Giu Spetta al giudice del merito - sindacabile in cassazione- verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del ballatoio comune da parte degli altri condomini
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI CIVILE - ORDINANZA 14 ottobre 2022 N. 30307
Massima
L’art. 1122, comma 1, cod. civ., vieta a ciascun condomino, nell'unità immobiliare di sua proprietà, l’esecuzione di opere che rechino danno alle parti condominiali, nel senso che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condomini o determinino pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari. Spetta al giudice del merito, sulla base di apprezzamento di fatto sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale, nella specie la chiusura eseguita in corrispondenza dell’appartamento di una condomina, pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del ballatoio comune da parte degli altri condomini, avendo riguardo alla destinazione funzionale dello stesso ed alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva.

Casus Decisus
Fabio F., Carla G. e Giuseppa D.B. hanno proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 2942/2021 della Corte d’appello di Milano, pubblicata in data 13 ottobre 2021. Laura S. ha notificato controricorso. La Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza resa in primo grado il 13 maggio 2020 dal Tribunale di Varese e così respinto la domanda spiegata da Fabio F., D.B. e Carla G., proprietari di unità immobiliari comprese nel Condominio P., sito a L. in via Z. n. 52, contro la condomina Laura S., proprietaria di un appartamento sito al piano terra dell’edificio condominiale. Gli attori avevano domandato l’accertamento, ai sensi dell’art. 1122 cod. civ., che gli interventi edificatori posti in essere dalla S. nella propria unità immobiliare avevano arrecato un danno al ballatoio comune, poiché lo avevano privato della luce e della circolazione d’aria di cui il medesimo godeva in precedenza, con conseguente condanna alla riduzione in pristino. La Corte di Milano ha rilevato che: all’epoca dell'acquisto delle unità immobiliari da parte dei singoli proprietari erano ancora in corso i lavori di finitura del ballatoio oggetto di lite, ed ha quindi affermato il pieno diritto della S. di provvedere alla chiusura e alla delimitazione della propria abitazione per impedire l’accesso a terzi; la costruttrice P. si era riservata negli atti di acquisto la facoltà di modificare le parti comuni; le cantine di proprietà F. e D.B. erano e sono chiuse da una porta e godono di una presa d’aria; rimane impregiudicata la facoltà di accesso ai rispettivi vani; non sussiste la lamentata diminuzione di aria e luce; il corridoio è dotato di illuminazione elettrica; tanto meno deriva danno agli appartamenti degli attori collocati nel vano scale per la chiusura dell’unità immobiliare di proprietà S. sita al piano terreno; quanto all’unità di proprietà G., che pure affaccia dal ballatoio, essa è vicino al cavedio sormontato da un lucernaio e quindi l’aria a la luce sono limitatamente ridotti per effetto della chiusura dei locali della S.. Il ricorso di Fabio F., Carla G. e Giuseppa D.B. denuncia: 1) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, atteso che la Corte d’appello ha travisato le prove a sua disposizione affermando erroneamente che l’immobile acquistato dalla signora S. fosse in corso di costruzione anziché che si trattasse di lavori di ampliamento del proprio appartamento; 2) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1122 cod. civ., atteso che la Corte d’appello ha analizzato i lavori di ampliamento operati dalla signora S. sul proprio immobile con riferimento al danno provocato agli immobili dei singoli condomini piuttosto che alla parte comune del ballatoio; 3) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1122 cod. civ., atteso che la Corte d’appello ha valutato le circostanze fattuali prendendo quale riferimento i criteri di cui all’art. 1102 cod. civ. anziché quelli di cui all’art. 1122 cod. civ.; 4) omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in quanto la Corte d’appello ha omesso di accertare e valutare se la totale privazione di luce naturale e la ridotta circolazione dell’aria creatasi a seguito dell’intervento della S. sul proprio appartamento abbia causato un danno alla parte comune del ballatoio posto al piano terra dell’edificio condominiale; 5) in via residuale e subordinata, error in procedendo per motivazione apparente riguardante la valutazione del danno relativo al ballatoio comune provocato a seguito dell’intervento della signora S. nel proprio appartamento posto al piano terra dell’edificio condominiale. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato inammissibile, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all'art. 380 bis c.p.c., in relazione all'art. 375, comma 1, n. 1), c.p.c., il Presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. I ricorrenti hanno presentato memoria.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. VI CIVILE - ORDINANZA 14 ottobre 2022 N. 30307 Lombardo Luigi Giovanni

I cinque motivi di ricorso vanno esaminati congiuntamente, per la loro connessione, e sono tutti inammissibili. Innanzitutto, quanto al primo ed al quarto motivo, opera la previsione d'inammissibilità del ricorso per cassazione, di cui all'art. 348 ter, comma 5, c.p.c., che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la sentenza di appello "che conferma la decisione di primo grado" e che, come nella specie, risulti fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della sentenza di primo grado (cd. doppia conforme).

Tale dato è contestato dai ricorrenti nella memoria ex art. 380 bis, comma 2, c.p.c. presentata il 13 settembre 2022, osservando che la decisione di primo e di secondo grado “non solo non sono identiche, ma non sono neppure fondate sul medesimo iter logicoargomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della richiesta di giustizia, posto che, in primo grado, il Giudice ha valutato (seppur in maniera erronea) se le opere di ampliamento della S. sulla propria unità immobiliare abbiano o meno arrecato un danno alle parti comuni dell’edificio; in secondo grado, invece, il Giudice ha (indebitamente e comunque erroneamente) valutato se l’intervento della S. abbia o meno arrecato un danno alle proprietà dei ricorrenti”.

Ora, è vero che il ricorso si limitava ad affermare in sede di esposizione sommaria che il Tribunale di Varese aveva rigettato le domande, così non adempiendo all’onere imposto dall’art. 366, comma 1, nn. 3 e 4 c.p.c., di indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (ex multis, Cass. Sez. 1, 22/12/2016, n. 26774). In ogni caso, dall’esame diretto degli atti, risulta proprio che l’oggetto devoluto alla cognizione del giudice di appello era stata la decisione del Tribunale di ritenere l’ampliamento eseguito dalla convenuta non pregiudizievole per la funzionalità del corridoio/disimpegno comune, consistente nel mettere in comunicazione gli ambienti e consentire il passaggio.

Al riguardo, la Corte d’appello ha riaffermato le stesse ragioni di fatto: nonostante le opere eseguite dalla S. al fine di chiudere e delimitare la propria abitazione, rimane impregiudicata la facoltà di accesso ai rispettivi vani e non sussiste la lamentata diminuzione di aria e luce.

Le stesse censure, del resto, neppure deducono l'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), ma invocano una diversa e più favorevole valutazione di fatti (che l’immobile di proprietà S. fosse in corso di costruzione o di ampliamento; l’entità della privazione di luce naturale e della riduzione della circolazione dell’aria) comunque presi in considerazione dai giudici del merito. Il ricorso, invocando un rinnovato esame dello stato dei luoghi e delle risultanze istruttorie, è piuttosto volto a devolvere alla Corte di cassazione il compito di procedere a nuovi apprezzamenti di fatto.

Nemmeno è ammissibile la generica allegazione di “travisamento della prova”, cui alludono le censure, giacché, inteso tale “travisamento” come constatazione di un errore di percezione o di ricezione di un elemento istruttorio, esso comunque assume rilievo, ai sensi del vigente art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., quando abbia prodotto l’effetto dell’omesso esame di un fatto decisivo, altrimenti rilevando l’anomalia motivazionale con riguardo ad una determinata informazione probatoria soltanto se risulta dal testo della sentenza, prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, secondo i principi enunciati da Cass. sezioni unite 7 aprile 2014, n. 8053.

La sentenza impugnata ha poi deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi di ricorso non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa, con conseguente inammissibilità ex art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ. A fronte delle considerazioni svolte al riguardo nella memoria dei ricorrenti, deve precisarsi che il filtro di ammissibilità dei ricorsi per cassazione in forza dell’art. 360-bis, n. 1, cod. proc. civ. induce a ritenere il ricorso (o un suo singolo motivo) inammissibile quando le censure non minano l’interpretazione consolidatasi sulla questione di diritto, in base a valutazione da operarsi comunque al momento della decisione della Corte di cassazione (Cass. Sez. Unite 21 marzo 2017, n. 7155).

Al centro del sistema posto dall’art. 360- bis, n. 1, cod. proc. civ. è, dunque, la supposta superfluità di chiamare la Corte a riesaminare una quaestio iuris che essa ha ormai risolto. L’art. 1122, comma 1, cod. civ., dispone che “[N]ell'unità immobiliare di sua proprietà ovvero nelle parti normalmente destinate all'uso comune, che siano state attribuite in proprietà esclusiva o destinate all'uso individuale, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino un pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell'edificio”.

La norma, modificata dalla legge n. 220 del 2012, può tuttora essere interpretata nel senso che è posto divieto al compimento di opere che possano danneggiare lo parti comuni dell'edificio o che rechino altrimenti pregiudizio alla proprietà comune, e cioè che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condomini o determinino pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari (arg. da Cass. Sez. 2, 27/10/2011, n. 22428; Cass. Sez. 2, 28/05/2007, n. 12491; Cass. Sez. 2, 29/04/2005, n. 8883; Cass. Sez. 2, 19/01/2005, n. 1076).

La Corte d’appello di Milano ha quindi correttamente valutato la non contrarietà delle opere eseguite da Laura S. nella unità immobiliare di sua proprietà sul ballatoio condominiale, avendo riguardo alla destinazione funzionale del bene comune a dare area e luce alle rispettive proprietà esclusive degli altri condomini, ritenendo legittima la chiusura del pianerottolo in corrispondenza dell’appartamento della S. in rapporto alla rilevanza della concreta diminuzione delle facoltà di godimento ed alle utilità spettanti agli altri condomini.

Va pertanto enunciato il seguente principio: L’art. 1122, comma 1, cod. civ., vieta a ciascun condomino, nell'unità immobiliare di sua proprietà, l’esecuzione di opere che rechino danno alle parti condominiali, nel senso che elidano o riducano in modo apprezzabile le utilità conseguibili dalla cosa comune da parte degli altri condomini o determinino pregiudizievoli invadenze dell'ambito dei coesistenti diritti degli altri proprietari. Spetta al giudice del merito, sulla base di apprezzamento di fatto sindacabile in cassazione soltanto nei limiti di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., verificare se l’opera realizzata su parte di proprietà individuale, nella specie la chiusura eseguita in corrispondenza dell’appartamento di una condomina, pregiudichi in modo apprezzabile la fruibilità del ballatoio comune da parte degli altri condomini, avendo riguardo alla destinazione funzionale dello stesso ed alle utilità che possano trarne le restanti unità di proprietà esclusiva.

Il ricorso va perciò dichiarato inammissibile e i ricorrenti vanno condannati in solido a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di cassazione. Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare alla controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 6.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6 - 2 Sezione civile