Giu Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione solo se sul punto non si è formato il giudicato anche implicito
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 28 febbraio 2024 N. 5311
Massima
Alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione solo se sul punto non si è formato il giudicato non solo esplicito, ma anche implicito nella statuizione resa sul merito della causa (Cass. S.U. 9 ottobre 2008, n. 24883)

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 1225/2018 del 25 maggio 2018, la Corte d’appello di Roma – nella regolare costituzione degli appellati ROMA CAPITALE e PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – ha respinto l’appello proposto, tra gli altri, dagli odierni ricorrenti avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 6436/2015 del 25 giugno 2015, la quale, a propria volta, aveva disatteso la domanda dei ricorrenti volta ad ottenere l’accertamento del diritto a conseguire l’inquadramento nel ruolo della Dirigenza di Roma Capitale, fino alla concorrenza del 50% dei posti vacanti e disponibili, nonché la condanna di ROMA CAPITALE al risarcimento dei danni. Nell’adire il Tribunale di Roma gli odierni ricorrenti avevano riferito in fatto di essere stati dichiarati, all'esito di concorsi pubblici "riservati" a dipendenti di ROMA CAPITALE, idonei all'accesso a diverse figure professionali di rango dirigenziale. I ricorrenti avevano poi argomentato che le relative graduatorie, approvate nell'anno 2006, erano da considerarsi tuttora vigenti a seguito di reiterati provvedimenti normativi di proroga, dovendosi equiparare i concorsi “riservati” - all'esito di uno dei quali erano stati giudicati idonei - come concorsi pubblici a tutti gli effetti ed in ogni caso dovendosi ritenere che le proroghe di legge trovassero applicazione a tutti i concorsi, compresi, appunto, quelli interni riservati ai dipendenti. Avevano poi riferito che ROMA CAPITALE aveva inizialmente attuato lo scorrimento contestuale sia delle graduatorie del concorso pubblico sia del concorso riservato ai dipendenti dell’Amministrazione fino al 2008 ma che, con Delibera n.268/2014, l’amministrazione capitolina aveva deciso di procedere alla assunzione di alcuni Dirigenti anche – tra l’altro - mediante l'indizione di concorso pubblico e lo scorrimento di graduatorie, procedendo tuttavia allo scorrimento unicamente delle graduatorie dei candidati ritenuti idonei nell’ambito dei concorsi “esterni”, escludendo invece lo scorrimento per le graduatorie delle procedure riservate ai dipendenti dell’Amministrazione. Avevano pertanto dedotto la lesione di un proprio diritto soggettivo, argomentando che ROMA CAPITALE doveva ritenersi tenuta ad utilizzare ad esaurimento anche la graduatoria della procedura interna riservata. 3. La Corte d’appello di Roma, nel disattendere il gravame, ha ritenuto di fare proprio l’orientamento espresso sia dal TAR Lazio – peraltro in una decisione assunta in relazione ad un ricorso proposto dagli stessi appellanti – sia, successivamente, dal Consiglio di Stato, in distinto contenzioso, concludendo che le reiterate proroghe delle graduatorie disposte dal legislatore erano da ritenersi riservate, da un certo momento in poi, ai soli concorsi pubblici, con esclusione dei concorsi “riservati”. Riprendendo le considerazioni svolte dal TAR Lazio, la Corte d’appello di Roma ha infatti rilevato che, mentre le prime disposizioni legislative dirette a prorogare la vigenza delle graduatorie – L. n. 350/2003; L. n. 311/2004; D.L. n. 207/2008 - facevano riferimento – indistintamente e con formula generica - alle “graduatorie per le assunzioni di personale presso le amministrazioni pubbliche”, i successivi interventi normativi di proroga – come quelli di cui dai D.L. nn. 78/2009; n. 225/2010 n. 216/2011; n. 101/2013 – hanno adottato una formulazione specifica riferendosi unicamente alle graduatorie dei concorsi pubblici per assunzioni a tempo indeterminato, peraltro in coerenza con il principio del concorso pubblico di cui all’art. 97 Cost. Tali non potevano essere ritenuti i concorsi “interni” o quelli riservati ai dipendenti, considerate anche le differenze strutturali tra questi ultimi ed il concorso pubblico aperto a soggetti esterni. Elementi interpretativi ulteriori in tal senso sono stati desunti dalla Corte capitolina: - dalla eccezionalità della proroga delle graduatorie, la quale rende le relative previsioni normative norme eccezionali, non interpretabili alla luce di previsioni generali, come gli artt. 35, comma 5-ter, D. Lgs. n. 165/2001, e 91, comma 4, D. Lgs. n. 267/2000; - dal mancato recepimento nella L. 124/2015 della sollecitazione - formulata in sede parlamentare - a prevedere l’estensione dell’ambito del concorso pubblico anche al concorso interamente riservato ai dipendenti o alla progressione verticale; - dalle indicazioni provenienti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale. 4. Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorrono ora i lavoratori in epigrafe. Resistono con separati controricorsi ROMA CAPITALE e PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI. 5. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380 bis.1, c.p.c. La controricorrente PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI ha depositato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE - SEZIONE LAVORO - ORDINANZA 28 febbraio 2024 N. 5311 DI PAOLANTONIO ANNALISA

1. Il ricorso è affidato a quattro motivi. 1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 4, comma 4, D.L. n. 101/2013 (conv. con L. n. 125/2013). I ricorrenti censurano la decisione impugnata in quanto la stessa avrebbe adottato un’interpretazione dell’art. 4, D.L. 101/2013 strettamente letterale ed influenzata dai principi di cui al D. Lgs. 150/2009, omettendo di valutare la ratio della previsione, sulla cui scorta, invece, deve ritenersi che la proroga interessi anche i concorsi interni o riservati, in quanto comunque concorsi ad evidenza pubblica.

1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 28, D. Lgs. n. 165/2001. Argomenta, in particolare, il ricorso che le graduatorie di cui i ricorrenti intendono avvalersi concernono l’accesso ai ruoli della dirigenza e non le progressioni tra aree, laddove alle graduatorie bandite per i profili dirigenziali non potrebbe applicarsi una disciplina indirizzata al diverso istituto delle progressioni verticali.

1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la “violazione e falsa applicazione dell’art 97 della Costituzione, anche alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale”. Argomenta, in particolare, il ricorso che anche la giurisprudenza della Corte costituzionale avrebbe espressamente affermato la compatibilità con la Carta Costituzionale di procedure concorsuali riservate al personale.

1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, consistente nella “sussistenza del diritto soggettivo allo scorrimento delle graduatorie anche oltre il triennio di vigenza, per effetto di un obbligo dell’amministrazione all’utilizzo delle graduatorie già assunto nel 2008, durante la piena vigenza triennale delle graduatorie”. Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto passata in giudicato la sentenza del TAR Lazio n. 7428/2015 pronunciata sul ricorso degli stessi odierni ricorrenti ed avrebbe omesso di valutare la circostanza che la stessa ROMA CAPITALE nell’anno 2008 aveva stabilito con delibera di Giunta di procedere alla scopertura delle vacanze mediante lo scorrimento delle graduatorie di entrambi i concorsi, sia quello “aperto” sia quello riservato ai dipendenti, in tal modo deliberando di avvalersi dello scorrimento.

2. I motivi di ricorso richiedono un esame unitario per la connessione logico-giuridica tra le argomentazioni, il cui esito è il giudizio di non fondatezza, ancorché la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo è conforme al diritto, necessiti di essere integrata e in parte corretta (art. 384, quarto comma, c.p.c.).

2.1. Occorre rammentare che la Corte di cassazione, in ragione della funzione del giudizio di legittimità di garantire l'osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, può ritenere fondata o infondata la questione sollevata dal ricorso anche sulla base di argomenti diversi da quelli prospettati dalle parti, perché l'esercizio del potere di qualificazione giuridica dei fatti accertati nel giudizio di merito, come esposti nel ricorso e nella sentenza gravata, incontra come unico limite quello imposto dall’art. 112 c.p.c. (cfr. fra le tante Cass. n. 25223/2020; Cass. n. 27542/2019; Cass. n. 18775/2017; Cass. 11868/2016 e la giurisprudenza ivi richiamata). Tale facoltà deve essere esercitata nel caso in esame, in quanto alla soluzione della controversia si deve pervenire attraverso la ricostruzione di un quadro normativo parzialmente difforme rispetto a quello preso in esame dalle parti.

2.2. La Corte premette che sulla sussistenza della giurisdizione ordinaria su tutte le questioni poste dal ricorso si è formato giudicato implicito.

Va fatta, quindi, applicazione del principio di diritto enunciato da Cass. S.U. 9 ottobre 2008, n. 24883, secondo cui, alla stregua di un'interpretazione adeguatrice dell'art. 37 c.p.c., alla luce dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo ("asse portante della nuova lettura della norma"), il giudice può rilevare anche d'ufficio il difetto di giurisdizione solo se sul punto non si è formato il giudicato non solo esplicito, ma anche implicito nella statuizione resa sul merito della causa.

