- in tema di riscossione a mezzo ruolo, l'art. 3-bis d.l. 146 del 2021 si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 della CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione;
- in tema di impugnazione dell'estratto di ruolo, l'art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall'art. 3-bis cit.), selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura dinamica che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito, attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 cod. proc. civ. o fino all'udienza di discussione (prima dell'inizio della relazione) o fino all'adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio.
1. Il primo motivo del ricorso del contribuente è così rubricato: «violazione o falsa applicazione delle norme di diritto art. 1. co 3) codice di procedura civile libro secondo del processo di cognizione titolo III delle impugnazioni (art. 332-408) provvedimenti impugnabili e dei ricorsi - violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.»
Il contribuente assume cha la sentenza impugnata ha deciso facendo proprie le presunzioni acquisite dall’Ufficio senza valutare i titoli allegati in ricorso relativi ai vizi, non solo della cartella, ma di ogni altro atto prodromico; che la C.t.r. ha ritenuto idonee le prove prodotte dall’Ufficio senza analizzare il contenuto dei documenti, la firma del responsabile del procedimento, le modalità di notifica; che l’analisi delle procedure di notifica era stata sommaria; che l’Ufficio non aveva assolto all’onere probatorio sul medesimo gravante quanto all’atto impositivo, al responsabile del procedimento, all’irreperibilità assoluta a seguito della notifica della cartella esattoriale; che la sentenza della C.t.r. non è conforme alla giurisprudenza della Corte in ordine ai limiti di deduzione del vizio di cu all’art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.
2. Con il secondo motivo denuncia, «infondatezza delle motivazioni della sentenza oggetto di cassazione». Censura la sentenza impugnata per aver «fatto proprie valutazioni personali su assunti indimostrati dell’effettiva conoscenza da parte del Sig. I. degli elementi della cartella in quanto alcun contraddittorio era mai avvenuto tra il Sig. I. e l’Ufficio».
3. Con il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 140 cod. proc. civ. in combinato disposto con gli artt. 26, ultimo comma, 60, primo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e «mancata produzione della comunicazione del deposito in casa comunale al contribuente». Assume che la C.t.r. ha omesso del tutto di verificare, quanto alla notifica della cartella, se trattavasi di irreperibilità assoluta o relativa, se il messo avesse svolto le dovute ricerche e se fossero stati rispettati tutti gli adempimenti di cui all’art. 140 cod. proc. civ. Aggiunge che non risulta depositata la comunicazione di avvenuto deposito presso la Casa Comunale.
4. Il ricorso va rigettato e va confermata la sentenza della C.t.r. – che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso in primo grado, ed ha accolto l’appello dell’Ufficio – se pure per motivazioni diverse che vanno corrette ex art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ.
4.1. Va rilevato che il giudizio ha ad oggetto impugnativa di cartella, che si assume non notificata, a seguito dell'avvenuta cognizione della medesima per l'acquisizione di un estratto ruolo.
4.2. Sul punto, è intervenuto il legislatore, il quale, con l'art. 3-bis d.l. 21 ottobre 2021 n. 146, ha inserito in sede di conversione dalla legge 17 dicembre 2021 n. 215, novellando l'art. 12 d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, intitolato alla «Formazione e contenuto dei ruoli», il comma 4-bis, così stabilendo che «l'estratto di ruolo non è impugnabile» e che «Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata sono suscettibili di diretta impugnazione nei soli casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall'iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio per la partecipazione a una procedura di appalto per effetto di quanto previsto nell'art. 80, comma 4, del codice dei contratti pubblici, di cui al D.Lgs. n. 18 aprile 2016, n. 50, oppure per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici di cui all'art. 1, comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, per effetto delle verifiche di cui all'art. 48-bis del presente decreto o infine per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione».
4.3. La Corte, a sezioni unite, (Cass., Sez. U., 06/09/2022, n. 26283) ha affermato, i seguenti principi di diritto:
- in tema di riscossione a mezzo ruolo, l'art. 3-bis d.l. 146 del 2021 si applica ai processi pendenti, poiché specifica, concretizzandolo, l'interesse alla tutela immediata a fronte del ruolo e della cartella non notificata o invalidamente notificata; sono manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma, in riferimento agli artt. 3, 24, 101, 104, 113, 117 Cost., quest'ultimo con riguardo all'art. 6 della CEDU e all'art. 1 del Protocollo addizionale n. 1 della Convenzione;
- in tema di impugnazione dell'estratto di ruolo, l'art. 12, comma 4-bis, d.P.R. n. 602 del 1973 (introdotto dall'art. 3-bis cit.), selezionando specifici casi in cui l'invalida notificazione della cartella ingenera di per sé il bisogno di tutela giurisdizionale, ha plasmato l'interesse ad agire, condizione dell'azione avente natura dinamica che, come tale, può assumere una diversa configurazione, anche per norma sopravvenuta, fino al momento della decisione; la citata disposizione, dunque, incide sulla pronuncia della sentenza e si applica anche nei processi pendenti, nei quali lo specifico interesse ad agire deve essere dimostrato, nelle fasi di merito, attraverso il tempestivo ricorso alla rimessione nei termini (istituto applicabile anche al processo tributario), nel grado di legittimità, mediante deposito di documentazione ex art. 372 cod. proc. civ. o fino all'udienza di discussione (prima dell'inizio della relazione) o fino all'adunanza camerale oppure, qualora occorrano accertamenti di fatto, nel giudizio di rinvio.
4.4. Nel caso di specie, in cui l'originario ricorrente, nulla ha dedotto in ordine al proprio interesse ad agire, va confermata l'inammissibilità dell’originario ricorso.
5. In conclusione, il ricorso per cassazione va rigettato. 6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro 5.500,00 per compensi oltre spese prenotate a debito
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2024.