Giu Con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, «non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, mentre esiste per i tributi armonizzati
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 02 maggio 2024 N. 11859
Massima
Con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, «non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale», mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, «l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa» (cd. prova di resistenza).Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 287/05/18 del 05/02/2018, la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) rigettava l’appello proposto da I. s.r.l. con socio unico (di seguito I., oggi in fallimento) avverso la sentenza n. 51/06/17 della Commissione tributaria provinciale di Torino (di seguito CTP), che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dalla società contribuente nei confronti di un avviso di accertamento concernente IRES, IRAP e IVA relative all’anno d’imposta 2011 e del conseguente atto di contestazione sanzioni. 1.1. Come si evince dalla sentenza della CTR, l’avviso di accertamento era stato emesso in ragione dell’utilizzazione, da parte della società, di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, dell’interposizione fittizia di manodopera, nonché della sussistenza di costi non deducibili e di IVA non detraibile. 1.2. La CTR respingeva l’appello della società contribuente evidenziando che: a) in disparte da ogni questione di inammissibilità dell’appello in ragione della pedissequa riproduzione delle considerazioni e argomentazioni già proposte in primo grado, l’appello andava comunque rigettato; b) i rilievi concernenti la mancata redazione del processo verbale di constatazione (che, invece, era stato redatto) e il mancato rispetto del termine di sessanta giorni di cui all’art. 12, comma 7, della l. 27 luglio 2000, n. 212 (decorso senza che I. presentasse alcuna osservazione e, comunque non obbligatorio) erano infondati, anche in ragione dell’atteggiamento della società, che aveva omesso di consegnare i documenti richiesti; c) con riferimento agli altri motivi di appello, in mancanza di specificità e concretezza, non ci si poteva che riportare alle motivazioni della sentenza di primo grado. 2. Avverso la sentenza della CTR I. proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. 3. L’Agenzia delle entrate (di seguito AE) non si costituiva in giudizio e restava, pertanto, intimata. 4. Con atto depositato il 26/06/2023 si costituiva in giudizio Maria Antonella B., la quale deduceva di essere ex amministratore di I. e si riportava alle difese della società.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 02 maggio 2024 N. 11859 VIRGILIO BIAGIO

1. Va pregiudizialmente evidenziato che l’Avvocatura dello Stato, pur non essendosi costituita in giudizio per conto di AE, ha partecipato all’udienza pubblica, discutendo oralmente la causa.

1.1. Tale attività processuale è sicuramente ammissibile. Invero, come di recente evidenziato da questa Corte, «Nel giudizio di legittimità, l'Agenzia delle entrate intimata, anche quando non abbia contraddetto il ricorso mediante rituale controricorso, ha pur sempre la facoltà di partecipare alla discussione orale avvalendosi dell'Avvocatura dello Stato, senza necessità che a quest'ultima sia rilasciata una specifica procura per il singolo giudizio» (Cass. n. 2465 del 25/01/2024).

2. Sempre in via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità della costituzione in giudizio di Maria Antonella B.. Invero, quest’ultima ha rilasciato procura speciale nella qualità di ex amministratore di I.. Poiché, peraltro, la carica di amministratore non cessa a seguito del fallimento della società, deve ritenersi che la stessa, avendo perduto la qualità di amministratore (si definisce, infatti, ex amministratore), si sia costituita in proprio, intervenendo nel giudizio di legittimità.

2.1. Tale intervento è, peraltro, inammissibile (Cass. n. 6774 del 01/03/2022; Cass. n. 25423 del 10/10/2019) e, del resto, il giudizio di cassazione non si interrompe e continua nei confronti della società anche senza la costituzione del curatore fallimentare (da ultimo, Cass. n. 30785 del 06/11/2023). 3 Con il primo e il secondo motivo di ricorso I. deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ, violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 e dell’art. 111 Cost., e, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di fatti controversi e decisivi.

3.1. In buona sostanza, la ricorrente contesta, sotto due distinti profili, da un lato, la motivazione apparente resa dalla CTR con riferimento alle questioni dedotte dalla società ricorrente (diverse da quella concernente la violazione del contraddittorio endoprocedimentale, che è l’unica esaminata dal giudice di appello), e dall’altro l’omesso esame delle eccezioni proposte sempre in relazione alle altre questioni.

4. I motivi involgono la medesima questione e possono essere congiuntamente esaminati.

Il primo motivo è fondato e il secondo resta assorbito.

4.1. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, «la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da "error in procedendo", quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (così Cass. S.U. n. 22232 del 03/11/2016; conf. Cass. n. 13977 del 23/05/2019).

4.2. Nel caso di specie, la CTR, dopo avere riportato il contenuto delle eccezioni proposte da I. in primo grado e avere evidenziato che dette eccezioni sono state pedissequamente riproposte in appello, ha motivato in ordine a tali rilievi per relationem alla sentenza di primo grado, senza peraltro riportarne il contenuto saliente e senza specificare le ragioni per le quali la sentenza avrebbe dovuto essere confermata in parte qua.

4.3. Non è, quindi, evincibile, dalla motivazione della sentenza di appello, la ratio decidendi che ha condotto il giudice a confermare la sentenza impugnata, con conseguente apparenza della motivazione.

5. Con il terzo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 32, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR illegittimamente censurato il comportamento della società contribuente in ordine alla mancata consegna della documentazione contabile.

5.1. Il motivo è inammissibile per un duplice ordine di considerazioni.

5.2. In primo luogo, la CTR non afferma in alcun modo che il comportamento tenuto da I. abbia determinato l’inutilizzabilità della documentazione contabile prodotta da quest’ultima in giudizio, come previsto dall’art. 32, quarto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, ma si limita ad affermare che il menzionato comportamento (assenza dalla sede legale con conseguente mancata consegna della documentazione contabile) ha legittimato l’Ufficio a procedere ad accertamento induttivo.

5.3. La censura proposta, dunque, non coglie la ratio decidendi.

5.4. In ogni caso, la CTR ha compiuto un accertamento in fatto in ordine al comportamento contra legem tenuto da parte ricorrente, comportamento che la ricorrente tende a rimettere in discussione con la proposizione di un vizio di violazione di legge, anziché di un vizio di motivazione (peraltro anch’esso inammissibile, in presenza di una doppia conforme di merito).

5.5. La ricorrente, pur deducendo apparentemente, una violazione di norme di legge, mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019; Cass. n. 640 del 14/01/2019; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 8758 del 04/07/2017; Cass. n. 8315 del 05/04/2013).

6. Con il quarto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 12, commi 1, 2 e 7, della l. n. 212 del 2000, dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato il mancato rispetto del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emissione dell’avviso di accertamento, in assenza di redazione di apposito processo verbale di constatazione.

6.1. Il motivo è infondato.

6.2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 «deve essere interpretato nel senso che l'inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l'emanazione dell'avviso di accertamento - termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un'ispezione o una verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni - determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l'illegittimità dell'atto impositivo emesso "ante tempus", poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva» (Cass. S.U. n. 18184 del 29/07/2013).

6.3. Tuttavia, la nullità derivante dal mancato rispetto del termine dilatorio, decorrente dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, riguarda – anche con riferimento all’IVA (Cass. nn. 701 e 702 del 15/01/2019) – solo ed esclusivamente il triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all'esercizio dell'attività e non anche le verifiche cd. a tavolino

. 6.4. Con riferimento a queste ultime soccorre la previsione di Cass. S.U. n. 24823 del 09/12/2015, per la quale, con riferimento ai tributi cd. non armonizzati, «non sussiste per l'Amministrazione finanziaria alcun obbligo di contraddittorio endoprocedimentale», mentre per i tributi cd. armonizzati, secondo quanto emerge dal diritto unionale, per come interpretato dalla Corte di giustizia della UE, «l'Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l'invalidità dell'atto purché il contribuente abbia assolto all'onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un'opposizione meramente pretestuosa» (cd. prova di resistenza).

6.5. È stato, altresì, evidenziato che «Il processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, di cui l'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000, richiede il rilascio di copia al contribuente almeno sessanta giorni prima della notifica dell'avviso di accertamento, deve intendersi riferito alla conclusione degli accessi, delle ispezioni e delle verifiche fiscali svolte nei locali dell'impresa, non essendo richiesta dalla legge la notificazione al contribuente di un diverso ed ulteriore verbale di chiusura delle operazioni, quando esse siano state completate presso gli uffici dell'ente impositore» (Cass. n. 17818 del 01/06/2022).

6.5.1. Inoltre, nel caso di accesso mirato all'acquisizione di documentazione fiscale, è sufficiente che il PVC indichi i documenti prelevati, ferma restando la decorrenza del termine dilatorio di cui all'art. 12, comma 7, della l. n. 212 del 2000 dal rilascio di copia del predetto verbale, senza che sia necessaria l'adozione di un ulteriore verbale di contestazione delle violazioni successivamente riscontrate (Cass. n. 12094 del 08/05/2019; Cass. n. 11589 del 04/05/2021).

6.6. Nel caso di specie, dall’accertamento in fatto effettuato dalla sentenza impugnata, si evince che i verificatori hanno effettuato due accessi presso la sede dell’impresa: l’uno il 02/10/2013, l’altro il 29/10/2014, cui è seguita, in data 31/10/2014, la notifica di un processo verbale di constatazione. Le operazioni di verifica sono, quindi, state completate a tavolino e, in data 07/01/2016, è stato notificato l’avviso di accertamento oggi impugnato.

6.7. Ne consegue che dal 31/10/2014 (data di inizio del computo, seguendo i principi più sopra riportati) al 07/01/2016 (data di notifica dell’avviso di accertamento) è abbondantemente decorso il termine di sessanta giorni prima del quale non è possibile procedere alla notificazione dell’atto impositivo, sicché la decisione della CTR si rivela corretta.

7. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, rigettati gli altri; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio. 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e rigettati gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma il 4 ottobre 2023.