Giu Nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta "per relationem" rispetto a quella di un'altra decisione, anche se non passata in giudicato
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 04 aprile 2024 N. 9020
Massima
Nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta "per relationem" rispetto a quella di un'altra decisione, anche se non passata in giudicato, purché riproduca i contenuti mutuati e li renda oggetto di un'autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della compatibilità logico - giuridica del rinvio

Casus Decisus
1. La Guardia di Finanza di Pesaro svolgeva ampia indagine penale da cui emergeva che una pluralità di società erano dedite all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, con la finalità di “creare costi fittizi gravanti sul bilancio d’esercizio” (ric., p. I). Tra le società coinvolte c’era la IF Srl, con sede a Salerno, ritenuta una società “cartiera” e non in grado di operare, non avendo “la disponibilità di una sede e un magazzino … la società non risulta aver mai posseduto immobili, né aver mai registrato contratti di locazione o di comodato. Dalla consultazione dei rapporti bancari inoltre, la IF s.r.l. non risulta aver mai intrattenuto rapporti di conto corrente con istituti di credito nazionali … non ha mai avuto dipendenti, stabilimenti, macchinari, recapiti telefonici, conti correnti, organizzazione aziendale; non risultano accesi a suo nome contratti di fornitura energia elettrica; lo stesso amministratore è stato retribuito per il tramite di Andrea I. con denaro proveniente dall’esterno della società” (ric., p. 11 ss.). La GdF notificava Processo Verbale di Costatazione alla società, ed anche all’amministratore di diritto Dario M., al ritenuto “gestore” Domenico L., nonché ad Andrea I., Avvocato salernitano ed odierno ricorrente, qualificato come amministratore di fatto. Successivamente l’Agenzia delle Entrate, recepiti i contenuti del PVC, notificava agli stessi soggetti gli atti impositivi con riferimento a più anni. Il presente giudizio ha ad oggetto l’avviso di accertamento n. TF9030605620/2015, riguardante l’anno 2011, avente ad oggetto Ires ed altro, per un ammontare complessivo dichiarato di oltre cinque milioni di Euro. 2. I. Andrea impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, contestando la propria estraneità alla società IF Srl, che aveva solo assistito quale professionista in alcune vicende legali. La CTP, ritenuta provata la qualità di amministratore di fatto del contribuente, respingeva il suo ricorso. 3. I. Andrea spiegava appello avverso la decisione sfavorevole conseguita nel primo grado del giudizio, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, sezione staccata di Salerno. La CTR osservava che il contribuente era stato assolto in sede penale con formula “per non aver commesso il fatto”, quindi accoglieva il suo ricorso ed annullava l’atto impositivo. 4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione sfavorevole adottata dalla CTR, l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso il contribuente. 4.1. Il ricorso risulta collegato con quello recante RGN 3071/2021, pendente tra le stesse parti ed avente ad oggetto le medesime questioni di diritto, che è stato trattato contestualmente nell’odierna udienza.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 04 aprile 2024 N. 9020 GIUDICEPIETRO ANDREINA

1. Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., e dell’art. 654 cod. proc. pen., in cui è incorso il giudice del gravame per non aver esaminato gli elementi di prova raccolti nel giudizio, ed avere basato la sua decisione esclusivamente sul dispositivo della sentenza penale di assoluzione del contribuente.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria lamenta la nullità della sentenza adottata dalla CTR, perché i giudici dell’appello propongono una motivazione meramente apparente, in violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., e dell’art. 111, comma sesto, Cost., avendo motivato la pronuncia facendo riferimento al solo dispositivo di una sentenza penale, senza per nulla esaminare né le prove a carico fornite dall’Ente impositore, né quelle a discarico fornite dal contribuente, e neppure la stessa sentenza penale.

3. Sembra opportuno chiarire subito che in questo giudizio le parti non hanno richiesto l’esame della responsabilità fiscale della società, perché il contribuente sin dal ricorso introduttivo ha sempre e solo contestato la sua estraneità a qualsiasi violazione tributaria possa essere stata commessa dalla IF Srl. Tanto premesso, nel suo controricorso Andrea I. oppone una pluralità di cause di inammissibilità del ricorso dell’Amministrazione finanziaria. Innanzitutto, in relazione al primo motivo di ricorso, contesta l’inesattezza del riferimento operato dall’Amministrazione finanziaria all’art. 654 cod. proc. pen., che si riferisce alla efficacia in giudizio civile o amministrativo di una decisione penale irrevocabile, mentre in questo giudizio non si controverte circa il rilievo di una sentenza penale irrevocabile, bensì sulla rilevanza che è possibile attribuire ad una sentenza penale di primo grado emessa dal Tribunale di Pesaro che ha assolto Andrea I., per non aver commesso il fatto, “dai reati penali a lui ascritti sul presupposto della qualificazione di amministratore di fatto” (controric., p. 10).

