1. Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 60 del d.P.R. n. 600/73, 139,140 e 149 c.p.c., 7 e 8 della legge n. 890/82 nonché 2697 c.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio, per avere la CTR ritenuto erroneamente provata dall'Ufficio la ritualità della notifica del prodromico avviso di accertamento senza considerare che il prodotto duplicato di avviso di ricevimento (nel quale si faceva riferimento a presunti atti presenti presso l'Ufficio postale mai prodotti) non costituiva valida prova dell'avvenuta notifica dell'impugnato atto impositivo in quanto atto non equipollente all'avviso di ricevimento, essendo privo degli elementi identificativi del soggetto che avrebbe provveduto al ritiro dell'avviso e in quanto soltanto la produzione dei richiamati atti di Ufficio (copia conforme del Registro di consegna c.d. Mod. 28/Aut relativo a 3 IV) Raccomandate AR) avrebbe posto il giudice in condizioni di verificare l'effettiva consegna del plico. Il motivo si profila inammissibile. In primo luogo, esso contiene un'indistinta unificazione e sovrapposizione delle ragioni di ricorso per cassazione — riconducibili al vizio di violazione di legge e al vizio della motivazione — e demanda, impropriamente, alla Corte di sostituirsi al contribuente nel compito di enucleare, dall'insieme confuso delle critiche congiuntamente proposte, autonomi profili di censura (Cass. 18/04/2018, n. 9486; Sez. 1, Sentenza n. 39169 del 09/12/2021). Inoltre, è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019). In particolare, nella specie, la CTR- con un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità- ha confermato, in base alla documentazione prodotta in giudizio dall'Ufficio, la valutazione - già operata dal giudice di primo grado- di ritualità della notificazione del presupposto avviso di accertamento - "avvenuta a mezzo posta, con consegna a mani proprie del destinatario"- e, dunque, non essendo stato quest'ultimo impugnato nei termini di legge, la correttezza della pronuncia della CTP di inammissibilità del ricorso originario avverso l'avviso di presa in carico e il detto prodromico avviso di accertamento. Infondata è, in ogni caso, la censura inerente l'assunta inidoneità del duplicato di avviso di ricevimento - pacificamente prodotto in giudizio dall'Agenzia (v. controricorso pag. 6) a dimostrazione dell'avvenuto perfezionamento della notifica del presupposto atto impositivo - a costituire valida prova dell'avvenuta notifica dell'impugnato atto impositivo atteso che il duplicato rilasciato da Poste Italiane S.p.a. sostituisce l'originale della cartolina postale di ricezione della raccomandata e rappresenta, in caso di smarrimento di quest'ultimo, l'unico documento atto a dimostrare l'effettiva consegna del plico raccomandato e la data in cui essa è avvenuta.
Nè è tecnicamente possibile che su di esso compaia la sottoscrizione del destinatario del plico stesso, proprio perché si tratta di duplicato di un originale - quest'ultimo sì, firmato dal destinatario del plico all'atto della sua ricezione - che è andato smarrito. Sul punto, va data continuità ai principi enunciati da questa Corte in tema di notificazioni eseguite mediante il servizio postale, secondo cui "... il duplicato dell'avviso di ricevimento ... non richiede affatto, per la sua efficacia, la sottoscrizione della persona cui il piego fu consegnato, essendo essenziale che il duplicato stesso riproduca tutte le indicazioni che debbono essere contenute nell'avviso di ricevimento facendo anche menzione della persona che ha ricevuto il piego" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3920 del 25/10/1956, Rv. 881909). Infatti "L'avviso di ricevimento - o, in caso di smarrimento o distruzione, il suo duplicato rilasciato dall'ufficio postale - è il solo documento idoneo a provare sia la consegna sia la data di questa sia l'identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita; il duplicato costituisce la riproduzione di un documento, al quale deve essere conforme per produrne gli effetti; conseguentemente, non costituisce prova dell'avvenuta notifica il documento il cui contenuto non sia conforme a quello dell'avviso di ricevimento" (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 1996 del 22/02/2000, Rv. 534239; Cass. n. 13798 del 2022). Tanto è vero che, ove sia completo di tutti i suoi elementi, il duplicato dell'avviso di