1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 48 r.d. n. 267 del 1942 e dell’art. 11 delle preleggi, avendo la CTR ritenuto necessaria la notifica della cartella anche ai soci coobbligati in assenza di una previsione espressa in tal senso.
Col secondo motivo deduce violazione e /o falsa applicazione degli artt. 2291 e 2302 cod. civ. e dell’art. 25 d.P.R. n. 602 del 1973, art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) cod. proc. civ., non avendo la CTR considerato che la responsabilità dei soci era solo sussidiaria rispetto a quella della società.
2. In via preliminare va osservato che - per effetto del principio della cd. perpetuatio dell'ufficio di difensore (di cui è espressione l'art. 85 cod. proc. civ.), l'estinzione dell'agente della riscossione Equitalia Centro s.p.a. e l'automatico subentro ad esso del successore Agenzia delle Entrate-Riscossione, disposti dall'art. 1 del d.l. n. 193 del 2016, conv. con modif. dalla l. n. 225 del 2016, non privano il procuratore della società estinta, che sia già ritualmente costituito nel processo anteriormente alla data della predetta successione, dello ius postulandi e, quindi, della capacità di svolgere attività difensiva nel medesimo grado di giudizio sino alla sua sostituzione (Cass. n. 3312/2022), nella specie non avvenuta.
3. Il ricorso è inammissibile.
La parte ricorrente con memoria in data 8/02/2024 ha chiesto l’autorizzazione alla rinnovazione della notificazione del ricorso sull’assunto del mancato esito positivo della medesima, avendo tentato la notifica sia in data 14/12/2015 che in data 28/12/2015 presso la domiciliataria dei contribuenti, senza esito, in quanto irreperibile, documentando l’esito negativo dei tentativi di notifica, e ha evidenziato che l’orientamento di questa Corte secondo cui la rinnovazione debba avvenire in tempi ragionevoli è successivo alla introduzione del giudizio.
Come è noto, questa Corte (Cass., Sez. U., n. 17352/2009) ha stabilito che in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell'atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l'onere - anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio - di richiedere all'ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l'esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
Successivamente (Cass., Sez. U., n. 14594/2016), in continuità con tale orientamento, si è precisato che <<In caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 cod. proc. civ., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa>>; il richiedente, dunque, ha il preciso onere di riprendere il procedimento notificatorìo nella metà dei termini ex art. 325 cod. proc. civ., ossia, per quanto concerne il ricorso per cassazione, in trenta giorni, salva la facoltà per l'interessato di dimostrare che tale dilazione è insufficiente in ragione di circostanze eccezionali, della cui prova resta onerato. Nella concreta vicenda processuale risulta che la ricorrente, pur avendo appreso dell'esito negativo della notifica in data 17/12/2015, non ha mai riattivato la procedura notificatoria, come del resto esplicitamente ammesso in memoria. Poiché il predetto orientamento risale ad una pronuncia a sezioni unite del 2009, non può essere concesso termine per rinnovare la notifica, richiesta fondata sulla sopravvenienza dell’orientamento della necessità di riprendere il procedimento entro un termine ragionevole (Cass. n. 8445/2018, secondo cui la più recente giurisprudenza ha solo definito i contorni del criterio del cd. tempo ragionevole già in precedenza enunciato, senza che ciò possa qualificarsi come un'ipotesi di ??overruling?? rilevante ai fini della rimessione in termini, non costituendo un mutamento di orientamento repentino ed inopinato, che richieda una tutela dell'affidamento incolpevole della parte nella regola in precedenza enunciata).
Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile.
4. Occorre appena osservare che anche l’esame del merito non condurrebbe a diversi esiti, in quanto i motivi dedotti infatti si pongono in contrasto con un consolidato orientamento di questa Corte, che ha affermato il principio secondo cui «L’accertamento tributario, se inerente a crediti i cui presupposti si siano determinati prima della dichiarazione di fallimento del contribuente o nel periodo d'imposta in cui tale dichiarazione è intervenuta, deve essere notificato non solo al curatore - in ragione della partecipazione di detti crediti al concorso fallimentare o, comunque, della loro idoneità ad incidere sulla gestione dei beni e delle attività acquisiti al fallimento - ma anche al contribuente, il quale, restando esposto ai riflessi, anche di carattere sanzionatorio, conseguenti alla definitività dell'atto impositivo, è eccezionalmente abilitato ad impugnarlo, nell'inerzia degli organi fallimentari, non potendo attribuirsi carattere assoluto alla perdita della capacità processuale conseguente alla dichiarazione di fallimento, che può essere eccepita esclusivamente dal curatore, nell'interesse della massa dei creditori» (Cass. n. 5671/2006; Cass. n. 9434/2014; in senso analogo, tra le molte, Cass. n. 4235/2006; Cass. n. 5671/2006; Cass. n. 6476/2007; Cass. n. 4113/2014; Cass. n. 8034/2017; nonché Cass. n. 1226/2022; Cass n. 11618/2017, relativa a una fattispecie, analoga a quella per cui è causa, di notificazione solo al curatore fallimentare della cartella di pagamento costituente l'atto presupposto di un'impugnata intimazione di pagamento)
Col ritenere l'invalidità delle impugnate intimazioni di pagamento in quanto relative a prodromiche cartelle di pagamento, inerenti a crediti i cui presupposti si erano determinati (negli anni 1993-1997) prima della dichiarazione di fallimento, non notificate al contribuente fallito (ma solo al curatore fallimentare), la CTR ha deciso in modo conforme ai citati principi di diritto, affermati dalla giurisprudenza di questa Corte mentre l'esame dei motivi non offre elementi per mutare l'orientamento espresso dagli stessi principi; da ciò conseguirebbe l'inammissibilità dei motivi, ai sensi dell'art. 360, unico comma, n. 1), cod. proc. civ. (Cass., Sez. U., n. 7155/2017).
5. Non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite alla luce del mancato svolgimento di attività difensiva degli intimati.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2024.