Giu L’istituto tesoriere degli enti locali è sempre tenuto a fornire al giudice dell’esecuzione tutti gli elementi utili a consentirgli l’eventuale rilievo di ufficio dell’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva dei creditori
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 08 marzo 2024 N. 6371
Massima
«l’istituto tesoriere degli enti locali, chiamato a rendere la dichiarazione di quantità nel processo di espropriazione promosso dai creditori dell’ente sulle disponibilità del conto di tesoreria, è sempre tenuto a fornire al giudice dell’esecuzione tutti gli elementi utili a consentirgli l’eventuale rilievo di ufficio dell’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva dei creditori, in particolare ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L. (decreto legislativo n. 267 del 2000), anche nel caso in cui lo stesso ente debitore si sia costituito nel processo esecutivo o abbia addirittura proposto l’opposizione volta a far valere l’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva, per la quale è l’unico legittimato attivo; in tali ultime ipotesi, peraltro, l’ente debitore assume l’onere di documentare i fatti allegati a fondamento della sua eccezione di impignorabilità e di coltivare diligentemente l’eventuale opposizione, onde, in mancanza, il pregiudizio consistente nell’eventuale conseguente assegnazione delle somme pignorate gli sarà causalmente imputabile in via esclusiva, restando eliso il nesso causale con l’eventuale inadempimento del terzo debitore nel somministrare al giudice dell’esecuzione gli elementi suddetti»;

«in caso di azione risarcitoria promossa dall’ente locale nei confronti del proprio istituto tesoriere, sull’assunto che la dichiarazione di quantità incompleta, imprecisa o non veritiera resa da quest’ultimo abbia determinato l’assegnazione delle somme pignorate, l’ente attore ha l’onere di dimostrare non solo che la dichiarazione resa dal tesoriere fosse effettivamente incompleta, imprecisa o non veritiera, ma altresì che essa sia stata la causa dell’evento dannoso e, in particolare, dell’assegnazione di somme effettivamente impignorabili; a tal fine, l’ente ha l’onere di dimostrare sia i fatti costitutivi del vincolo di impignorabilità (ad iniziare dalla notificazione al tesoriere delle deliberazioni di vincolo di importi non inferiori a quelli disponibili sul conto di tesoreria), sia l’assenza di eventuali fatti estintivi o modificativi di quel vincolo che avrebbero potuto essere opposti dai creditori (tra cui la mancata emissione di mandati di pagamento per titoli non vincolati, senza il rispetto del necessario ordine cronologico)».

Casus Decisus
Il Comune di C. ha agito in giudizio nei confronti del suo istituto tesoriere, BANCA, per ottenere il risarcimento del danno che assume essergli stato da questa causato in conseguenza delle dichiarazioni rese, quale terza pignorata, in un procedimento di espropriazione presso terzi, che avrebbero condotto all’assegnazione di somme non pignorabili in favore di un suo creditore. La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Larino, che, pur avendo ritenuto sussistente la dedotta condotta illecita della banca, ha giudicato insufficiente la prova del danno in concreto subito dall’ente locale. La Corte d’appello di Campobasso, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dalla banca convenuta, ha invece escluso anche la condotta illecita di quest’ultima, per tale diversa ragione confermando il rigetto della domanda, con conseguente assorbimento dell’appello proposto, in via principale, dal Comune di C. relativamente alla sussistenza del danno. Ricorre il Comune di C., sulla base di un unico motivo. Resiste con controricorso la BANCA. È stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c.. Le parti hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c.. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza decisoria nei sessanta giorni dalla data della camera di consiglio.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 08 marzo 2024 N. 6371 Travaglino Giacomo

1. Con l’unico motivo del ricorso si denunzia «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 547 cpc. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 159 d.lgs. 267/2010. Errata e distorta interpretazione dei principi di diritto espressi dalla Corte di Cassazione, sez. III, con sent. n. 12259 del 27 maggio 2009. Impugnabilità della sentenza ai sensi e per gli effetti dell’art. 360, co. 1 n. 3), c.p.c.». 

Secondo l’ente ricorrente, la corte d’appello si sarebbe discostata dai principi di diritto applicabili nella fattispecie che, a suo avviso sarebbero i seguenti: «1) non rileva che il debitore compaia o no nella udienza stabilita per la dichiarazione del terzo e che vi sollevi o no questioni circa la pignorabilità delle somme esistenti presso il tesoriere; 2) il tesoriere ha l’onere di dichiarare ogni fatto rilevante ai fini dell’accertamento della pignorabilità – riguardi la delibera di destinazione delle somme agli impieghi protetti o gli altri pagamenti – e, in presenza di contestazioni da parte del creditore, può essere richiesto dal giudice di documentarli; 3) è sulla base di tale dichiarazione e della documentazione presentata dal tesoriere, e se del caso dal creditore procedente, che il giudice dell’esecuzione riterrà esistenti le condizioni cui si ricollega l’effetto di impignorabilità e la conseguente nullità del pignoramento ovvero le riterrà non esistenti, facendo luogo alla assegnazione delle somme pignorate».

Il ricorso è infondato, anche se la sentenza impugnata, il cui dispositivo finale è conforme a diritto, richiede alcune correzioni ed integrazioni della motivazione.

2. È opportuno, preliminarmente, riportare i fatti che hanno dato luogo alla presente controversia.

2.1 L’istituto tesoriere del Comune di C., terzo pignorato in un procedimento esecutivo promosso contro l’ente locale ai sensi degli artt. 543 e ss. c.p.c., in sede di dichiarazione di quantità (anche all’esito delle successive integrazioni e precisazioni di quella originariamente resa), si è limitato a dare atto al giudice dell’esecuzione della sussistenza di un saldo attivo sul conto di tesoreria e dell’avvenuto vincolo delle somme pignorate, senza precisare se ed in quali termini tali somme fossero soggette ai limiti di disponibilità derivanti dalle deliberazione adottate e notificate dall’ente locale ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L. (decreto legislativo n. 267 del 2000), il quale prevede quanto segue: «1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa. 2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti locali destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi successivi; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi locali indispensabili. 3. Per l’operatività dei limiti all’esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l’organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità. 4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all’attività del tesoriere. 5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell’esperimento delle procedure di cui all’articolo 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e di cui all’articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell’attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151, comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3».

2.2 Il tribunale, in primo grado, ha ritenuto sussistere l’inadempimento contrattuale dell’istituto tesoriere, in relazione alla convenzione di tesoreria, per non avere reso una dichiarazione di quantità precisa e completa, in quanto priva dei necessari riferimenti a tutte le circostanze aventi rilevanza al fine dell’accertamento della pignorabilità delle somme di denaro esistenti sul conto di tesoreria, ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L.. Ha, però, ugualmente rigettato la domanda del comune, ritenendo insufficiente la prova del danno, per non essere stato dimostrato il pregiudizio concreto subito dall’ente, ovvero, in particolare, la specificazione dei debiti non pagati e dei servizi comunali essenziali, ai sensi dell’art. 159, co. 2, T.U.E.L., non prestati a causa ed in conseguenza dell’assegnazione della somma pignorata.

2.3 Il comune ha proposto appello (in via principale) sostenendo che avrebbe dovuto ritenersi sussistente la prova del danno, in quanto le somme assegnate erano state pagate dall’istituto terzo tesoriere alla creditrice procedente immediatamente dopo l’assegnazione e, successivamente, era stato caducato il titolo esecutivo, ma non era ormai possibile ottenere la restituzione degli importi assegnati, a causa dell’insolvibilità dell’assegnataria. Di conseguenza, se le somme in questione non fossero state assegnate, sarebbe stato evitato il danno, consistente nel relativo esborso non dovuto.

L’istituto tesoriere ha, invece, impugnato la decisione di primo grado (in via incidentale) sostenendo, tra l’altro, che dovesse in radice escludersi il suo inadempimento contrattuale per aver reso una dichiarazione di quantità imprecisa o incompleta, in quanto esso non sarebbe affatto tenuto a fare menzione delle somme eventualmente impignorabili, in tale dichiarazione, dovendo essere l’ente locale a proporre le opportune azioni giudiziarie per far valere detta impignorabilità.

2.4 La corte d’appello ha ritenuto pregiudiziale ed assorbente l’esame dell’impugnazione incidentale dell’istituto tesoriere, che ha accolto.

Richiamando i principi di diritto espressi in due precedenti di questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23727 del 16/09/2008, Rv. 604977 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12259 del 27/05/2009, Rv. 608376 - 01), ha affermato che l’istituto tesoriere dell’ente locale, quale terzo pignorato nell’espropriazione dei crediti dell’ente locale, ha l’obbligo di fornire al giudice dell’esecuzione, in sede di dichiarazione di quantità, tutti gli elementi utili in suo possesso ai fini della valutazione della pignorabilità delle disponibilità esistenti sul conto di tesoreria, ma solo nel caso in cui nella procedura esecutiva non si sia costituito lo stesso ente locale o, comunque, in caso di mancata contestazione, da parte di quest’ultimo della suddetta pignorabilità. Poiché, invece, nella specie, il debitore Comune di C. si era costituito e aveva anche proposto opposizione, deducendo proprio l’impignorabilità delle somme esistenti sul conto di tesoreria, doveva escludersi la sussistenza di tale obbligo e, di conseguenza, il dedotto inadempimento negoziale dell’istituto tesoriere.

Tale ultima affermazione non è conforme a diritto.

3. In base alla costante giurisprudenza di questa Corte (e, in primo luogo, proprio in base a quanto affermato nei precedenti richiamati dalla corte d’appello nella sentenza impugnata, correttamente interpretati), l’istituto tesoriere, in sede di dichiarazione di quantità, ha non solo l’onere, ma il preciso obbligo giuridico di specificare, oltre alle somme giacenti sul conto di tesoreria, se vi siano delibere di vincolo emesse dall’ente locale ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L., il loro preciso oggetto, l’importo vincolato ai fini indicati e la data di notificazione delle stesse.

In altri termini, il tesoriere è senz’altro tenuto a fornire al giudice dell’esecuzione tutti gli elementi utili a consentirgli l’eventuale rilievo di ufficio dell’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva dei creditori, ai sensi della norma indicata, che tale rilievo officioso impone espressamente (cfr., in particolare, la massima tratta da Cass., Sez. 3, Sentenza n. 23727 del 16/09/2008, Rv. 604977 – 01, cui risulta conforme quella di Cass., Sez. 3, Sentenza n. 12259 del 27/05/2009, Rv. 608376 – 01: «in tema di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali avente ad oggetto somme giacenti presso il tesoriere, questi, in quanto ausiliare del giudice, ha il dovere di precisare nella dichiarazione prevista dall’art. 547 c.p.c. se esistono presso di lui somme di cui è debitore verso l’ente locale, nonché quale ne è la condizione in rapporto alla delibera di destinazione a lui notificata ed ai pagamenti successivi»).

