Giu Il provvedimento cautelare emesso dall’Amministrazione finanziaria volto a sospendere il rimborso di un credito IVA deve essere, a pena di nullità, motivato con specifico riferimento alle ragioni di fatto e di diritto alla base dell'emissioneis
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 27 dicembre 2023 N. 36068
Massima
Il provvedimento cautelare emesso dall’Amministrazione finanziaria volto a sospendere il rimborso di un credito IVA deve essere, fin dall’origine e a pena di nullità, motivato con specifico riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto alla sua emissione; detta motivazione non può essere integrata, in corso di causa, con riferimento a ragioni diverse rispetto a quelle richiamate nel provvedimento medesimo

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 1771/12/17 del 30/03/2017 la Commissione tributaria regionale del Lazio (di seguito CTR) ha accolto l’impugnazione proposta dall’Agenzia delle entrate (di seguito AE) nei confronti della sentenza n. 21646/06/15 della Commissione tributaria provinciale di Roma (di seguito CTP), che aveva a sua volta accolto il ricorso di OSLT s.p.a. (di seguito, Olt) avverso tre atti di sospensione di rimborso di IVA relativa agli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006. 1.1. Come si evince dalla sentenza impugnata e dalle difese delle parti, l’Amministrazione finanziaria, a fronte di tre richieste di rimborso formulate dalla società contribuente, rispettivamente per euro 950.082,00, per euro 980.000,00 e per euro 730.000,00, disponeva la sospensione di detti rimborsi in attesa della definizione delle pendenze in corso di verifica. 1.2. La CTR accoglieva l’appello di AE osservando che: a) la sospensione del pagamento prevista dall’art. 38 bis, ottavo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 per il caso della commissione di uno dei reati previsti dagli artt. 2 e 8 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 era obbligatoria, ma non esauriva i casi in cui la sospensione poteva essere disposta dall’Amministrazione finanziaria; b) invero, l’art. 69 del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440, prevedeva altra possibile forma di sospensione in favore delle Amministrazioni dello Stato che vantavano diritti di credito verso il richiedente, anche qualora fosse in corso l’accertamento del credito; c) nella specie la sospensione dei pagamenti era stata legittimamente disposta in ragione della presenza di attività accertative nei confronti della Olt, ritenendosi la sua partecipazione ad una frode IVA; d) l’obbligo di motivazione dell’Amministrazione finanziaria doveva ritenersi compiutamente adempiuto con il semplice riferimento agli accertamenti in corso e con la notifica alla società, pochi giorni dopo, di un avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2005. 2. Avverso la sentenza della CTR Olt proponeva ricorso per cassazione, affidato a sei motivi, illustrati da memoria ex art. 378 cod. proc. civ. 3. AE resisteva con controricorso.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 27 dicembre 2023 N. 36068 Manzon Enrico

1. Va pregiudizialmente evidenziato che alla pubblica udienza del 22/03/2023 la difesa erariale ha depositato nota dell’Amministrazione finanziaria dalla quale si evincerebbe la parziale cessazione della materia del contendere per intervenuto pagamento delle somme chieste a rimborso (fatta eccezione per l’anno d’imposta 2004).

1.1. Peraltro, la materia del contendere riguarda l’emissione del provvedimento di sospensione da parte di AE e non già la spettanza del rimborso, sicché la stessa non può dirsi cessata, avendo la ricorrente interesse (se non altro ai fini della quantificazione dei frutti civili) alla valutazione della legittimità del menzionato provvedimento cautelare.

2. Con il primo motivo di ricorso Olt deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., degli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., nonché dell’art. 7 della l. 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR pronunciato la legittimità degli atti impugnati sulla base di una ragione giuridica e di fatti costitutivi dedotti dall’Ufficio a fondamento degli stessi atti soltanto in sede giudiziale, in violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

2.1. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, della l. n. 212 del 2000 e dell’art. 3 della l. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR legittimato l’integrazione della motivazione degli atti impugnati in corso di causa e riconosciuto la legittimità degli atti impugnati nonostante la mancata esplicitazione in sede di motivazione delle ragioni giuridiche e dei presupposti di fatto degli stessi provvedimenti adottati.

2.2. Con il quarto motivo di ricorso si contesta violazione e falsa applicazione dell’art. 38 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR riconosciuto la legittima applicabilità di detta disposizione anche in assenza dei presupposti applicativi.