ricevimento, o della comunicazione di avvenuto deposito in giacenza del plico (cd. CAD) "... ha natura di atto pubblico, alla stessa stregua dell'originale, e fa piena prova, ai sensi dell'art. 2700 c.c., in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli altri fatti che l'agente postale attesta essere avvenuti in sua presenza, sicché il destinatario che intenda contestare l'avvenuta notificazione ha l'onere di proporre querela di falso nei confronti di detto atto" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 22348 del 15/10/2020, Rv. 659082). Per assicurare la corrispondenza tra duplicato ed originale non occorre dunque che il duplicato contenga anche la sottoscrizione della persona alla quale il piego sia stato consegnato, poiché a tal fine rileva "... il registro di consegna attestante l'avvenuta ricezione dell'avviso originario, del quale il duplicato deve essere una riproduzione fedele, contenendo tutte le indicazioni proprie dello stesso, compresa l'indicazione del soggetto che ha ricevuto l'atto" (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14574 del 06/06/2018, Rv. 648777). Dunque, in caso di smarrimento o distruzione dell'avviso di ricevimento, l'avvenuta ricezione del plico "... può essere provata attraverso il duplicato rilasciato dall'Ufficio postale ai sensi dell'art. 8 del d.P.R. n. 655 del 1982 (non abrogato né modificato, neanche implicitamente, a seguito dell'emenda dell'art. 6 della I. n. 890 del 1982 introdotta dall'art. 1, comma 97-bis, lett. e) della I. n. 190 del 2014, come modificato dall'art. 1, comma 461, della I. n. 205 del 2017); in esso deve però essere necessariamente indicato il soggetto che ha ricevuto il plico, al fine di porre il giudice in condizione di verificare in quali esatti termini il recapito dell'atto si sia perfezíonato"(Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2551 del 30/01/2019, Rv. 652663, che ha ritenuto inidoneo, a tal fine, un duplicato recante un timbro con la firma dell'agente addetto al recapito nella colonna riferita alla "consegna a domicilio", sullo spazio previsto per la sottoscrizione del destinatario o della persona abilitata, ma privo di indicazione del soggetto che avrebbe ricevuto l'atto e di barratura di alcuna delle caselle previste dal modello; da ultimo Cass. n. 13798 del 2022).
Nella specie, la CTR si è conformata al suddetto principio nel ritenere perfezionata la notifica del prodromico avviso di accertamento in base alla documentazione prodotta già in primo grado dall'Ufficio sostanziantesi pacificamente (v. pag. 6 controricorso) nel duplicato dell'avviso di ricevimento (allegato n. 7 al ricorso) che, in disparte la lamentata mancanza della firma del destinatario - elemento che, per quanto sopra esposto, non avrebbe mai potuto essere presente su di esso - contiene la indicazione del soggetto che ha ricevuto il plico ("consegnata al destinatario" quale indicato nella persona di L. Pasquale).
2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell'art. 19 n. 2 del d.P.R. n. 223/1989 e 2699 c.c. e l'omesso esame di un fatto decisivo e controverso per il giudizio per avere la CTR erroneamente ritenuto che la produzione da parte del contribuente del certificato storico di residenza non costituisse prova certa dell'avvenuta risoluzione del contratto di locazione - quale motivo addotto del mancato percepimento del maggior reddito contestato - ancorché si trattasse di un atto pubblico rilasciato da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni certificative delle quali lo stesso era investito dalla legge. Il rigetto del primo motivo - con conseguente passaggio in giudicato della pronuncia del giudice di appello di inammissibilità del ricorso originario - rende inutile la trattazione del secondo con assorbimento dello stesso.
3.In conclusione, il ricorso va rigettato.
4.Le spese del giudizio di legittimità, nei rapporti tra il ricorrente e l'Agenzia delle entrate, seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo; nulla spese nei confronti dell'Agenzia delle entrateRiscossione rimasta intimata.
P.Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore dell'Agenzia delle entrate delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 1.400,00 per compensi oltre spese prenotate a debito. Dà atto, ai sensi dell'art.13 comma 1 quater D.P.R. n.115/2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 28 settembre 2022