1. Preliminarmente deve darsi atto che la difesa di A.L. ha presentato istanza di interruzione del giudizio per intervenuta morte della parte. L’istanza deve essere disattesa. Al riguardo trova infatti applicazione il principio secondo cui nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l'istituto dell'interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo, né consente agli eredi di tale parte l'ingresso nel processo.
2.Possono ora trattarsi le singole doglianze.
Con il primo motivo ci si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 615, 617, c.p.c., dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 nonché degli artt. 2938 e 2943 c.c. per aver il giudice di appello ritenuto che in caso di impugnazione dell’intimazione di pagamento, notificata ex art. 50 del dpr n. 602 del 1973, può conoscere della prescrizione maturata dalla notifica della prodromica cartella nonostante la regolare notifica di atti interruttivi. Sostanzialmente ci si duole del fatto che avendo il ricorrente ricevuto regolare notifica della cartella avrebbe dovuto impugnare quella, quale unico atto effettivamente impugnabile dal contribuente, e non proporre opposizione agli atti esecutivi successivamente.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 49 del d.p.r. n. 602 del 1973, dell’art. 17,19,20 del d.lgs. n. 112 del 1999 nonché degli art. 2946 e seguenti c.c. Si invoca un revirement volto a mutare l’orientamento di cui a S.U. n. 23397 del 2016 poiché ad avviso dell’agenzia la detta sentenza non si occuperebbe del problema relativo a quale sia la prescrizione applicabile ex se ai singoli tributi iscritti a ruolo e affidati all’agente di riscossione per l’esecuzione, quando non vi sia stata alcuna impugnazione con conseguente irretrattabilità dei medesimi. Secondo l’agenzia ricorrente, in sostanza, quando i crediti confluiscono nel ruolo, che avrebbe la natura di titolo esecutivo per quanto del tutto peculiare, si realizzerebbe una novazione soggettiva e la creazione di un unico credito nell’ambito del quale non è possibile scorporare le singole voci originarie. Il ruolo, così, determinerebbe un effetto novativo sulle obbligazioni originariamente dovute a separate ragioni di credito, con la conseguenza che non potrebbe più farsi riferimento alla decorrenza originariamente prevista per ciascun credito ma unicamente alla prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c.
3.I motivi, che possono essere trattati congiuntamente stante l’intima connessione degli stessi, sono infondati. A.L. ha proposto opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. avverso l’intimazione di pagamento, notificata nel 2015 mentre la cartella è stata notificata nel 2002. Diversamente da quanto rappresentato dall’Agenzia, tra la notifica della cartella e l’intimazione di pagamento risulta decorso un quinquennio, in assenza di compimento e della notifica, medio tempore di atti interruttivi. La C.T.R., con accertamento non sindacabile in questa sede, non si è limitata a riconoscere che gli atti fossero ultraquinquennali, ma ha anche affermato che i suddetti atti, notificati nel 2009 e nel 2014, non fossero mai pervenuti nella sfera di conoscibilità del debitore. Da un lato quindi gli atti successivi alla cartella non sono stati validamente notificati, dall’altro, è decorso il termine quinquennale di talché è prescritto il credito contributivo.
E’ necessario, tuttavia, effettuare qualche precisazione. La prescrizione dei crediti previdenziali, nel caso di mancata o tardiva opposizione a cartella esattoriale, rimane quinquennale e non si converte in decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c. (S.U. n. 23397/2016). Ancor più chiaro è il princiP. come ribadito da Sez. 3. n. 11800 del 2018 (e poi da Sez. 6-5, n. 33797 del 2019), secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l'effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. "conversione" del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ex art. 2953 c.c.
Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l'opposizione, non consente di fare applicazione dell'art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.
In buona sostanza la cartella non opposta stabilizza la richiesta dell'amministrazione creditrice, senza con ciò assumere la stessa valenza del credito definitivamente accertato in sede giudiziale (ex art. 2953 c.c.). Ciò significa che dalla mancata impugnazione della cartella trovano applicazione i termini prescrizionali di ciascun credito (che per molti crediti previdenziali corrispondono effettivamente a cinque anni).
Quindi, se il credito azionato ha prescrizione decennale, come per i tributi relativi ad iva o ad imposte dirette, la prescrizione resta sempre quella decennale, o, al contrario, se il diritto di credito ha prescrizione più breve, come per la tassa automobilistica (triennale), resta sempre quello più breve. Nella specie dalla sentenza impugnata non emerge alcun termine differente da quello (quinquennale) previsto, ordinariamente, per i crediti previdenziali, pertanto non può che applicarsi quest’ultimo.
In conclusione il ricorso è respinto.
Le spese sono liquidate come da dispositivo.
Essendo il ricorrente una pubblica amministrazione non sussistono i presupposti per il pagamento del contributo unificato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5800,00 oltre oneri ed accessori. Così deciso in Roma, l’ 8 novembre 2023