Giu E' ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale di accoglimento del reclamo proposto contro il provvedimento di omologazione, da parte del giudice monocratico, di un accordo di composizione da sovraindebitamento
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 27 luglio 2023 N. 22797
Massima
E' ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale, in composizione collegiale, di accoglimento del reclamo proposto contro il provvedimento di omologazione, da parte del giudice monocratico, di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto ai sensi degli artt. 10 e ss. della legge n. 3 del 2012 (e succ. mod.), trattandosi di provvedimento avente carattere decisorio e definitivo, tenuto conto della natura contenziosa del procedimento e della sua idoneità ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile la dedotta situazione di sovraindebitamento

Casus Decisus
1. – In data 07/10/2016 Beatrice B. ha presentato domanda di omologazione di un piano del consumatore, o in subordine di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, che non contemplava la liquidazione dell'immobile di sua proprietà, destinato ad abitazione familiare, già sottoposto a procedura esecutiva immobiliare (valore di stima euro 130.000,00; base d’asta euro 97.500,00). 1.1. – Nonostante il competente OCC avesse attestato la convenienza del piano rispetto all'alternativa liquidatoria, il giudice designato, ritenuto improponibile il piano del consumatore per difetto del requisito della meritevolezza, ha assegnato termine per la modifica della proposta di accordo, nel rispetto del criterio di pagamento dei creditori privilegiati dettato dall'art. 7, comma 1, secondo periodo, legge n. 3 del 2012 (e successive modifiche), poiché la soddisfazione offerta al creditore ipotecario di primo grado, U. s.p.a. risultava inferiore al valore d'asta dell’immobile su cui insisteva il diritto di prelazione. 1.2. – La proposta di accordo, come modificata dalla debitrice (con aumento della soddisfazione di U. da euro 51.283,50 a euro 108.000,00), ha riportato per silenzio-assenso la maggioranza del 90,31% dei crediti ammessi al voto, registrando il voto contrario di Equitalia e U., quest’ultima ammessa al voto solo per la parte del credito non soddisfatto, pari al 19,07% del totale, in applicazione analogica dell’art. 177, comma 3, l.fall.). 1.3. – U. ha proposto reclamo avverso il decreto di omologazione dell’accordo, per carenza dei presupposti di ammissibilità del piano ex art. 7, l. n. 3 del 2012, stante la mancanza di adeguate garanzie di adempimento e a fronte della proposta dilazione trentennale del pagamento. 1.4. – Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha accolto il reclamo e dichiarato «inammissibile l’accordo» sulla scorta di tre rationes decidendi, così formulate: i) la proposta contempla una sostanziale falcidia del creditore ipotecario «al di fuori di un espresso consenso», poiché il pagamento offerto, oltre ad essere stato “falcidiato”, è stato anche dilazionato in trenta anni (con n. 360 rate mensili decorrenti dall’omologazione) – a fronte di un piano di ammortamento del mutuo fondiario in scadenza al 2023 – e privato degli interessi convenzionali, riconosciuti al tasso legale; ii) la dilazione del pagamento dei creditori privilegiati è possibile solo nelle ipotesi di cui all'art. 8, comma 4, l. n. 3 del 2012 e comunque in misura non superiore a un anno; iii) anche a voler ritenere ammissibile l’ulteriore falcidia subita per effetto della moratoria e del calcolo degli interessi, il creditore prelatizio non solo non è stato messo nella condizione di esprimere correttamente il proprio voto, ma è stato escluso dal computo dei crediti necessari ai fini del raggiungimento della maggioranza per l’omologazione dell’accordo, sebbene ciò sia possibile solo a fronte del pagamento integrale e immediato del credito privilegiato. 1.5. – Beatrice B. ha proposto ricorso per la cassazione in quattro mezzi, cui U. s.p.a. ha resistito con controricorso; i restanti intimati non hanno svolto difese.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 27 luglio 2023 N. 22797 Cristiano Magda

2. – Va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso ex art. 111, comma 7, Cost. sollevata dalla controricorrente per asserito difetto dei caratteri della decisorietà e definitività del provvedimento impugnato.

2.1. – Come noto, la ricorribilità per cassazione a norma dell’art. 111, comma 7, Cost. (che, pur contemplando formalmente il ricorso per cassazione avverso le “sentenze”, integra pacificamente un rimedio applicabile ad ogni provvedimento giurisdizionale, anche se emesso in forma di ordinanza o decreto) postula la verifica che il provvedimento impugnato sia congiuntamente dotato dei caratteri della decisorietà e definitività, propri dei «provvedimenti giurisdizionali destinati a produrre effetti di diritto sostanziale con efficacia di giudicato e ad incidere in modo definitivo sui diritti soggettivi delle parti» (ex multis, Cass. Sez. U, 24068/2019 in tema di piano di riparto parziale e Cass. 11524/2020 in tema di autorizzazione ex art. 169-bis legge fall.). Segnatamente, il carattere della decisorietà ha natura strutturale, in quanto afferente il contenuto del provvedimento, ed esprime l’idoneità al "giudicato sostanziale" (art. 2909 cod. civ.) della pronuncia resa in sede contenziosa su diritti soggettivi (Cass. Sez. U, 27073/2016), nel contraddittorio delle parti (Cass. 211/2019), attraverso la correlazione di una posizione di diritto soggettivo ad una "potestas iudicandi" scevra da qualsivoglia connotazione di discrezionalità (Cass. 28013/2022).

Il carattere della definitività ha invece natura funzionale, poiché riguarda la disciplina del provvedimento, di cui esprime l'attitudine al "giudicato formale", non solo nella tradizionale accezione della indisponibilità di ulteriori rimedi impugnatori, ma anche nel senso della irrevocabilità e immodificabilità del provvedimento da parte del giudice che l'ha emanato (Cass. Sez. U, 17636/2003, Cass. 28013/2022) e della riproponibilità della domanda ad opera della parte interessata (Cass. 17836/2019, 26567/2020). Le sezioni unite di questa Corte hanno recentemente precisato che la definitività può prospettarsi anche rebus sic stantibus (Cass. Sez. U, 32359/2018 con riguardo ai provvedimenti cd. de potestate, emessi dal giudice minorile ai sensi degli artt. 330 e 333 cod. civ., in quanto non revocabili o modificabili salva la sopravvenienza di fatti nuovi).

2.2. – Con specifico riguardo alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento disciplinate dalla legge n. 3 del 2012 (e succ. modd.), questa Corte, alla luce dei richiamati principi, ha più volte affermato l’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost. tutte le volte in cui il provvedimento impugnato rivesta i caratteri della decisorietà e definitività, in quanto idoneo ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile lo stato di sovraindebitamento. 

In particolare, i caratteri della decisorietà e definitività sono stati rinvenuti non solo nelle ipotesi di ricorso avverso i provvedimenti di contenuto latamente omologatorio – come nel caso di accoglimento del reclamo contro il rigetto della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. 35976/2022), nonché di rigetto del reclamo contro l’omologazione dell’accordo di composizione o del piano del consumatore (Cass. 30948/2021) e infine di accoglimento del reclamo contro l’omologazione del piano del consumatore (Cass. 10095/2019, a superamento di Cass. 19117/2017, giunto a diversa conclusione sul rilievo che in quel caso non sarebbe precluso al debitore, ancorché nei limiti temporali previsti dall'art. 7, comma 2, lett. b), della legge n. 3 del 2012, di proporre altro e diverso accordo o piano di ristrutturazione dei suoi debiti) – ma anche nel caso di “doppia negativa”, ossia di rigetto del reclamo contro il diniego di omologa (Cass. 28013/2022 e Cass. 4451/2018, con riguardo al piano del consumatore; v. anche Cass. 17391/2020, che ha cassato il rigetto del reclamo contro il diniego di omologa di una proposta di accordo di composizione della crisi ritenuto non fattibile per la dilazione ultrannuale del pagamento di un credito ipotecario, con implicito superamento di Cass. 4499/2018, che in un caso analogo aveva ritenuto il provvedimento non ricorribile per cassazione). Con riguardo a quest’ultima fattispecie, si è fatto riferimento alla categoria della definitività rebus sic stantibus, sopra evocata, avuto riguardo alle condizioni concretamente offerte dal debitore.

2.3. – Al contrario, i caratteri della decisorietà e definitività non sono stati riscontrati nel provvedimento di rigetto del reclamo avverso la declaratoria di inammissibilità della proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (Cass. 27301/2022, 4500/2018, 20917/2017, 1869/2016, 6516/2017), ovvero nel decreto del tribunale che abbia dichiarato inammissibile la proposta di accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, in relazione al quale non è prevista alcuna forma di impugnazione (Cass. 30534/2018), in ogni caso sul rilievo della riproponibilità della domanda anche prima del decorso del termine preclusivo quinquennale ex art. 7, comma 2, lett. b), della legge n. 3 del 2012, ritenuto operante nella sola ipotesi in cui il debitore abbia concretamente beneficiato degli effetti riconducibili a una procedura della medesima natura.

2.4. – Alla luce dei criteri sopra richiamati, deve concludersi che anche il provvedimento impugnato in questa sede, con cui il tribunale in composizione collegiale ha accolto il reclamo contro l’omologazione, da parte del giudice monocratico, dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento, risulta munito dei caratteri della decisività e definitività, come sopra declinati, in analogia a quanto già affermato con riguardo alla corrispondente ipotesi del piano del consumatore (Cass. 10095/2019).

Va quindi enunciato il seguente principio di diritto: “E' ammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale, in composizione collegiale, di accoglimento del reclamo proposto contro il provvedimento di omologazione, da parte del giudice monocratico, di un accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento proposto ai sensi degli artt. 10 e ss. della legge n. 3 del 2012 (e succ. mod.), trattandosi di provvedimento avente carattere decisorio e definitivo, tenuto conto della natura contenziosa del procedimento e della sua idoneità ad incidere su diritti soggettivi, regolamentando in modo incontrovertibile la dedotta situazione di sovraindebitamento”.

3. – Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, secondo e terzo periodo, nonché 11, comma 2, e 12, comma 2, secondo periodo, della legge n. 3/2012, per avere il tribunale erroneamente ritenuto che il pagamento dilazionato del creditore ipotecario U. fosse stato previsto «al di fuori di un espresso consenso», dal momento che la proposta di pagamento non integrale di U. non era inferiore alla misura realizzabile sul ricavato in caso di liquidazione, come attestato dall’OCC (art. 7, comma 1, secondo periodo, l. 3/2012) e il relativo credito era stato ammesso al voto per la parte residua degradata a chirografo, in applicazione analogica dell’art. 177, comma 3, legge fall., mentre per la parte privilegiata non falcidiata U. non aveva diritto di esprimersi sulla proposta, né essa andava computata ai fini del calcolo delle maggioranze, ai sensi dell’art. 11, comma 2, secondo periodo, legge cit.

3.1. – Il motivo presenta profili di inammissibilità e infondatezza.

3.2. – Parte ricorrente mostra di non aver compreso - perciò non impugnandola espressamente - la prima ratio decidendi della decisione impugnata, con cui il tribunale ha giustamente osservato che il creditore ipotecario avrebbe dovuto essere ammesso al voto non solo per la parte del credito ritualmente degradata a chirografo, ai sensi dell’art. 7, comma 1, secondo periodo, legge n. 3 del 2012, ma anche in relazione alla ulteriore e “sostanziale falcidia” subita a causa della dilazione trentennale del pagamento della parte di credito privilegiato, con attribuzione degli interessi al tasso legale, in luogo di quello convenzionale.

3.3. – Nella nozione di «soddisfazione non integrale» dei creditori privilegiati deve essere infatti ricompresa anche l’ipotesi del pagamento dilazionato, con la conseguenza che anche la non integrale soddisfazione in tal senso comporta il diritto di voto del creditore privilegiato, da parametrarsi alla perdita economica rapportabile al ritardo (Cass. 17834/2019, 10112/2014).

3.4. – Tale rilievo, formulato in seno alla procedura concordataria, è stato espressamente esteso alle procedure da sovraindebitamento di cui alla legge n. 3 del 2012, in quanto modellate in similitudine con l'istituto del concordato preventivo, dal quale ripetono perciò i principi, sia pure nei limiti della compatibilità (Cass. 27843/2022), tanto più alla luce del «parallelismo che corre tra l’accordo di composizione della crisi da (sovra)indebitamento (…) e il concordato preventivo disciplinato dalla legge fallimentare», più volte messo in luce dalla Consulta (v. Corte cost. 245/2019).

3.5. – Nella fattispecie in esame è invece la stessa ricorrente ad ammettere che U. è stata ammessa a votare solo «per la parte di credito stralciata pari ad € 25.466,60», senza che fosse in alcun modo tenuta in conto l’incidenza, sulla non integralità della soddisfazione, della notevole dilazione del pagamento e del regime degli interessi, con riguardo all’ammissione al voto e al computo ai fini del raggiungimento della maggioranza, in relazione all’art. 11, comma 2, primo e secondo periodo, della legge n. 3 del 2012.

4. – Il rigetto del primo motivo, nel mantenere ferma la prima ratio decidendi della decisione impugnata, rende superfluo l’esame del secondo mezzo, che resta assorbito.

4.1. – Esso censura infatti la seconda ratio decidendi, con la denuncia di violazione degli artt. 6, comma 2, lett. b), 7, comma 1 e 8, comma 4, della legge 3/2012, nonché degli artt. 182-bis e 186-bis legge fall., avuto riguardo all’interpretazione restrittiva data dal tribunale all’art. 8, comma 4, l. n. 3 del 2012, laddove consente espressamente la «moratoria nel pagamento dei creditori muniti di privilegio pegno e ipoteca, fino ad un anno dall'omologazione» – a meno che non «sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione» – solo nel piano del consumatore e nella proposta di accordo con continuazione dell'attività d'impresa, ipotesi non ricorrenti nella fattispecie di specie.
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5. – Il terzo motivo denuncia vizio di ultrapetizione, ex art. 112 c.p.c., per essersi il tribunale pronunciato sulla questione degli interessi (convenzionali e legali) nonostante questa non costituisse oggetto del reclamo.

5.1. – La censura va respinta, non solo per difetto di autosufficienza, ma anche perché la doglianza in questione risulta (quantomeno) implicitamente inclusa nella lamentela del creditore ipotecario su cui si basa la ratio decidendi esaminata con il primo motivo, a conferma della sua mancata comprensione da parte della ricorrente.

6. – Del tutto infondato è il quarto mezzo, che prospetta il vizio di «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, motivazione apparente, perplessa ed obbiettivamente incomprensibile».

6.1. – Il provvedimento impugnato, invero, pur presentando passaggi motivazionali a tratti ellittici, non appare affetto dai gravissimi vizi motivazionali che possono determinarne la nullità, come individuati dalle sezioni unite di questa Corte (Cass. Sez. U, 8053/2014, 34474/2019; cfr. Cass. 2001/2023), risultando sufficientemente enucleabili le ragioni della decisione, appositamente sintetizzate sopra, sub 1.4. 7. – Segue il rigetto del ricorso, con condanna alle spese in favore del controricorrente, liquidate in dispositivo. 8. – Sussistono i presupposti processuali per il cd. raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 115 del 2002, se dovuto (Cass. Sez. U, nn. 23535/2019, 4315/2020).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 per cento, esborsi liquidati in Euro 200,00 e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11/05/2023