Giu Il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all'ipotesi nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale lo stesso non opera, salvo artt. 1427 ss
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 29 novembre 2022 N. 35133
Massima
Il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all'ipotesi ordinaria nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale lo stesso non opera, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell'errore in cui sia incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. Pertanto, nel caso di credito d’imposta concesso al datore di lavoro per anticipi dell’imposizione sul TFR (art. 3, commi 211-213, della l. n. 662 del 1996), l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero l’omessa compilazione dei relativi quadri non consente di beneficiare della compensazione per l’anno in cui la dichiarazione si riferisce

Casus Decisus
1. Con sentenza n. 109/24/13 del 18/12/2013 la Commissione tributaria regionale della Toscana (di seguito CTR) ha rigettato gli appelli riuniti proposti dall’Agenzia delle entrate avverso le sentenze della Commissione tributaria provinciale di Firenze (di seguito CTP) n. 98/20/11 e n. 135/20/12, le quali avevano accolto i ricorsi di E. s.p.a., successivamente in amministrazione straordinaria (di seguito E.), nei confronti rispettivamente di un avviso di accertamento per ritenute alla fonte e sanzioni e di un avviso di irrogazione sanzioni relativi all’anno d’imposta 2007. 1.1. Come si evince anche dalla sentenza della CTR, gli atti impositivi erano stati emessi: il primo, in ragione del mancato versamento di ritenute alla fonte su TFR; il secondo, per le sanzioni conseguenti all’omesso, insufficiente o tardivo versamento delle ritenute operate sui redditi da lavoro dipendente. 1.2. La CTR respingeva gli appelli dell’Agenzia delle entrate evidenziando che: a) i crediti d’imposta derivanti dal versamento delle ritenute erano stati regolarmente indicati nelle dichiarazioni fiscali anche se non erano stati effettuati tutti gli adempimenti relativi; b) i crediti d’imposta risultavano dalla contabilità delle società incorporate e ciò era sufficiente ai fini della compensazione, anche in ragione della incontestabilità dei menzionati crediti; c) la dichiarazione di E. era stata emendata in corso di causa; d) la compensazione era stata effettuata in misura inferiore al limite consentito dalla legge, come dimostrato dalla società contribuente; e) le sanzioni erano state irrogate sull’intero importo indicato nell’avviso di accertamento e non solo su quello oggetto di contestazione; f) in ogni caso, le sanzioni emesse ai sensi dell’art. 13 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 non erano dovute. 2. Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. 3. E. resisteva con controricorso e depositava memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. V CIVILE - SENTENZA 29 novembre 2022 N. 35133 Bruschetta Ernestino Luigi

1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 213, della l. 23 dicembre 1996, n. 662, degli artt. 1 e 2, comma 8 bis, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, degli artt. 36 bis, 40 e 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR: a) a fronte del mancato utilizzo nella dichiarazione (omessa) di un presunto credito di imposta acquisito da altre società, annullato il recupero delle somme relative alla ritenuta fiscale non versata dalla società; b) ritenuto erroneamente il consolidamento del credito d’imposta oggetto di compensazione.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. A seguito dell’anticipo delle imposte sul TFR effettuato dal sostituto d’imposta (art. 3, comma 211, della l. n. 662 del 1996), da riportare nella dichiarazione dei redditi (art. 3, comma 212), viene riconosciuto a quest’ultimo un credito d’imposta, «da utilizzare per il versamento delle ritenute applicate sui trattamenti di fine rapporto corrisposti a decorrere dal 1 gennaio 2000, fino a concorrenza del 9,78 per cento di detti trattamenti, ovvero, se superiore, alla percentuale corrispondente al rapporto tra credito di imposta residuo a tale data e i trattamenti di fine rapporto risultanti alla stessa data (…)» (art. 3, comma 213). 

1.2.1. Le disposizioni regolamentari attuative (Circolare del 08/07/1997 n. 196 del Ministero delle finanze) disciplinano le modalità di fruizione di tale credito d’imposta. In particolare, viene previsto che «il credito d'imposta è utilizzato, a regime, all'atto del versamento delle ritenute operate sui trattamenti di fine rapporto corrisposti a decorrere dal 1° gennaio 2000» (punto 6 della circolare). 1.2.2. Si prevede, altresì, che il datore di lavoro che non abbia utilizzato il credito di imposta, può computarlo successivamente, rispettando, peraltro, il rapporto dettato per anno tra credito d’imposta residuo e trattamenti di fine rapporto del 9,78 per cento (ancora il punto 6 della circolare). 1.2.3. L’utilizzazione del credito d’imposta viene attuata attraverso la compilazione dell’apposito quadro della dichiarazione dei redditi, nella quale vanno riportati, come già ricordato, anche l’ammontare dell’anticipo effettuato, che dà diritto all’utilizzazione del credito nei limiti di quanto indicato dalla legge.

1.3. La superiore ricostruzione del dato normativo, letta unitamente ai documenti di prassi, induce a ritenere che: a) l’utilizzazione annuale del credito d’imposta costituisce una libera scelta del contribuente, il quale può procedervi o meno compilando l’apposito quadro della dichiarazione dei redditi e riportando, nella medesima dichiarazione, anche l’ammontare dell’anticipo effettuato; b) ove il contribuente non provveda all’utilizzazione del credito, l’eccedenza detraibile non compensata può essere utilizzata con le dichiarazioni dei redditi successive ovvero chiesta a rimborso secondo quanto generalmente previsto dall’art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973.

1.4. Proprio la circostanza che l’utilizzazione o meno del credito d’imposta è lasciata alla libera scelta del contribuente implica che, in parte qua, la dichiarazione dei redditi abbia effetti negoziali e, dunque, non sia emendabile, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell'errore nel quale è incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. (Cass. n. 25596 del 12/10/2018; si vedano, altresì, Cass. n. 16977 del 25/06/2019; Cass. n. 5105 del 21/02/2019); e ciò diversamente da quanto previsto per il caso (ordinario) in cui la dichiarazione rappresenti una dichiarazione di scienza, sempre emendabile, anche in sede giudiziale, secondo quanto previsto da Cass. S.U. n. 13378 del 30/06/2016.

1.5. Va, dunque, enunciato il seguente principio di diritto: «Il principio di generale emendabilità della dichiarazione si riferisce all'ipotesi ordinaria nella quale la stessa rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, nelle parti in cui abbia carattere negoziale lo stesso non opera, salvo che il contribuente dimostri il carattere essenziale ed obiettivamente riconoscibile dell'errore in cui sia incorso, ai sensi degli artt. 1427 e ss. c.c. Pertanto, nel caso di credito d’imposta concesso al datore di lavoro per anticipi dell’imposizione sul TFR (art. 3, commi 211-213, della l. n. 662 del 1996), l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ovvero l’omessa compilazione dei relativi quadri non consente di beneficiare della compensazione per l’anno in cui la dichiarazione si riferisce».

1.6. Nel caso di specie deve ritenersi pacifico che: i) E. ha presentato tardivamente la dichiarazione fiscale (oltre i novanta giorni) e, comunque, non ha compilato i quadri relativi; ii) E. ha emendata la dichiarazione solo nel corso del giudizio di merito; iii) nessuna questione è stata fatta dalla società contribuente con riferimento ad eventuali errori commessi e alla riconoscibilità degli stessi.

1.7. Ne consegue che E. non avrebbe potuto compensare il credito d’imposta eventualmente rinvenibile nella contabilità prodotta in giudizio, non avendo esercitato la relativa facoltà con la dichiarazione fiscale tardivamente presentata (e, dunque, omessa: cfr. Cass. n. 27621 del 30/10/2018).

1.8. La sentenza impugnata va, dunque, cassata in parte qua, non essendosi conformata al superiore principio di diritto, ritenendo, erroneamente, che E. abbia legittimamente emendato la dichiarazione e fatto valere in giudizio il credito d’imposta risultante dalla contabilità.

1.9. Trattasi di statuizione assorbente di ogni ulteriore motivo di doglianza, con particolare riferimento al consolidamento.

2. Con il secondo motivo di ricorso si contesta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito da circostanze fattuali idonee ad escludere l’effettivo consolidamento del credito d’imposta in capo ad E..

2.1. Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 3, comma 213, della l. n. 662 del 1996, dell’art. 1 del d.P.R. n. 322 del 1998, nonché dell’art. 115 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto che la compensazione sia avvenuta entro i limiti previsti dalla legge.

3. I due motivi restano assorbiti in ragione dell’accoglimento del primo motivo.

4. Con il quarto motivo di ricorso si contesta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto l’inapplicabilità della sanzione prevista dalla menzionata disposizione, che punirebbe il mancato pagamento di un tributo, e andrebbe tenuta distinta dall’art. 2 del d.lgs. n. 471 del 1997, che sanziona l’ipotesi di mancata presentazione della dichiarazione fiscale.

4.1. Il motivo, che riguarda unicamente la legittimità del cumulo delle sanzioni e non anche la riduzione, sempre ai fini delle sanzioni, della base imponibile (già operata dalla CTR e non oggetto di impugnazione), è infondato.

4.2. L’art. 2 del d.lgs. n. 471 del 1997 sanziona, infatti, non solo la mancata presentazione della dichiarazione fiscale da parte del sostituto d’imposta, ma anche il conseguente omesso versamento delle ritenute dovute in relazione alla dichiarazione omessa, tanto è vero che il comma 3 prevede una riduzione della sanzione nel caso in cui le ritenute siano state pagate nonostante l’omessa dichiarazione.

4.3. Ne consegue che la contestazione anche della sanzione di cui all’art. 13 del d.lgs. n. 471 del 1997, concernente l’omesso versamento di imposte dichiarate, costituisce un’indebita duplicazione, come già evidenziato da questa Corte in fattispecie diversa, ma sostanzialmente omologa (cfr. Cass. n. 27963 del 07/12/2020). 4.4. Le due sanzioni, pertanto, non sono cumulabili con conseguente rigetto del motivo e conferma della sentenza impugnata in parte qua.

5. In conclusione, va accolto il primo motivo di ricorso, rigettato il quarto, assorbiti gli altri due; la sentenza impugnata va cassata in relazione al motivo accolto e, non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa va decisa nel merito, con il parziale rigetto dell’originario ricorso proposto da E. nei confronti dell’avviso di accertamento, dovendo ritenersi legittima la ripresa a tassazione concernente il credito d’imposta non dichiarato.

5.1. Le peculiari questioni giuridiche affrontate nella presente controversia giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio, ivi comprese quelle relative ai gradi di merito. 

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il quarto e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, respinge l’originario ricorso proposto dalla controricorrente nei limiti di cui in motivazione; dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma l’11 gennaio 2022.

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