3.1 È, pertanto, certamente e manifestamente infondata, in primo luogo, la tesi della banca controricorrente secondo la quale, addirittura, il tesoriere dell’ente locale potrebbe, di regola, limitarsi a dichiarare l’esistenza, sul conto di tesoreria, delle somme pignorate dal creditore e ad imporre il vincolo su di esse, senza indicare al giudice dell’esecuzione le eventuali deliberazioni dell’ente, adottate e notificate ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L., e tutti gli altri elementi utili in suo possesso ai fini della valutazione della pignorabilità delle giacenze del conto di tesoreria.

3.2 In proposito, depongono varie considerazioni (in massima parte già ampiamente e meglio espresse nelle motivazioni dei richiamati precedenti del 2008 e 2009, il cui senso effettivo non pare essere stato correttamente inteso dalla corte d’appello, ed ai quali si fa rinvio per quanto possa occorrere).

3.2.1 In primo luogo, si deve tener conto della circostanza che la legge prevede espressamente l’obbligo per il giudice dell’esecuzione di procedere al rilievo di ufficio della eventuale impignorabilità, il che richiede, quanto meno, che gli siano noti i dati rilevanti a tal fine, i quali possono essere forniti, almeno in prima battuta, solo dal tesoriere terzo pignorato, specie in mancanza di costituzione del debitore.

3.2.2 Inoltre, il comma 4 dell’art. 159 del T.U.E.L. prevede che «le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni all’attività del tesoriere»: in base alla disposizione in esame, sembrerebbe addirittura che il tesoriere non debba affatto apporre il vincolo di cui all’art. 546 c.p.c. sulle somme di cui al conto di tesoreria, in caso di procedure esecutive azionate su somme impignorabili, il che significa che lo stesso non può affatto ritenersi estraneo alla valutazione dei presupposti di detta impignorabilità ma, al contrario, deve verificare se il vincolo di impignorabilità sussista, quanto meno in base agli atti in suo possesso. Onde, di tanto certamente deve dare conto al giudice dell’esecuzione, in sede di dichiarazione di quantità.

3.2.3 Nel medesimo senso depone, infine, l’obbligo dell’ente locale, previsto dal comma 3 dell’art. 159 del T.U.E.L., di notificare preventivamente, ogni semestre, al tesoriere, le delibere di vincolo: tale notificazione ha l’evidente scopo di rendere edotto il tesoriere dei vincoli di impignorabilità, affinché possa valutare esso stesso se vi siano somme pignorabili su cui appore il vincolo di cui all’art. 546 c.p.c., in caso di pignoramento.

3.3 Non vi sono dubbi, pertanto, che l’istituto tesoriere abbia l’obbligo di rendere una dichiarazione completa al giudice dell’esecuzione, con la precisazione di tutti gli elementi a sua conoscenza che possano avere rilievo ai fini della pignorabilità delle somme giacenti presso di lui e che, in mancanza, la sua dichiarazione non potrà in nessun caso ritenersi precisa, corretta e completa, con tutte le conseguenze del caso in ordine alla sua responsabilità nei rapporti con l’ente locale, in base alla convenzione di tesoreria. Tanto discende dal peculiare regime delle somme oggetto del rapporto di tesoreria, la cui eventuale impignorabilità è rilevabile di ufficio per la finalità pubblicistica impressa al denaro: può, anzi, reputarsi rientrare nei doveri assunti dal tesoriere unico dell’ente locale territoriale, in quanto connaturato al diligente espletamento delle sue incombenze istituzionali, l’obbligo di attenta valutazione dei presupposti di libera disponibilità o, al contrario, di impignorabilità delle somme gestite nel servizio di tesoreria, nonché di cooperazione col giudice dell’esecuzione nella prospettazione piena e puntuale dei relativi elementi.

4. È opportuno effettuare alcune ulteriori precisazioni in ordine all’oggetto e al contenuto della dichiarazione di quantità che deve rendere l’istituto tesoriere dell’ente locale in sede di pignoramento presso terzi contro l’ente.

4.1 L’eventuale mera dichiarazione del terzo tesoriere, al giudice dell’esecuzione, di avere apposto il vincolo su determinate somme giacenti sul conto di tesoreria, in mancanza di ulteriori chiare, dettagliate e complete specificazioni sull’esistenza di tutte le circostanze di fatto che gli siano note in relazione ai possibili vincoli di impignorabilità, costituisce, di regola, una violazione degli obblighi dell’istituto tesoriere.

4.2 Fa però eccezione il caso in cui tale dichiarazione derivi semplicemente dalla circostanza che vi siano sul conto di tesoreria somme eccedenti quelle vincolate in base alle deliberazioni adottate dall’ente locale ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L. e, quindi, certamente non soggette ai relativi limiti di pignorabilità (in misura quanto meno pari all’oggetto del pignoramento): in tal caso, la dichiarazione di quantità può essere resa in senso positivo, con riguardo a tali somme, a prescindere, quindi, dai vincoli di pignorabilità sussistenti sulle somme oggetto delle deliberazioni di vincolo di destinazione, che non hanno pertanto alcun rilievo concreto.

4.3 Peraltro, nella prassi, possono sussistere ragionevoli dubbi sull’effettiva pignorabilità delle somme giacenti sul conto di tesoreria, in quanto tale pignorabilità dipende anche da circostanze che potrebbero non essere note al tesoriere. È il caso, ad esempio, della eventuale emissione, da parte dell’ente locale, di mandati di pagamento per titoli non vincolati, dopo la notificazione della deliberazione semestrale di vincolo, senza il rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle relative fatture, che rende inefficace ogni vincolo, a seguito della pronuncia della sentenza della Corte costituzionale 4-18 giugno 2003 n. 211, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 159, commi 2, 3 e 4, «nella parte in cui non prevede che la impignorabilità delle somme destinate ai fini indicati alle lettere a), b) e c) del comma 2 non operi qualora, dopo la adozione da parte dell’organo esecutivo della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle suddette finalità e la notificazione di essa al soggetto tesoriere dell’ente locale, siano emessi mandati a titoli diversi da quelli vincolati, senza seguire l’ordine cronologico delle fatture così come pervenute per il pagamento o, se non è prescritta fattura, delle deliberazioni di impegno da parte dell’ente stesso».

Quando tali ragionevoli dubbi abbiano rilievo concreto ai fini dell’esito dell’azione esecutiva, in quanto non esistono sul conto di tesoreria disponibilità eccedenti quelle oggetto delle deliberazioni di vincolo di destinazione notificate dall’ente locale, come tali liberamente pignorabili, in misura sufficiente alla soddisfazione del creditore, si ritiene, pertanto, generalmente possibile per il terzo tesoriere, fornire una dichiarazione di quantità articolata, onde evitare di restare incolpevolmente esposto al rischio di doppi pagamenti. In tal caso, si ammette, cioè, che il tesoriere, dettagliatamente indicate e documentate tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini della pignorabilità e, in particolare, specificamente dettagliate le somme esistenti sul conto di tesoreria e richiamate le delibere di vincolo notificategli dall’ente locale ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L., con le relative date e con il relativo oggetto, possa comunque assoggettare al vincolo di cui all’art 546 c.p.c. gli importi pignorati, a mero titolo cautelativo (nonostante l’apparente contrario disposto dell’art. 159, comma 4, T.U.E.L.), per il caso in cui il vincolo di impignorabilità fosse ritenuto inefficace, questione di diritto che spetta al giudice dell’esecuzione valutare. 4.4 Pur potendosi ritenere legittima tale prassi, resta fermo, anzi, deve a maggior ragione affermarsi, in tal caso, l’obbligo, per l’istituto tesoriere, di dichiarare e precisare tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini della pignorabilità, fornendone al giudice dell’esecuzione anche il riscontro documentale, quanto meno se richiesto e nei limiti del possibile, quale ausiliario dello stesso giudice.

4.5 Ne consegue che, a una dichiarazione meramente “positiva” del tesoriere, di avvenuto vincolo delle somme pignorate ai sensi dell’art. 546 c.p.c., senza alcuna ulteriore precisazione sulle eventuali circostanze di fatto rilevanti ai fini della pignorabilità, in rapporto all’art. 159 del T.U.E.L., non può attribuirsi altro significato che quello (implicito ma inequivocabile, in relazione al già richiamato obbligo di completa informazione del giudice dell’esecuzione sui fatti utili ai fini della valutazione della pignorabilità del denaro oggetto del rapporto di tesoreria) di attestazione dell’esistenza, sul conto di tesoreria, di somme liberamente pignorabili per un importo almeno pari a quello del pignoramento, ciò che può derivare, alternativamente: a) dalla radicale inesistenza di delibere di vincolo di destinazione notificategli dall’ente locale ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L.; b) dall’esistenza, sul conto di tesoreria, di disponibilità di somme eccedenti quelle oggetto delle delibere di vincolo notificate, sufficienti a coprire l’intero importo pignorato.

5. In base a quanto sin qui chiarito, devono, poi, ricostruirsi i presupposti della eventuale responsabilità risarcitoria nei confronti dell’ente locale, dell’istituto tesoriere che renda una dichiarazione di quantità incompleta (per avere omesso di riferire di delibere di vincolo o di altre circostanze rilevanti ai fini della pignorabilità delle somme presso di lui giacenti) e/o imprecisa, in quanto non corrispondente al vero (per avere dichiarato di procedere al vincolo, senza ulteriori specificazioni, delle somme pignorate, quindi per averle implicitamente dichiarate liberamente pignorabili, mentre esse non lo erano). 5.1 In tali ipotesi, l’istituto certamente viola un obbligo derivante dalla convenzione di tesoreria e dalla legge e di tale violazione deve, in astratto, rispondere nei confronti dell’ente locale. La sua eventuale responsabilità risarcitoria, che va fatta valere al di fuori dei rimedi propri del processo esecutivo in cui ha luogo la dichiarazione di quantità, richiede peraltro, come è ovvio in base ai principi generali, anche la deduzione e la prova del relativo danno: richiede, cioè, che sia allegato e dimostrato che la dichiarazione incompleta e/o non corrispondente al vero abbia determinato, in concreto, l’assegnazione in favore del creditore di somme effettivamente non pignorabili.

5.2 Solo in tale ultimo caso, la responsabilità del tesoriere determinerà l’obbligo di riconoscere ancora come dovuto, in favore dell’ente locale, nell’ambito del rapporto di tesoreria, l’importo dichiarato pignorabile e assegnato, ma che invece non era tale, cioè, l’importo vincolato (e assegnato) nonostante il divieto di cui all’art. 159 del T.U.E.L. (la responsabilità potrà eventualmente estendersi anche all’ulteriore danno derivante dalla mancata erogazione dei servizi pubblici per cui erano stati apposti i vincoli, se sia dimostrato che l’assegnazione delle somme ha impedito di erogarli, nonché le conseguenze dannose di tale mancata erogazione, ma, diversamente da quanto ha ritenuto il giudice di primo grado, la questione non rileva nella presente fattispecie, per quanto si dirà).

