Giu In tema di recupero di spese di giustizia relative a procedimenti penali, avverso l’invito al pagamento ex art. 212 d.P.R. n. 115 del 2002 non sono ammissibili, opposizioni all’esecuzione e opposizioni agli atti esecutivi
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 01 febbraio 2024 N. 2973
Massima
In tema di recupero di spese di giustizia relative a procedimenti penali, avverso l’invito al pagamento emesso ai sensi dell’art. 212 del d.P.R. n. 115 del 2002 non sono ammissibili, per difetto di interesse ad agire, opposizioni all’esecuzione e opposizioni agli atti esecutivi, né azioni di accertamento negativo del credito

Casus Decisus
1. Giuseppe Fabio Z. propose opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. avverso l’estratto di condanna e l’invito al pagamento emessi dall’Ufficio recupero crediti del Tribunale militare di Napoli e notificati nel febbraio 2017 per l’importo di euro 25.929,17, causalmente ascritto a spese di giustizia relative al processo penale definito (con sentenza passata in giudicato) con condanna dell’opponente. Dedusse – in estrema sintesi e per quanto ancora qui d’interesse – l’assenza di idoneo riscontro probatorio giustificativo delle somme richieste e la non riferibilità delle singole voci di spesa all’unico reato (dei vari oggetto di imputazione) per cui era stato condannato. 2. Nella attiva resistenza del Ministero della Difesa, l’opposizione è stata rigettata in ambedue i gradi del giudizio di merito. 3. Avverso la decisione in epigrafe indicata, resa in appello, ricorre per cassazione Giuseppe Fabio Z., affidandosi a due motivi, cui resiste, con controricorso, il Ministero della Difesa, dispiegando altresì ricorso incidentale articolato in un motivo. 4. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - ORDINANZA 01 febbraio 2024 N. 2973 De Stefano Franco

1. Ai sensi dell’art. 382, terzo comma, ultimo periodo, cod. proc. civ., va disposta la cassazione senza rinvio della impugnata sentenza, poiché la causa non poteva essere proposta. 1.1. Per dare conto della enunciata conclusione, sono necessari brevi cenni in ordine ai possibili strumenti di tutela dei soggetti richiesti del pagamento di spese di giustizia relative a procedimenti penali. Sul punto, valenza centrale riveste la sentenza delle Sezioni Unite Penali n. 491 del 29/09/2011 (depositata il 12/01/2012). Muovendo dal richiamo operato dall’art. 226 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (t.u. spese di giustizia) all’art. 29 del d.lgs. 24 febbraio 1999, n. 46 (a mente del quale, in ordine alle entrate non tributarie «le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi si propongono nella forme ordinarie»), il citato arresto ha chiarito che in sede di riscossione a mezzo ruolo, «per ogni contestazione che si intenda sollevare nei riguardi della quantificazione delle spese operata dall’Ufficio competente sulla base della sentenza penale, il rimedio giurisdizionale esperibile è quello della opposizione all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ.» (conformi, ex aliis, Cass. pen., n. 30550 del 04/05/2023, dep. il 13/07/2023; Cass. pen., n. 50974 del 29/10/2019, dep. il 17/12/2019; Cass. pen., n. 2955 del 27/11/2013, dep. 22/01/2014). Da queste premesse, con specifico riferimento all’impugnazione di cartelle di pagamento per spese di giustizia, ferma la devoluzione agli organi della giurisdizione ordinaria e non tributaria (Cass., Sez. U, 31/07/2017, n. 18979), il riparto di attribuzioni tra giudice civile e giudice penale è stato così precisamente delimitato: «sono riservate alla cognizione del giudice civile le contestazioni riguardanti o aspetti squisitamente contabili o la riconducibilità di talune voci al perimetro di applicabilità della condanna, sempre che non vi siano dubbi sulla definizione del detto perimetro e si verta, quindi, solo sul concreto rispetto di esso in sede di quantificazione; qualora, viceversa, si discuta della reale definizione del perimetro e, pertanto, della portata della stessa statuizione penale, la questione appartiene alla cognizione del giudice dell’esecuzione penale» (Cass. 09/07/2020, n. 14598; conf., tra le tante, Cass. 27/07/2022, n. 23504; Cass. 19/12/2022, n. 37138; Cass. 22/05/2023, n. 14082).

1.2. L’orientamento, oramai consolidato, si è formato in relazione ad impugnative di cartelle di pagamento. Si tratta di un dato non casuale, ma assai significativo. Il già citato art. 226 del d.P.R. n. 115 del 2002 riconosce infatti al condannato al pagamento delle spese del procedimento penale le «garanzie giurisdizionali della riscossione», quest’ultima da compiersi «mediante ruolo», a mente del precedente art. 223 e con le modalità ivi specificamente stabilite. La disposizione vuol chiaramente intendere che, quanto al recupero delle spese di giustizia correlate a procedimenti penali, l’esperibilità dei rimedi di tutela giurisdizionale presuppone il compimento di un atto della riscossione a mezzo ruolo, con cui sia intrapresa (o anche soltanto minacciata, ma nelle forme ad hoc tipizzate) l’azione per il coattivo soddisfo del relativo credito. Perché possa essere ammissibilmente proposta una opposizione esecutiva (onde contestare la quantificazione dell’importo dovuto in base alla decisione del giudice penale, come liquidato dagli organi competenti, oppure al fine di contrastare le modalità seguite per il recupero del credito) è dunque necessario che il soggetto condannato sia stato destinatario (quantomeno) di una cartella di pagamento, atto che, nella procedura speciale di riscossione disegnata dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, assolve uno actu le funzioni svolte nella espropriazione forzata codicistica dalla notificazione del titolo esecutivo e dalla intimazione del precetto (così Cass. 08/02/2018, n. 3021; Cass., Sez. U, 14/04/2020, n. 7822; Cass. 18/05/2023, n. 13762). Soltanto quando la pretesa recuperatoria del credito per spese di giustizia penali si sia estrinsecata in uno degli atti tipici della riscossione coattiva previsti dal d.P.R. n. 602 del 1973 - un atto di espropriazione in senso proprio, un atto ad essa necessariamente prodromico (cartella o intimazione di pagamento), un atto alternativo alla espropriazione forzata (fermo amministrativo o ipoteca) - sorge, per voluntas legis, il bisogno di tutela giurisdizionale del destinatario della pretesa, diviene attuale e concreto l’interesse ad agire di quest’ultimo. Il descritto sistema rimediale si pone in piana omologia con quanto accade con riferimento all’esecuzione forzata ordinaria, nel cui àmbito, per condivisibile convincimento di questa Corte, sono inammissibili le opposizioni (tanto all’esecuzione, quanto agli atti esecutivi) proposte anteriormente alla notifica del precetto (Cass. 04/08/2016, n. 16281).

1.3. Tanto acclarato in linea generale, nella specie la «opposizione» formulata da Giuseppe Fabio Z. è stata indirizzata avverso l’invito al pagamento emesso e notificato - in uno all’estratto di condanna penale - dall’Ufficio recupero crediti del Tribunale militare di Napoli. Si tratta di un atto di natura amministrativa, avente contenuto di autoliquidazione del credito da parte dello stesso ente creditore, privo di qualsivoglia efficacia esecutiva, anteriore alla formazione del ruolo (titolo esecutivo nel procedimento di riscossione coattiva, giusta il disposto dell’art. 49 del d.P.R. n. 602 del 1973) e nemmeno - a seguito della modifica dell’art. 227-ter del d.P.R. n. 115 del 2002 apportata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 - necessariamente prodromico alla iscrizione a ruolo del relativo credito (Cass. 10/05/2023, n. 12614; Cass. 23/04/2020, n. 8147; Cass. 13/09/2017, n. 21178). Avverso siffatto invito al pagamento - atto estraneo alla sequenza procedimentale della riscossione coattiva a mezzo ruolo - non era proponibile opposizione esecutiva, sicché essa non poteva - come invece accaduto - essere esaminata nel merito. Né la domanda proposta nella vicenda de qua poteva considerarsi ammissibile sub specie di azione di accertamento negativo del credito, avendo per quest’ultima (in sostanziale recepimento di un pregresso indirizzo del giudice di legittimità in tal senso: Cass., 13/10/2016, n. 20618; Cass., 09/03/2017, n. 9034; e non poche successive) il legislatore configurato - con l’art. 12, comma 4-bis, del d.P.R. n. 602 del 1973 (sulla cui corretta esegesi, si veda Cass., Sez. U, 06/09/2022, n. 26283) - l’interesse soltanto in relazione ad atti successivi all’iscrizione a ruolo, iscrizione nel caso neppure avvenuta e di cui l’invito al pagamento non integra nemmeno il necessario presupposto.

Va, in conclusione, enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di recupero di spese di giustizia relative a procedimenti penali, avverso l’invito al pagamento emesso ai sensi dell’art. 212 del d.P.R. n. 115 del 2002 non sono ammissibili, per difetto di interesse ad agire, opposizioni all’esecuzione e opposizioni agli atti esecutivi, né azioni di accertamento negativo del credito».

1.4. La riscontrata originaria inammissibilità della opposizione, rilevabile anche d’ufficio dalla Corte di legittimità, importa la cassazione senza rinvio della impugnata sentenza (con travolgimento anche di quella appellata, per il riscontrato vizio genetico) ai sensi dell’art. 382, comma terzo, ultimo periodo, cod. proc. civ., perché la causa non poteva essere proposta.

2. La novità della questione - sulla quale, a quanto consta, non si rinvengono precedenti del giudice della nomofilachia negli esatti termini - giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese sopportate dalle parti per l’intero giudizio, nei gradi di merito ed in sede di legittimità.

3. Il tenore della presente pronunzia - che è di cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, quindi non di rigetto, inammissibilità o improponibilità del gravame - esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. P. Q. M. Cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la causa non poteva essere proposta. Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio. Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione