con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 27 e 28 legge n. 89 del 1913, 1439, 1175 e 1176 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Premette la parte ricorrente che la corte territoriale non ha tenuto conto del comportamento doloso attribuito dal M. al F. per avere innalzato la penale di Euro 10.000,00 a Euro 100.000,00. Osserva quindi che è un fatto notorio, non smentito dallo stesso notaio F., che questi e il D. fossero commensali abituali e che il notaio, essendo a conoscenza del preliminare, non avrebbe dovuto consentire la vendita senza prima avvertire laB. di quanto stava accadendo, ovvero avrebbe dovuto rifiutarsi di rogare l’atto, ed invece ha operato favorendo una delle parti (il D.), in violazione delle regole deontologiche (stante la sua posizione di terzietà) e di buona fede.
Aggiunge che, contrariamente a quanto affermato dal giudice di appello in punto di assenza del nesso di causalità, senza l’intervento del F. il D. non avrebbe potuto vedersi trasferire la proprietà dei suoli, per cui l’operato del notaio, consapevole dell’esistenza del preliminare e della frustrazione delle obbligazioni contrattuali assunte nel contrattoB./M. che ne sarebbe derivata, è stato l’elemento principale che ha reso possibile il verificarsi del danno in capo alla ricorrente, concorrendo così alla produzione dell’evento lesivo. Osserva ancora che l’interesse del notaio all’atto ricorre sia per il rapporto di amicizia fra il F. ed il D., sia per lo svantaggio arrecato allaB., con correlativo vantaggio del D.. Aggiunge inoltre che l’opera del notaio non si conclude con la mera sottoscrizione dell’atto, ma si estende alla effettiva realizzazione del disegno contrattuale e dunque prosegue anche dopo la stipulazione dell’atto, per cui il notaio F., consapevole dell’originaria volontà delle parti (Bufano/M.), era obbligato ad assicurare la realizzazione degli scopi voluti dalle parti.
Precisa al riguardo che costituisce un’ipotesi di responsabilità del notaio la mancata informazione al cliente del mutamento delle circostanze intervenute medio tempore fra preliminare di vendita e definitivo di cui fosse a conoscenza (Cass. n. 6514 del 2000). Il motivo è fondato. Il fatto accertato dal giudice del merito è nel senso che il notaio, dopo avere rogato il contratto preliminare di compravendita in base al quale il costruttore, diventato in pari data proprietario del suolo cedutogli dalla promissaria acquirente, si era obbligato alla cessione di due unità immobiliari, ha rogato l’atto di cessione del suolo da parte del promittente venditore del contratto preliminare ad un terzo, con la conseguenza pratica che il promittente venditore, avendo ceduto il diritto di proprietà del suolo, non poteva più dare attuazione al contratto preliminare, rogato, come si è detto, dal medesimo notaio.
Il giudice del merito ha escluso che il fatto, così accertato, fosse suscettibile di essere sussunto in una fattispecie di responsabilità, sulla base di tre rationes decidendi: non ricorre alcuno dei casi di divieto per il notaio di ricevere l’atto, previsti dall’art. 28 legge notarile; la prestazione del notaio si è esaurita con il rogito della cessione del suolo ed il coevo contratto preliminare; non vi è nesso di causalità fra la condotta del notaio e l’evento di danno perché, se il notaio si fosse rifiutato di ricevere l’atto, la cessione del suolo da parte del promittente venditore si sarebbe verificata per opera di altro notaio. Si tratta di rationes decidendi non conformi a diritto. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il notaio incaricato della stipula di un contratto avente ad oggetto diritti reali su beni immobili non può limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a sovrintendere alla compilazione dell'atto, essendo tenuto a compiere l'attività necessaria ad assicurare la serietà e certezza dei relativi effetti tipici, e il risultato pratico perseguito ed esplicitato dalle parti stesse (fra le tante, da ultimo, Cass. n. 4911 del 2022; n. 7283 del 2021).
Fanno pertanto parte dell'oggetto della prestazione d'opera professionale del notaio, anche quelle attività preparatorie e successive, necessarie perché sia assicurata la serietà e certezza dell'atto giuridico da rogarsi ed in particolare la sua attitudine ad assicurare il conseguimento dello scopo tipico di esso e del risultato pratico voluto dalle parti dell'atto, con la conseguenza ulteriore che l'inosservanza di detti obblighi dà luogo a responsabilità contrattuale per inadempimento del contratto di prestazione d'opera professionale, a nulla rilevando che la legge professionale non faccia riferimento a tale responsabilità, posto che essa si fonda sul contratto di prestazione d'opera professionale e sulle norme che disciplinano tale rapporto privatistico (Cass. n. 14934 del 2002).
A prescindere dalla possibilità di invocare il disposto dell'art. 28 della legge professionale, che dà rilievo, in termini di illecito deontologico, alla fattispecie ivi contemplata, l'obbligo di astensione del notaio trova titolo nel ruolo di protezione e garanzia assunto in conseguenza del conferimento del mandato professionale, obbligo il cui fondamento normativo è da rinvenire, come affermato da Cass. n. 7185 del 2022, nel dovere di comportarsi secondo buona fede nell’esecuzione del contratto previsto dall’art. 1375 cod. civ. (il principio di diritto, enunciato in particolare da Cass. n. 7185 del 2022, è il seguente: "incorre in responsabilità per inadempimento del contratto d'opera professionale, quanto ai doveri comportamentali riconducibili a quello di adempiere il rapporto di prestazione d'opera secondo buona fede ai sensi dell'art. 1375 c.c., il notaio che roghi quattro atti di compravendita, con previsione di pagamento rateale e con dichiarazione di rinuncia della venditrice all'iscrizione di ipoteca legale, allorquando risulti che egli abbia rogato altri quattro atti di rivendita a terzi da parte dello stesso acquirente, di cui due lo stesso giorno ed altri due pochi giorni dopo").
Alla luce della giurisprudenza di questa Corte, il notaio incaricato della redazione di un contratto di compravendita immobiliare è tenuto quindi a compiere le attività non solo preparatorie, ma anche successive, necessarie per il conseguimento del risultato pratico voluto dalle parti, rientrando tra i suoi doveri anche l'obbligo di consiglio o dissuasione, la cui omissione è fonte di responsabilità per violazione delle clausole generali di buona fede oggettiva e correttezza, ex artt. 1175 e 1375 c.c., quali criteri determinativi ed integrativi della prestazione contrattuale, che impongono il compimento di quanto utile e necessario alla salvaguardia degli interessi della parte. Il contratto professionale stipulato con la ricorrente non si esauriva con il mero rogito del contratto preliminare, ma imponeva l’adempimento del dovere di protezione dell’interesse della promissaria acquirente in funzione di preservazione del conseguimento del risultato pratico voluto dalle parti, che era quello di addivenire alla stipulazione del contratto definitivo. Tale risultato è stato frustrato per opera di un contratto rogato proprio dal notaio F., il quale, anziché dissuadere il promittente venditore dalla cessione del suolo, la quale avrebbe impedito l’attuazione del rapporto obbligatorio derivante dal contratto preliminare, ha ricevuto l’atto di cessione, in violazione del dovere di protezione dell’interesse della promissaria acquirente, interesse tutelato in base all’art. 1375 dal contratto di prestazione professionale con costei stipulato. L’inadempimento di tale obbligo di protezione, quale concretizzazione della clausola generale di buona fede, ha avuto rilevanza eziologica in relazione al danno lamentato dalla ricorrente, contrariamente a quanto affermato dalla corte territoriale, in modo da integrare la dedotta fattispecie di responsabilità professionale.
Non è infatti un argomento pertinente quello secondo cui, se il notaio si fosse rifiutato di ricevere l’atto, le parti comunque lo avrebbero concluso con un altro notaio, per cui la condotta del notaio sarebbe stata la mera occasione rispetto ad un evento, eziologicamente comunque imputabile al comportamento inadempiente del promittente venditore. Il giudizio controfattuale secondo cui, espulso dalla serie causale il comportamento dovuto (di astensione dalla ricezione dell’atto), l’evento di danno si sarebbe comunque verificato, deve essere applicato all’evento concretamente verificatosi, e non ad un evento astrattamente ipotizzabile, quale quello che la vendita sarebbe comunque potuta avvenire se il notaio non avesse ricevuto l’atto. L’evento di danno in questione è quello consumatosi con l’inadempimento del promissario venditore verificatosi con la cessione del suolo per opera dell’atto ricevuto dal notaio F. ed è indubbio che tale evento non si sarebbe verificato se il notaio si fosse astenuto dal compimento dell’atto, rispettando gli effetti legali (segnatamente quello previsto dall’art. 1375) derivanti dal precedente impegno contrattuale assunto con la promissaria acquirente con la stipulazione del contratto preliminare.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 2230, 2236 e 2237 cod. civ.. Osserva la ricorrente che il notaio, in relazione all’atto fra il M. e D., ha violato l’obbligo di informativa dellaB. e l’obbligo di recedere dal contratto d’opera, evitando di arrecare pregiudizio allaB. e che avrebbe potuto dare corso all’atto fra il M. e D., soltanto avvisando quest’ultimo dell’esistenza del preliminare e “girando” su costui l’obbligo assunto dal M. nei confronti dellaB.. Aggiunge che non è possibile scindere la seconda parte del disegno contrattuale dal contratto d’opera stipulato dal notaio con M. eB., per cui tale seconda parte si sarebbe potuta realizzare solo se il notaio avesse avvertito il D. della precedente patto e lo avesse convinto ad alienare le due villette alle stesse condizioni oggetto di trattativa con il M.. L’accoglimento del precedente motivo determina l’assorbimento del motivo.
Con il terzo motivo si denuncia omesso esame del fatto decisivo e controverso ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la ricorrente che il danno quantificato nella misura di Euro 60.000,00 è riduttivo del pregiudizio patrimoniale subito dallaB., alla luce del valore delle villette promesse in vendita, superiore al corrispettivo della cessione del suolo (Euro 232.600,00), e delle chances perdute. Il motivo è inammissibile. La censura attinge la statuizione di primo grado relativa alla quantificazione del danno che sarebbe derivato dalla condotta del notaio. Poiché la decisione di appello si è sostituita a quella di primo grado, non vi è reviviscenza di quest’ultima, ed il giudice del rinvio deve statuire direttamente, e per la prima volta, sulla domanda risarcitoria (Cass. n. 14892 del 2000). Non c’è dunque una statuizione sul quantum suscettibile di impugnazione nella presente sede di legittimità. Con il quarto motivo si denuncia violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. in relazione alla pronuncia sulle spese. Osserva la ricorrente che la corte territoriale, nonostante abbia regolato il profilo della responsabilità a carico del M., e manchi la soccombenza dellaB. (che ha invece subito il danno), ha posto a carico della stessaB. le spese processuali. L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del motivo.
P. Q. M.
Accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara inammissibile il terzo, con assorbimento degli altri motivi; cassa la sentenza in relazione al motivo accolto; rinvia alla Corte di appello di Bari in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma il giorno 17 ottobre 2022