2.3. Con il quinto motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata in violazione dell’art. 132, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., dell’art. 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR rigettato anche il motivo subordinato, riproposto dalla società contribuente in sede di appello, afferente alla nullità degli atti per mancata informazione del contribuente circa i fatti contestati in violazione dell’art. 6 della l. n. 212 del 2000, senza indicare le ragioni di fatto e di diritto poste a base della decisione.

2.4. Con il sesto motivo si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo e controverso che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistito dalla circostanza che il provvedimento di sospensione si fondi esclusivamente sull’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972. 3. I primi tre motivi di ricorso sono complessivamente fondati, nei termini di cui appresso si dirà, e assorbenti di ogni altra questione.

3.1. L’art. 38 bis, terzo comma, del d.P.R. n. 633 del 1972 (nella versione applicabile ratione temporis, oggi ottavo comma) prevede che: «Quando sia stato constatato nel relativo periodo di imposta uno dei reati di cui all'articolo 4, primo comma, n. 5), del decreto legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1982, n. 516, l'esecuzione dei rimborsi prevista nei commi precedenti è sospesa, fino a concorrenza dell'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto indicata nelle fatture o in altri documenti illecitamente emessi od utilizzati, fino alla definizione del relativo procedimento penale».

3.2. Come da ultimo evidenziato da questa Corte (Cass. n. 27165 del 15/09/2022, le cui conclusioni vengono di seguito riportate e condivise), la giurisprudenza di legittimità si è già interrogata sul rapporto tra la tutela cautelare prevista nel d.P.R. n. 633 del 1972 e gli altri istituti cautelari, disciplinati dall'art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 e soprattutto dall'art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923.

3.2.1. L'esistenza di una specifica norma, dettata in materia di IVA (l’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972), non impedisce, in linea generale, il ricorso anche agli altri istituti. Infatti, la lettura delle norme, secondo una interpretazione ormai prevalente, è nel senso di non escludere affatto la ricorribilità all'esercizio del potere di sospensione del pagamento previsto dall'art. 69, ultimo comma, del r.d. n. 2440 del 1923 (Cass. n. 9853 del 05/05/2011; Cass. n. 7320 del 28/03/2014; Cass. n. 25893 del 31/10/2017).

3.2.2. Trattasi, infatti, di garanzie aventi funzioni diverse: quella apprestata dal citato articolo 38 bis garantisce per l'ipotesi che il credito al rimborso sia insussistente, mentre quella prevista dal citato art. 69, garantisce la possibilità di operare la compensazione con i controcrediti dell'amministrazione.

3.2.3. Laddove, tuttavia, sussistano ragioni che riconoscano la possibilità di ricorrere ad istituti cautelari diversi da quello contemplato nell'art. 38 bis cit., si impone l'attenzione sui limiti del cumulo tra le garanzie apprestate da quest'ultima norma e gli altri strumenti cautelari, anche al fine di evitare, per il medesimo periodo di vigenza, una ingiustificata duplicazione della cautela in favore dell'Amministrazione finanziaria ed un carico eccessivo per il contribuente, in violazione del principio di collaborazione e buonafede posto dall'art. 10, comma 1, l. n. l. 27 luglio 2000, n. 212, nonché del principio di solidarietà sancito dall'art. 2 Cost. che deve ispirare anche i rapporti tra pubblica Amministrazione e cittadino (Cass. S.U. n. 2320 del 31/01/2020).

3.2.4. In applicazione dei superiori principi, pertanto, l'istituto cautelare previsto dall'art. 38 bis, ottavo comma (all’epoca terzo comma), del d.P.R. n. 633 del 1972 trova applicazione in presenza di reati, afferenti l’IVA o le imposte dirette, riconducibili ad operazioni inesistenti, sicché non c'è necessità di applicare strumenti più generali. Laddove invece la tutela cautelare si relazioni a fattispecie penali diverse, o anche alla sola prospettazione di compensazioni tra crediti, oppure ad accertamenti in corso, nulla impedisce che l'Ufficio faccia ricorso agli altri strumenti cautelari (cfr. Cass. n. 27784 del 31/10/2018).

3.3. Peraltro, ciò che non può venire meno è la sussistenza di una motivazione specifica ed esaustiva del provvedimento cautelare. A tal fine la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in materia tributaria la causa di sospensione del pagamento di un rimborso (cd. fermo amministrativo), prevista a favore dell'Amministrazione finanziaria dall'art. 23 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 - che costituisce disciplina specifica rispetto all'istituto di cui all'art. 69, sesto comma, del r.d. n. 2440 del 1923 – può essere fatta valere anche nel corso del giudizio che abbia ad oggetto l'impugnazione del silenzio-rifiuto sulla richiesta del rimborso medesimo, a condizione, però, che sia adottato un formale provvedimento di sospensione; tale atto deve essere dotato dei requisiti prescritti dalla legge, compresa un'adeguata motivazione in ordine al fumus boni iuris della vantata ragione di credito da parte dell'Amministrazione, e portato a legale conoscenza dell'interessato, per garantirgli ogni tutela giurisdizionale (Cass. n. 23601 nell’11/11/2011).

3.4. Ciò chiarito in termini generali, va evidenziato che, nel caso di specie, il provvedimento con il quale l'Amministrazione finanziaria ha inteso sospendere i rimborsi richiesti da Olt richiamano tutti l'art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 e la motivazione dello stesso (per come riportate in ricorso ai fini del rispetto del principio di autosufficienza) è la seguente: «è in corso una verifica». 3.5. Ebbene, a parte il richiamo espresso all'art. 38 bis, risulta del tutto priva di significato, una motivazione del provvedimento di sospensione formulata nei termini riportati. Né il richiamo generico all'art. 38 bis cit. consenta di comprendere quale sia la specifica fattispecie presa in esame dall'Amministrazione finanziaria per sospendere il rimborso: se, cioè, si tratta di accertamenti penali per operazioni inesistenti, così rientranti nell'alveo dell’ottavo comma della disposizione (terzo comma, nella versione applicabile ratione temporis), oppure di altre ragioni che possano giustificare la sospensione del rimborso.

3.6. È vero che la CTR sostiene la legittimità dell’applicazione dell'utilizzo dello strumento cautelare previsto dall'art. 69 del r.d. n. 2440 del 1923, tuttavia non si comprende da cosa possa evincersi, leggendo il provvedimento impugnato, che l'Amministrazione finanziaria abbia fatto ricorso al fermo amministrativo, implicante presupposti ben diversi da quelli previsti dall’art. 38 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 (nel primo caso, la sussistenza di crediti compensabili; nel secondo caso la commissione di fatti di reato).

3.6.1. Tale precisazione risulta, del resto, contenuta nelle difese svolte da AE nel corso del giudizio di primo grado. Tuttavia, se è vero che l’Amministrazione finanziaria possa precisare, anche in epoca successiva all’emissione del provvedimento impugnato, le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento dello stesso, ciò non significa che possa addurre a supporto della pretesa ragioni del tutto nuove e diverse da quelle originariamente prospettate, con ciò palesemente violando il diritto di difesa del contribuente, che ha impugnato l’atto proprio sulla base delle ragioni dallo stesso desumibili.

3.7. In altri termini, i provvedimenti emessi dall’Amministrazione finanziaria sono nulli in quanto privi di una motivazione idonea a giustificarli e detta motivazione non può intervenire, successivamente in corso di causa, andando ad integrare gli stessi non già con allegazioni a chiarimento della motivazione già adottata, ma contenenti deduzioni del tutto nuove rispetto a quelle indicate nell’atto impugnato.

3.8. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «il provvedimento cautelare emesso dall’Amministrazione finanziaria volto a sospendere il rimborso di un credito IVA deve essere, fin dall’origine e a pena di nullità, motivato con specifico riferimento alle ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto alla sua emissione; detta motivazione non può essere integrata, in corso di causa, con riferimento a ragioni diverse rispetto a quelle richiamate nel provvedimento medesimo».

4. L’accoglimento dei superiori motivi implica l’assorbimento degli ulteriori motivi di ricorso proposti. 5. In conclusione, vanno accolti, nei termini di cui sopra, i primi tre motivi di ricorso, assorbiti i restanti motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, per nuovo esame (anche in ordine alla eventuale successiva effettuazione dei rimborsi sospesi) e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma il 22 marzo 2023.