1. Con l'unico motivo di ricorso l'Agenzia delle entrate deduce la violazione e/o la falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ. e dell'art. 329, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR erroneamente ritenuto la formazione del giudicato interno in ragione della mancata impugnazione del capo concernente le sanzioni, che non sarebbe autonomo. 1.1. In buona sostanza, l'Agenzia delle entrate sostiene che la decisione sulle sanzioni dipenderebbe direttamente dalla statuizione sulla pretesa impositiva, sicché l'impugnazione nei confronti del capo della sentenza che riguardava quest'ultima, «con ogni consequenziale pronuncia», avrebbe impedito il passaggio in giudicato anche del capo della sentenza concernente le sanzioni. Con la conseguenza ulteriore che la successiva conferma giudiziale del capo della sentenza concernente l'imposta avrebbe determinato la conferma anche delle relative sanzioni.
2. Il motivo è fondato nei limiti di cui subito si dirà.
2.1. Va prima di tutto evidenziato, in termini generali, che «ai fini della verifica dell'avvenuta impugnazione, o meno, di una statuizione contenuta nella sentenza di primo grado, la S. C. non è vincolata all'interpretazione compiuta dal giudice di appello, ma ha il poteredovere di valutare direttamente gli atti processuali per stabilire se, rispetto alla questione su cui si sarebbe formato il giudicato, la funzione giurisdizionale si sia esaurita per effetto della mancata devoluzione della questione nel giudizio di appello, con conseguente preclusione di ogni esame della stessa (...)» (Cass. n. 7499 del 15/03/2019; conf. Cass. n. 11322 del 21/07/2003).
2.2. Nel caso di specie, secondo la ricostruzione della sentenza impugnata, tutte le sanzioni applicate nell'avviso di rettifica erano state dalla CTP ritenute abrogate dall'art. 16 del d.lgs. n. 471 del 1997 e avrebbero dovuto essere rideterminate. Il giudice di appello avrebbe poi confermato la sentenza di primo grado statuendo, altresì, che nulla era dovuto per le sanzioni. Tale ultimo capo della sentenza non sarebbe stato impugnato in cassazione e, trattandosi di capo autonomo (le sanzioni non sarebbero state applicate per motivi diversi da quanto statuito con riferimento alla debenza dell'imposta), la mancata impugnazione avrebbe determinato la formazione del giudicato interno.
2.3. Orbene, dalla lettura della sentenza n. 282/07/1998 della CTP di Udine, unitamente al suo dispositivo («La Commissione accoglie in parte il ricorso limitatamente alla detraibilità dell'IVA sui canoni di leasing ed alla conseguente sanzione per dichiarazione con indicazione inesatte; respinto per il resto. Demanda all'ufficio la rideterminazione delle sanzioni ai sensi del D.Igs. 471 e 472 del 1997»), si evince che: a) l'avviso di rettifica riguarda più riprese, delle quali solo quella relativa alla illegittima detrazione dei canoni di leasing è stata annullata, mentre le altre (minori), sono state confermate; b) a seguito dell'annullamento della pretesa relativa ai canoni di leasing sono state annullate anche le relative sanzioni; c) l'avviso di rettifica è stato confermato per il resto, ivi comprese le ulteriori sanzioni concernenti le riprese minori, da rideterminarsi ad opera dell'Ufficio.
2.3.1. La successiva sentenza di appello n. 122/12/02 del 03/03/2005, alla quale è stato devoluto l'intero oggetto del giudizio in primo grado, ha così statuito nel dispositivo: «si conferma la Sentenza della C.T.P. di Udine n. 282 del 12-06-1998. Nulla per le sanzioni (...)». Nella parte motiva, la sentenza afferma che le sanzioni devono essere determinate dall'organo giudicante in base alla legge più favorevole, ma tale affermazione di principio non viene seguita da un'apposita rideterminazione.
2.3.2. L'Agenzia delle entrate impugna con ricorso per cassazione unicamente la parte della sentenza concernente la detraibilità dell'IVA su canoni di leasing e, a seguito di rinvio ad opera di Cass. n. 3707 del 13/10/2010, la CTR riforma la sentenza appellata e «respinge il ricorso della contribuente avverso l'atto impositivo impugnato (...)».
2.4. Orbene, questa Corte non può confermare l'interpretazione dei provvedimenti giudiziali prodromici all'emissione della cartella di pagamento impugnata fornita dal giudice di appello.
2.4.1. Deve, infatti ritenersi che: a) la sentenza della CTP ha accolto parzialmente il ricorso di O. s.r.l. con riferimento esclusivo alla pretesa relativa alla detraibilità dell'IVA su canoni di leasing; b) in proposito, la CTP, come si evince dal dispositivo, ha annullato anche le relative sanzioni, non più dovute in ragione del venir meno della pretesa; c) quanto alle ulteriori sanzioni, è stato demandato all'Ufficio la loro rideterminazione; d) il giudice di appello ha confermato il giudizio di primo grado, escludendo però anche la rideterminazione delle sanzioni (peraltro, deve ritenersi, quelle concernenti le riprese confermate in primo grado, atteso che la conferma della sentenza di primo grado implica già la conferma della non debenza delle sanzioni relative alla ripresa annullata); e) l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione limitatamente alla ripresa concernente la detrazione dell'IVA sui canoni di leasing.
2.4.2. In questo contesto, l'impugnazione proposta dall'Agenzia delle entrate, indipendentemente da una esplicita formulazione, non può non coinvolgere, in ragione del proprio effetto espansivo interno, anche le sanzioni riconnesse alla pretesa di cui si afferma la legittimità, trattandosi di un capo della decisione che, sebbene autonomo, è, nel caso specifico, direttamente dipendente dal capo concernente la pretesa impositiva, atteso che, venendo meno quest'ultima, vengono meno anche le sanzioni (cfr. Cass. n. 23985 del 26/09/2019; Cass. n. 19937 del 06/10/2004), come del resto confermato anche dal dispositivo della sentenza resa in sede di rinvio.
2.4.3. Il menzionato effetto espansivo interno non può, peraltro, coinvolgere anche le altre sanzioni irrogate a seguito delle pretese minori, effettivamente coperte da giudicato interno concernente la non debenza delle sanzioni e non oggetto di specifica impugnazione dell'Ufficio neppure con riferimento alla sola pretesa.
2.5. Va, pertanto, enunciato il seguente principio di diritto: «nel caso di annullamento di una pretesa tributaria e delle relative sanzioni, l'impugnazione proposta con esclusivo riferimento all'imposta annullata si estende, in virtù del suo effetto espansivo interno, anche nei confronti delle sanzioni, che sono direttamente dipendenti dalla statuizione sulla pretesa, sempre che le sanzioni non siano state annullate per ragioni diverse ed autonome rispetto all'imposta».
3. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va, dunque, cassata e rinviata alla CTR del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Così deciso in Roma il 13 febbraio 2020.