Nel caso di specie – come peraltro rilevato anche nella decisione impugnata (punto 8.1 della motivazione) - il potere giurisdizionale è stato ritenuto (implicitamente) dal giudice di primo grado con la decisione di rigetto nel merito della domanda e sul punto, in difetto di impugnazione, si è formato il giudicato.

2.3. Deve, di converso, negarsi rilevanza al profilo dell’esistenza di un vincolo di giudicato connesso alla sentenza del TAR Lazio n. 7428/2015 – pronunciata nei confronti degli odierni ricorrenti – dal momento che, da un lato, detta decisione – come dedotto dai ricorrenti - risulterebbe essere stata fatta oggetto di gravame innanzi il Consiglio di Stato e, dall’altro lato, il riferimento che pure viene fatto nella decisione impugnata all’ipotetico giudicato in questione, non costituisce in alcun modo ratio effettiva della decisione stessa.

2.4. L'appartenenza della controversia alla giurisdizione ordinaria, per effetto della preclusione derivante dalla formazione del giudicato interno sulla relativa questione processuale, non può incidere tuttavia in alcun modo sulle altre norme, processuali e sostanziali, che restano applicabili alla controversia in ragione della natura della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio (Cass. Sez. L - Ordinanza n. 743 del 15/01/2018; Cass. Sez. L, Sentenza n. 19771 del 2016; Cass. Sez. L, Sentenza n. 5588 del 06/03/2009). Se questa, infatti, dovesse qualificarsi come di interesse legittimo perché viene domandata la verifica di legittimità dell'esercizio di potere amministrativo, sarebbero comunque operanti i limiti posti al controllo del giudice ordinario sugli atti amministrativi dalla L. n. 2248 del 1865, art. 5, all. E, come confermati nella materia del lavoro pubblico dal D. Lgs. n. 165, art. 63, comma 1.

2.5. Operato tale insieme di premesse si deve rammentare che la giurisprudenza della Corte ha già avuto modo di precisare che il fenomeno dello scorrimento consente la stipulazione del contratto di lavoro con partecipanti risultati idonei e non vincitori in forza di eventi successivi alla definizione del procedimento concorsuale con l'approvazione della graduatoria. Ciò può avvenire o in applicazione di specifiche previsioni del bando, contemplanti l'ammissione alla stipulazione del contratto del lavoro degli idonei fino ad esaurimento dei posti messi a concorso; ovvero perché viene conservata (per disposizione di atti normativi o del bando) l'efficacia della graduatoria ai fini dell'assunzione degli idonei in relazione a posti resisi vacanti e disponibili entro un determinato periodo di tempo. La pretesa allo "scorrimento", di conseguenza, si colloca di per sé fuori dell'ambito della procedura concorsuale (esclusa, nella seconda delle ipotesi indicate, proprio dall'ultrattività della graduatoria approvata) ed è conosciuta dal giudice ordinario quale controversia inerente al "diritto all'assunzione" (Cass. S.U. 29 settembre 2003, n. 14529), salva la verifica del fondamento di merito della domanda, esulante come tale dall'ambito delle questioni di giurisdizione.

2.4. Sul tema dello "scorrimento" e con riguardo alla perdurante efficacia di una graduatoria, è principio consolidato che l'operatività dell'istituto presuppone necessariamente una decisione dell'Amministrazione di coprire il posto utilizzando una determinata graduatoria rimasta efficace, restando in tal modo esentata la stessa Amministrazione dall'obbligo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 97 Cost., terzo comma, di bandire un nuovo concorso per la copertura di posti che devono essere non solo vacanti, ma anche disponibili, per effetto di apposita determinazione dell'amministrazione. In altri termini, il diritto all'assunzione sorge solo con il completamento di una fattispecie complessa costituita dalla perdurante efficacia di una graduatoria cui si venga a cumulare la decisione di avvalersene per coprire posti vacanti (vedi Cass. Sez. U, Sentenza n. 19595 del 12/11/2012; Cass. Sez. L, Sentenza n. 21509 del 11/08/2008; Cass. Sez. L, Sentenza n. 27126 del 21/12/2007; Cass. Sez. L, Sentenza n. 17780 del 21/08/2007).

