che va dalla cessazione del sequestro conservativo al soddisfo, è infondato.

3.3.1. La CTR non ha omesso alcuna pronuncia: le istanze della ricorrente, infatti, sono state implicitamente rigettate, avendo la CTR specificamente indicato i periodi per i quali gli interessi sono dovuti e in che misura, chiarendo, altresì, che gli stessi non sono dovuti nel corso dei periodi in cui il pagamento è rimasto sospeso.

3.4. Il quarto motivo di ricorso principale, con il quale si ripropongono sotto il profilo della violazione di legge, le censure indicate al terzo motivo, è, invece, fondato, sia pure parzialmente.

3.4.1. Come più sopra evidenziato, nessun interesse compensativo è dovuto per il periodo di fermo amministrativo (legittimo) e per il periodo in cui il credito è rimasto soggetto a sequestro conservativo.

3.4.2. Peraltro, gli interessi moratori ex art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 sono dovuti per il periodo successivo alla cessazione del sequestro conservativo e fino all’effettivo soddisfo, sicché la CTR ha errato nel non riconoscere la debenza degli stessi per detto periodo (peraltro senza specificarne le ragioni).

4. Con il primo motivo di ricorso incidentale AE contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 329 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., non avendo la CTR ritenuto inammissibile per carenza di interesse la domanda di interessi relativa al periodo dal 1999 al 2001, per la quale sarebbe intercorsa espressa rinuncia della società contribuente in primo grado.

4.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.

4.2. Il motivo è inammissibile per difetto di specificità, avendo AE trascritto solo parzialmente le difese e le richieste di I. formulate nel corso dei giudizi di merito, sicché non è possibile valutare ex actis la correttezza di quanto sostenuto dalla ricorrente incidentale.

4.3. Il motivo è, comunque, infondato, in quanto, dallo stesso esame di quanto trascritto da AE, non può evincersi alcuna rinuncia di corresponsione degli interessi moratori per il periodo anteriore all’emissione dei provvedimenti di sospensione del rimborso: la società contribuente ha fatto espresso riferimento al rimborso del credito IVA, oltre agli interessi maturati e maturandi e la circostanza che, successivamente, non sia stato fatto alcun riferimento al credito per interessi concernente il periodo 1999-2001 non è sufficiente a far ritenere la volontà di I. di rinunciare in parte alle proprie richieste.

5. Con il secondo motivo di ricorso incidentale si contesta violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto intempestiva l’eccezione di prescrizione proposta in appello dall’Ufficio.

5.1. Il motivo è infondato.

5.2. Questa Corte non mette in dubbio il consolidato principio per il quale «ove la controversia abbia ad oggetto l'impugnazione del rigetto di un'istanza di rimborso di un tributo avanzata dal contribuente, l'Amministrazione finanziaria può esercitare la facoltà di controdeduzione di cui all'art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992 e, quindi, prospettare, senza che si determini vizio di ultrapetizione, argomentazioni giuridiche ulteriori rispetto a quelle che hanno formato la motivazione di rigetto della istanza in sede amministrativa» (Cass. n. 25999 del 02/09/2022; Cass. n. 10797 del 05/05/2010), poiché, in tal caso, il contribuente assume la posizione sostanziale di attore, che deve fornire la prova della propria domanda (Cass. n. 17239 del 27/06/2019); principio applicabile, a maggior ragione, nel caso di silenzio-rifiuto. in cui manca una vera e propria motivazione del provvedimento di diniego impugnato.

5.3. Tuttavia, ritiene questa Corte che tale principio vada necessariamente temperato con le regole che sovrintendono alle preclusioni processuali, sicché ogni eccezione in senso proprio e stretto – diversamente dall’eccezione in senso lato, con la quale si nega i presupposti del diritto del contribuente ad ottenere il rimborso – deve necessariamente essere proposta tempestivamente dall’Amministrazione finanziaria (Cass. n. 23587 del 21/11/2016; Cass. n. 22105 del 22/09/2017; Cass. n. 31224 del 29/12/2017; Cass. n. 23862 del 29/10/2020; Cass. n. 35042 del 14/12/2023).

5.4. Nel caso di specie, peraltro, l’eccezione proposta in appello riguarda la prescrizione del diritto al rimborso: costituendo un’eccezione in senso proprio, la stessa è inammissibile in appello, ostandovi il divieto di cui all’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e, a fronte dell’ampia richiesta di rimborso già formulata in primo grado, avrebbe dovuto essere proposta in quella sede, senza che la denunciata decadenza possa essere collegata ad una pretesa precisazione, in senso restrittivo, del credito ad opera di I. (per la cui insussistenza si è già detto con riferimento al primo motivo di ricorso incidentale).

6. Con il terzo motivo di ricorso incidentale si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente individuato il termine a quo della decorrenza degli interessi moratori dalla data di revoca del provvedimento di fermo amministrativo e non già dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso del 24/02/2014.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Con la revoca delle misure cautelari (fermo amministrativo e sequestro conservativo) gli interessi, il cui decorso è rimasto sospeso, riprendono a decorrere di diritto, senza che ci sia bisogno di nuova costituzione in mora, essendo sufficiente ai fini della costituzione in mora la presentazione della originaria istanza di rimborso.

7. In conclusione, va accolto, nei limiti di cui si è detto, il quarto motivo di ricorso principale, rigettati gli altri motivi di ricorso principale ed il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio. 

P.Q.M.

La Corte accoglie, nei limiti di cui in motivazione, il quarto motivo di ricorso principale, rigettati gli altri motivi di ricorso principale ed il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma il 5 luglio 2023.