3.1. Censura quindi il controricorrente che appare impropria anche la contestazione proposta dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 116 cod. proc. civ., perché la stessa Corte di legittimità ha chiarito che la violazione di tale norma risulta integrata quando il giudice non abbia esercitato il suo prudente apprezzamento, ed abbia indicato un elemento di prova pretendendo di attribuire ad esso un rilievo diverso da quello previsto dall’ordinamento (es. prova legale), mentre nel caso di specie la ricorrente contesta esclusivamente un errore nell’apprezzamento della prova, che è censurabile in Cassazione Corte di Cassazione - copia non ufficiale 5 di 10 soltanto quale vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. e non quale violazione di legge.

3.2. In ogni caso, argomenta il contribuente, pur contestando formalmente una violazione di legge, la ricorrente Amministrazione finanziaria censura in realtà la decisione della CTR per aver espresso una valutazione diversa da quella auspicata, mentre il vizio di violazione di legge attiene ad una valutazione errata della fattispecie astratta. Diversamente, la ricorrente contesta un’errata valutazione della fattispecie concreta, per avere il giudice dell’appello condiviso la tesi secondo cui non vi è riscontro della funzione di amministratore di fatto svolta da Andrea I. nella società, non potendo trascurarsi che tanto appare coerente con le conclusioni cui è giunto il giudice penale, il quale ha condannato i coimputati, ma ha ritenuto estraneo ai fatti l’odierno ricorrente.

3.3. Egualmente inammissibile, nella prospettazione del ricorrente, risulterebbe il secondo motivo di ricorso, innanzitutto perché la ricorrente lo compone con la tecnica dell’assemblaggio, mediante “riproduzione integrale di documenti” (controric. p. 22). In ogni caso l’anomalia motivazionale può essere ritenuta sussistente sol quando si tramuti “in violazione di legge costituzionalmente rilevante” (controric., p. 23), mentre nel caso di specie la motivazione è presente e comprensibile.

3.4. In ordine alle censure di inammissibilità proposte dal controricorrente, deve osservarsi che le critiche introdotte dall’Amministrazione finanziaria sono esposte con chiarezza, e non si riscontrano i vizi lamentati dal contribuente. Invero l’Amministrazione non si duole che la CTR abbia fondato la sua decisione su un giudicato penale, indipendentemente dal contenuto precettivo di una delle norme indicate come violate. La contestazione mossa lamentando che il giudice dell’appello ha attribuito il rilievo di prova unica e sufficiente ad un elemento non decisivo nello specifico giudizio non è inammissibile, critica infatti una violazione di legge e rivela pure che la censura è diretta a contestare la valutazione della fattispecie astratta rilevante da parte del giudice dell’appello. Resta da chiarire che la ricorrente non ha composto il suo atto con la tecnica dell’assemblaggio, ma ha opportunamente riportato solo un estratto di taluni documenti (in particolare le intercettazioni telefoniche), al fine di chiarire le proprie censure avverso la decisione adottata dalla CTR, cui lamenta di non aver affatto esaminato gli elementi probatori acquisiti in atti. Infine, se la tesi dell’Amministrazione finanziaria secondo cui la CTR ha deciso solo sulla base del dispositivo di una sentenza penale, senza operare alcuna valutazione circa gli elementi probatori acquisiti nel giudizio tributario, dovesse risultare fondata, la conseguenza sarebbe (non il vizio di motivazione, bensì) la nullità della decisione, perché la motivazione risulterebbe senz’altro inferiore al minimo costituzionale. La ricorrente non contesta con il secondo motivo di ricorso un errore di valutazione da parte della CTR, ma censura la mancanza di una valutazione propria da parte del giudice del gravame.

4. Tanto premesso, il giudice impugnato descrive in più pagine le vicende che hanno dato origine al presente giudizio, ma risulta poi assai succinta la motivazione della sua decisione. In sostanza la CTR ricorda che la tesi dell’Amministrazione finanziaria secondo cui lo I. era stato l’amministratore di fatto della società, è stata fondata sulle indagini svolte in sede penale. La sentenza del giudice penale di Pesaro ha poi assolto il contribuente “per non aver commesso il fatto … gli esiti assolutori della vicenda penale appaiono particolarmente decisivi, proprio in quanto, come va ribadito, l’Ufficio non ha compiuto, a sostegno del proprio accertamento, una autonoma ricostruzione dei fatti, richiamandosi pedissequamente alla vicenda penale … l’appello va accolto e, in riforma della sentenza impugnata, l’avviso di accertamento emesso a carico dell’appellante va annullato” (sent. CTR, p. 6 s.).

4.1. Invero il giudice dell’appello effettivamente, come contestato dalla ricorrente, non dedica alcun riferimento, e tantomeno esame, agli elementi probatori allegati dalle parti, limitandosi a recepire la sola parte decisoria della pronuncia penale, e pretendendo peraltro di ribaltare sull’Amministrazione finanziaria la responsabilità della ritenuta mancanza di elementi probatori diversi dagli atti rilevanti in sede penale. Eppure le parti avevano allegato numerosi elementi di prova, e nulla limita la possibilità di estrarli anche dagli accertamenti penali eseguiti. L’Amministrazione finanziaria si è impegnata ad indicare gli elementi che inducevano a ritenere che Andrea I. fosse l’amministratore di fatto della società segnalando, sembra opportuno ricordare a titolo esemplificativo, la documentazione reperita presso lo studio dell’odierno controricorrente e le raccolte intercettazioni telefoniche le quali, nella prospettazione dell’Agenzia delle Entrate, provano il ruolo gestorio svolto dal contribuente all’interno della società, provvedendo egli anche a documentati pagamenti per suo conto ed in favore dell’Amministratore di diritto della società (M.). La difesa del contribuente ha replicato non esservi “un solo atto o fatto dal quale poter far desumere l’esercizio di attività gestorie … l’avv. I. MAI aveva posto in essere alcun atto o fatto anche lontanamente qualificabile come significativo dell’esercizio di una potestà gestoria” (controric., p. 3 s.). Di queste opposte prospettazioni delle parti, però, il giudice del gravame non dà conto in alcuna misura.

4.2. Ma vi è di più, il giudice del gravame non esamina, neppure in sintesi, neanche la decisione penale su cui fonda le proprie tesi, ritenendo di poterne acriticamente trasporre le sole conclusioni in un giudizio tributario.

4.3. Diversamente questa Corte regolatrice, proponendo un orientamento interpretativo consolidato e condivisibile, ha innanzitutto premesso che “nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula "perché il fatto non sussiste", non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell'esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare” Cass. sez. V, 22.5.2015 (evidenza aggiunta), n. 10578; e non ha quindi mancato di specificare che “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall'art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna; ne consegue che il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie, ma, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli elementi di prova acquisiti al giudizio”, Cass. sez. VI-V, 24.11.2017, n. 28174 (evidenza aggiunta).

Si è quindi pure statuito che “in materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in tema di prova posti dall'art. 7, comma 4, del d.lgs. n. 546 del 1992, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l'imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario”, Cass. sez. VI-V, 28.6.2017, n. 16262, (evidenza aggiunta).

4.4. Il giudice tributario, pertanto, non può motivare la propria decisione esclusivamente richiamando l’esito di un giudizio penale, peraltro neppure illustrando i contenuti della decisione. Diversamente, il giudice tributario deve valutare se l’accertamento compiuto in sede penale risulti utile anche ai fini del giudizio che gli compete, il quale segue regole molto diverse, e darne atto nella sua decisione, senza trascurare di esprimere la propria valutazione sugli elementi probatori assicurati dalle parti. Può ancora essere rilevato che le pronunce della Suprema Corte innanzi ricordate operano riferimento a decisioni penali irrevocabili, mentre in questo caso la CTR richiama una decisione di primo grado, e quanto si è osservato assume quindi ancor maggior valore. In ogni caso non si è mancato di chiarire, illustrando anche le conseguenze, che “nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta "per relationem" rispetto a quella di un'altra decisione, anche se non passata in giudicato, purché riproduca i contenuti mutuati e li renda oggetto di un'autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della compatibilità logico - giuridica del rinvio. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto nulla la pronuncia impugnata, in quanto si era ricondotta solo genericamente ad una sentenza di assoluzione in sede penale, senza richiamarne il contenuto e specificarne la rilevanza ai fini dell'accertamento tributario)”, Cass. sez. VI-V, 6.3.2018, n. 5209 (evidenza aggiunta).

5. In definitiva deve essere accolto il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria, cassandosi la decisione impugnata con rinvio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno, perché proceda a nuovo giudizio.

La Corte di Cassazione,

P.Q.M.

accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, sezione staccata di Salerno perché, in diversa composizione, proceda a nuovo giudizio, nel rispetto dei principi esposti, e provveda anche a regolare le spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti. Così deciso in Roma, il 7.3.2024

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