5.3 In tutti i casi, peraltro, occorre che l’ente locale, laddove assuma che il tesoriere abbia reso una dichiarazione di quantità incompleta o non corrispondente al vero, in violazione dell’art. 159 del T.U.E.L., e ne chieda la condanna al risarcimento del danno in proprio favore, dimostri: a) il danno, e cioè, quanto meno, che le somme dichiarate prive di vincoli di impignorabilità e, di conseguenza, assegnate dal giudice dell’esecuzione sulla base della dichiarazione dell’istituto tesoriere, fossero invece effettivamente impignorabili, sicché l’assegnazione disposta a seguito della dichiarazione abbia comportato la sottrazione di quel denaro dagli scopi cui era destinato in ragione della impignorabilità; b) il nesso di causa tra l’inadempimento del tesoriere e il danno, cioè che la dichiarazione inesatta o incompleta dell’istituto sia stata l’effettiva causa dell’assegnazione delle somme impignorabili.

5.4 È, del resto, appena il caso di osservare (con riguardo al profilo sub a) che, in mancanza dell’assegnazione di somme impignorabili, non vi sarebbe alcun danno (tanto meno ingiusto) per l’ente locale, in quanto l’assegnazione delle somme pignorabili in favore del creditore munito di titolo esecutivo nei confronti dell’ente stesso è un evento del tutto conforme a diritto e non può in nessun caso costituire un danno risarcibile.

6. I principi generali di diritto sin qui esposti in relazione ai necessari caratteri di completezza, verità e precisione della dichiarazione di quantità che deve rendere, in sede di pignoramento presso terzi, l’istituto tesoriere di un ente locale, derivando direttamente dalla legge e dalla convenzione di tesoreria, determinano un preciso obbligo dello stesso, che certamente non può venir meno e neanche può mutare il suo oggetto in virtù della condotta processuale dell’ente locale debitore. Dunque, tale obbligo sussiste sempre, anche laddove l’ente locale si sia costituito nel processo esecutivo ed anche laddove abbia eventualmente proposto opposizione al fine di far valere l’impignorabilità delle somme giacenti sul conto di tesoreria.

In tale ultimo caso, peraltro, le omissioni o imprecisioni della dichiarazione di quantità resa dall’istituto terzo tesoriere in ordine alle circostanze di fatto utili ai fini della valutazione dell’eventuale impignorabilità delle disponibilità del conto di tesoreria, possono finire per essere in concreto irrilevanti ai fini della eventuale emissione del provvedimento di assegnazione, cioè nella eventuale determinazione dell’evento effettivamente dannoso per l’ente locale (che, come già chiarito, consiste nell’assegnazione di somme effettivamente impignorabili).

6.1 Laddove le circostanze di fatto rilevanti ai fini dell’accertamento della pignorabilità risultino allegate dallo stesso ente locale, infatti, sarà il giudice dell’esecuzione, in prima battuta e in sede sommaria, nonché il giudice dell’opposizione esecutiva, in sede contenziosa ed in via definitiva, a stabilire se sussista o meno la suddetta pignorabilità, tenuto anche conto delle eventuali ulteriori difese del creditore procedente.

6.2 Va, in proposito, ribadito che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, cui va senz’altro data piena continuità, l’ente debitore è l’esclusivo legittimato a proporre l’opposizione all’esecuzione volta a far valere l’impignorabilità delle somme assoggettate ad espropriazione (ex multis: Cass., Sez. L, Sentenza n. 6667 del 29/04/2003, Rv. 562536 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 387 del 11/01/2007, Rv. 595611 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 4212 del 23/02/2007, Rv. 595615 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 3790 del 18/02/2014, Rv. 630151 – 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 23631 del 28/09/2018, Rv. 650882 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 28625 del 13/10/2023, Rv. 668952 – 01). 6.3 Di conseguenza, deve ritenersi che, nel dedurre l’impignorabilità delle somme assoggettate ad espropriazione nell’ambito del processo esecutivo, l’ente debitore assuma anche l’onere di fornire la prova dei fatti allegati a sostegno del suo assunto (se tale prova non sussista già in atti, essendo in tal caso possibile il rilievo di ufficio da parte del giudice) e, in particolare, quando l’allegazione avvenga nell’ambito di una opposizione esecutiva, quale legittimato esclusivo a proporre siffatta opposizione, assuma anche l’onere di coltivarla diligentemente e la conseguente responsabilità, in mancanza dovendo imputare integralmente a sé stesso l’eventuale evento dannoso conseguente al rigetto della sua domanda o, comunque, al mancato definitivo accoglimento delle sue ragioni.

7. Quanto appena precisato, da una parte, conferma – contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d’appello – che l’eventuale costituzione nel processo esecutivo dell’ente locale debitore e la stessa proposizione da parte sua di una opposizione esecutiva volta a far valere l’impignorabilità delle somme giacenti sul conto di tesoreria, non possono incidere sulla valutazione della legittimità della condotta dell’istituto tesoriere che abbia reso una dichiarazione di quantità incompleta, non precisa o non rispondente al vero (rectius: sulla valutazione del corretto adempimento del suo obbligo nei confronti dell’ente locale derivante dal rapporto di tesoreria), ma, dall’altra parte, evidenzia che ciò può incidere sul nesso di causa tra tale condotta illegittima (che resta tale) e l’evento dannoso. Come già visto, infatti, l’evento dannoso di cui può dolersi l’ente locale è costituito esclusivamente dall’avvenuta assegnazione di somme impignorabili, in quanto l’assegnazione di somme legittimamente pignorabili non determinerebbe alcun danno effettivo all’ente stesso (tanto meno un danno ingiusto).

