Giu In tema di accise, l’aliquota ridotta sul gas naturale per usi industriali, richiede che il gas, destinato alla combustione, sia impiegato per le attività industriali produttive di beni e servizi
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 09 gennaio 2024 N. 812
Massima
In tema di accise, l’aliquota ridotta sul gas naturale per usi industriali, di cui all’art. 26, comma 3, d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, richiede che il gas, destinato alla combustione, sia impiegato per le attività industriali produttive di beni e servizi, nonché per le altre attività elencate nel suddetto comma, al di fuori delle quali, qualunque sia la complessità del processo finalizzato al suo utilizzo, la cessione a terzi per usi civili esclude l’applicabilità dell’aliquota agevolata.

Casus Decisus
Dalla sentenza si evince che la società chiese alla Agenzia delle dogane l’applicazione dell’aliquota agevolata, prevista per usi industriali, ex art. 26, comma 3, del d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, per la totalità del gas immesso in consumo nel Comune di M.. L’ufficio non accolse l’istanza, applicando invece le differenti aliquote d’accisa, previste per usi civili e per usi industriali, rilevando la diversa categoria d’appartenenza di destinazione dell’energia termica ceduta. La società versò l’imposta, ma richiese il rimborso dell’accisa, corrispondente alla maggiore aliquota che riteneva essere stata ingiustamente applicata. L’ufficio negò il rimborso. A detto diniego seguì il contenzioso, introdotto dinanzi alla Commissione tributaria di I grado di Trento, che con sentenza n. 133/01/2016 rigettò le ragioni della società. L’appello, con cui la contribuente instò per il rimborso, fu respinto dalla Commissione tributaria di II grado di Trento con sentenza n. 93/02/2018, ora al vaglio della Corte. Il giudice d’appello ha ritenuto che il pur complesso processo industriale cui la società aveva atteso al processo di approvvigionamento, pompaggio, stoccaggio di gas liquefatto, e alla rigassificazione, riscaldamento e distribuzione del prodotto, non era sufficiente a superare i limiti interpretativi della disciplina, e in particolare dell’art. 26, commi 2 (uso civile) e 3 (uso industriale) del gas naturale. La società ha censurato la sentenza con tre motivi, ulteriormente illustrati con memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1, cod. proc. civ., nella quale ha anche sollecitato il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE in ordine alla compatibilità dell’art. 26, commi 2 e 3, cit., con la normativa comunitaria e in particolare con la direttiva 2003/96/CE del Consiglio. L’Agenzia delle dogane ha resistito con controricorso. All’esito dell’adunanza camerale del 21 giugno 2023 la causa è stata decisa.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - ORDINANZA 09 gennaio 2024 N. 812 Bruschetta Ernestino Luigi

Con il primo motivo la ricorrente si duole della violazione dell’art. 26, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 504 del 1995, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Il giudice d’appello avrebbe errato nel non riconoscere l’applicabilità dell’aliquota d’accisa sul consumo di gas naturale, prevista per gli usi industriali, ad una attività che, come quella esercitata dalla società, richiedeva una complessa organizzazione per il compimento di processi ulteriori alla produzione e distribuzione di calore. Deve intanto chiarirsi che questo collegio non ritiene necessaria la trattazione della controversia in pubblica udienza, come richiesto dalla difesa della società, non ricorrendo i presupposti indicati dall’art. 375, primo comma, cod. proc. civ., né implicando la trattazione camerale, in considerazione delle difese che le parti possono ampiamente organizzare ed illustrare in forma scritta, come puntualmente fatto, un vulnus al diritto di difesa e al contraddittorio. Nel merito il motivo è infondato.

Dalla sentenza e dalle difese della ricorrente si evince che la I. s.r.l. ottenne l'autorizzazione all'esercizio del deposito contenente gas naturale allo stato liquido, da immettere, mediante riconversione allo stato gassoso, nella propria rete gas al servizio di centrali termiche di sua proprietà, al fine di produrre energia termica da destinare, in parte a terzi soggetti svolgenti attività economiche (per le quali l’Agenzia delle dogane riconobbe pertanto l’applicazione delle accise con aliquota per uso industriale), in parte in favore di terzi, per il riscaldamento e l'acqua calda (per i quali l’Amministrazione finanziaria negò il medesimo trattamento).