2.5. La sentenza impugnata ha escluso venisse in considerazione la pretesa allo scorrimento e, di riflesso, che si fosse perfezionata la fattispecie costitutiva del diritto all'assunzione, seppure alla stregua di un iter argomentativo che fa invece leva sulla perdita d’efficacia della graduatoria del concorso "riservato" a dipendenti perché ritenuta da un certo momento in poi esclusa dalle reiterate proroghe delle graduatorie disposte per legge. Non v’era ragione però di soffermarsi - come ha fatto il giudice d’appello sulla scia delle decisioni del TAR - sull'interpretazione di dette ultime proroghe e del loro ambito, considerato che la doglianza degli odierni ricorrenti si appunta sulla decisione di ROMA CAPITALE di cessare, da un certo momento in poi, di avvalersi dello scorrimento nella graduatoria del concorso “riservato”, decidendo di procedere ad indire un nuovo concorso pubblico, anche se tale ultimo provvedimento risulterebbe essere stato annullato in sede amministrativa.

Ciò che rileva, infatti, è che i ricorrenti ammettono il mancato perfezionamento della fattispecie complessa di cui si è detto e finiscono per il dolersi della scelta discrezionale dell’amministrazione di cessare di procedere ulteriormente allo scorrimento, sull'assunto che l'amministrazione sarebbe stata invece definitivamente obbligata a ricorrere a tale istituto.

Nei termini riferiti, la domanda giudiziale esplicitamente assume, quindi, a proprio fondamento, la contestazione della conformità a legge del potere dell'amministrazione di avviare procedimenti concorsuali per la copertura dei posti vacanti, in presenza di graduatoria di precedente concorso, della quale si postula la perdurante efficacia in forza di disposizioni di legge. Osservato, a questo punto, che nella fattispecie è pacifica la natura "pubblica" delle selezioni, la controversia rileva, sotto questo profilo, per il suo oggetto, e cioè il controllo giudiziale sulla legittimità dell'esercizio del potere autoritativo di bandire un concorso, con la conseguenza che – come già rilevato da questa Corte in un proprio precedente (Cass. Sez. L, Sentenza n. 5588 del 06/03/2009) - la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio deve ritenersi appartenere alla categoria degli interessi legittimi, siccome si controverte sicuramente in ordine all'esercizio non conforme a legge di un potere effettivamente spettante all'amministrazione.

2.6. Conclusivamente, sebbene sia prospettato il diritto all'assunzione in forza dello "scorrimento" della graduatoria, si chiede quindi, in realtà, tutela nei confronti dell'esercizio del potere amministrativo cui corrisponde una situazione di interesse legittimo, in quanto l’adozione del provvedimento amministrativo non viene in considerazione quale atto presupposto della gestione del rapporto giuridico, bensì quale oggetto diretto e immediato della pretesa (Cass. Sez. L, Sentenza n. 20079 del 07/10/2015). Questa constatazione vale anche ad individuare la spiegazione di una circostanza che i ricorrenti non hanno invece ritenuto di esplicare - nonostante il già richiamato rilievo che era stato svolto nella decisione impugnata - e cioè che (apparentemente) la medesima controversia era stata proposta innanzi al giudice amministrativo, senza che questi declinasse la propria giurisdizione, decidendo anzi nel merito una vicenda che ora viene qui riproposta.

2.7. La peculiarità del caso di specie, infatti, nasce dal fatto che, per effetto del giudicato interno, la causa resta radicata in ambito di giurisdizione ordinaria, non potendo essere rimessa al giudice amministrativo competente per la tutela dell'interesse legittimo contro le determinazioni autoritative dell'amministrazione (art. 103 Cost.). Tuttavia, come si è premesso, l'appartenenza della controversia alla giurisdizione ordinaria per effetto della preclusione derivante dalla formazione di giudicato interno, non può certo comportare l'applicazione delle norme che regolano il controllo del potere pubblico ad opera del giudice amministrativo né può incidere sulla qualificazione della posizione giuridica soggettiva, che resta di interesse legittimo, non di diritto soggettivo.

3. Il ricorso deve quindi essere respinto, con conseguente condanna dei ricorrenti alla rifusione in favore di entrambi i controricorrenti delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo.

4. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della "sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto", spettando all'amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).

P. Q. M.

La Corte: rigetta il ricorso. condanna i ricorrenti a rifondere ai controricorrenti le spese del giudizio di Cassazione, che liquida per ciascuno dei controricorrenti in € 6.000,00 per compensi, oltre: − € 200,00, per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge, quanto alla controricorrente ROMA CAPITALE;

− spese prenotate a debito, quanto alla controricorrente PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1- quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale in data 8 febbraio