7.1 Orbene, è, in primo luogo, evidente che, se l’assegnazione di somme (che si assumono) impignorabili non consegue, in realtà, alla mera omissione dichiarativa dell’istituto tesoriere in ordine alle circostanze di fatto rilevanti ai fini della pignorabilità, ma alla valutazione del giudice dell’esecuzione (o di quello dell’opposizione) di dette circostanze, in quanto le stesse gli siano state comunque allegate e documentate dall’ente locale debitore, tale omissione non avrà alcuna efficienza causale rispetto al (preteso) evento dannoso.

7.2 Altrettanto è a dirsi, peraltro, nel caso in cui dette circostanze siano state allegate dall’ente locale debitore ma dallo stesso, per negligenza, non siano sufficientemente documentate, ovvero laddove il medesimo ente locale debitore, pur avendo addirittura proposto una opposizione esecutiva, allegando le indicate circostanze, al fine di far valere l’impignorabilità, non coltivi diligentemente la predetta opposizione. In tali casi, infatti, l’esito dell’azione esecutiva dipenderà dai provvedimenti assunti dal giudice dell’esecuzione nonché dalle eventuali sentenze emesse nel giudizio di opposizione proposto dall’ente debitore, sulla base delle difese svolte dalle parti in sede processuale: tale esito non sarà, quindi, imputabile alla dichiarazione del terzo, ma esclusivamente alla condotta ed all’attività difensiva posta in essere dalle parti del processo esecutivo (tra le quali non vi è il terzo, che in tale processo assume la posizione di mero ausiliare del giudice), nonché degli eventuali giudizi di opposizione, che lo stesso terzo (pur litisconsorte necessario) non è neanche legittimato a proporre.

7.3 In tutti questi casi, non sarebbe certamente corretto, sotto il profilo logico e giuridico, affermare che l’istituto tesoriere non abbia l’obbligo di rendere la dichiarazione di quantità in modo completo e rispondente al vero e, quindi, abbia correttamente adempiuto al suo obbligo anche se abbia reso una dichiarazione imprecisa, incompleta o non rispondente al vero. In altre parole, la configurabilità dell’inadempimento degli obblighi del tesoriere non dipende dall’evento, esterno al sinallagma del rapporto di tesoreria, consistente nella condotta processuale dell’unico legittimato a dolersi dell’impignorabilità.

Potrà, però, ritenersi che il conseguente evento dannoso sia del tutto insussistente (laddove si accerti in sede contenziosa, nel contradditorio necessario con creditore e terzo pignorato, che le somme oggetto dell’azione esecutiva del creditore erano pignorabili) ovvero che esso sia, sul piano causale, imputabile esclusivamente alla condotta processuale negligente dell’ente locale, così verificandosi l’interruzione del nesso di regolarità causale tra la condotta inadempiente del terzo tesoriere ed il danno, in virtù di un comportamento colposo dello stesso creditore danneggiato, che finisce per assumere efficienza causale esclusiva in ordine alla determinazione del danno dal medesimo subito.

7.4 In definitiva, nel caso in cui l’ente locale si costituisca nel processo esecutivo per far valere l’impignorabilità delle somme giacenti sul conto di tesoreria e, a maggior ragione, laddove proponga una vera e propria opposizione esecutiva a tal fine, come avvenuto nel caso di specie, esso assume su di sé l’onere di provare diligentemente le circostanze allegate e/o di coltivare diligentemente il giudizio di opposizione, di modo che, laddove non lo faccia, l’eventuale esito negativo delle sue contestazioni, con la conseguente assegnazione delle somme pignorate finisce per escludere del tutto il danno (in caso di positivo accertamento della pignorabilità di dette somme) ovvero, quanto meno, per escludere il nesso di causa tra la condotta inadempiente del tesoriere e tale danno, dovendo esso ritenersi causalmente imputabile in via esclusiva alla condotta negligente dello stesso ente locale.

8. In tal senso vanno, con tutta evidenza, intese anche le affermazioni contenute nei precedenti di questa Corte del 2008 e del 2009 richiamati dalla corte d’appello, in cui è chiarissima la ricostruzione dell’obbligo dell’istituto tesoriere di rendere una dichiarazione di quantità completa e precisa, oltre che rispondente al vero, anche con riguardo a tutte le circostanze di fatto a sua conoscenza che possano avere rilievo al fine della verifica della pignorabilità delle somme giacenti sul conto di tesoreria da parte del giudice dell’esecuzione.

La responsabilità del tesoriere in caso di dichiarazione imprecisa o incompleta, nel caso di avvenuta costituzione dell’ente locale nel processo esecutivo, è del resto genericamente fatta salva, in tali precedenti, senza alcuna espressa e specifica indicazione del piano effettivo del rilievo esimente di tale eventualità (non assumendo tale questione concreta incidenza ai fini della decisione, in quei casi), senza cioè che sia chiaramente indicato se si tratti di una esclusione rilevante sul piano della condotta illegittima (recte: inadempiente) ovvero sul piano del nesso di causa tra questa e l’evento dannoso. Ad ogni buon conto, la Corte, ritiene opportuno specificare e ribadire che tali precedenti, cui va data piena continuità, sono certamente da intendere in tale ultimo senso.

