1.In via pregiudiziale, vanno ribadite le ragioni che portarono alla revoca dell’ordinanza del 9 ottobre 2018, con cui era stata disposta, a norma dell'art. 291 c.p.c., la rinnovazione della notificazione del ricorso. Invero, la cancellazione dall'albo professionale dell'avvocato costituito (circostanza che, con riguardo all’avvocato Elena N., i ricorrenti hanno comprovato con la certificazione prodotta il 21 dicembre 2018) determina la decadenza dall'ufficio e, facendo venir meno lo "ius postulandi", implica la mancanza di legittimazione di quel difensore a compiere e ricevere atti processuali, nonché il venir meno dell'elezione di domicilio presso il medesimo, sicché le notificazioni necessarie e, in particolare, quelle delle impugnazioni, debbono essere effettuate alla parte personalmente (Cass. Sez. L, 21/09/2011, n. 19225; Cass. Sez. 1, 20/01/2006, n. 1180; Cass. Sez. Unite, 21/11/1996, n. 10284; arg. anche da Cass. Sez. Unite, 13/02/2017, n. 3702). Risulta perciò regolare la notificazione del ricorso eseguita personalmente a Giuliano B., presso la sua residenza in OMISSIS Costermano.
La rinnovazione della notificazione del ricorso disposta con l’ordinanza del 9 ottobre 2018 risultava fondata sull’assunto - rivelatosi erroneo dopo che è stata comprovata con apposita certificazione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Venezia la cancellazione dell’avvocato domiciliatario Elena N. - di porre rimedio ad una irritualità della iniziale notifica effettuata alla parte personalmente; quel provvedimento, seppur rimasto ineseguito, deve essere revocato, non potendo portare all’inammissibilità dell’impugnazione (arg. da Cass. Sez. 2, 12/05/2014, n. 10273).
2. Il primo motivo del ricorso di Giovanni B. e Tommaso Enrico Maria B. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 2, 43, 44, 144, 1021 e 1022 c.c., 31 bis disp. att. c.c., 113, comma 1, c.p.c. Si contesta che Giuliano B., dopo aver “rinunziato implicitamente” al diritto di abitazione sulla casa coniugale di Verona, acconsentendo alla vendita della stessa, e a due anni dall’apertura della successione, abbia richiesto l’assegnazione ex art. 540, comma 2, c.c. della casa-vacanze di Costermano.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 1, 665 e 2909 c.c., 324 c.p.c., in quanto Giuliano B., coniuge superstite, avrebbe preteso il riconoscimento del diritto di abitazione sia sulla casa coniugale di Verona, sia sulla villa di Costermano, trattandosi al più di scelta fra legati alternativi che spettava ai figli coeredi, ed avendo già due sentenze negato che sussistesse ancora il diritto di Giuliano B. all’alloggio di Verona.
Il terzo motivo del ricorso di Giovanni B. e Tommaso Enrico Maria B. allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 44, 521, 649 e 1146 c.c., 112 c.p.c., invocando gli effetti della rinunzia all’eredità compiuta da Giuliano B. e del compossesso dei figli sull’immobile di Costermano, con conseguente illegittimità del certificato di residenza ottenuto dal medesimo Giuliano B..
Il quarto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 540, comma 2, 720, 1022, comma 2, 1021 e 1022 c.c., 113 c.p.c., evidenziando che la villa di Costermano è composta di quindici stanze, e quindi eccede i bisogni abitativi di Giuliano B.. 2.1. Il Pubblico Ministero, nelle sue conclusioni motivate, ha chiesto il rigetto del ricorso, con affermazione del principio di diritto secondo cui il diritto di abitazione riservato al coniuge ex art. 540, comma 2, c.c. può anche comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili utilizzati in modo abituale dai coniugi come sede della vita domestica.
3. Il primo motivo di ricorso è fondato, e il suo accoglimento assorbe l’esame dei restanti tre motivi di censura, i quali perdono di immediata rilevanza decisoria. La sentenza impugnata, nel dare soluzione alla questione di diritto oggetto di causa, non ha tenuto conto dell’orientamento di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 6 - 2, 18/01/2023, n. 1444; Cass. Sez. 6 - 2, 22/06/2020, n. 12042; Cass. Sez. 2, 14/03/2012, n. 4088; Cass. Sez. 2, 27/02/1998, n. 2159), secondo il quale il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c. (il cui valore va, peraltro, detratto dall'asse prima di procedere alla divisione tra tutti i coeredi), ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, ossia l'immobile che in concreto è in grado di soddisfare l’esigenza abitativa di quello, conservando il luogo principale di esercizio della vita matrimoniale. L’oggetto del diritto di abitazione mortis causa coincide, quindi, con il solo immobile in cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi - dimoravano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare, e non può estendersi ad un ulteriore e diverso appartamento.
Analogamente a quanto la stessa giurisprudenza afferma con riferimento alla nozione di casa familiare di cui all’art. 337-sexies c.c., è perciò da escludere che l'ambito del diritto di abitazione che spetta al coniuge superstite si estenda fino a comprendere due (o più) residenze alternative (come nella specie ritenuti la villa di Costermano e l’appartamento di Verona), ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea o saltuaria (ad esempio per soggiorni, più o meno brevi, a scopo di vacanza), postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia durante la convivenza (si vedano Cass. Sez. 1, 04/07/2011, n. 14553; Cass. Sez. 1, 16/07/1992, n. 8667).
3.1. Va pertanto enunciato il seguente principio: il diritto reale di abitazione, riservato al coniuge superstite dall’art. 540, comma 2, c.c., ha ad oggetto la sola “casa adibita a residenza familiare”, e cioè l'immobile in cui i coniugi abitavano insieme stabilmente prima della morte del de cuius, quale luogo principale di esercizio della vita matrimoniale; ne consegue che tale diritto non può comprendere due (o più) residenze alternative, ovvero due (o più) immobili di cui i coniugi avessero la disponibilità e che usassero in via temporanea, postulando la nozione di casa adibita a residenza familiare comunque l’individuazione di un solo alloggio costituente, se non l’unico, quanto meno il prevalente centro di aggregazione degli affetti, degli interessi e delle consuetudini della famiglia.
4. Il primo motivo di ricorso viene quindi accolto, restando assorbiti gli ulteriori motivi. La sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, che riesaminerà la causa uniformandosi al principio enunciato e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti motivi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione