Giu Nelle cause per le quali non trova applicazione, “ratione temporis”, la riforma operata con la l. n. 69/2009, l’eccezione di estinzione del giudizio deve essere sollevata dalla parte interessata, ex art. 307, co. 4 c.p.c., con pregiudizialità
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 03 gennaio 2024 N. 114
Massima
Nelle cause per le quali non trova applicazione, “ratione temporis”, la riforma operata con la l. n. 69/2009, l’eccezione di estinzione del giudizio deve essere sollevata dalla parte interessata, ai sensi dell’art. 307, co. 4, cod. proc. civ., al tempo vigente, con assoluta pregiudizialità. Di conseguenza, nel caso in cui emerga dall’atto di citazione in riassunzione che la parte attrice non ha provveduto, nei tempi stabiliti dal giudice o dalla legge, ad integrare il contraddittorio, l’eccezione in parola deve reputarsi tardiva ove la parte convenuta non la proponga con la prima difesa, nella specie rappresentata dall’atto di costituzione in riassunzione, non assumendo rilievo la circostanza che il giudice, errando, in violazione dell’art. 307, co. 3, cod. proc. civ., a scadenza avvenuta del termine, assegni impropriamente nuovo termine (nella specie, per notificare mediante pubblici proclami)

Casus Decisus
1. Mariella R., quale procuratrice generale della madre Ottavia S., convenne in giudizio, con citazione notificata il 17/6/1993, Aldo N. G., Elvia E. G. e Tonino G., chiedendo fosse accertato, in capo all’attrice, il diritto di proprietà e di comproprietà di alcuni immobili per successione e a titolo derivativo. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 2/3/2007, accolta l’impugnazione, dichiarò la nullità della sentenza del Tribunale, davanti al quale rimise le parti, per difetto di contraddittorio, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ. La causa venne riassunta da Mariella R. e Giovanni R., eredi di Ottavia S., nelle more deceduta, con atto notificato ai soli originari convenuti il 12/9/2005, proponendo, con il medesimo atto, istanza di autorizzazione alla notifica mediante pubblici proclami nei confronti degli eredi di Gregorio G., deceduto nel 1902. Il Giudice, con ordinanza depositata il 12.5.2009, autorizzò gli attori in riassunzione alla chiesta notifica per pubblici proclami e rinvio la causa, al fine di verificare l’adempimento dell’incombente, al 5/3/2010. A seguito d’eccezione dei convenuti, il Tribunale dichiarò estinto il giudizio, ai sensi dell’art. 307 cod. proc. civ. L’ordinanza venne impugnata dai R., i quali, in sintesi, prospettarono: la tardività dell’eccezione d’estinzione del giudizio; che l’incombente d’integrazione del contraddittorio era stato posto non a carico loro, bensì a quello esclusivo dei convenuti; che la notifica per pubblici proclami era inammissibile, nel rispetto d’interpretazione costituzionalmente orientata e dei principi eurounitari; che avrebbe dovuto essere accolta la richiesta di c.t.u., al fine d’individuare i legittimati passivi; che la notifica avrebbe dovuto essere effettuata dai convenuti; che la condanna alle spese violava l’art. 310 cod. proc. civ.; che era errato lo scaglione di riferimento per il computo delle predette spese. La Corte di Bologna, limitate le spese solo a quelle causate dalla trattazione della questione dell’eccezione, rigettò nel resto l’impugnazione dei primigeni attori. 2. Mariella e Giovanni R. ricorrono avverso la sentenza d’appello sulla base di dodici motivi. Angelico C., Fabia e Marco G. resistono con controricorso. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto respingersi i motivi dal primo al terzo e dal quinto all’ottavo, accogliersi il quarto e dichiarare assorbiti quelli dal decimo al dodicesimo.

Testo della sentenza
CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. II CIVILE - SENTENZA 03 gennaio 2024 N. 114 Mocci Mauro

1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione dell’art. 307, co. 4, cod. proc. civ., nel testo anteriore alla riforma apportato dalla l. n. 69/2009. Assumono che la Corte locale era incorsa in errore nell’affermare che i convenuti avevano tempestivamente eccepito l’intervenuta estinzione, per mancata integrazione nei confronti degli altri litisconsorti, >: - la causa era stata instaurata nel 1993 e, pertanto, il testo dell’art. 307 vigente era quello anteriore alla riforma operata con la l. n. 69/2009, il cui art. 58 disponeva l’applicazione della nuova formulazione per le cause instaurate dopo la data della sua entrata in vigore; - l’estinzione operava, pertanto, di diritto, ma a condizione che fosse stata effettuata eccezione dalla parte interessata “prima di ogni altra sua difesa”, di talché, in difetto doveva reputarsi rinunciata; - di conseguenza, i convenuti in riassunzione avrebbero dovuto sollevare l’eccezione con la comparsa di costituzione in riassunzione, con eventuale successivo richiamo in sede di udienza di prosecuzione del giudizio, ma ciò non era avvenuto; - la mancata ottemperanza all’onere d’integrare il contraddittorio da parte attorea risultava chiaramente annunciato nella comparsa di costituzione in riassunzione di questa, con la quale aveva formulato.

2. Il motivo è fondato.

2.1. In primo luogo va ribadito che, applicato il regime anteriore alla riforma del 2009, l’eccezione di estinzione del processo per inattività delle parti, formulata nella comparsa di costituzione in riassunzione e richiamata nell'udienza di prosecuzione del giudizio, è da intendersi sollevata "prima di ogni altra difesa", e quindi tempestivamente, anche se contestuale a difese inerenti al merito della causa. Tale eccezione così sollevata è conforme alla "ratio" di garantire il tempestivo e ordinato svolgimento del giudizio dopo l'evento interruttivo, in quanto, malgrado la contestuale presenza di difese di merito, la richiesta di estinzione si pone come prioritaria in senso logico (Sez. 1, n. 4201, 16/3/2012, Rv. 621648-01). Quanto al rispetto della priorità dell’eccezione questa Corte ha avuto modo di chiarire che l’eccezione di estinzione del processo è caratterizzata da un'assoluta pregiudizialità, ossia deve precedere ogni altra difesa e in ipotesi di contestuale proposizione di più eccezioni, è necessaria la precisazione che essa viene proposta in via pregiudiziale, senza la quale deve ritenersi tacitamente rinunciata (Sez. 2, n. 699, 22/1/2000, 533074-01, conf. ex multis, Cass. nn. 3499/2001). Si è, ulteriormente precisato, nello stesso senso, che l'eccezione di estinzione del processo esecutivo, avendo ad oggetto una vicenda processuale non rilevabile d'ufficio, ma rimessa al potere dispositivo della parte, non richiede per la sua esposizione l'adozione di formule sacramentali, ma esige in ogni caso l'esplicita manifestazione di volontà della parte di avvalersi dell'estinzione stessa, e, in ipotesi di contestuale proposizione di più eccezioni, la necessità che dall'esame di esse non sia desumibile una rinuncia a quella di estinzione (Sez. 3, n. 1696, 23/1/2009, Rv. 606594). Or non è dubbio che l’eccezione d’estinzione nel caso al vaglio non venne sollevata con la prima difesa, rappresentata dall’atto di costituzione nel giudizio riassunto, quindi, solo tardivamente. Né poteva sorgere dubbio in ordine alla sussistenza dell’ipotesi d’estinzione per mancata integrazione del contraddittorio, stante che, nell’atto di citazione in riassunzione degli odierni ricorrenti, col fatto stesso di aver chiesto > (come riportato nel controricorso, ma la circostanza non è controversa), risultava evidente non essere stato assolto tempestivamente l’incombente d’integrare compiutamente il contraddittorio, a prescindere dalle (peraltro -come si è vistocontraddittorie) giustificazioni addotte. Diversamente si sarebbe dovuto opinare ove, prima della scadenza assegnata dal giudice per l’integrazione, la parte che aveva interesse alla prosecuzione del giudizio avesse tempestivamente chiesto l’autorizzazione a notificare per pubblici proclami.

Gli odierni ricorrenti (e, peraltro, i convenuti) non integrarono il contraddittorio (né tantomeno impugnarono la sentenza d’appello), limitandosi, tardivamente, con l’atto introduttivo in riassunzione, notificato solo ai primigeni convenuti, a chiedere che l’onere fosse posto a carico di quest’ultimi e, in subordine, che fosse nominato c.t.u. per individuare i contraddittori pretermessi e, comunque, essere autorizzati alla notifica per pubblici proclami.

Non può assumere rilievo l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata autorizzata la notifica per pubblici proclami, stante che, essendosi già verificato il fatto interruttivo, il Giudice non avrebbe potuto porlo nel nulla assegnando nuovo termine, così violando il terzo comma dell’art. 307 cod. proc. civ., non ricorrendo, peraltro, l’ipotesi in cui colui che abbia interesse alla riassunzione dimostri di avere tentato diligentemente di avere tentato la notificazione dell’atto riassuntivo nei termini, senza aver soddisfatto lo scopo non per colpa al medesimo addebitabile, o lo abbia raggiunto almeno a riguardo di uno dei litisconsorti pretermessi (Sez. 2, n. 29222, 06/12/2017, Rv. 646539 – 01); nel caso uno degli eredi di Gregorio G..

2.2. In disparte, va ricordato che può essere chiesto nuovo termine a condizione che non sia decorso quello previsto dall’art. 305 cod. proc. civ. – nella specie, ratione temporis, sei mesi – (in questo senso si veda Cass. n. 11260/2011, che ha esaminato fattispecie nella quale la riassunzione doveva avvenire con ricorso, ma la soluzione non muta ove, come nel caso in esame, la riassunzione debba effettuarsi con citazione). Termine qui consumatosi, sulla base di quanto emerge dalla sentenza impugnata, la quale ha esposto che la precedente sentenza d’appello, con la quale era stata dichiarata la nullità di quella di primo per difetto di contraddittorio, e le parti rimesse davanti al Tribunale, ai sensi dell’art. 354 cod. proc. civ., era stata depositata il 2/3/2007, nel mentre l’atto di riassunzione dei R. venne notificato, come si è visto, alle sole originarie controparti il 12/9/2008 (tenuto conto del distacco temporale ben superiore ai sei mesi risulta inutile accertare l’esatta data di consegna del plico da notificare al notificatore). Si è, infine, specificato che qualora, con il decreto "ex" art. 303 cod. proc. civ., sia concesso per la notifica del ricorso in riassunzione e del relativo decreto un termine, originario o tempestivamente prorogato o rinnovato, posteriore alla scadenza del termine perentorio di sei mesi dalla interruzione, imposto dall'art. 305 cod. proc. civ., la relativa inosservanza, derivante da mancata notifica degli atti riassuntivi durante la sua pendenza o dopo la sua scadenza, determina la estinzione del giudizio, per essere inutilmente spirato il suddetto termine semestrale perentorio, con conseguente preclusione al giudice di ogni potere di riattivazione del processo, eventualmente mediante la concessione di un nuovo termine per la riassunzione o per il rinnovo della notificazione (Sez. 1, n. 15948, 29/07/2005, Rv. 585144 – 01).

3. In ragione di quanto esposto va enunciato il seguente principio di diritto, al quale il Giudice del rinvio dovrà attenersi: 

Nelle cause per le quali non trova applicazione, “ratione temporis”, la riforma operata con la l. n. 69/2009, l’eccezione di estinzione del giudizio deve essere sollevata dalla parte interessata, ai sensi dell’art. 307, co. 4, cod. proc. civ., al tempo vigente, con assoluta pregiudizialità. Di conseguenza, nel caso in cui emerga dall’atto di citazione in riassunzione che la parte attrice non ha provveduto, nei tempi stabiliti dal giudice o dalla legge, ad integrare il contraddittorio, l’eccezione in parola deve reputarsi tardiva ove la parte convenuta non la proponga con la prima difesa, nella specie rappresentata dall’atto di costituzione in riassunzione, non assumendo rilievo la circostanza che il giudice, errando, in violazione dell’art. 307, co. 3, cod. proc. civ., a scadenza avvenuta del termine, assegni impropriamente nuovo termine (nella specie, per notificare mediante pubblici proclami)

4. Accolto il primo motivo tutti gli altri - con i quali i ricorrenti contestano la valenza di giudicato della sentenza d’appello, con la quale venne dichiarata la nullità di quella di primo grado per difetto del contraddittorio; la mancata separazione delle cause; non avere la sentenza considerato tenuti all’integrazione i convenuti; essere stata reputata ammissibile la notifica per pubblici proclami; non essere stata giudicata temeraria e abusante del diritto la domanda riconvenzionale; non essere state poste le spese a carico della controparte per violazione del principio di lealtà; essere state compensate per intero le spese; l’erronea individuazione dello scaglione, al fine di determinare il “quantum” delle spese - restano, all’evidenza, assorbiti.

5. Il Giudice del rinvio regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto motivo e rinvia alla Corte d’appello di Bologna, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di consiglio di giorno 9