9. Quanto sin qui esposto rende conto delle ragioni per cui non può ritenersi conforme a diritto l’affermazione della corte d’appello secondo la quale, in ipotesi di costituzione dell’ente debitore nel processo esecutivo, andrebbe esclusa in radice una condotta illegittima e/o inadempiente dell’istituto tesoriere che abbia reso una dichiarazione di quantità, imprecisa, incompleta o non veritiera. La conclusione finale cui è giunta la corte territoriale, di rigetto della domanda risarcitoria del Comune di C., è, però, ugualmente conforme a diritto, dal momento che l’esclusione della responsabilità del tesoriere nel caso di specie, deriva, comunque, dall’insussistenza del nesso di causa tra la sua condotta inadempiente e l’evento dannoso dedotto a fondamento della domanda risarcitoria. Dunque, la decisione impugnata può e deve essere confermata, sia pure con una correzione della sua motivazione nel senso sin qui indicato, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c..

10. Per completezza, va altresì dato conto di un ulteriore ordine di considerazioni che, in aggiunta a quelle sin qui esposte, impedirebbero comunque di dare seguito alle censure di cui al ricorso.

10.1 Si sono ampiamente e ripetutamente esposte le ragioni per cui l’unico evento configurabile come effettivamente dannoso, in concreto, per l’ente locale, in caso di pignoramento avente ad oggetto le sue disponibilità giacenti sul conto di tesoreria cui faccia seguito una dichiarazione incompleta, imprecisa o non veritiera dell’istituto tesoriere, è l’avvenuta assegnazione di somme impignorabili. Di conseguenza, l’eventuale azione risarcitoria promossa dal comune nei confronti del suo istituto tesoriere, per le pretese omissioni o imprecisioni nella dichiarazione di quantità resa, richiede la specifica allegazione e la rigorosa prova di siffatto evento dannoso e, dunque, in primo luogo, dell’effettiva impignorabilità delle somme di cui sia stata disposta l’assegnazione e che siano state in concreto pagate in favore del creditore procedente.

10.2 Nella specie, il comune ricorrente sostiene che il giudice dell’esecuzione avrebbe assegnato le somme su cui il tesoriere aveva apposto il vincolo, solo sulla base della dichiarazione di quest’ultimo, senza valutarne la pignorabilità ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L.. Assume, quindi, che l’assegnazione di dette somme sarebbe responsabilità esclusiva del tesoriere, con conseguente danno derivante dall’impossibilità di recuperarle (essendo frattanto state riconosciute non dovute, per essere stato caducato il titolo esecutivo, ma risultando la creditrice insolvibile). Ma tale assunto non sarebbe di per sé sufficiente a sostenere la domanda risarcitoria proposta nel presente giudizio.

10.3 Avendo il terzo pignorato reso una dichiarazione di quantità positiva (dichiarazione che, come chiarito in precedenza, doveva intendersi, in mancanza di ulteriori specificazioni, come riferita a somme disponibili sul conto di tesoreria eccedenti quelle vincolate in virtù delle deliberazioni notificate ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L.), il comune avrebbe potuto e dovuto contestare tale dichiarazione di quantità, eventualmente dimostrando che, al contrario, non vi fossero sul conto di tesoreria somme eccedenti gli importi oggetto delle delibere di vincolo notificate (o, quanto meno, che esse non fossero di importo pari a quello pignorato). Siffatta contestazione – è opportuno precisarlo – avrebbe potuto e dovuto essere avanzata contestando, appunto, la dichiarazione di quantità, ai sensi degli artt. 548 e 549 c.p.c. (trattandosi di una contestazione avente ad oggetto la rispondenza al vero della dichiarazione stessa e non direttamente di una questione di pignorabilità, come invece avviene nel caso in cui, pacifica l’inesistenza sul conto di tesoreria di somme eccedenti quelle oggetto delle deliberazioni di vincolo di destinazione notificate, si discuta effettivamente della pignorabilità di tali somme). Ma, in realtà, che questa fosse la effettiva situazione concreta (che, cioè, le somme disponibili sul conto di tesoreria non fossero eccedenti quelle di cui alle delibere di vincolo, quanto meno in misura pari all’importo pignorato) non risulta specificamente allegato dal comune, nel ricorso (e, tanto meno, risulta che sia stato allegato e dimostrato nel giudizio di merito). Il comune si limita ad affermare di avere chiesto al tesoriere di fornire al giudice dell’esecuzione l’indicazione precisa delle somme disponibili sul conto e di quelle vincolate, ma non chiarisce in modo puntuale e specifico e, soprattutto, non dimostra (né assume di avere dimostrato o, quanto meno, di avere offerto di dimostrare, nel giudizio di merito), che le somme oggetto delle delibere di vincolo regolarmente notificate fossero effettivamente di importo pari o superiore a quelle giacenti sul conto di tesoreria.

10.4 Altrettanto è a dirsi per quanto riguarda la questione dell’effettiva efficacia dei vincoli di impignorabilità, che il comune avrebbe potuto e dovuto far valere, in prima battuta, mediante l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., coltivando diligentemente il relativo giudizio anche in sede contenziosa (e chiedendo, eventualmente, anche in sede di reclamo, la sospensione dell’esecuzione o, quanto meno, dell’esecutività dell’ordinanza di assegnazione, onde garantire effettività alla sua azione).

