Giu Costituisce apparecchio videoterminale l'apparecchio da intrattenimento (TULPS), da collegare alla rete telematica del sistema di gioco, ove comprensivo delle periferiche e dei dispositivi necessari per lo svolgimento del gioco, della connessione
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 28 dicembre 2020 N. 29646
Massima
Agli effetti della sanzione amministrativa stabilita dall'art. 110, comma 9 f-ter, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - TULPS, costituisce apparecchio videoterminale l'apparecchio da intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, lettera b, TULPS, da collegare alla rete telematica del sistema di gioco, ove comprensivo delle periferiche e dei dispositivi necessari per lo svolgimento del gioco, della connessione per la trasmissione dei dati, nonché dei dispositivi di inserimento, lettura ed erogazione di denaro, carte o ticket

Casus Decisus
Vincenzo S., titolare della Internet Point S., ha presentato ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza della Corte di appello di Milano n. 589/2016 pubblicata in data 3 marzo 2015. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, successore ex lege dell'Amministrazione Autonoma dei Monopoli dello Stato, resiste con controricorso. Non ha svolto autonome attività difensive l'altra intimata Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Direzione Regionale della Lombardia. Il giudizio attiene all'opposizione formulata da Vincenzo S. contro l'ordinanza ingiunzione n. 48487/13065/29 del 27 maggio 2014, inerente alla sanzione amministrativa di € 124.000,00 per violazione dell'art. 110, comma 9, lettera c) e lettera f-ter TULPS. La sanzione era stata applicata a Vincenzo S. quale titolare dell'Internet Point S. sito in S., via OMISSIS, a seguito del controllo eseguito in data 30 aprile 2013 da funzionari dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, nel corso del quale venne riscontrata la presenza di otto apparecchi videoterminali accesi e funzionanti, che consentivano di effettuare giochi on line, non ottemperanti alle prescrizioni dell'art. 110, comma 6, lettera b) TULPS. Il Tribunale di Milano, con sentenza dell'Il novembre 2014, accolse parzialmente l'opposizione, giacché escluse che gli otto apparecchi videoterminali integrassero la fattispecie di cui all'art. 110, comma 9, lettera f-ter TULPS, mancando delle caratteristiche degli apparecchi e congegni da intrattenimento di cui ai commi 6 e 7, e non risultando gli stessi dedicati in via esclusiva ed inequivoca al gioco, ma liberi per la navigazione. L'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propose gravame dinanzi alla Corte di appello di Milano, accolto con la sentenza del 3 marzo 2016. La Corte di Milano, sulla base degli accertamenti eseguiti dai funzionari dell'Agenzia delle Dogane, evidenziò: che i computer presenti nell'Internet Point S. erano "apparecchi videoterminali" ed erano accesi, funzionanti ed utilizzati da soggetti intenti ad attività di gioco on-line al momento della constatazione; che per giocare occorreva un conto gioco ed inserire le relative chiavi di accesso; che i computer si attivavano in presenza di un sistema di elaborazione dati da remoto caratterizzato da una piattaforma telematica di raccolta di gioco a distanza; che gli stessi consentivano anche il collegamento a detta piattaforma telematica mediante un soggetto non concessionario per la raccolta di gioco a distanza; che dopo avervi fatto accesso con "nome utente" e password, i clienti potevano fruire di poker room, scommesse sportive, gioco a rulli virtuali. La Corte d'appello osservò, quindi, che con la nuova ipotesi di illecito dell'art. 110, connma 9, lettera f-ter TULPS, "si è inteso sanzionare tutte le postazioni telematiche posizionate in luogo aperto al pubblico utilizzate per attività di gioco estranee al -3- circuito delle autorizzazioni". La disposizione in esame, a differenza di quanto previsto nel comma 9, lettera f-bis, non fa alcun riferimento alla prima parte del comma 6 lettera b. Secondo i giudici di secondo grado, neppure ostava alla configurabilità dell'art. 110, comma 9, lettera f- ter TULPS la circostanza che i computer non fossero dotati di periferiche per l'inserimento di denaro e risultassero liberi per la navigazione, visto che la norma non prescrive alcuna specifica modalità di pagamento, avendo comunque lo stesso Vincenzo S. dichiarato alla Guardia di Finanza di S. che gli utenti utilizzavano conti personali on line aperti da una società, alla quale egli riversava il pagamento delle giocate in contanti. Era inoltre sufficiente ad integrare la condotta sanzionata, secondo la sentenza impugnata, che gli otto computer consentissero la connessione a siti di gioco on line. Da ultimo, la Corte di Milano ritenne altresì sussistente l'elemento soggettivo della violazione contestata, in quanto Vincenzo S. era titolare dell'esercizio commerciale, proprietario dei computer e svolgeva un proprio ruolo nell'attività di gioco dei clienti. La trattazione del ricorso era stata inizialmente fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, e 380 bis.1., c.p.c. per l'adunanza dell'Il settembre 2019. All'esito di tale adunanza, tuttavia, venne pronunciata l'ordinanza interlocutoria pubblicata il 29 ottobre 2019, che rinviò la causa a nuovo ruolo, ritenendo opportuna la trattazione in pubblica udienza della questione di diritto sulla quale la Corte deve decidere. Fu poi rinviata l'udienza pubblica fissata per il giorno 8 aprile 2020. Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 28 dicembre 2020 N. 29646 Manna Felice

I. Il primo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 110, comma 9, lettera f-ter) T.U.L.P.S. e dell'art. 1, I. n. 689/1981, avendo errato la Corte di appello nel ritenere che l'indicata disposizione consenta di sanzionare, come avvenuto nella specie, il gestore di un internet point che installi dei personal computer dai quali i clienti possano, in autonomia, raggiungere un sito di gioco adoperando credenziali personali. Parimenti errata sarebbe la conclusione della sentenza impugnata, secondo cui l'espressione "qualsiasi specie di apparecchi videoterminali", in luogo di "apparecchi e congegni", chiarisce la volontà del legislatore di impedire indistintamente la installazione di ogni specie di personal computer con i quali sia possibile accedere ai siti di gioco, in quanto privi delle caratteristiche individuate nel comma 6 lett. b. Secondo il ricorrente, al contrario, l'espressione "videoterminale" va riferita, in collegamento con la parte iniziale del comma 9, al "mero terminale video, fissamente connesso ad un computer centrale che permette immediatamente di visualizzare i dati e le operazioni svolte sul computer centrale a cui è sempre ed esclusivamente collegato".

Deve, quindi, trattarsi di apparecchiature comunque direttamente ed esclusivamente collegate alle piattaforme di gioco, non potendo la norma in esame prestarsi a sanzionare la violazione dell'art. 7, comma 3.quater delle legge n. 189 del 2012, che vieta, appunto, la messa a disposizione attraverso pubblici esercizi di apparecchiature che consentano ai clienti la connessione telematica alle piattaforma di gioco. Col secondo motivo di ricorso, Vincenzo S. censura l'omesso esame circa un punto decisivo della controversia: l'insussistenza dell'elemento soggettivo della violazione contestata. Secondo il ricorrente, la sentenza impugnata omette ogni esame "sul punto fondamentale della inconsapevolezza scusabile della illiceità del comportamento da parte del contravventore", generata "dalla novità legislativa, dall'oggettiva ambigua formulazione e dalla diffusa interpretazione della novella da parte dei primi commentatori".

II. Il primo motivo di ricorso risulta fondato, restando assorbito il secondo motivo, il quale, come visto, prospetta una questione sull'elemento soggettivo dell'infrazione, la quale andrà riesaminata nel giudizio di rinvio in relazione agli esiti dello stesso. Il comma 9 f- ter dell'art. 110, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - TULPS (aggiunto dall'art. 1, comma 475, lettera c, della legge 24 dicembre 2012, n. 228), dispone: "chiunque, sul territorio nazionale, distribuisce o installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni di qualunque specie di apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni indicate nel comma 6, lettera b), e nelle disposizioni di legge e amministrative attuative di detta disposizione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro per ciascun apparecchio videoterminale".

La menzionata disposizione sanziona, dunque, la condotta consistente nel distribuire, installare o consentire l'uso di "qualunque specie di apparecchi videoterminali", che siano "non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni indicate nel comma 6, lettera b", secondo le quali sono da considerare apparecchi idonei per il gioco lecito "quelli, facenti parte della rete telematica di cui all'articolo 14-bis, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, e successive modificazioni, che si attivano esclusivamente in presenza di un collegamento ad un sistema di elaborazione della rete stessa" e le cui modalità di pagamento e funzionamento sono poi definite da un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con il Ministro dell'interno. Esula dal fatto contestato al S. e assunto a base della sanzione irrogata con l'ordinanza ingiunzione n. 48487/13065/29 del 27 maggio 2014, e cioè dalla fattispecie ivi individuata nei suoi elementi costitutivi e nelle circostanze rilevanti delineate, la diversa condotta prevista dall'art. 7, comma 3 quater, del d.l. 13 settembre 2012, n. 158, aggiunto in sede di conversione dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, in base al quale "fatte salve le sanzioni previste nei confronti di chiunque eserciti illecitamente attività di offerta di giochi con vincita in denaro, è vietata la messa a disposizione, presso qualsiasi pubblico esercizio, di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari online, da soggetti autorizzati all'esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità". Dovendosi negare che il comma 9 f- ter dell'art. 110 TULPS si presti a sanzionare anche le condotte inosservanti dell'art. 7, comma 3 quater, introdotto dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, consistenti cioè, nel mettere a disposizione, presso un pubblico esercizio, "apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco", l'infrazione espressamente contestata a Vincenzo S. deve, pertanto, connotarsi per l'uso consentito di "apparecchi videoterminali non rispondenti alle caratteristiche e alle prescrizioni indicate nel comma 6, lettera h " Il precetto di cui al comma 9 f-ter dell'art. 110 TULPS non è allora riferibile a chi, come supposto dalla Corte d'Appello di Milano, installa o comunque consente l'uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli ed associazioni (nella specie, un Internet point) di computer che comunque abbiano una connessione internet, mediante la quale i clienti possano accedere al gioco on line, sulla base di login e conti personali, ove non si tratti di dispositivi provvisti quanto meno dello strumento di accettazione di gioco ad opera dell'utente, o di periferiche per il pagamento con denaro o carte.

Poiché la condotta amministrativamente sanzionata deve essere assoggettata alla legge in vigore al tempo del suo verificarsi, neppure qui rileva la previsione del comma 9 fquater dell'art. 110 TULPS, aggiunto dall'art. 27, comma 7, del d.l. 28 gennaio 2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

Va pertanto enunciato il seguente principio: Agli effetti della sanzione amministrativa stabilita dall'art. 110, comma 9 f-ter, R.D. 18 giugno 1931, n. 773 - TULPS, costituisce apparecchio videoterminale l'apparecchio da intrattenimento di cui all'art. 110, comma 6, lettera b, TULPS, da collegare alla rete telematica del sistema di gioco, ove comprensivo delle periferiche e dei dispositivi necessari per lo svolgimento del gioco, della connessione per la trasmissione dei dati, nonché dei dispositivi di inserimento, lettura ed erogazione di denaro, carte o ticket.

III.Il primo motivo ricorso deve dunque essere accolto, rimanendo assorbito il secondo motivo, e va cassata la sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Corte d'appello -8- di Milano in diversa composizione, la quale procederà a nuovo esame uniformandosi all'enunciato principio, provvedendo anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 10 novembre 2020.