La società ha contestato l’applicazione di aliquota differenziata, sostenendo che la complessa attività posta in essere, in previsione dell’utilizzo del medesimo gas naturale, richiedeva un trattamento unico sul profilo fiscale, con applicazione dell’accisa con aliquota per uso industriale. Esaminando la disciplina di riferimento, l’art. 26 del d.lgs. n. 504 del 1995, al comma 1 prevede che: «Il gas naturale (codici NC 2711 11 00 e NC 2711 21 00), destinato alla combustione per usi civili e per usi industriali, nonché all'autotrazione, è sottoposto ad accisa, con l'applicazione delle aliquote di cui all'allegato I, al momento della fornitura ai consumatori finali ovvero al momento del consumo per il gas naturale estratto per uso proprio».

Il comma 2 prevede che: «Sono considerati compresi negli usi civili anche gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l'attività produttiva, nonché alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell'impresa, ma ceduti a terzi per usi civili».

Il comma 3 prevede che: «Sono considerati compresi negli usi industriali gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi e nelle attività artigianali ed agricole, nonché gli impieghi nel settore alberghiero, nel settore della distribuzione commerciale, 4 negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro, nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che abbiano le caratteristiche tecniche indicate nella L. 9 gennaio 1991, n. 10, art. 11, comma 2, lett. b), anche se riforniscono utenze civili. Si considerano, altresì, compresi negli usi industriali, anche quando non è previsto lo scopo di lucro, gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nelle attività ricettive svolte da istituzioni finalizzate all'assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti». La giurisprudenza di legittimità, con riguardo ad ipotesi di impiego del gas naturale per attività connessa a quella industriale, ha chiarito che la disciplina contemplata dall’art. 26 cit., quanto alla applicabilità dell’aliquota agevolata in materia di accisa sul gas naturale per usi industriali, è di stretta interpretazione.

Non può trovare pertanto applicazione al di fuori dei casi a essa riconducibili (Cass., 8 luglio 2021, n. 19401). Il comma 2 del medesimo articolo prevede che non può essere considerato "impiego ad uso industriale" l'utilizzo del gas naturale, destinato alla combustione, nei locali delle imprese industriali, artigiane e agricole, posti fuori dagli stabilimenti, dai laboratori e dalle aziende dove viene svolta l'attività produttiva, nonché alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell'impresa.

Dal dato testuale e dai principi elaborati nella giurisprudenza di questa Corte può desumersi che la misura agevolativa richiede che: a) il gas naturale, anche quado impiegato per la produzione di acqua calda, sia utilizzato nell'ambito della struttura presso cui viene svolta l'attività produttiva; ovvero, b) la produzione di acqua calda sia finalizzata ad impieghi produttivi dell'impresa. Si è pertanto sostenuto che esiste una precisa delimitazione del presupposto per potere accedere all'agevolazione, segnata dalla specifica localizzazione dell'attività svolta e dalla finalizzazione dell'impiego, strettamente connesso con la funzione produttiva dell'attività. Come ben argomentato da questa Corte, «…. dal complesso delle previsioni normative in esame si evince che l'agevolazione per l'utilizzo del gas naturale per uso industriale può essere riconosciuto solo laddove: a) sia utilizzato esclusivamente presso i locali destinati alla produzione; b) sia 5 utilizzato ai fini dello svolgimento dell'attività produttiva. Ciò precisato, va quindi osservato che il legislatore, ove l'utilizzo del gas naturale sia finalizzato alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, limita l'applicabilità del regime agevolato nel solo caso in cui la finalizzazione sia quella dell'esclusivo utilizzo della stessa per le necessità produttive dell'impresa, mentre ritiene sussistente un uso civile nel caso in cui la produzione dell'acqua calda sia funzionale alla successiva cessione in favore di terzi» (Cass., 27 settembre 2022, n. 28067). Nel caso di specie è incontestabile l'utilizzo del gas naturale per assicurare la produzione di acqua calda, di altri vettori termini o di calore, non utilizzati in impieghi produttivi dell’impresa, ma per essere ceduti a terzi per usi civili. Rispetto a tale finalizzazione, che nella discrezionalità del vaglio di meritevolezza operato dal legislatore ai fini dell’ammissione al trattamento agevolativo, ha condotto alla sua esclusione, non assume rilevanza la valorizzazione della specificità della propria attività. La società pretende di indirizzare l’attenzione non già sulla produzione e distribuzione del calore, ma sul complesso dell’attività organizzata, comprensiva di un articolato processo industriale, che si svolgerebbe secondo undici distinte attività lavorative, che vanno dall'acquisto, al trasporto, al pompaggio del prodotto liquido nel serbatoio fisso di stoccaggio, alla conservazione allo stato liquido criogenico, e quindi alla successiva rigassificazione, odorizzazione del metano gassoso, riscaldamento dell'aeriforme, per riportarlo alle condizioni necessarie per l’erogazione e la sua misurazione, infine alla distribuzione del gas mediante tubazione, fino alle proprie centrali termiche, e alla combustione.

La società focalizza dunque l’attenzione sulle modalità con cui avviene la fornitura finale. Sennonché tale circostanza non ha rilievo, posto che le suddette attività, pur complesse, consistono comunque in attività strumentali alla produzione di acqua calda, di altri vettori termici o di calore, finalizzate però alla cessione a terzi. È quindi nel generico concetto di produzione che debbono essere collocate, con la conseguenza che la suddetta attività, pur valutata nel suo complesso, non è configurabile in funzione della finalità produttiva 6 dell'impresa, ma in funzione della successiva cessione in favore di terzi (cfr. Cass., n. 28067 del 2022 cit.). Al contrario, non può nascondersi che la previsione normativa riconduce negli usi civili la produzione di acqua calda o di altra forma di calore, ove finalizzata alla cessione a terzi per il medesimo uso. Risulta pertanto ininfluente apprezzare le modalità, sia pur complesse, ma a ciò innegabilmente strumentali, con cui la stessa è prodotta.

E ciò perché proprio tutto il complesso procedimento posto in essere è sempre e solo indirizzato non ad un uso produttivo, ma all'utilizzo da parte dei terzi del calore prodotto. È palese cioè che non fosse la società ad essere destinataria finale dell'uso del gas naturale, per gli impieghi indicati nel perimetro applicativo dell'art. 26, comma 3, cit., laddove si prevede che sono considerati compresi negli usi industriali “gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, in tutte le attività industriali produttive di beni e servizi e nelle attività artigianali ed agricole, nonché gli impieghi nel settore alberghiero, nel settore della distribuzione commerciale, negli esercizi di ristorazione, negli impianti sportivi adibiti esclusivamente ad attività dilettantistiche e gestiti senza fini di lucro, nel teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione che abbiano le caratteristiche tecniche indicate nella lettera b) del comma 2 dell'articolo 11 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, anche se riforniscono utenze civili. Si considerano, altresì, compresi negli usi industriali, anche quando non è previsto lo scopo di lucro, gli impieghi del gas naturale, destinato alla combustione, nelle attività ricettive svolte da istituzioni finalizzate all'assistenza dei disabili, degli orfani, degli anziani e degli indigenti”. Dunque, quando l'utilizzo del gas naturale è finalizzato alla cessione a terzi, è da considerarsi quale attività ad uso civile -ad eccezione della espressa previsione del teleriscaldamento alimentato da impianti di cogenerazione, che abbiano caratteristiche tecniche specifiche-.

Il motivo va dunque rigettato.

Le considerazioni appena svolte escludono anche la fondatezza del secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della l. 11 marzo 1953, n. 87, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., assumendo che il giudice d’appello avrebbe 7 dovuto sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 cit. Ed escludono la fondatezza anche di un apparente terzo motivo, con cui si sollecita la rimessione alla Corte costituzionale dell’incostituzionalità dell’art. 26, comma 2, del TUA, per violazione dei parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 11 e 117 della Costituzione, per la parte in cui la norma assimilerebbe agli usi civili l’impiego del gas naturale in attività industriali complesse, sia pur finalizzate alla produzione e distribuzione di calore, con esercizio di attività in zone montane non servite da metanodotti. La questione di illegittimità costituzionale della norma risulta infatti manifestamente infondata.

La contrapposizione su cui parte ricorrente denuncia il contrasto con l'art. 3, Cost., cioè la sottoposizione al medesimo regime normativo tra il consumo di gas in forma aeriforme (utilizzato per la mera produzione e cessione del calore) e quello conseguente all'attività di approvvigionamento e trasformazione del gas naturale dallo stato liquido a quello aeriforme, non comporta affatto un ingiustificato trattamento differenziato, posto che nel concetto di produzione è da ricomprendersi qualunque attività idonea alla realizzazione del prodotto finale, che implica, per sua stessa configurabilità, una possibile pluralità e complessità di fasi del processo produttivo. La pretesa valorizzazione di attività esplicate in zona montana, priva di infrastrutture in sé idonee alla conduzione di gas naturale, quali i metanodotti, e della conseguente necessità di utilizzo di tecniche, anche complesse, per il trasporto di gas liquefatto e per il successivo ripristino in stato aeriforme del gas medesimo, indicata quale meritevole di un trattamento fiscale agevolato, assume invece il senso di una pretesa valutazione premiale, senza tuttavia avvertire che ci si addentra in un ambito metagiuridico, quasi di funzione sociale, per la quale la società, in cambio del proprio impegno, “pretende” di veder riconosciuto un vantaggio economico.

Ma in tal modo, a parte che con tale impostazione sembra ignorarsi il principio della libera iniziativa economica, posto che nessuno ha costretto la società ad intraprendere tale attività, si scambiano valutazioni riservate alle scelte di politica economica o di stimolo all’iniziativa economica, proprie della organizzazione statale, con presunte illogicità della disciplina giuridica fiscale, per disparità di trattamento, che risultano del tutto inappropriate. Cade anche la denunciata disparità di trattamento rispetto alla misura dell’aliquota applicata per l’ipotesi contenuta nell'art. 8, comma 10, lett. c), della legge n. 448/1998, con la quale sarebbero state introdotte previsioni di favore in materia di accise in caso di uso di gas petrolio liquefatto in località montana non metanizzata.

Questione peraltro eccentrica rispetto al thema decidendum della presente controversia, ossia la collocazione della “destinazione” della combustione del gas naturale tra gli usi civili o industriali, secondo i criteri fissati dai commi 2 e 3 dell’art. 26 cit. Le ragioni esposte escludono anche la necessità di operare un rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia UE, atteso che, in riferimento alla materia disciplinata dall’art. 26 del d.lgs. n. 504 del 1995 non emergono violazioni della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003.

In conclusione, va enunciato il seguente principio di diritto: «In tema di accise, l’aliquota ridotta sul gas naturale per usi industriali, di cui all’art. 26, comma 3, d.lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, richiede che il gas, destinato alla combustione, sia impiegato per le attività industriali produttive di beni e servizi, nonché per le altre attività elencate nel suddetto comma, al di fuori delle quali, qualunque sia la complessità del processo finalizzato al suo utilizzo, la cessione a terzi per usi civili esclude l’applicabilità dell’aliquota agevolata».

Il giudice d’appello si è attenuto al suddetto principio. Il ricorso deve essere rigettato e alla soccombenza della società segue la sua condanna alle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura specificata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle dogane delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano nella misura di € 5.600,00 per competenze, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, nella misura pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del medesimo articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2023