10.5 D’altra parte, se anche il giudice dell’esecuzione avesse erroneamente ritenuto possibile l’assegnazione degli importi pignorati solo sulla base della dichiarazione del tesoriere, nonostante le contestazioni del comune debitore in ordine alla correttezza di tale dichiarazione, senza far luogo al doveroso accertamento della fondatezza di tali contestazioni in contraddittorio, ai sensi dell’art. 549 c.p.c., l’ente locale avrebbe potuto e dovuto impugnare l’ordinanza di assegnazione con l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c. (anche in tal caso chiedendo, ove necessario, la sospensione della relativa efficacia esecutiva, onde garantire effettività all’opposizione).

10.6 In tutte tali eventualità, l’ente avrebbe, comunque, dovuto allegare e dimostrare, a sostegno della successiva domanda risarcitoria avanzata nella presente sede, che le somme infine assegnate fossero effettivamente impignorabili e, quindi, non solo che erano state adottate delibere di vincolo tempestivamente notificate al tesoriere per importi almeno pari a quelli disponibili sul conto di tesoreria, ma anche che sussistevano tutti gli altri elementi necessari ai fini della dedotta impignorabilità, ivi inclusi quelli che, in un eventuale giudizio di opposizione all’esecuzione, avrebbero potuto formare oggetto di eccezioni da parte del creditore procedente, quali l’avvenuta emissione di mandati di pagamento per titoli non vincolati senza il rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle relative fatture (o equipollenti). Tutto ciò, in realtà, non risulta specificamente allegato nel ricorso, oltre a non essere in alcun modo dimostrato (né risulta specificamente allegato che sia stato dimostrato nel giudizio di merito o, quanto meno, che sia stato chiesto di dimostrarlo).

10.7 L’assunto in diritto del comune pare essere quello per cui si dovrebbe riconoscere sussistente la responsabilità risarcitoria del tesoriere per un importo pari alle somme assegnate, solo per avere esso reso una dichiarazione di quantità incompleta e/o imprecisa al giudice dell’esecuzione, cui ha fatto seguito l’assegnazione delle somme giacenti sul conto di tesoreria, non solo a prescindere dal fatto che sarebbe stato possibile proporre, anzi che era stata proposta l’opposizione per far valere l’impignorabilità (senza poi che essa fosse coltivata diligentemente), ma anche a prescindere dall’accertamento che tali somme fossero effettivamente impignorabili in concreto (pur essendo, come è evidente, ben possibile che fossero in realtà pignorabili, o perché eccedenti gli importi vincolati o perché i relativi vincoli erano divenuti inefficaci), cioè a prescindere da una specifica allegazione e prova del danno subito in concreto. Anche sotto il profilo in esame, in definitiva, la domanda e lo stesso presente ricorso, finiscono per risultare carenti sotto il profilo dell’allegazione e della prova del danno.

11. Vanno, in conclusione, enunciati i seguenti principi di diritto, sulla base dei quali, come fin qui chiarito, la decisione impugnata va confermata, con correzione della motivazione ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.: «l’istituto tesoriere degli enti locali, chiamato a rendere la dichiarazione di quantità nel processo di espropriazione promosso dai creditori dell’ente sulle disponibilità del conto di tesoreria, è sempre tenuto a fornire al giudice dell’esecuzione tutti gli elementi utili a consentirgli l’eventuale rilievo di ufficio dell’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva dei creditori, in particolare ai sensi dell’art. 159 del T.U.E.L. (decreto legislativo n. 267 del 2000), anche nel caso in cui lo stesso ente debitore si sia costituito nel processo esecutivo o abbia addirittura proposto l’opposizione volta a far valere l’impignorabilità delle somme oggetto dell’azione esecutiva, per la quale è l’unico legittimato attivo; in tali ultime ipotesi, peraltro, l’ente debitore assume l’onere di documentare i fatti allegati a fondamento della sua eccezione di impignorabilità e di coltivare diligentemente l’eventuale opposizione, onde, in mancanza, il pregiudizio consistente nell’eventuale conseguente assegnazione delle somme pignorate gli sarà causalmente imputabile in via esclusiva, restando eliso il nesso causale con l’eventuale inadempimento del terzo debitore nel somministrare al giudice dell’esecuzione gli elementi suddetti»; «in caso di azione risarcitoria promossa dall’ente locale nei confronti del proprio istituto tesoriere, sull’assunto che la dichiarazione di quantità incompleta, imprecisa o non veritiera resa da quest’ultimo abbia determinato l’assegnazione delle somme pignorate, l’ente attore ha l’onere di dimostrare non solo che la dichiarazione resa dal tesoriere fosse effettivamente incompleta, imprecisa o non veritiera, ma altresì che essa sia stata la causa dell’evento dannoso e, in particolare, dell’assegnazione di somme effettivamente impignorabili; a tal fine, l’ente ha l’onere di dimostrare sia i fatti costitutivi del vincolo di impignorabilità (ad iniziare dalla notificazione al tesoriere delle deliberazioni di vincolo di importi non inferiori a quelli disponibili sul conto di tesoreria), sia l’assenza di eventuali fatti estintivi o modificativi di quel vincolo che avrebbero potuto essere opposti dai creditori (tra cui la mancata emissione di mandati di pagamento per titoli non vincolati, senza il rispetto del necessario ordine cronologico)».

12. Il ricorso è rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione delle ragioni della presente pronuncia e, in particolare, in considerazione della correzione in diritto della motivazione della decisione impugnata che si è resa necessaria ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.

Per questi motivi La Corte:

- rigetta il ricorso;

- dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, per il versamento, da parte dell’ente ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile