Giu In caso di sequestro conservativo di beni immobili disposto nell’àmbito di un procedimento penale e di successiva sentenza penale di condanna alla restituzione alla parte civile di somme di denaro sottoposta decorre dalla pubblicazione della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 22 marzo 2024 N. 7889
Massima
In caso di sequestro conservativo di beni immobili disposto nell’àmbito di un procedimento penale e di successiva sentenza penale di condanna dell’imputato alla restituzione alla parte civile di somme di denaro sottoposta, previo appello, ad impugnazione di legittimità, il termine per il compimento degli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. per la conversione del sequestro conservativo in pignoramento decorre dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione, coincidente con la lettura in udienza del dispositivo della decisione, non già dalla data del deposito in Cancelleria del provvedimento completo della motivazione

Casus Decisus
1. Con ordinanza del 16/17 marzo 2012, il Tribunale di Torino, su istanza della parte civile U. S.p.A., autorizzò, ai sensi dell’art. 316 cod. proc. pen., il sequestro conservativo, fino a concorrenza della somma di euro 7.700.000, dei beni immobili (tra gli altri) di R. R., coimputato per vari reati, sequestro trascritto dall’istituto bancario presso l’Agenzia del Territorio di Massa Carrara. Con sentenza n. 645/2012 del 6 maggio 2012 il Tribunale di Torino, a definizione del processo di primo grado, condannò R. R. per il reato di abuso di ufficio nonché (in solido con altri) alla restituzione in favore di U. S.p.A. della somma di euro 7.503.258,35, da versare entro trenta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. In grado di appello, dichiarata l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, venne confermata la statuizione civile sopra riportata. Il processo penale si concluse con la sentenza della Corte di cassazione n. 48321 del 2018, pronunciata, mediante lettura del dispositivo, all’udienza del 28 giugno 2018, con motivazione depositata in data 23 ottobre 2018. 2. Il giorno 19 dicembre 2018, U. S.p.A. iscrisse a ruolo la procedura di espropriazione immobiliare innanzi il Tribunale di Massa, depositando la sentenza n. 645/2012 del Tribunale di Torino, spedita in forma esecutiva e successivamente (il 24 dicembre 2018) annotando detta sentenza a margine della trascrizione del sequestro conservativo. 3. Su istanza dell’esecutato, il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Massa pronunciò l’estinzione del procedimento, sul rilievo del tardivo espletamento delle formalità di cui all’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. ai fini della conversione del sequestro conservativo in pignoramento. 4. Il reclamo interposto ai sensi dell’art. 630 cod. proc. civ. dal creditore procedente venne disatteso dal Tribunale di Massa in composizione collegiale con sentenza poi confermata, a reiezione dell’appello dispiegato sempre dal creditore procedente, dalla decisione in epigrafe indicata. 3 5. Ricorre per cassazione la U. S.p.A., affidandosi a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, R. R.. 6. Le parti hanno depositato memoria illustrativa. 7. All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 22 marzo 2024 N. 7889 De Stefano Franco

1. Il primo motivo eccepisce la nullità della sentenza «ex art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. per contraddittorietà ed illogicità della motivazione». Ad avviso del ricorrente, le conclusioni cui perviene l’impugnata sentenza «appaiono totalmente incongruenti, alla luce del contenuto dell’art. 540 cod. proc. pen. nonché delle argomentazioni della sentenza della Corte di cassazione» del 09/03/2017, n. 6022.

1.1. La doglianza è infondata. A tacer della correttezza della evocazione del vizio motivazionale (il motivo risolvendosi, al fondo, nel prospettare un’errata applicazione di princìpi di diritto), basti, al riguardo, evidenziare la completezza ed esaustività delle argomentazioni svolte dalla Corte d’appello a suffragio del dictum reso, contraddistinte da logicità e coerenza, diffusi richiami normativi e giurisprudenziali, chiara estrinsecazione del ragionamento fondante, in fatto ed in diritto, il convincimento.

2. Con i successivi motivi, parte ricorrente denuncia, sempre con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ:

2.1. violazione e falsa applicazione dei princìpi che regolano i rapporti tra processo civile e processo penale ed errata applicazione dell’art. 540 cod. proc. pen. (secondo motivo);

2.2. violazione e falsa applicazione dell’art. 475 cod. proc. civ. (terzo motivo);

2.3. violazione e falsa applicazione dell’art. 320 cod. proc. pen. e dell’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. (quarto motivo).

3. Con siffatte doglianze - intrinsecamente connesse, dacché esplicitanti argomenti fondanti, in una lettura unitaria e coordinata, la conclusione cui si perviene - l’impugnante sostiene che l’esecutività della sentenza di condanna di R. R. alle restituzioni civili, emessa all’esito del processo penale di primo grado (e confermata in appello) non poteva conseguire alla mera pronuncia di rigetto della impugnazione di legittimità resa dalla Corte di cassazione con la lettura del dispositivo all’udienza del 28 giugno 2018 (e contenuta nel relativo dispositivo) ma postulava il deposito del provvedimento completo delle motivazioni, avvenuto soltanto in data 23 ottobre 2018. Evidenzia, a sostegno dell’assunto, la diversità, nell’àmbito delle statuizioni civili rese nel processo penale, tra la condanna provvisionale (immediatamente esecutiva, indipendentemente dall’impugnazione) e la condanna restitutoria (la quale necessita del giudicato per la coattiva attuazione); deduce poi che per la spedizione in forma esecutiva della sentenza del Tribunale di Torino era stato necessario attendere il deposito della sentenza (completa di motivazione) della Corte di cassazione, la cui copia aveva determinato il cancelliere torinese ad apporre la formula esecutiva; sostiene, infine, che, anche a prescindere dall’esecutività della sentenza di condanna, il termine per espletare gli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. decorre dalla data del deposito della sentenza della Corte di cassazione, sicché la conversione del sequestro conservativo in pignoramento nel caso de quo andava considerata come tempestivamente effettuata. I motivi - congiuntamente scrutinati – sono infondati.

3.1. La sentenza di condanna emessa in sede penale (salvo che si tratti di provvisionale e salvo che non sia espressamente dichiarata provvisoriamente esecutiva dal giudice che la emette) acquisisce efficacia esecutiva soltanto con il suo passaggio in giudicato, cioè con la sua irrevocabilità (art. 650 cod. proc. pen.: «1. Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili»); nello stesso momento, il sequestro conservativo disposto in seno al procedimento penale si converte in pignoramento (art. 320 cod. proc. pen.: «1. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l’imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile, fatto salvo quanto previsto dal comma 2-bis dell’articolo 539»). L’irrevocabilità della sentenza penale si determina allorquando la Corte di cassazione pronuncia l’ordinanza o la sentenza di rigetto del relativo ricorso innanzi ad essa proposto (art. 648 cod. proc. pen.: «1. Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione. 2. Se l’impugnazione è ammessa, la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla o quello per impugnare l’ordinanza che la dichiara inammissibile. Se vi è stato ricorso per cassazione, la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l’ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso»), il che avviene con la lettura in udienza ad opera della Corte del relativo dispositivo, la quale, per espressa previsione positiva, equivale a pubblicazione della decisione, non rilevando a tal fine ulteriori attività, dell’organo giudicante o del cancelliere (art. 615 cod. proc. pen.: «1. La Corte di cassazione delibera la sentenza in camera di consiglio subito dopo terminata la pubblica udienza salvo che, per la molteplicità o per l’importanza delle questioni da decidere, il presidente ritenga indispensabile differire la deliberazione ad altra udienza prossima. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 527 e 546. 2. Se non provvede a norma degli articoli 620, 622 e 623, la corte dichiara inammissibile o rigetta il ricorso. 3. La sentenza è pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione, mediante lettura del dispositivo fatta dal presidente o da un consigliere da lui delegato. 4. Prima della lettura, il dispositivo è sottoscritto dal presidente»).

3.2. Così individuate le coordinate normative di riferimento, dell’idoneità esecutiva delle statuizioni civili emesse in sede penale questa Corte ha già avuto modo di occuparsi. In detto contesto si inquadra Cass. 09/03/2017, n. 6022, invocata peraltro dallo stesso ricorrente e citata nella gravata pronuncia. L’arresto, pur concernente una fattispecie parzialmente differente, ovvero la esecuzione forzata della condanna provvisionale (per la quale ha ritenuto essere sufficiente la notificazione del solo dispositivo, di cui tiene il posto la lettura in udienza se la parte è presente o deve considerarsi tale, senza che occorra attendere il deposito delle motivazioni né procedere alla notificazione del provvedimento), reca l’espressione di un duplice principio, di carattere generale, rilevante ai fini della soluzione del ricorso in esame. In primo luogo, individua nell’ordinamento penalistico la fonte di disciplina dell’attribuzione dell’efficacia esecutiva al provvedimento, anche per quanto attiene al contenuto di natura civilistica («il regime di formazione del titolo esecutivo e di validità dello stesso va ricercato nell’ordinamento processuale penale»), in secondo luogo, riconduce la pubblicazione della sentenza penale (rectius, di ogni sentenza penale) al momento della lettura del dispositivo («Appare dunque chiaro l’autonomo rilievo che assume, nel processo penale, la lettura del dispositivo in udienza, alla quale viene data efficacia equipollente alla pubblicazione della sentenza e alla sua notificazione»). Affermazioni, queste ultime, che si pongono in linea di continuità con orientamenti consolidati del giudice penale della nomofilachia. Dirimente, sul punto, poiché puntualmente afferente le pronunce della Suprema Corte, il riferimento a Cass. pen., sentenza n. 35559 del 11/07/2008, dep. il 17/09/2008, così massimata: «poiché le decisioni della Corte di cassazione sono per legge immediatamente esecutive indipendentemente dalla notifica o dalla comunicazione all’interessato, l’esecuzione può legittimamente avvenire sulla base dell’estratto della decisione, costituente titolo esecutivo, che viene formato e trasmesso al giudice di merito in base al semplice dispositivo riportato dal Presidente sul ruolo d’udienza, anteriormente al deposito del provvedimento in cancelleria» (conf. Cass., Sezioni Unite Penali, ordinanza n. 14451 del 27/03/2003, dep. in pari data; Cass., Sezioni Unite Penali, sentenza n. 11 del 25 marzo 1998, dep. il 2 giugno 1998).

3.3. L’univoco significato delle disposizioni menzionate, anche al lume della lettura ermeneutica offertane da questa Corte, è stato bene e correttamente colto dalla pronuncia qui gravata. Deve quindi confermarsi che, in caso di impugnazione di legittimità, la sentenza penale di merito, anche in ordine alle statuizioni civili non provvisoriamente esecutive in essa contenute, diviene irrevocabile al momento della pubblicazione della decisione della Corte di cassazione, concretata dalla lettura del dispositivo in udienza. Da tale momento, previa esibizione della copia del dispositivo (o dell’estratto della decisione), è possibile ottenere il rilascio in forma esecutiva, dalla Cancelleria dell’ufficio giudiziario emittente, della copia della sentenza di condanna, ormai passata in giudicato; di conseguenza da tale momento comincia a decorrere il termine per il compimento degli adempimenti prescritti dall’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. ai fini della conversione del sequestro conservativo in pignoramento.

3.4. Le esposte considerazioni evidenziano l’inconferenza della (ulteriore) prospettazione del ricorrente, secondo cui per l’apposizione della formula esecutiva sulla sentenza di merito occorre esibire al Cancelliere la copia, completa di motivazione, della sentenza di rigetto del ricorso da parte della Corte di cassazione. L’argomentazione (pervero, neppure di lineare intellegibilità) sembra riposare sul presupposto che non sia previsto dall’ordinamento il rilascio del dispositivo della sentenza penale della Corte di cassazione in forma esecutiva. L’osservazione è però priva di rilevanza. A precisazione di quanto già sopra illustrato, va chiarito che non è la sentenza della Corte di cassazione a dover essere munita di formula esecutiva, ma la sentenza di merito recante condanna alle statuizioni civili: e a tal fine risulta sufficiente l’esibizione, in copia conforme, al Cancelliere dell’ufficio giudiziario di merito del dispositivo della decisione di legittimità letto in udienza (o dell’estratto della decisione), non essendo affatto necessaria la copia della sentenza della Suprema Corte completa di motivazione, addirittura spedita in forma esecutiva.

3.5. Nella vicenda de qua, la sentenza del Tribunale di Torino espressamente disponeva che il pagamento della somma oggetto di condanna dovesse essere effettuato entro trenta giorni dal passaggio in giudicato dalla sentenza stessa: sicché al decorso di detto termine dalla pronuncia della Corte di cassazione andava ancorata l’efficacia esecutiva della condanna civilistica. La peculiarità ora illustrata è stata debitamente valutata dal giudice territoriale: la pronuncia gravata ha infatti ritenuto che, pur a voler considerare l’operatività del termine così computato, egualmente gli adempimenti di cui all’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. risultavano tardivamente compiuti. E siffatta valutazione è conforme a diritto. Ed invero, la decisione della Corte di cassazione è stata pronunciata - con la lettura del dispositivo – all’udienza del 28 giugno 2018, mentre le attività di conversione del sequestro in pignoramento sono state perfezionate soltanto il 24 dicembre 2018, data di annotazione nei pubblici registri immobiliari della sentenza esecutiva di condanna a margine della trascrizione del sequestro conservativo. Ciò posto, il termine di sessanta giorni, decorrente dal 28 giugno 2018, sarebbe scaduto il 27 agosto 2018 (o, a tutto concedere ed ipotizzando l’operatività della sospensione feriale, il 27 settembre 2018); anche aggiungendo gli ulteriori trenta giorni dal passaggio in giudicato previsti nella sentenza di condanna, il termine ultimo per gli incombenti sarebbe stato il 29 ottobre 2018 (giusta il differimento al lunedì della scadenza avvenuta nel giorno di sabato 27 ottobre 2018).

3.6. In conclusione, va enunciato il seguente principio di diritto: «In caso di sequestro conservativo di beni immobili disposto nell’àmbito di un procedimento penale e di successiva sentenza penale di condanna dell’imputato alla restituzione alla parte civile di somme di denaro sottoposta, previo appello, ad impugnazione di legittimità, il termine per il compimento degli adempimenti previsti dall’art. 156 disp. att. cod. proc. civ. per la conversione del sequestro conservativo in pignoramento decorre dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte di cassazione, coincidente con la lettura in udienza del dispositivo della decisione, non già dalla data del deposito in Cancelleria del provvedimento completo della motivazione».

4. Il ricorso è rigettato.

5. La novità delle questioni di diritto esaminate - almeno negli esatti termini oggetto della decisione - giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di legittimità. 6. Atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente - ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 - di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13. P. Q. M. Rigetta il ricorso. Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione